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Autore: May90    26/02/2009    1 recensioni
[Fiction a due voci] [Ben lontana dalla vicenda originale] [La mia prima fanfiction...^_^]
Capitolo 19 "Feelings And Desires" =
"Prese un altro sorso di vino e, una volta riappoggiato il bicchiere sul tavolo, si mise a giocare passando con finta non curanza l’indice smaltato di rosso sul bordo del calice. Un’altra scena di repertorio, ma sempre molto efficace, dovevo ammetterlo. - Fai bene a parlare di gatti. – riprese, senza mutare l’espressione rilassata, ma fissando intensamente quel gesto che fingeva essere spontaneo – In quanto felini, hanno molti istinti feroci insiti in loro e un innato desiderio di scoprire le cose di persona. Non si tirano mai indietro. Quando hanno uno scopo, poi, diventano implacabili. - - Quindi l’avresti presa come una sfida? Non voleva esserlo in ogni caso. – scrollai le spalle – Strano, comunque. Credevo che i gatti fossero soprattutto animali nobili, eleganti, amanti del benessere e della tranquillità. Non questi grandi avventurieri. – - Quando sono allo stato selvatico, finiscono per essere più simili alle tigri che ai cagnetti domestici. A meno che tu non mi stia paragonando ad un innocuo barboncino. – e alzò gli occhi affilati come lame sul mio volto. - Tu invece ti stai paragonando ad una tigre…? – commentai con una smorfia dubbiosa – E soprattutto, in che modo dovresti sembrare così selvatica? Vivi in una ricca dimora, partecipi spesso a serate mondane, hai sempre una perfetta manicure… -"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tyki Mikk
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11

White Roses



“Solo chi non è amata da Cipride / non sa quali rose siano i suoi fiori.”
(Nosside)






Si dice che il pianto di un bambino può smuovere chiunque. Io, molto modestamente, aggiungerei che per fare e disfare ogni cosa basta il semplice capriccio di una bambina...
Non mi stupisco però che nessuno prenda seriamente in considerazione questo concetto. Credo di essere l’unico adulto che finisce per perdere del tutto la sua autonomia per il semplice richiamo di una undicenne…
Volevo… no, è esagerato… “Volere” è qualcosa di troppo forte…
“Mi andava bene”… si, meglio…
Mi andava bene aiutare Vivy a preparare l’opera.
Suonare e accompagnare il suo canto era affascinante. Mi era piaciuto, comunque. Poteva essere interessante rifarlo.

Sarà stato proprio questo mio interesse a spingere la mia piccola despota a volermelo impedire ad ogni costo…?

- Tyki, oggi andiamo al parco! – se ne uscì allegra il giorno dopo a colazione.
Non c’era tono interrogativo. Non mi stava guardando per capire la mia espressione alla notizia. Non voleva la mia opinione. Anzi, si stava servendo della marmellata sporgendosi serenamente sul mio piatto, priva di ogni minimo ritegno.
- Ah, no. – risposi, con molta calma, sollevando delicatamente la tazzina del caffè.
Effetto immediato.
- Cosa vuol dire “ah, no”!? – chiese Road con la voce che, nonostante la serenità di poco prima, già tendeva allo stridulo.
Fin dall’inizio si prospettava una dura lotta. Non ne avevo proprio voglia.
D’istinto mi voltai verso la sedia alla mia sinistra, benché sapessi che era ancora vuota. Vivy non era ancora arrivata a fare colazione. Sbuffai. Avevo proprio voglia di lasciare a lei l’ingrato compito di spartirmi con Road. Faceva tanto “uomo-oggetto”, ma la pigrizia comportava questo ed altro.
Tanto tutti i miei tentativi di lottare contro la “dittatrice” risultavano sempre vani. Almeno, se la mia vicina di posto avesse mostrato un po’ di quella sua celata ma sprezzante volontà, il loro scontro sarebbe stato quasi pari.
Anche se probabilmente una disputa tra loro, contando oltretutto l’ostilità evidente della bimba, non mi avrebbe favorito, ma reso una posta in palio decisamente indisposta…
- Ho semplicemente preso altri impegni, Road. – risposi, tranquillo, sorseggiando con cura la bevanda calda.
In mancanza dell’altra disputante, mi toccava difendere da solo la sua posizione. Una bella scocciatura. Oltretutto le mie possibilità di vincere con Road erano uguali a zero.
- Ma sai che riuscirò a farti fare quello che voglio! – sorrise, tagliando una fetta di burro con un’inquietante perizia – Mi fa piacere! -
Aggrottai le sopraciglia: - Lo sai che non lo sopporto… -
Quel suo modo di leggere nella mia mente senza permesso mi innervosiva troppo…
- Ma il Conte dice che posso! – esclamò, cercando subito con gli occhi rapaci il capo, seduto a capotavola – Non è così!? -
Lui rise di gioconda dolcezza: - Ma certo! Non dire così, Tyki-pon! E’ giusto che usi i suoi poteri, altrimenti che senso avrebbe!? E poi tu non hai nulla da nascondere, no!? –
- No… - risposi stizzito, ma senza perdere la calma.
- Comunque ha ragione lui, Road! Ha promesso a Vivy di aiutarla a fare i suoi esercizi! -
Anche il Conte aveva lo stesso vizio e mi faceva parecchio arrabbiare, però almeno lo faceva con più… discrezione…
Lei per tutta risposta mise un broncio terribile e prese a stropicciarsi la gonnellina, con aria offesa e rabbia trattenuta a fatica, poi sbottò, con un tono parecchio più alto del necessario: - Non mi interessa! –
- Lo so che non ti interessa. Lo dici sempre. La volontà altrui è nulla per te. – risposi, benché sapessi di essere un po’ troppo duro, probabilmente – Ma quando si tratta di persone che non ti riguardano, posso capirlo. Verso una nostra parente è scortese. Dovresti saperlo. -
- Tyki-pon!!! Non essere così cattivo!!! – esclamò il Conte, che prontamente, dopo essere rimasto per qualche momento dalla mia parte, era subito tornato a tifare per Road.
- Non è cattiveria. Penso solo che dovreste essere anche voi un po’ più imparziale. – ripresi, terminando finalmente il caffè e posando piano la tazzina sul piattino.
Non valeva la pena di scomporsi, anche se in poteva tranquillamente essere l’occasione perfetta per una bella scenata. E poi altrimenti dove finiva il mio retto disinteresse?
- Ma non puoi fare così! E’ una bambina! Devi essere più gentile! – e nel dire queste parole si alzò e prese ad accarezzare Road con una tenerezza quasi nauseante.
E Road, quella stessa Road che quando le si dava della bambina lanciava fuoco dagli occhi, si appese triste al collo del Conte e si lasciò abbracciare in un atteggiamento davvero mieloso.
“Si, una bambina… Come no…?” pensai, irritato.
Sbuffai, distogliendo lo sguardo da quella scena insopportabile: - Sarò stato brusco, ma la sostanza non cambia… Ho detto a Vivy che l’avrei aiutata e mi dispiace, questo significa che non posso uscire con te. –
Solo allora rividi la despota al massimo splendore. A queste parole mi fulminò con lo sguardo giallo più arrabbiato che le avevo mai visto…
- Andiamo via. – disse solo e il Conte uscì dalla stanza tenendola in braccio.

