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Autore: imperfectjosie    15/11/2015    0 recensioni
«Jack, non andare»
E si bloccò, notando con la coda dell'occhio che Alex non aveva neppure voltato il corpo, continuando a fissare invece quel muro.
«Perché non dovrei?»

| Jack/Alex |
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: All Time bLow
Pairing: Jack/Alex 
Rating: Arancione
Note: Liberamente ispirata alla canzone dei Clash.
Josie's corner:
  
Dopo aver rimesso piede nel fandom di Naruto per una veloce OS, ho sentito il bisogno di tornare qui. Tanto lo so che mi odiate ormai, vbb. Parlando di cose più belle... com'è che io questa gif ancora non l'avevo usata per nessuna intro? Shame on me.
Allora, questa storiella nasce dal veloce ascolto di una vecchia canzone. E se questi due esseri qui sopra nascondessero un segreto a luci rosse? E se Jack, quel segreto, fosse stufo di tenerlo nascosto? E se Alex fosse la solita prima donna?
Troppi se. Leggetela se vi va', tanto come sempre è short.
Come... sì d'accordo, la smetto.
My sweet little peanuts, enjoy the read, let me know, get laid and have fun.
Josie.

If you don't want me, set me free

 

L'orgoglio ce l'aveva, ma la maggior parte delle volte riusciva a rinchiuderlo in qualche porta della mente che di rado apriva.
Qualcuno glielo aveva pure detto in passato, e forse doveva a lui la propria attitudine ai legami. Se ci ripensava, gli veniva da ridere. Alle ore tra i banchi di scuola, a quel taglio di capelli improponibile, frutto della sua stima verso Tom DeLonge e ovviamente, alla sua prima cotta.
Ricordava di aver dormito poco, nei mesi in cui il nome di Chelsea gli sfondava il cranio, pretendendo attenzione. E non mangiava, si limitava a bere copiose quantità d'alcool, finché suo padre, un uomo profondamente allegro, ma anche posato, una notte insonne d'autunno lo aveva messo in guardia.
“Jackie, l'amore fa schifo.”
Il sedicenne d'allora aveva sgranato i grandi occhi lucidi e scuri a quella rivelazione, schiudendo le labbra in un'espressione sorpresa dopo aver tirato su la testa decolorata dal tavolo della cucina.
Da quella notte, la sua vita cambiò radicalmente. Undici lunghi anni fatti di festini alcolici, scopate occasionali e cuori infranti. Ma stare male per amore era rimasto un vago ricordo sbiadito, accantonato tra i tanti impegni musicali, quando il destino si mise in mezzo con prepotenza, rendendolo una rockstar di fama mondiale.
Oh, come amava quella realtà. Jack adorava essere Jack. E adorava i suoi fratelli. Si divertiva persino a leggere fanfiction di tanto in tanto, quando il tour-bus spegneva le luci ma lui era ancora troppo eccitato per la fine dello show e sapeva che di dormire non se ne poteva neppure parlare. Così rubacchiava di nascosto il Mac ad Alex, scorrendo tra le pagine a luci rosse di un sito che forse avrebbe preferito non scoprire.
Ovviamente era prevedibile che un fan degli All Time Low non fosse tutto questo pacchetto di purezza e normalità assoluta, ma quello... quello toccava davvero il fondo!
Colpa loro, mica sua.
Da un anno, il suo cervello cercava di trovare una soluzione al fatto che nei momenti meno opportuni, anche quelli solitari, l'unico nome a centrare il bersaglio preciso del suo testosterone, era Alexander William Gaskarth.
Sarebbe riuscito a passarci sopra se si fosse trattato di una sbronza, o di una groupie talmente negata con i pompini, che tra il dolore acuto dei canini sulla cappella il suo cervello gli avesse donato l'immagine dell'idiota con i capelli viola, ghignante e canzonatorio come al solito.
E invece no.
Jack si stava masturbando. Quella situazione non poteva essere accettabile.
Sbuffò sonoramente, piegando il ginocchio verso l'alto e ondeggiando i piedi per un po', prima di cambiare il gomito con cui sorreggere la guancia. Faceva un freddo porco, erano fermi in una piazzola autostradale da così tanto tempo che ormai si era rassegnato a dover dormire lì, cullato dal rumore del traffico e dall'odore penetrante di benzina.
