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Autore: Fraywood_Granger    12/11/2015    1 recensioni
Dal testo:
“Noi, tutti noi... credi davvero di essere l'unico principe maledetto ad aver sofferto oltre ogni misura?... Dicevo, tutti noi ci siamo passati. C'è chi ha perso una sorella, chi una figlia, chi una madre... chi un'amica.” Esitò. “Ma tutti noi siamo anche andati avanti. Ed è questo che ti sfugge, andare avanti non vuol dire dimenticare. Vuol dire semplicemente vivere, per se stessi, per chi ci è vicino e per chi non c'è più, ma ci rimane accanto.”
[Questa storia partecipa al contest "Tra pensieri torbidi e occhi a cuoricino" indetto da S.Elric_]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Nick: Fraywood_Granger

Pacchetto scelto: 1

Citazione scelta: 1 (Sciogli questa neve che soffoca il mio petto, Umberto Tozzi)

Coppie e/o protagonista: Harry/Hermione, Harry Potter, Hermione Granger

NdA: per la lettura consiglio di ascoltare la canzone "When the Darkness comes" di Colbie Caillat o "Mirror" di Ellie Goulding.

 

 

La misura dell'amore



La neve cadeva soave su Godric's Hollow, coprendo, come in una notte di quasi trent'anni prima, soffice e delicata, quelle stesse scritte su cui Harry Potter aveva posato due volte uno sguardo incredulo, rispettivamente a diciassette e trentotto anni...

 

James Potter, nato il 27 marzo 1960, morto il 31 ottobre 1981

Lily Potter, nata il 30 gennaio 1960, morta il 31 ottobre 1981

L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte

 

Ginevra Potter, nata l'11 agosto 1981, morta il 23 dicembre 2018

La misura dell'amore è amare senza misura

 

“Harry.”

Lui non distolse lo sguardo dal bianco accecante della tomba. Erano passati cinque anni esatti da quel giorno... “La vigilia della vigilia di Natale”, avevano amato chiamarlo Harry e Ginny. Era un'abitudine che avevano preso da Albus, loro figlio, quando lui non aveva che sei o sette anni.

Ginny aveva un'ultima, importante partita contro i Tornados prenatalizia. Ricordava ancora il ghiaccio che aveva coperto tutto come un gelido mantello scivoloso e sfolgorante... era stata una splendida, freddissima giornata dal luminoso cielo bianco, che si intonava a meraviglia con le coccarde rosse e l'atmosfera festaiola dello stadio... tutto perfetto, almeno finché Ginny, che aveva ripreso a giocare nelle Holyhead Harpies solo da qualche mese, non era stata disarcionata da un Bolide, per poi cadere da dieci metri d'altezza.

Non c'era stato nulla da fare.

Harry.

Da allora erano passati cinque anni, ma non era riuscito ad andare avanti. O meglio, ce l'aveva fatta, davanti ai ragazzi, davanti a Ron e Hermione. Ma dentro di sé non sentiva altro che un grande vuoto, che veniva ornato a festa con coccarde e festoni di allegria e felicità quando con lui c'erano altri; decorazioni che rimanevano lì, tranquille, così sbagliate con i loro colori di amore in un animo tanto triste... rimanevano lì, almeno finché non cadevano.

Non si possono appendere festoni nel Nulla bianco.

“Harry!”

Si riscosse, tentando un sorriso. “Hermione.”

Lei gli si parò di fronte, oscurandogli parzialmente la visuale. Harry scosse la testa, un po' scocciato. Dopotutto, nessuno aveva il diritto di interrompere quei pochi, cari momenti che ancora poteva trascorrere con sua moglie, che ancora gli erano concessi. Nemmeno la sua migliore amica.

“Hermione, scusami, davvero, sono solo un po' stanco. Vi raggiungerò fra pochissimo, se è per questo che sei venuta...”
“No, mi spiace, col cavolo che vieni tra pochissimo.” La sua voce era determinata, lucida e decisa. Dura, anche. “Tu vieni adesso. Afferrò Harry per un braccio. Lui non si mosse.

“Harry, ti prego.”

Hermione scosse la testa, frustrata. Ma chi era, lei, per stare ad implorare? Per stare ad aspettare un qualcosa che magari non sarebbe mai successo, da solo?

Condizionare la tua vita con piccoli trucchi da illusionista può essere la strategia giusta per arrivare a un lieto finale, dopotutto.

Di conseguenza, si ritrovò a stringere più forte la manica del cappotto dell'altro, facendo scattare la bacchetta nell'altra mano, per poi Smaterializzarsi, sempre tenendo ben stretto l'amico.