- Buongiorno! – esclamò Vivy, parecchio affannata, entrando qualche tempo dopo e quasi di corsa nella sala da pranzo.
- Alla buon’ora… - commentai, mesto, rendendomi conto solo dopo di essere stato alquanto sgarbato.
Lei si fermò sulla soglia, basita, gli occhi sbarrati dalla sorpresa.
Dopo un attimo, però, si mise a ridere: - Allora ogni tanto anche tu ti alzi con la luna storta! –
Appoggiato con i gomiti sul tavolo, mi voltai senza potermi evitare un sorrisetto: - Veramente ero perfettamente di buon umore… Prima… -
- Cosa è successo? Qualcosa di grave…? – domandò, tornando subito seria.
- Nulla di simile. – risposi subito, dato che sembrava già preoccupata - Vieni… Non stare in piedi…- e mi alzai per farla accomodare al suo solito posto.
Si avvicinò, un po’ titubante, e si sedette sulla sedia imbottita, sistemandosi delicatamente la lunga gonna scura.
Stavo per avvicinarle il sedile al tavolo, quando mi fermò: - Emh, ti dispiace se tolgo la giacchetta… E’ che ho un po’ caldo… Mi sono messa a correre quando ho visto l’ora…- chiese, imbarazzatissima.
- Per me non ci sono problemi. – risposi, più candidamente che potei.
- Anche se è un po’ indecoroso…? – chiese, ancora poco convinta.
- Ti pare che io mi faccia problemi simili? – le domandai, facendo un gesto eloquente a mostrarle il mio solito abbigliamento casalingo, cioè la camicia bianca con qualche bottone aperto.
- Si, ma lo sai che per una donna… - iniziò, sempre più a disagio.
- Si,si… So tutto… Però sei in casa tua, è giusto che tu faccia quello che vuoi… -
Come sempre si faceva troppe fisime…
Storse un po’ il naso, probabilmente per la mia espressione impaziente, poi si sfilò la giacca grigia che appoggiò con cura sullo schienale. Indossava una camicia bianca con le maniche a sbuffo e il colletto ricamato e frastagliato, che lasciava solo intravedere un laccetto accollato. Come ciondolo aveva una piccola pietra nera, perfettamente in tinta con i lunghissimi capelli che aveva lasciato sciolti e scivolavano graziosamente sulle sue spalle.
Nel caso di una donna qualunque avrei formulato qualche malizioso e languido complimento. Mi veniva naturale. Eppure, con lei dovevo prendere atto di non riuscirci spontaneamente. E se l’avessi fatto comunque, sarei apparso troppo sincero… No, meglio di no.
Le accompagnai la sedia e presi il mio posto a fianco a lei: - E’ solo che avrei preferito fossi stata tu a difendere personalmente il tuo diritto di precedenza… -
- A cosa ti riferisci…? –
- Road mi ha… - esitai, ironicamente – …ordinato… Se mi passi il termine… -
Sorrise: - Conoscendola, “ordinato” è l’unico termine… -
- Già… - sbuffai, svogliato – Be’, mi avrebbe ordinato di andare a fare un giro con lei oggi… -
Notò subito il condizionale e sgranò di nuovo quei grandi occhi segnati di giallo dal nostro potere:
- Non le avrai mica detto di no! – esclamò, incredula.
Aggrottai le sopraciglia di fronte alla sua reazione: - Scusa se ho difeso gli accordi che avevamo preso… -
- Ma no, ma no… - si affrettò a rispondere, scuotendo la testa concitatamente.
Ero offeso…?
Non era da me, certo. Tenendo però conto che mi ero anche dato da fare e l’avevo fatto per nulla, c’era poco da restare impassibili…
- Insomma, mi sembrava che avessi detto che ti ero utile… -
- Tyki! Mi lasci parlare!? – esclamò, con cipiglio offeso.
- Guarda che se c’è uno che deve essere offeso… -
- Si, va bene… Ma mi lasci spiegare…? –
- Guarda che non c’è nulla da spiegare! Se non ti va, posso sempre… -
Inaspettatamente, forse ad entrambi, si allungò verso di me per posarmi un dito sulle labbra.
Mi bloccai quasi di scatto.
Anche lei sembrò colpita dalla sua stessa reazione spontanea, ma si riprese in fretta:
- Hai finito? Ora posso parlare? -
Alzai gli occhi al cielo: - Si… -
- Bene. – rispose, tornando ad appoggiarsi elegantemente allo schienale intarsiato – Ascolta. Il mio stupore e il mio commento erano solo dovuti al fatto che è pazzesco anche solo pensare a te che prendi una posizione contro i capricci di Road… -
- Non è un complimento, Vivy. – commentai, con una lieve smorfia.
- Ma è un fatto. – sorrise, tranquilla.
- D’accordo, ma… - tentai di controbattere.
- Allora, la prossima volta che  cosa potrei usare per impedirti di interrompermi…? – diede una vaga occhiata alla tavola imbandita – Che ne dici del panetto di burro…? –
- Ho capito. Non parlo più… - risposi, divertito.
Rise di gusto, poi riprese: - Mi sembra giusto. Comunque, davvero Tyki… - tornò subito molto seria e tornò a fissarmi negli occhi con un’intensità sincera – Non sai quanto mi fa felice pensare che tu sia dato tanto da fare per non mancare ai nostri accordi. Mi fa piacere quanto poco altro sapere che vuoi davvero aiutarmi. -
Questo fu troppo. C’era troppa umanità in lei. Veniva decisamente spontaneo chiedersi se era davvero una Noah. Quando parlava così, lasciando trasparire tutti quei buoni sentimenti, tornava quel fastidioso e insidioso ricordo del passato. No, meglio di no.
- L’ho fatto perché tu non c’eri ed era giusto che entrambe le parti fossero rappresentate. Non poteva prendere decisioni senza neanche considerare la tua posizione. Per questo. – cercai di giustificarmi, a fatica.
Come se fosse necessario. Come se fosse sensato. Perché sentivo il bisogno di farlo?
- Certo, lo so. Però credo che se fosse stato solo per questo avresti ugualmente lasciato che come sempre ti obbligasse. E… - mi bloccò dall’interromperla afferrandomi il polso che avevo appoggiato alla tavola - …non voglio che tu mi dica di no. Anche se non fosse vero… Lasciamelo pensare, ok? -
C’era quasi una supplica nel modo in cui lo disse. Teneva stretto il mio polso come per un bisogno morboso di restare attaccata a questa sua visione di me. Voleva vivere nel passato. Io non potevo permetterglielo, in assoluto.
Però non tentai più di contraddirla. Non solo per le sue minacce, ma perché in quel caso aveva ragione. Non lo avrei mai ammesso apertamente, per mille e una ragione, ma avevo davvero scelto lei, piuttosto che Road. E forse lo avrei fatto anche se non avessimo preso quel mezzo accordo.
Ma lasciarsi andare a ipotesi… No, meglio di no.
- Tuttavia, - e mi lasciò, per riprendere a guardarmi con un’espressione un po’ triste – vorrei che tu andassi con lei. -
Non vedendo alcuna mia reazione, prese a spiegare cautamente: - Tyki, credo tu sappia che per ora io e Road non abbiamo ancora stabilito un ottimo rapporto. Non vorrei che questo nostro  impegno mettesse a rischio la possibilità di creare una convivenza civile tra me e lei. Vorrei piuttosto evitare quanto posso ogni occasione di attrito. -
In realtà dubitavo che questo sarebbe bastato. Vivy si illudeva che l’ostilità di Road fosse solo momentanea e destinata a finire con il tempo e la conoscenza. Era meglio che non riuscisse a vedere ciò che vedevo io, cioè l’odio profondo, e secondo me immotivato, che la bambina aveva per lei.
- Ho capito. E’ chiaro. Vuoi conquistare Road riconsegnandole il suo giocattolo. -
- Tyki… - disse, con aria affranta – Non voglio trattarti come un oggetto. –
- Lo so. Non te la prendere. Doveva essere una battuta. Quando imparerai a capire quando scherzo…? – ribattei, scrollando le spalle.
- Non scherzare. – rispose, seria e dispiaciuta - Io avrei davvero bisogno di te per le prove. –
Sorrisi, lasciando volontariamente trasparire l’ironia: – Comunque è una scelta tua… -
- Mi dispiace… -
- Si vede. Non ti preoccupare. – mi alzai in piedi con un mezzo stiracchio – Allora vorrà dire che mi sacrificherò. – e mi diressi verso la porta - Buona giornata, Vivy. Ci vediamo più tardi. –
- Anche a te. A dopo. – mi salutò.

