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Autore: kissenlove    15/11/2015    2 recensioni
[Amuto*]
Un giorno Amu decide di indagare personalmente sulla sua situazione. La giovane si trova da sola, in bagno, con solo una possibilità al primo posto, fare quel benedetto esame. Ma il risultato cambierà per sempre la sua vita?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                         Ikuto sono... indovina?


Dopo la chiamata del mio gattastro pervertito avevo abbandonato del tutto il mondo reale, assopendomi con piacere nel tepore delle coperte infossata fino al midollo. 
In realtà non ero mai stata così sedentaria e la mia filosofia si esprimeva fra le varie trasformazioni in merito alla mia posizione di Jolly, per purificare le uova del cuore a destra e manca insieme ai Guardiani e impedire alle Easter di impossessarsi dell’Embrione; anche Ikuto né faceva parte, adesso non più, e sono molto contenta. 
Mi sono ricordata la mia nuova condizione: sono incinta di un bambino.. e non poteva essere altrimenti del mio ragazzo pervertito con la passione smisurata per i violini e le esibizioni. E questa era una delle ragioni per cui il mio corpo non voleva abbandonare il letto. Ammontiamo già a tre, perché poi c’è anche il disgustoso senso di nausea che non mi lascia un attimo in pace, giusto il brontolio dello stomaco e la sonnolenza. Speriamo che il resto della gravidanza non proceda così, altrimenti non avrei resistito a questo status diamine. Mi sento completamente avvolta dalle delicate braccia di Morfeo, la materia si svuota di tutti i pensieri negativi e positivi, la mia anima vola negli sconfinati spazi del sogno. Riapro i miei occhi cremisi, avvolta nella più assoluta oscurità, vedo che la stanza non è gigantesca, che è talmente ristretta che sento che i miei polmoni non riescono ad usufruire di tutto quell’ossigeno in esaurimento. Volto lo sguardo ad ogni minimo dettaglio, ma vedo che l’unico particolare è l’ombra proiettata da una lampada che rischiara flebilmente. Mi alzo, appiattita al muro come unica sicurezza, e sbatto le palpebre, un pensiero che circola nella mia testa è di star sognando, ma quello era tutto così reale come il mio corpo. Abbassai il volto e guardai le mani, c’erano, ma quello che più mi fu strano era trovarmi ad osservare incredula il pancino che riuscivo ad intravedere dalla maglietta che rispecchiava il mio perfetto stile di cool e spicy. 
-Perché non me l’hai detto! - tuonò una voce, una voce calda che mi era fin troppo familiare. Con timore alzai lo sguardo e incontrai due meravigliosi occhi blu che brillavano dall’altra parte della stanza, che mi lanciavano saettate di fuoco. 
-Scusa? - dissi, abbracciandomi la pancia. -Chi sei? - continuai, senza poter indietreggiare visto che avevo già il muro contro le mie spalle. 
Il tipo che avevo intravisto a malapena uscì allo scoperto camminando nella mia direzione, e non appena il volto fu illuminato, assunsi un atteggiamento stravolto. 
Era Ikuto ed era arrabbiato dal modo in cui stringeva i suoi pugni fino a renderli bianchi. 
-Amu, chi è il padre! - strillò, facendomi segno verso un facsimile di pancione. 
Sbarrai gli occhi. Questo è un sogno, adesso mi sveglierò, devo svegliarmi. 
Era arrabbiato, ma ciò non significava che questa ira non fosse anche mia. Mi aveva abbandonato per un tempo indeterminato promettendomi che sarebbe tornato, quando si sarebbe sistemato col lavoro, poi dopo la sua ultima visita mi aveva letteralmente costretto a fare l’amore, poi era evaporato, e io ero rimasta incinta di lui. 
Chi dei due sarebbe potuto essere più furioso dell’altro se non la sottoscritta? 
Gli rivolsi lo stesso identico sguardo intimidatorio, staccandomi dalla sicurezza del muro.
-E tu Ikuto! Mi hai abbandonato, non ti sei curato affatto di me e adesso vieni anche a rimproverarmi! Non sai quello che dici e non sai quello che ho passato. Tu non sai nulla.- 
Lui tacque. Lasciò che la rabbia svanisse, la mia invece non si spense. 
Ero incinta, sì lo avevo fatto e non ero stata costretta o violentata, lo amavo, lo desideravo ogni più piccolo centimetro del suo corpo, e persino quello che doveva essere negato, ma lui se ne era andato a Parigi, a suonare nel suo concertino, senza nemmeno chiedersi se mi avesse o meno causato dei problemi, e ora veniva a sconvolgermi. 
