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Autore: Elsa Maria    15/11/2015    2 recensioni
Nella città di Tokyo si è diffusa una strana disperazione … Si celano nella folla, cacciano gli umani per cibarsi delle loro carni: gli uomini li chiamano ghoul.
L’intrecciarsi del destino di due esseri di differente razza farà nascere una relazione dalle macabre sfaccettature.
“L'uomo è il mostro più orrido sulla faccia della Terra.”
“Dio non esiste, se esistesse, allora l’omicidio non avrebbe motivo di esserci.”
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Tokyo Ghoul!AU (non è un crossover, è stata ripresa solo l'ambientazione e non è necessario conoscere la storia originale ai fini della storia)
Coppia principale: MidoTaka
Coppie accennate/relazioni particolari: AkaMidoTaka, AoKuro, KuroMomo, NijiAka, kasaKise, OtsuMiya, MomoRiko
Buona lettura!
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Seijuro Akashi, Shintarou Midorima, Takao Kazunari, Tetsuya Kuroko
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6
Sangue
 
 
La situazione si poneva fra l'irreale e l'assurdo: quanto un appartamento poteva rispecchiare il padrone di casa? Si chinò in avanti, convinto che cambiando punto di vista avrebbe variato il modo di vedere lo spazio. Casa piccola, composta da quelle stanze indispensabili per vivere, regnata da un ordine maniacale e un profumo leggero di tè che sembrava essersi impregnato nei mobili.
“Non rimanere sull'uscio.” Il tono era palesemente scocciato e lo poté sentire borbottare: “se proprio devi entrare.” Chiuse la porta dietro di sé chinandosi verso la scarpiera. 
“L'ultima fila.” Si raccomandò Midorima che, levata finalmente la giacca, era scomparso in una stanza. 
Takao prese un paio di ciabatte e notò immediatamente che fossero nuove. Non era affatto stupito che con un carattere come quello non ricevesse spesso visite. 
“È carino qui.” Commentò non smettendo di perlustrare il luogo come qualunque buon ghoul avrebbe fatto. Accarezzò un mobiletto al ridosso di una parete, non c'era nulla su questo se non un piatto d'argento e una cornice vuota. La prese in mano. 
“Si può sapere per quale motivo sei qui?” Sbuffò tornando da lui dopo poco. 
“Come mai è vuota?” Sviò come al solito le sue domande girandosi verso di lui per mostrargli l'oggetto. 
“Non ho mai sentito il bisogno di riempirla.” Fu sincero, tanto era stanco che gli mancava la voglia di mentire o evitare ciò che l'altro chiedeva, glielo si poteva leggere negli occhi.
“Sei proprio triste, tu.” Rise rimettendo al suo posto la cornice per spostarsi e andare verso il divano... Due posti, coperto da un telo per non far rovinare la pelle. 
“Insomma, Takao...”
“Certo che è comodo!” Esordì sedendosi. Batté sui cuscini due volte per testarne la morbidezza. Midorima ringhiò basso, stava mettendo a dura prova  la pazienza di quell'uomo. 
“Perché-“
“Non mi offri niente?” Lo guardò e per un attimo non ci fu che quello scambio di sguardi. Non si era mai soffermato, più del necessario, ad ammirare quelle iridi verdi e fredde, intriganti, che poco alla volta assumevano sempre più spessore: c’era dell’altro oltre il freddo vetro posto in difesa.  Stava prendendo coscienza di non considerare più Midorima un umano, ma una persona... Per quanto fosse certo che ancora molto doveva scoprire prima di considerarsi qualcosa come "suo pari". 
“Tè o caffè?”
Takao alzò un sopracciglio.
“Giusto... Caffé.” Ricordò, facendo per voltarsi. Takao però non volle lasciargli il tempo di mandar giù tutta quella situazione che esordì con la risposta alla sua domanda.
“Mi stanno cercando.” 
“Cosa?!”
“Un vero pasticcio.” Sospirò, accarezzandosi la nuca, mentre svagava lo sguardo. 
“E perché staresti proprio qui?”
“Cambiare aria.”
“Ma proprio qui?”
“Ma a me piace la tua aria, Shin-chan.” E un'espressione mista fra lo scocciato e l'imbarazzato si dipinse sul viso del dottore.
“Vado a farti un caffè.” 