Infatti Road apparve estremamente soddisfatta della resa di Vivy. Tanto soddisfatta che non volle lasciarmi nemmeno un giorno per assisterla, ma in ogni occasione mi trovava qualcosa che bisognava assolutamente fare.
Così mi ritrovai a fine settimana disperatamente stanco… L’idea di tornare in miniera era un idillio rispetto ai giorni densissimi che avevo passato… Tentai anche di farlo presente a Road, la quale non batté ciglio e con candore mi rispose che probabilmente non avevo il fisico...
A giudicare dalle poche volte che riuscii a vederla, la nostra soprano era ancora più stravolta di me. Comunque era evidente che la stanchezza non era l’unico problema. Come sempre tentava di nascondere quanto più poteva le sue tensioni d’animo, ma non ci riusciva mai pienamente. A pranzo e a cena, quando ci ritrovavamo tutti insieme, notavo magari qualche commento di fuoco diretto al Conte, oppure occhiate furtive a Road, o ancora sorrisi un po’ amari nei miei confronti…
Le conclusioni più logiche per questi gesti erano che probabilmente stava di nuovo litigando con il Conte e cercava almeno con lo sguardo la famosa riconoscenza che Road le doveva ma che, al solito, le faceva sudare. Però non mi quadrava quell’aria sofferente che mi rivolgeva. Di certo si era pentita della scelta fatta, ma non era corretto che cercasse di farmela pesare così tanto… Sempre se era solo per quello…
Appena c’era una mezza occasione, tentavo di chiederle qualcosa, ma, prendendo evidentemente esempio da me, dal maestro in questo ambito, arrivava sempre a svicolare abilmente…
Alla fine, decisi che erano affari suoi. Non ero il tipo da impormi troppo interessamento. Questione di carattere.

