Questioni
di testa
Scambio
mentale
La
piccola foca si guardava in qua e in là, alla disperata
ricerca della salvezza,
e nel frattempo nuotava a tutta velocità producendo una scia
di bollicine.
Dietro
di lei l’enorme squalo bianco la inseguiva, leccandosi le
labbra, e non
accennava a piantarla.
Aprì la
bocca, rivelando file di denti acuminati e bianchissimi (
sì, quando non c’era
lo spazzolino usava Daygum Protex nda), e la richiuse, mancando di poco
la coda
del mammifero.
Il
feroce predatore schioccò un altro paio di volte le
mascelle, quindi si preparò
all’attacco finale.
La
piccola foca si sentiva già cibo per pesci ma
improvvisamente, comprendendo che
nessuno la stava divorando, aprì gli occhi e vide lo squalo
che galleggiava
moribondo a mezz’acqua.
Tale
infortunio era stato causato dalla collisione con un vascello che si
stava
allontanando in tutta fretta.
Se
qualcuno di voi lettori fosse stato lì, con la sua
barchetta, a godersi il
sole, avrebbe di sicuro incrociato la rotta di uno stravagante veliero
con la
polena a forma di testa di ariete e un teschio
(anzi, come si dice in Toscana “una morte
secca” nda) con addosso un
buffo copricapo di paglia sulle vele.
Era
dunque chiaramente
Sembrava
che la ciurma fosse di fretta ma, per quanto si poteva scorgere, non vi
erano
navi della Marina alle sue calcagna.
Ma
spostiamoci un po’ più verso il basso per vedere
cosa accadeva sul ponte.
A
poppa, immersa in una moltitudine di mappe che parevano comprensibili
solo a
lei, Nami si esibiva in una serie di coloriti comportamenti: sbraitava,
malediceva tutta la sua famiglia e pure Arlong, che, per vie traverse,
l’aveva
cacciata in quella situazione, dava pugni al parapetto, sbatteva le
carte per
terra e non mancava mai di urlare addosso ai compagni, bersagliandoli
con
scarpe e bottiglie.
Era
insomma un po’ alterata perché aveva fatto un
minimo errore di calcolo ed erano
finiti addirittura dieci metri fuori rotta.
Poco
più in là il temibile
“capitano” Usopp,
messi a posto la fionda e tutto il resto dell’armeria, si
dilettava con la
pesca.
Sdraiato
sul ponte, con la lenza legata al dito mignolo del piede sinistro come
si vede
in certi cartoni, leggeva un manga di One Piece e sghignazzava di
brutto
vedendo sé stesso ai vecchi tempi.
Ignorava
che se per caso un pesce molto grosso o un mostro marino avessero
abboccato
avrebbe potuto rimetterci il piede, ma tanto il problema non sussisteva
perché
neanche una sardina ci sarebbe cascata.
Contemporaneamente
il mitico spadaccino Zoro ronfava come un ghiro, agitandosi in modo
rumoroso e
rotolandosi come un porco nel fango.
Cercava
disperatamente di tapparsi le orecchie per non sentire lo schiamazzo
provocato
da Nami e da un altro individuo di cui diremo fra poco.
Aveva
un bisogno assoluto di dormire per riprendersi dall’ultimo
scontro con un
qualsiasi megacattivone dove come al solito le aveva prese di santa
ragione per
i primi venti minuti, perdendo più sangue di cinque
elefanti, ma poi ovviamente
si era inventato una mossa finale fantasmagorica, accentuata dal
leggendario
rito dell’indossamento della bandana, e l’altro si
era ritrovato senza spada e
con il petto tagliuzzato.
E
naturalmente si sarebbe ripetuto nella prossima saga.
Proprio
davanti a lui sedeva Nico Robin che, da brava archeologa, leggeva un
libro di
archeologia , e placava l’arsura bevendosi un drink al cocco
preparatogli da
quel matto di Sanji che, come si sa, per le donne della ciurma si
butterebbe
nel fuoco.
Il
suddetto cuoco e la simpatica mascotte Chopper erano momentaneamente
irreperibili, il che significa che erano sottocoperta e si stavano
dedicando
alle proprie grandi passioni, cioè la cucina e gli studi di
medicina.
Infine,
ritto sul pennone più alto, il cosiddetto comandante Rufy
comunicava al mondo
la propria gioia.
“Voi
tutti, ascoltatemi! Io sono l’uomo che diventerà
il re dei pirati! Inteso?
Troverò il grande tesoro e.. zac, la fama sarà a
portata di mano!” e gridando
ciò saltellava come un perfetto idiota, alzando le braccia
la cielo e facendo
ondeggiare pericolosamente il pennone.
