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Autore: Kurrin Bright    12/11/2015    2 recensioni
{FerriswheelShipping (N/Touko) | Spoiler sul finale di Bianco e Nero}
Tre anni sono passati da quando la giovane allenatrice di Soffiolieve lasciò la sua casetta per cimentarsi in un viaggio per mettere in pratica la sua abilità nelle lotte Pokémon. Dopo l'ennesima avventura alla ricerca del suo amato, può solo restare rassegnata sapendo che non ci sarà alcuna riunione tra di loro, e il cielo resterà eternamente ricoperto né di bianco, né di nero.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Touko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Videogioco
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I suoi vispi occhi nocciola erano rivolti perdutamente verso le volteggianti nubi cariche di pioggia, il vento trascinava i suoi lunghi capelli sciolti in un malinconico, leggero balletto.
Mancavano ormai pochi passi per attraversare quel piccolo percorso che l’avrebbe portata, dopo tre anni, a Soffiolieve; sua madre e i suoi amici la stavano aspettando da un tempo che aveva lo stesso peso dell’infinito, ma non poté fare a meno di fermarsi e sospirare, poiché era sicura di non aver possibilità di ritornare alla sua vera casa.
La solitudine la avvolgeva così come l’argento cupo delle nuvole avvolgeva e scuriva il plumbeo cielo.
Solitudine, l’unica cosa che riusciva a percepire da quando quel sorriso, circondato da un viso candido e da ciocche color smeraldo, se ne era andato per sempre, insieme alla dolcezza che lo accompagnava, la stessa che abbracciava e allo stesso tempo tormentava la ragazza.
Quando non doveva ricorrere ai suoi doveri di Campionessa della Lega Pokémon e quando nessun giovane allenatore le chiedeva un autografo, passava le sue giornate a guardare il cielo, il quale spesso si prestava più azzurro del mare e decorato da pennellate di soffici nuvole, bianche e candide come le ali del Pokémon con cui N spiccò il volo, senza tornare più.
La notte, invece, il cielo e le nuvole si scurivano e diventavano nere come la pelle del fidato Zekrom che la ragazza liberò in una notte di tempesta dopo aver sconfitto il giovane, che tanto desiderava la libertà dei Pokémon.
Sospirò, in quel momento il firmamento era solo un telo di nubi di ogni sfumatura di grigio, nessun sole a illuminare il Percorso, nessun ragazzo dalla chioma che si confondeva con le fronde degli alberi, nessun bianco e nero. Né verità, né ideali.
Si rassegnò, sapeva che avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni in quel ciclo di neutralità, dove l’aria che avrebbe respirato sarebbe stata parte di una sfumatura intermedia, dove le gioie dei suoi sogni realizzati e la nostalgia di quel ragazzo sarebbero sempre state in un conflitto eterno.
Insieme alla cascata di capelli castani, la brezza serale trasportava con sé anche le calde lacrime, le quali scorrevano incessantemente sul suo viso, corroso da quelle correnti salate che lo rendevano, da vellutato, una striscia di carta vetrata su cui erano incisi naso, occhi e bocca. Solo quando non le sentiva più attraversare la pelle, respirò e riprese la sua strada, implorando che la sua faccia si asciugasse prima di incontrare la gente della cittadina.
 
 
Tutto sembrava andare come lei desiderava, il suo viso era nuovamente morbido e fresco, ma il suo cuore ancora annegava nell’amarezza, sapeva che quel “tutto” era più incompleto di quanto avesse potuto fantasticare.
Da lontano scorse la sua casa di legno e il volto di sua madre, entrambe erano le stesse anche dopo tutto quel tempo. La donna, appena incrociò il suo sguardo, lanciò un grido di gioia, il quale si diffuse per tutta la zona circostante e dalle sue iridi scesero ruscelli di stupore e felicità mescolati insieme. Sua figlia abbozzò un sorrisetto, per poi correre verso la donna e abbracciarla affettuosamente.
«Ma sei cresciuta tantissimo, quasi non sembra che tu sia mia figlia… Non riesco a credere che tu sia davvero tornata!» esclamò colma di gioia, accarezzando le ciocche della ragazza che le incorniciavano il volto.
«Credimi, tutti quanti sentivano la tua mancanza, ma proprio tutti! Korom, Belle, la professoressa Aralia…» interruppe il discorso per riprendere a sfogare la sua gioia, stringendo l’allenatrice sempre più forte.
«Mi hai anche fatta preoccupare tantissimo figliola, ma l’importante è che tu sia qui di nuovo! Vuoi che ti prepari la tua torta preferita, anche se ormai sei grande?» chiese, emanando con quelle parole tutto il suo affetto materno. La figlia annuì, staccandosi delicatamente dall’amplesso, ripensando al delicato sapore del suo dolce preferito sposarsi con le sue papille.
«Penso dovrai aspettare, però… avevo un ospite a casa giusto ora, penso sarà lieto di vederti!» annunciò sua madre, conducendola con un gesto della mano verso la porta di casa.
Inizialmente era completamente spaesata, credeva che l’ospite in questione fosse Belle, o in alternativa Komor se quel giorno non avesse avuto nessun impegno da Capopalestra. Non riuscì a formulare il desiderio di vederlo, una volta ritornata tra quelle mura, che la porta si aprì.
 
I capelli verdognoli erano sciolti, privi del berretto che l’avevano sempre accompagnato. Da una postura composta e calma su una sedia di legno vicino al tavolo della sala, si voltò verso l’uscio con gli occhi lucidi e un sorriso inciso sulle labbra.
 
«Perché sei qui?» chiese lei.
«Non volevo che tua madre si sentisse sola, inoltre volevo dirti… grazie» rispose N.
 
Come se avesse dimenticato completamente come camminare, si diresse da lui a tentoni; ritornò, due volte, a casa.
   
 
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