Stiracchiandosi, gettò un'occhiata furtiva alla cuccetta di fronte, dove Alex dormiva come un ghiro, intento a stropicciare il cuscino grattandosi una chiappa con un fare che poco si legava al suo essere sempre fastidiosamente pignolo.
Jack stirò le labbra in un sorriso ironico.
Avrebbe voluto chiedergli così tante cose... avrebbe voluto che la sua vita fosse sempre legata a quella di Alex. E probabilmente era questo che gli riservava il futuro.
«Fanculo» borbottò, sentendosi l'ultimo degli imbecilli.
Con un gesto di nervoso, rovesciò il corpo fino a stendersi supino, rivolgendo tutta l'attenzione al soffitto bianco della sua casa momentanea. Gli mancava Baltimora, si domandava sempre che fine avesse fatto, se non fosse stato talmente incosciente da mollare tutto per inseguire uno stupido sogno. Che poi tanto stupido non era.
«Bassam?»
Il cuore di Jack fece una notevole capriola, prima di schiantarsi contro la cassa toracica. Il tono assonnato e strascicato del compagno, lo aveva strappato dai suoi pensieri riportandolo lì, dove aveva più paura.
Voltò cauto la testa, rimanendo in quella posizione, con le mani saldamente ancorate alla pancia e un mezzo sorriso sulle labbra.
«Hey bella addormentata» lo apostrofò sarcastico, godendosi il momento in cui Alex mosse la bocca in una smorfia contrariata, le assurde sopracciglia quasi sfioravano i ciuffi colorati.
Il moro soffocò una risata mentre Alex si metteva seduto con un basso gemito, fissandolo confuso.
«Quello è il mio portatile?» domandò infastidito, indicando il monitor ancora acceso sul letto dell'amico con un colpo secco della testa. Odiava quando qualcuno toccava la sua roba. 
Jack sbuffò, spostandosi ancora per tenere il peso sulle braccia e guardarlo meglio.
Tutto scompigliato, con la tuta larga del pigiama e il petto semi-coperto da una maglietta sgualcita, probabilmente un cimelio degli anni al liceo.
«Mi risponderai prima o poi, o continuerai a fissarmi come se fossi una principessa da salvare?» lo canzonò, spostando il lenzuolo con vigore e mettendosi seduto, poi sospirò pesantemente, passandosi una mano sulla faccia con lentezza quasi irritante. Spesso, in effetti, Alex risultava irritante.
«Non volevo svegliarti» mormorò, abbassando lo sguardo sicuro del fatto che se avesse svegliato Rian, quest'ultimo lo avrebbe con tutta probabilità preso a calci nel culo.
Alex gli sorrise sghembo, gli avambracci abbandonati sulle cosce e le gambe aperte.
Forse si rendeva conto di quanta carica sessuale riusciva a trasmettere in quella posizione.
«Non lo hai fatto, è stato Zack con la sua vocina incantevole a rompermi i coglioni» lo informò con un mezzo ringhio, alzando appena la testa e assottigliando lo sguardo, per mettere meglio a fuoco il letto del bassista.
«Senti Lex, non dobbiamo parlarne se non vuoi» cominciò, dopo essersi concesso una breve risata al commento ironico del maggiore, che aveva ripreso a fissarlo intensamente. Sorrideva e Jack si sentì incredibilmente fuori posto, come non gli capitava da anni.
Ed era questo il vero pericolo. Alex riusciva a renderlo debole, vulnerabile, inesperto e impulsivo. Un adolescente. Con venti centimetri nei boxer, ma pur sempre adolescente!
«Perché no? Potrebbe essere divertente»
Quel tono innervosì Jack, che si alzò di scatto, puntando a passi spediti verso il cucinino, con due occhi nocciola fissi sulla schiena ciondolante.
«Jack» tentò di chiamarlo a bassavoce, rendendosi conto di aver fatto un'enorme cazzata.
Ma quando neppure gli occhi riuscirono a trovarlo, Alex si alzò seguendo i passi del suo migliore amico. Posò una mano sopra lo stipetto dei liquori, affacciandosi fino ad osservare il corpo che cercava stravaccato sul divanetto in pelle nera con una birra in mano e lo sguardo fisso sul monitor nero della TV spenta.
Sospirò, raggiungendolo.
«Stavo solo... era solo una battuta, Jack» azzardò con tono stanco.
«Ti diverte il mio cuore in pezzi? Sono felice se serve a qualcosa» ringhiò l'altro, osservando finalmente la figura ferma di Alex, proprio davanti a lui.
Non ci aveva mai fatto caso, ma guardandolo dal basso, Jack dovette ammettere che incuteva un certo timore.
E lo vedeva arrabbiato, quasi furioso.