- Be’, allora, famiglia… Alla prossima… - biascicai, mezzo addormentato, tentando a fatica di alzarmi dalla poltrona su cui mi ero abbioccato.
- Vai già via, Tyki!? – esclamò Road, balzando in piedi, almeno lei arzillissima.
- Come “già”… - risposi, alzando gli occhi al cielo, spazientito – Non ne hai proprio mai abbastanza, eh…? –
- Tyki-pon! Non ti fermi a cena!? – chiese il Conte, altrettanto giocondo.
- No davvero, Conte… Devo andare prima di farmi vincere di nuovo dal sonno… Scusatemi… - gli risposi, per poi sbadigliare sonoramente.
- Stupid-Tyki vuole farci analizzare le sue tonsille! – esclamò pronto Debit, seguito a ruota dal fratello: – Hi-hi! Che sbadiglio! Hihihi! –
Sbuffai: - Non voglio lezioni di buone maniere da voi… -
- Ricordati di andare a salutare anche Lulù e Skin…! – disse Road, sovrastando la voce dei gemelli infervorati.
- Ne sentiranno la mancanza? – le chiesi, ironico.
- Tyki! – esclamò lei, con aria di rimprovero.
- Ho capito… Ho capito… - poi aggiunsi, a voce più bassa, perché solo lei potesse sentire – Tu però fai la brava in mia assenza. Metti da parte un po’ della tua ostilità. Lo sai cosa intendo… -
- Si, si… - rispose, annoiata, per poi gettarmi come al solito le braccia al collo.
Stavo per uscire dalla sala, quando dalla stanzetta attigua comparve anche Vivy, con in mano un enorme libro rilegato, probabilmente l’ennesimo romanzo russo che stava divorando.
- Stai andando via? – mi chiese.
- Già… E si… Stavo dimenticando di salutarti… - aggiunsi subito, con un sorrisetto falso.
- Come al solito. – commentò lei, per nulla offesa – Allora alla prossima, Tyki. –
- A presto, Vivy. E buona fortuna per la prima… - la salutai.

Impiegai quasi tre giorni a riprendermi del tutto dalla sonnolenza.
I ragazzi erano sconvolti e mi chiesero più volte come avevo fatto a ridurmi come uno straccio fino a quel punto. Chiaramente non risposi, o almeno non con quello che volevano sentirsi dire. Del resto stavano ancora tirando fuori vaghe ipotesi sulla mia misteriosa amante, senza sapere che se quella che mi aveva ridotto così fosse stata la mia donna sarei stato un pedofilo.
Il resto della settimana, comunque, passò abbastanza bene.
Fino a sabato…
Non so cosa mi successe. Non so spiegarmelo. Non avevo più pensato all’occasione che cadeva in quel giorno da quando avevo ripreso i miei panni umani, eppure quel mattino mi svegliai con una martellante e irrazionale ossessione che non riuscivo a scacciare.
Volevo a tutti i costi andare a vedere Vivy cantare alla prima di quella sera.
Più ragionavo sul fatto che interessarmi tanto a quel suo atteggiamento umano, a quella voce angelica, a quel passato splendore fosse del tutto contrario ad ogni cognizione della mia parte Noah, e più quell’idea mi riempiva la mente e un desiderio incontrollabile mi tormentava.
Rifiutarmi e oppormi non avrebbe significato nulla. Io subivo troppo il fascino delle tentazioni e dei più piccoli e occulti piaceri. Erano il mio forte.
Se mi andava bene così, cosa c’era da chiedersi di più?

Verso sera, comunicai ai miei amici che dovevo assentarmi per qualche ora e lasciai intendere che fosse colpa del “part-time”. Non fecero domande, ma mi annunciarono che mi avrebbero aspettato svegli e che era il caso che tornassi presto.
Mi sentivo una ragazzina con il coprifuoco dei genitori…
Era un pessimo periodo per la mia autostima…

Per arrivare a Nantes l’unico mezzo che avevo a disposizione erano le porte di Road. Questo chiaramente significava palesare quello che stavo facendo. Si sarebbe certo accorta di come stavo sfruttando i suoi preziosi passaggi dimensionali. Tuttavia, avevo imparato che era ugualmente impossibile fare qualcosa senza che lei o il Conte lo sapessero, quindi tanto valeva che ne fossero a conoscenza già fin da subito, così che poi non mi stressassero troppo per farmelo confessare.
Il passaggio sbucava poco lontano dal teatro e vi arrivai appena in tempo per accaparrarmi l’ultimo palchetto.
Ci fu qualcosa di controverso e incomprensibile in tutto quello che vidi e pensai quella sera. Non che fosse una novità per me, ma certo non mi era mai capitato di sentire tanto forte il conflitto.