“Grazie.” Disse allegro, facendo ondeggiare la testa fino a quando non si allontanò dalla stanza. Un po' gli dispiaceva aver approfittato di lui, ma gli serviva un posto sicuro. Chi più di Midorima, fra le sue conoscenze, dava meno nell'occhio? Aveva fatto la scelta migliore, ne era certo. L'atmosfera di quella sera non gli era piaciuta, era pesante come se fosse esposto ad un qualche pericolo...
Ormai neanche la notte poteva essere un luogo di quiete. 
Tornò all’ambiente nuovo che lo circondava. Quella casa era veramente carina, lo pensava sinceramente, gli bastava voltare lo sguardo su un angolo che sentiva i problemi svanire, la mente svuotarsi, un annullamento. Non l'avrebbe definita accogliente, eppure lo rasserenava.
Non era finta, era vera, era Midorima e come poteva non piacergli?
Sospirò piano coprendosi gli occhi con una mano. Sarebbe stato bello poter dire di avere una casa. Quel monolocale in affitto sotto falso nome che doveva chiamare casa non lo era, nulla per lui era casa e non c'era nulla che potesse farlo sentire accettato... Se non questo posto.
Aprì l'occhio, nero e rosso, la sua natura, nessuno sforzo nel trattenerla, nel nasconderla. 
Midorima aveva un bell'effetto su di lui. 
“Ecco.” Disse il dottore, tornando da lui con due tazze fumanti. Aveva messo l'acqua a bollire quando era entrato, motivo per cui tutto ora era pronto. 
“Non è come quello del bar, ma meglio di niente.” Gli pose davanti il caffè, sedendosi accanto a lui. Aveva un'espressione stanca, tormentata da un fantasma che tutt'ora si ancorava alla sua schiena. 
“Mi accontenterò.” Rispose stringendosi fra le spalle, prendendo la tazza per sorseggiare la bevanda calda... Uno schifo.
“Takao.”
“Si?”
Lo guardò. 
“Se sei ricercato ti conviene veramente tenere quegli occhi tanto in vista?” L'aveva detto con una calma disarmante, tanto da farlo ridere. 
“Non ti piacciono? Sono il mio lato migliore.”
“Lo dico per te.” Gli disse dando un’idea di preoccupazione. “Non voglio trovarmi degli ispettori in casa.”
“Motivazione più che valida.” Cercò di deviare con quell'affermazione l'attenzione da sé, dal suo sguardo stupito, da quel fastidioso imbarazzo che si era fatto avanti. L'aveva veramente preso alla sprovvista: tutto si sarebbe aspettato meno che Midorima si preoccupasse per lui. 
Ci fu un attimo di silenzio in cui entrambi rimasero immobili, prendendo coscienza del momento di disagio in cui si erano messi... Fu poi Takao a riprendere l’attimo. Levò dalle mani di Midorima la tazza, cedendogli la sua di caffé. 
“Ma...!” Non fece in tempo a ribattere che con nonchalance il ghoul si stava gustando il tè come se non gli facesse niente berlo. 
Voltò la testa verso di lui notando tanto stupore. 
“Cosa c'è?”
“Hai...”
“Ovvio, no? Secondo te se non mangiassimo e bevessimo solo caffé non attireremo sospetti?” Sorrise. Ad essere sincero si aspettava che lo sapesse, o per lo meno che ci fosse arrivato, invece…
“Lo so, solo che non credevo fosse necessario di fronte a me.”
“Hai detto tu che vuoi studiarmi o sbaglio?” Aveva colto il momento giusto per scoprire qualcosa di più sulle sue vere intenzione. Si fidava di lui quanto in realtà non si fidava, ma era normale no? Una persona così distaccata come poteva ispirare fiducia?
“Ritengo che il modo migliore per studiare qualcuno sia dai suoi atteggiamenti naturali.” Disse diretto, alzando anche un po’ i toni; poi si sistemò gli occhiali e sbuffò.
Takao si lasciò andare contro il divano, stringendo la tazza in mano, esterrefatto, incredulo. Tutto quello che aveva pensato e imparato in anni di sopravvivenza, ora... Scosse il capo, non era possibile.
“Basta che non ti scaldi troppo Shin-chan.”
“Non mi sto scaldando.” Ecco un altro sbuffo.
“Se ne sei convinto.”
“Sei tu che mi fai irritare.”
“Oh, quindi sei solito dare la colpa agli altri, eh? Voi umani siete tutti così.” Lo guardò, un affronto diretto.