“Rufy
piantala subito! Non lo vedi che cascherai nel vuoto continuando a
comportarti
in quella maniera insulsa?” strillò isterica la
navigatrice digrignando le
zanne e puntando minacciosamente verso di lui il dito, ma era ormai
troppo
tardi: mettendo un piede nel vuoto l’uomo di gomma perse
l’equilibrio e
cominciò a precipitare in picchiata.
Nami
rimase come pietrificata dall’orrore di quanto stava
succedendo; Usopp si alzò
di scatto mettendosi le mani nei capelli; Zoro non sentì
niente e continuò
imperterrito a rotolare su sé stesso; il capitano avrebbe
potuto allungare un
braccio e attaccarsi a qualcosa, ma non lo fece perché un
certo languorino gli
impediva di pensare; Robin infine si accorse di Rufy che gli veniva
addosso
solo quando alzò gli occhi dal libro.
L’urto
fu tremendo: i due batterono fra di loro una capocciata dolorosissima,
in cui
le ossa dei rispettivi crani vennero a contatto diretto; e fu
così che si
stabilì un flusso continuo fra i cervelli, per quanto quello
di Rufy fosse
pressoché inesistente.
L a
ragazza giaceva moribonda sulla seda a sdraio, con la fronte che
sanguinava
copiosamente, mentre l’altro si rialzò a fatica
solo per ricevere un pugno in
testa.
“Idiota!!!”
tuonò Nami circondata da un alone omicida. “Tu
scherzavi, scherzavi… e l’hai
quasi ammazzata!” quindi si recò da Robin a
tamponarle la ferita.
Quando
Sanji salì in coperta e seppe del fatto ebbe due reazioni:
per prima cosa
massacrò di calci il capitano, poi andò ad
accarezzare “Robin-chan” e le diede
il bacino guaritore.
I due infortunati
furono accompagnati sottocoperta, dove vennero visitati da Chopper.
“Nessuna
frattura grave, e neanche un trauma cranico come temevo”
sentenziò. “Se la sono
cavata bene, ma hanno bisogno di tranquillità e
riposo”.
Vennero
messi in due letti vicini, per confortarli.
“Ohi
ohi, povera testolina! Ho l’impressione che stia per
scoppiare!” si lamentava
Rufy. mentre Robin si accarezzava a fatica il capo ammaccato: percepiva
uno
strano cerchio alla testa, e si sentiva come svuotata di una parte
importante
di sé…
Dormirono
a lungo, poi d’improvviso l’archeologa si
svegliò e il primo impulso che
avvertì fu… la fame.
Ma non
era la solita fame di chi, come lei, non esagera mai a tavola e mangia
solo
finché è sazio.
Era un
impulso arcaico, bestiale, insaziabile, che le faceva desiderare
ardentemente
una montagna
di
belle bistecche al sangue.
Inoltre
aveva la netta impressione di essere meno brillante del solito, come se
la sua
mente si fosse ristretta d’un colpo… ma mentre
pensava ciò aveva iniziato a
sbavare copiosamente sulla camicia di Sanji che per due giorni era
stato la suo
capezzale tenendole la mano.
“Oh
Robin-chan! Ti sei ripresa! Che gioia vedere che stai bene e che hai
fameeee!!!!!” urlò.
Rufy si
alzò e, stranamente non chiese da mangiare.
Chiedeva
invece che gli si portasse un libro, perché, sosteneva
“ senza leggere
impazzisco”.
Credendo
che fosse uno scherzo di cattivo gusto, il cuoco lo mise a tacere in
modo
persuasivo.
A
tavola la ragazza scatenò tutta la furia repressa e si
mangiò consecutivamente
venti cosciotti di pollo, sputando ossa qua e là e
terminando l’esibizione con
un sonoro rutto.
“Scusa
un attimo” disse Zoro parlando nell’orecchio ad
Usopp “ ma Robin di solito non
è quella che ha un autocontrollo da far impallidire un pezzo
di ghiaccio?”.
“Boh?
Sarà ancora frastornata per la botta” rispose il
cecchino, senza saper di aver
intuito la verità.
“Tutti
possono avere un momento in cui perdono la bussola,e non è
niente di grave”.
Contemporaneamente
Rufy si comportò, forse per la prima volta in vita sua, in
maniera civile,
usando addirittura forchetta e coltello, mangiando appena tre portate.
“Arrivederci!
Vado in camera mia a vedere “Ulisse il piacere della
conoscenza!” Bacioni a
tutti!” annunciò Cappello di paglia facendo la sua
momentanea uscita di scena.
Nami,
che come al solito la sapeva più lunga di tutti, fissava
l’archeologa che
russava con tanto di bolla al naso con aria disgustata, quindi disse:
“Chopper,
provagli la febbre! Se qui c’è qualcosa di strano,
lo scoprirò!”.