Da una parte c’era il mio lato Noah, apparentemente in minoranza, ma che suppliva la sua condizione di sfavorito con dei picchi improvvisi e quasi incontrollabili.
Mi bastava semplicemente guardare Vivy. I suoi abiti sgargianti, preziosi, decorati con una perizia incredibile, che avvolgevano il suo fisico snello come se glieli avessero cuciti addosso. Quella sua pelle lattea e delicata che, complice forse il trucco, sembrava brillare alla luce dei riflettori. I capelli acconciati con pochi riccioli sciolti a sfiorare il suo viso elegante e concentrato. I suoi occhi verdissimi che lanciavano sguardi intensi, prima appassionati, poi acuti, poi disperati, seguendo gli stati d’animo del suo personaggio.
Trovavo che fosse la donna più attraente e desiderabile che avessi mai visto.
Mentre raggiungevo questa coscienza della passione che mi scuoteva, mentre percepivo distintamente ancora una volta la volontà di prenderne pieno possesso, riconoscevo anche la più piacevole verità: lei era mia. Mia proprietà. Mia promessa. Mia futura sposa. Nessuno poteva portarmela via. Non avevano speranze. Solo io sapevo tutto di lei, anche di quell’anima nera che si portava dentro e nascondeva con tanta cura. Solo io avevo il diritto e la possibilità di desiderarla tanto. L’orgoglio più spietato e infuocato si impadroniva di me quando gli uomini in sala la applaudivano con tanto ardore, pieni di loro stessi e ammirati per la sua bravura,  per la sua bellezza, che mi appartenevano, senza possibilità di errore. Anche se lei non lo volesse…

Dall’altra parte il lato “bianco”, capace di lottare quasi ad armi pari con la passione più ardita.
L’avevo già sentita cantare quelle arie, ma non così. Tutto sembrava tremare al suono modulato e struggente dei suoi acuti. Ogni gorgheggio riempiva la sala di un’atmosfera irreale.
Eppure non era solo a causa del teatro o del diverso clima che vi si respirava. Era lei stessa che si era trasformata. Non era più la umile Vivy, ma la gelosa Tosca, pronta ad ogni sacrificio per quel tale Cavaradossi. Se addirittura io ero in grado di cogliere quanto si fosse immedesimata nel personaggio, di certo quei grandi e ricchi esperti operistici che sedevano in sala dovevano essersi resi conto dell’immedesimazione perfetta a cui stavano assistendo.
Ma era tutta capacità di attrice? Non riuscivo a capirlo fino in fondo.
Nella donna che stava interpretando c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che stonava con Vivy. Forse l’omicidio. Si, quello era certamente un gesto che non faceva per lei. Anche se era più che perfetto per una Noah...
Per il resto, in fondo, vedevo lei in persona. L’amore incondizionato, la passione per il canto, il sacrificio di se stessa, la forza vana della speranza, la disperazione e il senso di colpa… Era perfetto per lei o sapeva renderlo alla perfezione.
Il finale poi mi lasciò stranito e definitivamente incerto. Non perché non sapessi come finiscono questi drammi… Piuttosto perché la sofferenza che vedevo sul volto stravolto di Vivy era tanto reale da lasciarmi allibito. Era Tosca che piangeva Cavaradossi, era tutta finzione scenica, oppure…
Oppure cosa…? Cosa poteva esserci d’altro? Non ero in grado di capirlo.

Finita la rappresentazione, rimasi abbastanza stordito. Impiegai qualche momento a riprendermi e a darmi una regolata. Quella lotta interiore mi aveva sfiancato e non avevo quei casinisti di Road e dei gemelli che mi facessero rinsavire.
Alla fine, tornai nella hall.
C’era un caos incredibile di persone che si assiepavano in capannelli o si affrettavano verso l’uscita. Comunque la maggiore calca era concentrata intorno agli attori che erano da poco usciti dai camerini per il bagno di folla. Non mi sarei mischiato a quegli individui infervorati neanche per tutto l’oro del mondo e in ogni caso non ero neanche certo di volermi far vedere da Vivy. Di conseguenza, mi appoggiai alla parete a qualche metro dall’inizio dell’assembramento e osservai tranquillamente la scena.
Necessariamente quelli che più attiravano i curiosi erano i due protagonisti e l’antagonista.
Mi stupii notando quanto visivamente Scarpia potesse assomigliare al Conte: non molto alto, decisamente sovrappeso e strizzato in un completo di velluto di qualche taglia più piccolo. Tuttavia anche le differenze erano evidenti: era quasi calvo, ogni tanto si apriva in un sorriso sincero e amichevole e mostrava un atteggiamento molto cavalleresco e fine.
Vivy era come sempre impeccabile: un leggero e timido rossore sulle guance, una risata cristallina per tutti gli ammiratori, anche se per alcuni un po’ più sforzata, e tutta la sua elegante sobrietà.
Al contrario di quel tenore, il co-protagonista Cavaradossi… Un sorrisetto tronfio e vanesio gli riempiva il volto, baciava mani a profusione, partiva in eccessi di riso decisamente fastidiosi e i suoi occhi avidi percorrevano senza scrupoli dalla testa ai piedi tutte le donne che si trovava davanti…
Invadendo ogni tanto di sottecchi anche un territorio che non gli apparteneva per nulla… Quelle occhiatine languide rivolte alla sua collega non mi piacevano per nulla, ma notavo con piacere che lei non ci prestava attenzione, anzi, ogni tanto lo squadrava con un’aria di rimprovero.