“Fantastico! Stai a vedere che adesso è lui ad essere incazzato, povero cucciolo” fu il pensiero sarcastico che gli attraversò la mente.
«Piantala di fare la vittima, sai che non lo sopporto»
Il tono basso e cupo di quella frase poco si addiceva alla voce dei testi che suonavano insieme. Sapeva andare così alto nel prendere le note, eppure quando si arrabbiava riusciva a toccare livelli quasi preoccupanti. Jack distolse lo sguardo, stringendo il vetro scuro della bottiglia nella mano, fino a farsi male.
Ne aveva abbastanza.
Di lui, dei suoi problemi relazionali, di Lisa... di tutto.
«Facciamoci un favore, vuoi? Tanto comunque ti saresti sposato il prossimo anno. Se proprio ci tieni ad affondare in un altro corpo che non sia quello della tua maledetta perfetta fidanzata del cazzo, cercatene un altro. Io ho chiuso» concluse, calcando ogni parola con rabbia e disprezzo. Aveva dovuto strizzare gli occhi per lo sforzo, ingoiando copiose quantità di saliva e birra, prima di alzarsi, posare la bottiglietta sul tavolo in vetro e superarlo con una violenta spallata, in direzione del bagno.
Alex aveva ascoltato ogni parola, serrando i pugni lungo i fianchi con un'espressione raggelante. Ma non gli avrebbe permesso di lasciarlo. Mai.
Così lo agguantò per il polso destro, sbattendolo contro il piano cottura e rovesciando due tazze ancora mezze piene di caffè. Le seguì con gli occhi per poco, poi fissò le pozze calme e scure di Jack, che non accennava ad abbassare lo sguardo in segno di sfida.
Perché suo padre in fondo aveva ragione, perché non poteva permettersi di soffrire ancora, dopo un anno passato ad illudersi tra baci fugaci e nottate di sesso alcolico.
Che gusto c'era a stare insieme così?
Saperlo poi dentro Lisa, gli faceva un male cane, proprio all'altezza del cuore.
«Che cazzo vai blaterando?» domandò con un ringhio, alimentando la stretta intorno al suo polso e alitandogli ad una spanna dal viso.
Jack sentiva il forte impulso di prenderlo a pugni. E di baciarlo. Voleva anche farci l'amore, avrebbe potuto passare tutti i giorni della sua vita così, felice.
Ma si trattenne, strattonando la presa per poi spintonarlo con le mani sul petto. Alex indietreggiò goffamente senza però perdere l'equilibrio.
«È ora che decidi, Lex, io non ce la faccio più» provò anche a farlo ragionare, dandogli un'ultima possibilità, ma lo vide chiudersi in un silenzio quasi opprimente.
Il corpo del cantante era ancora nella stessa posizione in cui Jack l'aveva lasciato. Piegato, lo sguardo fisso sul pavimento. Ma stava tremando visibilmente e per la seconda volta, Bassam represse la voglia d'abbracciarlo.
Non era una novità il casino che era Alex. Tutto un groviglio di pensieri confusi, contraddittori, azioni ipocrite e sorrisi smaliziati. Però sapeva donare tanto, Jack lo aveva sperimentato sulla propria pelle, seppur di nascosto.
E non gli bastava più, voleva altro. Voleva tutto.
Voleva che fosse solo suo. Suo, alla luce del giorno.
«Lasceresti la band?»
«Probabilmente» rispose asciutto, soffocando il moto di fastidio che lo invase, quando per la milionesima volta Alex aveva finto di non sentirlo.
«Non puoi dire sul serio»
Adesso quegli occhi riflettevano l'ombra del panico più profondo e sconfinato. Lo guardava con angoscia, le braccia allargate, il corpo pronto a scattare in avanti, ma lo sguardo di Jack restava fisso e implacabile. Serrò le labbra, avvicinandosi.
«Vuoi vedere? Pensa la notizia in prima pagina: “Jack Barakat lascia la band, perché si sbatteva allegramente Alex Gaskarth"» citò con la voce impostata di un giornalista famoso. La testa leggermente piegata a sinistra, sollevata all'insù. Calcò il teatrino che aveva messo in scena muovendo il braccio ad ogni parola, aiutandosi con la mano e disegnando il titolo in questione nell'aria, giusto per enfatizzare.
Il cuore di Alex era pronto a smettere di battere. Non aveva più respiro, ansimava violentemente dalle narici, la bocca stirata in un'espressione seria e la mascella serrata. Provava rabbia.
L'idea di rimpiazzare quello stronzo apocalittico, giusto perché non riusciva a frenare l'impulso di portarselo a letto – e al diavolo Lisa – era meno verosimile dei Pokèmon selvatici.