La
mattina successiva tutti quelli che si recarono sul ponte si trovarono
davanti
Robin che, novella acrobata, camminava sul parapetto tenendosi in
equilibrio
sulle mani e sghignazzando.
“UAOOOOOO!!!!Sei
fortissima!!!” esclamò sbalordito Usopp
strabuzzando gli occhi.
Chopper
gli salì sulle spalle per meglio vedere e gli fece eco:
“Sei un mitooo!
Robin!Robin!”.
“Smettetela
voi due imbecilli! Non c’è niente da
ridere!” urlò la navigatrice, che poi
decise di tentare un approccio diplomatico per capire quanto
l’altra fosse sana
di mente.
“Cara,
sei sicura di star bene? Se vuoi puoi andare a riposarti in camera tua
e a
leggere il tuo bel libro…Che ne dici?”
domandò lei esponendo un sorriso a
trentadue denti.
“Io
dico che sei troppo nervosa carina! Perché non ti rinfreschi
un po’ le idee?”
fece l’archeologa e con un gesto fulmineo afferrò
Nami per un braccio e la
scagliò fuoribordo, restando in equilibrio.
Fra le
risate sguaiate degli spettatori la ragazza annaspò
miseramente, anche se poi,
forte degli insegnamenti di Arlong, era stato un gioco da ragazzi per
lei
raggiungere la nave e scalare la fiancata piantando le unghie nel
legno, tanta
era la collera che provava.
Chopper
e Usopp si nascosero dietro l’albero tremando di paura,
mentre Nami si faceva
avanti sputando litri di acqua marina e strizzandosi i vestiti per
asciugargli.
“Ora
vediamo chi comanda qui, buffona dei miei stivali”
gridò fuori dalla grazia di
Dio, ma Robin replicò con una linguaccia.
Si
scatenò una folle corsa con l’archeologa che
correva in lungo e in largo sbraitando
giocosamente: “Non mi prendi! Non mi prendi!”,
tallonata dalla navigatrice che
agitava in aria i pugni.
In
quell’istante Sanji era alle prese con un dilemma.
Per
pranzo aveva preparato una torta, solo che poi si era impantanato a
risolvere
un’equazione necessaria, secondo il libro di ricette, a
stabilire quante fette
dovessero toccare a ciascuna persona.
In un
normale liceo tali frazioni vengono insegnate già in seconda
solo che, poiché
il nostro cuoco non era mai stato a scuola, era già tanto se
riusciva a fare le
divisioni.
Il
biondo si sforzava, scriveva, mordeva la penna, si concentrava
poggiando le mai
sulle tempie, ma era tutto inutile.
“Zoro
,secondo te quanto fa 27x = 81?”.
“E che
ne so?” rispose lo spadaccino intento a pulire le sue lame.
“Io non so neanche
leggere e scrivere! Per quanto mi riguarda potresti chiederlo anche a
Rufy!”
aggiunse sarcasticamente indicando il capitano che, seduto su una sedia
in un
angolo, leggeva un trattato di geometria analitica attraverso due
occhiali
quadrati e spessi che gli davano davvero un’aria da
professorino.
“Allora
signor intelligentone, visto che sei diventato un genio,
perché non mi
rispondi?”.
Cappello
di paglia alzò gli occhi con sufficienza come per dire
“Dici a me, stupido
mortale?”, poi esordì: “Se ci tieni
proprio a saperlo la risposta è x = 3, dove
x sta per una persona. In parole povere, a ognuno toccano tre fette. E
ora vi
saluto, vado a illuminarmi. Chiamatemi ancora se avete bisogno di me.
E’ duro
essere una mente superiore fra tanti sciocchi” ma appena
uscì dalla cucina
qualcuno lo afferrò come con una morsa e lo
trascinò via.
Era
Nami, con tanto di nuvoletta nera sopra la testa, che
nell’altra mano
stringeva, dimostrando una forza erculea, Robin che piangeva e si
divincolava.
I due
furono scaraventati in un angolino, poi la navigatrice
iniziò la ramanzina:
“Allora, non so cosa vi sia accaduto di preciso, ma dal
giorno della botta in
testa siete.. cambiati. Adesso riempite
questi!”esclamò porgendo loro dei
fogli.
Rufy lo
compilò in un attimo con evidente noncuranza, Robin
passò mezz’ora a picchiarsi
la matita sulla fronte e a tracciare sulla carta strani scarabocchi.
I due
fogli erano test d’intelligenza, e quando gli
decifrò Nami ebbe un tuffo al
cuore.
Così
recitavano: QI di Rufy 180, QI di Robin 30!