La folla si era abbastanza sfoltita e c’era ormai il rischio di essere visto. Non avevo ancora deciso se fare finta di niente finché ero in tempo oppure presentarmi davanti a lei per mostrarle che ero venuto spontaneamente ad assistere alla messinscena. Ancora una volta era tutta una lotta tra le mie due inguaribili metà…
- Buonasera! -
Mi voltai nella direzione di quella voce sconosciuta e mi ritrovai di fronte una ventenne di primo pelo, pesantemente truccata, con un’espressione che era tutta un programma… Mi trattenni dallo sbuffare e cercai di apparire il più possibile controllato e moderato: - Buonasera a voi! –
Sperai che fosse bastato questo, ma con quelle ragazzine intraprendenti e spudorate non poteva essere sufficiente a troncare il dialogo.
- Una splendida opera, non credete…? –
- Si… Deliziosa… - risposi, tornando a voltarmi verso gli attori rimasti a discutere con gli ultimi ammiratori.
- Assolutamente! C’era un’atmosfera incredibile! Ho veramente apprezzato tutti gli interpreti! – poi più a bassa voce – Soprattutto Dallas Conrad… Davvero una grande stella della lirica…-
Intuii subito che doveva trattarsi del tenore. Ci mancava solo una fan di quel damerino tutto fumo.
- Si… Un’ottima compagnia… - risposi, sempre più spazientito, lanciando solo qualche vaga occhiata alla fanciulla per restare invece concentrato sul resto dei presenti.
- E voi chi avete preferito…? - chiese.
Notando probabilmente che avevo smesso del tutto di darle retta, sbottò: - Scommetto che siete anche voi uno degli ammiratori di quella primadonna montata e arrampicatrice! Sempre attaccata a Monsieur Dallas, quell’impudente! Un sacco di gente pensa addirittura che stiano assieme… ma io non ci credo! Lui ha certamente dei gusti molto migliori e lei comunque non sembra neanche questa gran bellezza… -
A sentire queste cose mi irritai parecchio. Non se se di più per i commenti malevoli rivolti a Vivy o per quelle insinuazioni su una relazione tra i due. Entrambe cose che non potevo concepire. Probabilmente le avrei risposto male, se non fossi tornato a guardare la ragazzina e ne avessi provato un po’ di vaga e sprezzante pietà… Un’appariscente e impertinente cacciatrice di uomini…
Le sorrisi, senza più celare la malizia, e risposi, tranquillamente: - Se la pensate così temo che non abbiamo nulla di cui parlare, signorina. Se voleste gentilmente smettere di importunarmi, vi sarei immensamente grato. –
La vidi diventare color melanzana e strabuzzare gli occhi, biascicare qualcosa tipo “che razza di educazione” e poi marciare offesa verso la porta. Con mio enorme sollievo.

Dopo poco, anch’io d’istinto mi avviai verso l’uscita. Tanto ero giunto alla conclusione che era meglio non mostrare a Vivy di essermi recato laggiù. Poteva essere dannoso. Se nel mio caso quella decisione era stata il degno campo di battaglia dei miei opposti moti interiori, in lei poteva scatenare solo speranze vane per quel suo spirito umano e nostalgico. Non lo potevo permettere.
Solo che stavo per avere il mio secondo incontro imprevisto della serata.
- Buonasera. -
La strada verso la porta mi fu bloccata da un uomo sulla sessantina, non molto alto, ma estremamente elegante e curato. Lo scrutai cercando di capire dove l’avevo già visto: capelli bianchi perfettamente pettinati, occhi azzurri, due baffoni da generale abilmente impomatati e un piccolo monocolo e un fazzoletto nel taschino. A questo primo sguardo non mi venne in mente. Al contrario lui sembrava sapere benissimo chi fossi e mi aveva puntato addosso uno sguardo tanto ostile quanto diretto.
Decisi di fare finta di nulla: - Buonasera. – lo salutai di rimando con un cenno del capo.
Contai che il caso venisse chiuso così, ma subito mi apostrofò ancora:
- Non siete il fidanzato della nostra soprano…? -
Bastò questa frase, decisamente diretta e inaspettata, per farmi tornare in mente quando ero venuto a teatro per incontrare Vivy e in particolare quell’uomo anziano con il quale stava parlando e che, per tutto il tempo in cui restai con lei, sentivo che continuava a squadrarmi da lontano. Doveva essere quel tale… Quel Retino… Il padrone della compagnia…Che cosa accidenti voleva da me…? Non avevo voglia di scoprirlo.
Risposi subito, senza pensarci:
- Credo mi confondiate con qualcun altro. -
Mi fissò con sempre maggiore astio e, mi accorsi per caso, stringendo minacciosamente il mazzo di rose rosse che teneva in mano. Portò avanti questo scambio di occhiate per un tempo decisamente più lungo del necessario. Se avessi avuto la coscienza a posto, avrei anche avuto il diritto se non il dovere di chiedere candidamente perché lo stava facendo. In realtà, però, mi ero già pentito di aver mentito...
- Allora vi chiedo scusa. Devo essermi sbagliato. – commentò, acido, dandomi le spalle – Del resto una persona tanto importante per lei starebbe al suo fianco, in questo momento sereno, e non se ne andrebbe così, senza dire nulla. -
Quel vecchiaccio…
- E se fossi la persona che voi dite – sbottai, ancora una volta per pura reazione istintiva – che cosa pensate che dovrei fare? -
Quello si fermò e tornò a fissarmi insolentemente negli occhi: - Prego!? –
- Dovrei andare laggiù a disturbarla e a rubarle il suo momento di gloria…? A farle le congratulazioni, come le diecimila persone prima di me? A fare una scenata di gelosia per quel pesce lesso del tenore…? Oppure… - e guardai quasi disgustato quel fascio infiocchettato che teneva in mano - … a portarle l’ennesimo insieme informe di fiori come ne avrà milioni nel suo camerino…? -
Rimase per qualche momento interdetto, ma con un’espressione che sembrava quasi di pietà. Poi, con uno sforzo di autocontrollo, mi rispose con calma: - Se non siete in grado di fare qualcosa per vostro puro desiderio, meglio che non facciate nulla del tutto… La “vostra” Victoire odia ogni forma di ipocrisia… -
E se ne andò, senza aggiungere altro.