“Al diavolo.” pensò, ricordandosi di quanto fosse effettivamente incosciente quel coglione bicolore. Si avvicinò con uno scatto che Jack neppure riuscì a percepire – troppo preso a fissare il vuoto con ancora un'ombra di sorriso stampato sulla faccia – e lo inchiodò al muro.
Il minore strizzò gli occhi, soffocando un gemito di dolore. Quando li riaprì, i lineamenti duri di Alex lo fissavano ad una spanna dal viso, poteva sentire il sapore delle labbra sulle sue. Tremò appena, ma non si scompose.
«Sei una testa di cazzo»
«Già, ma io so cosa voglio Lex, e tu?» domandò insolente, avvicinandosi prima di leccargli il labbro superiore.
Alex vacillò, lasciandolo fare e rilassando i muscoli delle spalle. Voleva davvero goderselo quel momento, fanculo.
Lo baciò piano, insinuandosi con un ginocchio tra le gambe asciutte del moro, che istintivamente gli aveva concesso più spazio, gemendo quando il tessuto del pigiama andò a sfregare sull'inguine.
Reclinò appena la testa, ansimandogli addosso. Alex sorrise.
«Anche io, solo non so se posso permettermelo»
Jack sgranò gli occhi, aggrottando appena la fronte dopo il primo momento di confusione. Cosa cazzo significava?
«Permettertelo, o permetterti di volerlo?» insinuò allusivo, spintonandolo appena per guardarlo meglio in faccia, e lo vide mordersi il labbro nervosamente, tendendo i nervi del collo.
“Bingo!”
Jack ringhiò, scrollandoselo di dosso malamente, deciso a mollarlo lì superandolo. Magari avrebbe potuto dormire un paio d'ore, prima che gli altri due si svegliassero reclamando cibo.
«Jack, non andare»
E si bloccò, notando con la coda dell'occhio che Alex non aveva neppure voltato il corpo, continuando a fissare invece quel muro.
«Perché non dovrei?»
Il tono seccato fece male all'anima del ragazzo viola, che represse la voglia di piangere con tutta la forza ancora in corpo. Strinse solo i pugni, sollevando le spalle.
«Perché mi perdo come un coglione, se non mi sei intorno»
«Cosa cazzo vuol dire? Non posso ogni volta studiarmi il dizionario della fottuta lingua che parli per capirti!» lo aggredì con tono frustrato, tirando un calcio contro una lattina abbandonata per terra.
Alex stirò un piccolo sorriso divertito, pieno di paura e malinconia.
«Posso migliorare»
Poteva davvero?
«E magari ti aspetti che io rimanga qui ad assecondare i tuoi comodi» fu il commento sarcastico del minore, che nel frattempo aveva incrociato le braccia al petto, inarcando un sopracciglio scuro in direzione della schiena di Alex, ancora ferma lì.
Gli veniva voglia di prenderlo a pugni su quel muso adorabile e strafottente. Egoista di merda.
«Tanto so che lo faresti» gongolò divertito, canzonandolo come era solito fare. La risata soffocata in quella frase era più che evidente e non sfuggì alle orecchie del chitarrista. Jack ringhiò, sbuffando.
«Sei egocentrico» cominciò con tono critico, avanzando di qualche passo.
«Sì»
Ecco la risposta.
«Probabilmente bipolare» continuò ironico, ma si arrestò, aspettando il momento in cui si sarebbe voltato. Conosceva Alex, lo avrebbe fatto presto.
«Magari, sì» concesse, con tono vago. 
Stava ridacchiando? Cristo, quanto lo odiava!
«Saccente, pignolo, pigro, indolente, pervertito, egoista, squilibrato e...»
«Sì, sì, sì, sì, sì, sì e sì Bassam, abbiamo capito tutti. Hai finito?» lo apostrofò scontroso, ruotando finalmente il busto con forza, le folte sopracciglia inarcate e un pugno chiuso fermo a mezz'aria.
Jack ghignò soddisfatto. Avrebbe potuto chiamare Lisa quella sera, facendogli presente quanto non sapesse un cazzo del suo presunto futuro marito. O almeno, in confronto a lui.
«...e permaloso» concluse infine, godendosi la smorfia di stizza che ebbe in risposta.
Alex sbuffò pesantemente, distogliendo in fretta lo sguardo, perdendosi così il momento in cui Jack si avvicinò, abbracciandolo forte. Quando quel profumo lo riscosse, si rilassò tra le sue braccia, inspirando.
«Do it for Baltimore» citò poi, sussurrando. E lo stava dicendo a sè stesso.
«Coglione» fu il commento sottile di Jack.


END
  
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