“Io invece spero che i ghoul non siano tutti come te.”
“Ne esistono di peggiori.”
“Ne dubito.”
“Quasi vorrei fartene conoscere qualcuno.” A quella proposta Midorima si tirò indietro con il corpo. Non sembrava affatto allettato dall’iniziativa, anzi se quell’espressione avesse potuto parlare avrebbe di certo detto: “Uno me ne basta e avanza.”
Finì d’un sorso la bevanda calda, poggiando poi la tazza sul tavolino basso di fronte a sé. “Fino a quanto posso restare?”
“Io ti chiederei di andartene ora…”
“Ma?”
Midorima, che si era alzato, gli rivolse lo sguardo capendo che non poteva perderlo per un secondo di vista, lui e quelle espressioni eccessive. “C’è un ma, giusto?”
“Ma puoi rimanere qui, mi sembra di capire che solo questo sia un posto sicuro, no?”
Sorrise, felice. “Siamo un team noi due.”
“Un team?”
“Sì, due partner, ci aiutiamo a vicenda: io sui tuoi studi sui ghoul come cavia e tu come protettore.” Il dottore ci pensò bene a quelle parole, lo si poteva capire dal fatto che lo fissasse. Alla fine, seppur molto rigido e distaccato, alcuni suoi modi di fare mettevano in perfetta luce ciò che gli passasse per la testa.
“Penso che andrò a prenderti le cose per la notte.”
“E questa sarebbe una risposta?”
“Dormirai sul divano, ovviamente.”
“Shin-chan, non ignorarmi.”
“Chissà dove ho messo le coperte…” E mormorando quest’ultima frase scomparve dalla sua vista, lasciandolo nuovamente solo. Trattenne una risata, scompigliandosi i capelli per sfogare l’incredulità del momento: era un soggetto tutto strano, ancor più di lui e non lo credeva possibile. Si avvicinò alla finestra che aprì, allungandosi fuori questa alla ricerca di un suono sospetto o uno strano movimento, ancora scosso nel profondo dell’animo da quella sensazione di irrequietezza…
Silenzio, pesante…
Una luce rotta che lampeggiava…
Una leggera nebbia che si teneva alta, coprendo i tetti degli edifici…
Alla fine tirò un sospiro di sollievo. Tutti i suoi dubbi si erano confermati vani e aveva provato un’inutile paura per quella notte, privandosi di una cena, ma per una volta si poteva anche fare. Si girò mentre si accarezzava la nuca, sciogliendo i nervi e allontanandosi dalla finestra… Scoprendo poi che troppo presto si era rilassato.
Eccolo. Un urlo mozzato, l’aria tesa, un brivido lungo la schiena.
Si morse un labbro.
Pericolo. Odore di sangue.
Un ghoul catturato durante la notte, il loro giorno.
“Gli umani devono proprio imparare a condividere.” Ed ecco che si lanciò, fuori dalla finestra.
Quando Midorima tornò nel salotto rimase con le coperte in mano a fissare le tende spostate dal vento e la finestra aperta.
“I ghoul devono assolutamente imparare un po’ d’educazione.” Digrignò i denti, sedendosi sul divano cercando ancora quella pace che non riuscì a ritrovare.
 
“Scappa!” Esordì indossando la maschera e facendogli da scudo. Il protetto scappò capendo che in quelle situazioni tutto si poteva meno che fare i ribelli, essendo nient’altro che un impiccio.
Una lama strideva contro l’asfalto, un’arma pesante, tagliente, intrisa di sangue, l’odore faceva trasalire chiunque fosse nelle vicinanze. “Voi ghoul siete senza speranze… Ci cascate sempre.” Ghignò, alzando la katana che venne puntata contro la donna. Il viso era coperto da una maschera bianca decorata da dei meravigliosi fiori di pesco.
Così delicata, troppo per appartenere ad un ghoul.
Poi lo scontro iniziò… E non poco sangue venne versato.
Takao seguì quell’odore forte, ferroso che non gli piaceva proprio. Il suo sangue in confronto a quello di un umano aveva un odore quasi acido, ferro puro, nulla di buono o lontanamente mangiabile, mentre quello umano aveva un profumo quasi prelibato, con le dovute eccezioni, ma in genere dolce; e non sentirne l’aroma lo stava facendo agitare.
Odiava quando le brutte sensazioni diventavano vere.
Odiava che la sua zona di caccia venisse violata.