Così feci una cosa idiota… Una delle tante di quei giorni.
Entrai nel fiorista a neanche dieci metri dal teatro. E senza la minima idea di cosa andarci a fare.
Sul subito pensai che la signora sapeva come fare affari: per questione di vicinanza, tutti gli allestimenti floreali delle rappresentazioni e tutti i bouquet per le primedonne venivano sicuramente dal suo negozio.
- Buonasera , Monsieur. – mi salutò, più che gioviale la fioraia.
Già, probabilmente la cassa era proprio piena.
- Buonasera, signora. –
- Posso esservi utile? – chiese, sollecita.
Tuttavia, mi ritrovai a guardarla, stranito: - Non saprei. –
- Be’, immagino siate qui per dei fiori… - sorrise, gentile – Per quale occasione? -
- Per una donna. – dissi, renitente.
- Oh, certo! – e il suo sorriso si allargò ancora di più. Probabilmente la divertiva vedermi così esitante, forse pensava ad una questione di timidezza. Era lontanissima dalla verità… Era colpa dell’inesperienza, della situazione insolita, del conflitto tra “bianco” e “nero”…
- Allora il meglio sono le rose rosse! Ve ne faccio un mazzo…? –
- No… A me non piacciono le rose… - commentai subito, scrutando un vaso di quei fiori color sangue.
- Come no!? – esclamò la signora – Ma le rose sono i fiori femminili per eccellenza... –
- Non so cosa dirvi… E poi comunque le regalano tutti… -
- Certo! E in particolare le rose rosse perché sono il simbolo della passione! Non c’è nulla di strano! –
Ecco il problema. Per quello che rappresentavano potevano essere perfette, al di là che mi piacessero o meno. Allungai una mano a toccare quei petali morbidi ma quasi mi stupii notando che non lasciavano sulle dita un po’ di colore. Un po’ del sangue di cui sembravano impregnate…
Tutti le regalavano, tutti le sceglievano. Io non l’avrei fatto. Mi rimbombavano nella mente le parole di poco prima di quel Retino… Fare qualcosa per mia scelta, per mio desiderio…
Lo sguardo mi cadde su un altro vaso, esposto dall’altra parte del negozio. Una semplice macchia bianca…
- Perché non quelle? – chiesi alla fiorista.
- Intendete… -
- Sono rose bianche, giusto? – domandai avvicinandomi.
- Si, ma… Non so se siano adatte… - osservò, guardandomi dubbiosa.
Sfiorai anche quel petali candidi e li trovai deliziosamente morbidi, come quelli di prima, anche se molto meno inquietanti.
- Perché? - e tornai a guardarla, stupito.
- Vedete… Le rose bianche sono simbolo di… purezza… Certamente un gesto carino, senza dubbio… Ma un po’ impegnativo… E poi sono utilizzate soprattutto per i matrimoni… -
- E’ perfetto. – risposi, all’unisono con il pensiero che mi era passato per la mente.
- Siete sicuro…? –
- Si. Solo io posso regalarle rose bianche. – agguinsi, ancora una volta dando voce ad un’idea improvvisa.

Il vero problema venne dopo. Non avevo nessuna intenzione di consegnargliele di persona. Ero ancora dell’idea che mettermi così in evidenza con lei fosse una pessima idea. E per un attimo mi domandai anche per quale ragione avevo dovuto comprare quelle rose. Ormai comunque non sarei tornato indietro.
Decisi di lasciare il mazzo nel suo camerino così. Senza biglietto, senza intestazione. Senza che lei capisse. Non avrebbe potuto farlo. Io avrei compiuto il mio gesto di gentilezza e lei… Be’, magari avrebbe pensato ad un errore o a qualche bizzarria di un ammiratore un po’ originale. Non ero sicuro che mi andasse bene così, ma ormai avevo deciso. Essere riconosciuto non mi interessava poi così tanto. Perché avrebbe dovuto?
Sfruttai per una delle prime volte i miei poteri Noah ed entrai nel teatro per una parete e feci lo stesso per violare il camerino.
Come da mia previsione era zeppo di rose ovunque. Sembrava avessero sparato vernice rossa su tutte le pareti. Appoggiai semplicemente il mio bouquet anonimo sul piano vicino allo specchio, ma non pensai ad andarmene il prima possibile. Così, quando la serratura scattò, praticamente subito, mi ritrovai nascosto nell’armadio. Che scena stupida e pietosa…
Stavo già per uscire di nuovo attraverso il legno dell’armadio e la parete di mattoni, quando vidi Vivy chiudersi la porta alle spalle e buttarsi sulla brandina, stravolta. Presi ad osservarla da un piccolo spiraglio tra le due ante e quasi senza accorgermene. Ogni tanto stirava leggermente le spalle o la schiena o si passava le mani sugli occhi per il sonno. I capelli neri sparsi sul cuscino e sul viso assonnato.
Poi improvvisamente, sbuffò e si rimise seduta: - Se mi addormento qui è finita… - e si coprì la bocca con le mani al sopraggiungere di uno sbadiglio. Infine si alzò in piedi e fece per afferrare il soprabito dall’attaccapanni. Solo che proprio in quel momento notò il mazzo sulla specchiera.
Allora fui davvero tentato di andarmene. Cosa ci facevo ancora lì? Solo che ormai ero curioso di veder cosa avrebbe fatto.
- Ma… - commentò, tra sé, sollevando il bouquet e cercando un biglietto attaccato alla carta della confezione – Sono proprio… bianche… -
Aggrottò le sopraciglia, confusa. Accarezzò piano uno dei fiori, come soprapensiero, e poi sfiorò con le dita un petalo, con un gesto parecchio simile al mio di poco prima. Strano più che altro perché sembrava che l’avesse fatto anche con il mio stesso scopo, quello di testare la delicatezza dei petali… Ma mai nulla mi lasciò stupito quanto ciò che fece dopo…
Un sorriso luminoso e quanto mai splendido le comparve in viso. Strinse tra le braccia, dolcemente il mazzo di rose e annusò piano il profumo di quei fiori.
Poi sussurrò con un fil di voce e una tenera risata, ma non abbastanza piano perché non potessi sentirlo:
- Tyki… -