Non appena la magia finì e i due si ritrovarono a fissare l'erba incolta che circondava la Tana, Hermione puntò la bacchetta e Harry si ritrovò Disarmato. La guardò male.

Lei fece un sorriso storto. “Expelliarmus” mormorò. “E dire che una volta era il tuo incantesimo preferito...” continuò, lasciandolo andare.

Harry era furente. “Cosa vuoi? Cosa c'era di tanto importante, di così imprescindibile da venire a portarmi via dal cimitero e requisirmi addirittura la bacchetta, senza poter aspettare cinque minuti?”

Lo sguardo della ragazza era triste. “Semplice: tu.

Lo si vedeva dallo sguardo perplesso con cui la guardò che l'altro non riusciva a capire.

Hermione sospirò. “Harry” disse. “Guarda.” Indicò con un ampio gesto della mano l'edificio che si ergeva su di loro, rosso e pericolante.

Harry obbedì, senza comprendere. Non c'era nulla di strano: dalle finestre, opacizzate dalla brina e dal freddo di fuori, si intravedevano all'interno luci arancio-dorate, ghirlande e decorazioni natalizie. Certamente dentro era caldo e accogliente; Molly sicuramente aveva preparato il solito luculliano banchetto, usuale del periodo, Al e Jamie erano probabilmente a bisticciare su quale Cercatore fosse migliore, Rose e Lily, insieme alla nonna, senza dubbio erano tutte intente a parlare di ricette e filtri d'amore, come facevano sempre nel periodo delle Feste...

Spostò lo sguardo sulla figurina fredda e intirizzita che lo fronteggiava, lì, nel buio del giardino, in attesa com'era di una qualche reazione. “Non capisco quello che intendi.”

Hermione si avvicinò. “Questa è la tua famiglia, Harry” disse, con voce lievemente rotta. Lui la guardò in volto, stupito di vedere che si stavano formando delle lacrime nei suoi occhi castani. “Questa è la tua casa. Davvero pensi che noi tutti siamo così stupidi? Io, Ron, i tuoi figli... perché anche loro devono pagare un prezzo che ti sei addossato tu personalmente sulle tue sole spalle? E perché dobbiamo farlo anche noi?”

“Io...”

“No, non dirmi che tu sei normale davanti agli altri, perché non è vero. James, Al, Lily... Credi sul serio che abbiano tutti l'intuito di un bambino di cinque anni? Perché, quel maledettissimo giorno, hanno dovuto sopportare la perdita di una madre e, per colpa tua, anche di un padre?” Fece una pausa. “I tuoi figli sono cresciuti, la loro adolescenza è quasi finita, ed è stata rovinata. Da te. Esattamente quello che volevi non succedesse.” Prese nuovamente fiato. “Dovresti sapere che a Natale più che mai si vorrebbe avere vicina la presenza di almeno un genitore, Harry...”

Lui non sapeva più cosa dire.

“Noi, tutti noi... credi davvero di essere l'unico principe maledetto ad aver sofferto oltre ogni misura?... Dicevo, tutti noi ci siamo passati. C'è chi ha perso una sorella, chi una figlia, chi una madre... chi un'amica.” Esitò. “Ma tutti noi siamo anche andati avanti. Ed è questo che ti sfugge, andare avanti non vuol dire dimenticare. Vuol dire semplicemente vivere, per se stessi, per chi ci è vicino e per chi non c'è più, ma ci rimane accanto.”

Quasi a voler sottolineare le parole di Hermione, arrivò una dolce folata portata dal vento, che profumava di buono.

Sapeva di fiori.

“Ginny” sussurrò Harry.

Ebbe come una sensazione di freddo, freddo intenso, e, poi, caldo, calore, amore, che gli invadeva l'animo, oltre al rimorso per essere stato così stupido.

Si sciolse quella neve che soffocava il suo petto.

Sorrise, avvicinandosi all'amica, abbracciandola. La sentì accasciarsi contro di lui, sollevata. “Harry” mormorò.

“Perdonami” sussurrò lui. “Perdonami, per tutto quello che vi... che ti ho fatto.”

Lei rise incerta, fra le lacrime che scorrevano sul suo viso. Si staccò brevemente da lui, per guardarlo meglio. “Sì. Sei proprio tu” dichiarò, indagatrice; il suo viso si aprì in un grande sorriso, mentre si accostava di più al suo.

Fu un lungo momento, rimasto sospeso nella neve. Dopo qualche minuto, si separarono. Nessuno chiese scusa all'altro, nessuno arrossì. Semplicemente, si avvicinarono insieme alla porta di casa, tenendosi per mano.

  
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