Odiava dover recuperare i cadaveri per non permettere agli ispettori d’avere il loro bestiame.
Odiava il mondo in cui viveva.
L’odio era la vera essenza in cui i suoi occhi venivano intinti.
Il silenzio faceva da padrone all’intera scena, ormai i suoni e le presenze dell’attimo prima del suo arrivo erano scomparse; disorientato si avvicinò al cadavere abbandonato sul terreno. Squartato in due, un taglio netto, unico, crudeltà e freddezza, un marchio sull’asfalto. “Ecco cosa ti aspetta.” Era il messaggio lascito e si riferiva proprio a lui, non a tutti i ghoul, ma a lui che in quel momento aveva di fronte a sé una scena raccapricciante. Si coprì con una mano metà viso, trattenendo il respiro, non distogliendo l’espressione apatica da quello, un distacco necessario per mettere da parte ciò che ormai era un corpo inutile anche per degli studi.
Si chinò scoprendo dai capelli gli occhi spalancati, abbassando le palpebre per rispetto… Corpo a metà o meno era pur sempre…
“Una persona.” Ringhiò.
Continuò ad esaminarlo, era quasi certo di conoscerlo, sì, forse faceva parte del loro gruppo. Assottigliò lo sguardo… Ed ecco il ricordo di quel viso!
Si morse un labbro, alzandosi e dandogli di spalle, sentendo un improvviso senso di colpa abbattersi sul suo corpo, schiacciandolo a terra.
Non aveva fatto in tempo.
Era colpa sua.
Si girò lentamente, concentrandosi sul viso ormai pallido, quasi violaceo.
Il cadavere di cui si doveva occupare era quello di un suo amico, un amico a cui aveva promesso un aiuto per averlo salvato una volta… E invece. Strinse i pugni e lanciò un urlo di rabbia verso il cielo. Potente.
Non gli importava d’essere scoperto, che lo prendessero pure, avrebbe lottato per la loro causa ormai insostenibile. Era ora che i ghoul si ribellassero, ormai dovevano…
“Takao.” Una voce flebile, trascinata come la persona che l’aveva chiamato, cadde a terra privo di forze. Indossava la maschera, spaccata, che ancora celava la sua identità, ma lui sapeva bene chi fosse quella persona. Si sbrigò a raggiungerlo, non esitando a chiamare il suo nome sapendo per certo che nessuno fosse nelle vicinanze.
“Kuroko!” Quello alzò lo sguardo per poi cadere svenuto.
Lui arrivò subito, pronto a sorreggerlo, ma di sentire quella sensazione di viscido sulla mano fu una delle tante cose che quella notte non gli stavano piacendo.
Alla fine, pensandoci bene, lui non era proprio portato in nulla. Né a salvare i suoi simili, né a combattere per loro, tanto meno ad essere un vero ghoul… Non gli rimaneva che quello: pensare.
 
 
“Oh, no, non di nuovo!” Esordì una voce, sempre irritata. “Chi è?” E aprì la porta come se la volta precedente non gli fosse bastata come lezione.
“Indovina chi è?” Ridacchiò, innocente, come se la cosa che sosteneva non esistesse.
“Takao…”
“Shin-chan, non è che ti avanza un posto in più per la notte?” E con quella falsa espressione di allegria si sistemò meglio sulla spalla il corpo dell’amico che aveva lasciato completamente spiazzato il dottore.
Ormai non potevano più scappare.
Né lui da sé.
Né sé da lui.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Come precedentemente fatto presente sono intenzionata a portare a termine questa long con tempi veramente veramente lunghi! Quasi sarebbe il caso di fare dei brevi riassunti per capitolo xD
A parte ciò grazie per il sostegno! Per chi recensisce in primo, per chi mi segue poi. Grazie tantissime! Mi date la forza di continuare >u<
Parlando del capitolo: finalmente la coppia inizia a sembrare una coppia! Per quanto, no, ovviamente non poteva finire bene, e anzi finalmente la storia inizia effettivamente a muoversi, sempre lentamente e un po’ a modo suo, ma vi assicuro che questo è l’inizio di tutto u.u
A parte ciò nulla da commentare, a parte la scelta dell’arma di Akashi. Volevo fosse qualcosa di elegante, piccolo, inerente ad Akashi, praticamente  e di certo non potevano essere delle forbici!
 
Comunque spero vi sia piaciuto anche questo capitolo!
Grazie di tutto!
Here we Go!
   
 
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