- Ma come avrà fatto…? – sbottai, più che altro rivolto a me stesso.
- Di che accidenti stai parlando, Tyki!? – esclamò Momo, con la voce roca dal sonno.
- Ma di nessuno… - risposi, irritato e con una smorfia.
- Allora fammi il piacere di andare a dormire e smettere di scocciare… - sbuffò il mio amico lanciandomi addosso il cuscino.
- Torna tardi… E ancora parla da solo… - commentò Frank, scuotendo la testa, e si ficcò sotto le coperte con un sospiro.
Allora andai a letto anch’io, ma impiegai un po’ di tempo a prendere sonno.
Ero un po’ irritato dal fatto che avesse capito chi era il mandante. Allora ero una persona decisamente prevedibile, anche se mi sentivo di escludere questa ipotesi in quanto del tutto infondata. Avevo troppi contrasti interiori perché fosse possibile immaginarne il funzionamento. In caso questo dovevo ammettere che probabilmente lei mi aveva capito molto più di quanto riuscivo a comprendermi io stesso. Neanche questo era rassicurante. La mia patina di mistero mi proteggeva molto meglio di ogni altra cosa. Ed ero certo che fosse del tutto infrangibile. Nessuno mi avrebbe convinto del contrario. Dovevo scartare anche questa opzione.
Tuttavia, molto più grave di una qualunque di queste analisi frettolose, mi addormentai con un altro pensiero fisso. Se mi avesse mai abbracciato così teneramente e stretto come aveva fatto con quei fiori, non le avrei mai più permesso di staccarsi da me.

Dannazione, non andava per nulla bene!
Dovevo smetterla immediatamente, prima di pentirmene…






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Eccomi qui!!! Oggi posto TUTTO!!!! XDDDDDD
Questo capitolo è un po' lunghetto e può darsi che troviate che nella parte finale sia stata un po' sbrigativa... E' che purtroppo avevo ben chiara tutta la scena del teatro, ma quando ho cominciato a scrivere mi sono persa nelle prime scene a "casa Noah" e poi mi è dispiaciuto pensare di ridurle o tagliarle del tutto...
La vicenda del mazzo di rose bianche ce l'avevo in mente quasi dall'inizio, ma chiaramente dovevo inserirla piuttosto avanti nella storia o non avrebbe avuto molto senso. Anche a questo punto in effetti stride leggermente, ma ci sono tante altre cose che devono accadere, anche molto più sconvolgenti di questa... ^_^
Chiaramente la funzione della "fanciullina golosa" è nulla... Solo che lasciarlo semplicemente lì una vita a squadrare gli attori da lontano sembrava abbastanza vuoto... (E, onestamente, nonostante la faccia trattare un po' male da Tyki, aveva tutte le ragioni di questo mondo per provarci...)
Spero che vi sia piaciuto e aspetto con impazienza qualche commentino!!!! XD
Per quanto mi riguarda, appena riuscirò a tornare a ritagliarmi un po' di tempo, mi metterò a scrivere il prossimo capitolo!!!
Quindi, (spero) a presto!!!!!

Lady Greedy = oh, ma figurati... Non ti scusare e non preoccuparti!!!! Mi fa piacere piuttosto che tu abbia gradito il ritorno in scena dei gemelli!!!
Non ho mai letto "Il ritratto di Dorian Gray", tranne qualche pagina a scuola... ^_^ Anche se devo dire che mi affascina... Più che rispetto al protagonista, in un passo della descrizione di Lord Henry Wotton mi è venuto subito in mente Tyki... Non solo per gli accenni all'atteggiamento insofferente, alla carnagione un po' scura, alla gestualità e allo stile, ma anche perchè Dorian afferma di provarne fascino e insieme paura... E' un'impressione molto diffusa... XD Riguardo a Sibyl... Non so... Per ora posso dirti che un finale simile per Vivy non rientra nei miei programmi... Si vedrà... ^_^ A presto!!!
Bohemienne = in effetti quel mezzo "sbrodolamento" su Vivy era piuttosto strumentale (anche se l'intento di darle un'immagine del tutto umile ammetto che c'era...): mi serviva per permettere a Retino di accennare a Tyki, in modo tale che lei dimostrasse parte del suo tormento e che l'impresario se ne uscisse con quella sentenza netta e amara, che apre direttamente la strada a questa sua incursione arrabbiata sul fidanzato della sua primadonna preferita... Come vedi, tutto ha un perchè... XDDDDD In ogni caso, ti ringrazio molto per aver accettato così volentieri questo mio personaggio originale!!!! Spero che continuerai ad apprezzarlo anche in futuro (anche se ne capiteranno delle belle...)!!!! Riguardo a Tyki... Amo i suoi contrasti irrazionali e farlo sguazzare in questo caos di sentimenti umani... Ma mi diverto anche a parlare della sua parte solo passionale e sensuale (vedi sopra, monologo delle sensazioni "nere")... Con questa fanfiction, voglio realizzare tra l'altro un mio piccolo sogno al suo riguardo... Ma preferisco non anticipare nulla!!!! XD Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!!!
kuro = ti ringrazio molto!!!! Quella scena dolciosa è stata un'ispirazione improvvisa, ma mi fa piacere che ti sia piaciuta!!! Spero valga anche per gli strani momenti di questo capitolo!!!! Alla prossima!!! ^_^



  
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