Poteva andare benissimo al diavolo, se non voleva il nostro bambino lo avrei cresciuto io, ma l’errore non era stato solo mio, ma anche suo. E il bambino ora c’era, non si tornava più indietro e di abortire non se ne parlava, non lo avrei ucciso manca con una pistola alla tempia. -Non parli più? - lo accusai. Se ne stava in disparte, chiuso nel suo odio nei miei confronti e io nel mio anche se non lo davo a vedere. Pareva quasi un gattino a cui avevano sequestrato il gomitolo, un gattino che però non miagolava e non osava reagire per riaverlo indietro. Aveva sbagliato e ora lo riconosceva. 
-Amu, scus.. - si interruppe. 
Pregavo che non fosse la fine, che Morfeo non avesse deciso di strapparmi da quella dimensione, ma senza nemmeno pensarlo, mi ritrovai al di fuori, con il volto che guardava un po’ allibito della mia stanza. Mi voltai nella direzione della porta, non c’era nessuno lì eppure fino a poco prima buio e la sagoma di Ikuto che mi sovrastava. 
Poi la mia testa riuscì a formulare una spiegazione plausibile: Ikuto era stato un sogno. 
Ma i sogni si materializzano pure, e non è detto che non venga qui, lui è incredibile
Mi accorsi di star fantasticando, la voglia di vederlo mi stava travolgendo, avrei voluto prendere un aereo e correre lì con uno striscione su cui stavo scritto “Ikuto.. sono incinta, ovvero stai per diventare papà gattastro.” ma abbandonai l’ipotesi. 
Mi sollevai e notai che tutto ciò era come l’avevo lasciato prima di assopirmi definitivamente, anche la pancia piatta come una tavola che ospitava il futuro piccolo o piccola Tsukiyomi, che morivo già dalla voglia di conoscere. 
Mi piazzai con la schiena vicino alla testiera, e dedicai un momento al piccolo pargoletto che cresceva in me, ora dopo ora e giorno dopo giorno, e mi venne da chiedermi “ma come fa a stare lì dentro? di sicuro starà soffocando o altro. Non sono abbastanza grande da riuscire a ospitarlo” anche mamma aveva pensato lo stesso con la mia sorellina e io quando ci aspettava, ma alla fine siamo nate ed entrambe siamo ben formate e ben testarde con niente da togliere alla natura che ci ha fornito di un bel po’ di problemi. 
Accarezzai con dolcezza la pancia e iniziai a confabulare come se potesse davvero ascoltarmi, con vocina debole in modo che nessuno mi ascoltasse al di fuori del bimbo. 
-Allora piccolo, spero starai bene lì dentro perché sarà la tua casa nei prossimi mesi. - intanto mi soffermavo su un punto, ma era troppo presto per sentirlo scalciare. 
Cominciava verso il quarto, quinto mese e non prima. 
-Ti consiglio di goderti questo periodo piccolo. La vita non è affatto semplice. - 
Lo stavo già condannando, meno male che era ancora sprovvisto di orecchie così non avrebbe sentito gli obbrobri dei miei terribili pensieri. 
-Adesso parliamo di qualcosa che non sia terribile, ovvero di tuo padre. - 
Già il papà del mio bambino, Ikuto il pervertito. Speriamo che insegni a suo figlio a suonare o ad abbindolare le donne come ha fatto con la sua mamma, e che non si metta a sparlare di cose pervertite, come lo è lui infondo. E se è una bimba, spero, sarò io a farle da maestra, così almeno imparerà meno cose ma che sono vitali per tenersi alla larga dai tipi come il padre, pervertiti e drammaticamente incomprensibili. 
-Lui è fantastico, credo che sarà un buon padre per te, a patto che non ti insegni niente di sconvolgente tesoro. Sai adesso non è qui, è in Francia (guarda caso..) però è lì per costruire il futuro e rendercelo migliore. Non siamo ancora sposati, ma lo faremo non temere. Nonostante il tuo futuro papà sia molto pervertito, è dolce e mi protegge in ogni situazione, ha i capelli blu e gli occhi dello stesso colore che spero erediterai. Se poi sarai una bimba, ancora meglio, adoro i suoi occhi. Io invece li ho cremisi, ho i capelli rosa, spero che non li avrai anche tu, e non so fare la mamma, non so cucinare e sono un disastro. Bene, contento della tua famiglia? - lui non rispose, o per meglio dire non poteva ancora. Detti per sì quel silenzio tombale, poi fu il telefono a spazzarlo via. 
Era sul comodino e si illuminò simultaneamente. Lo presi e guardai il display. 
-Scusa tesoro, se non rispondo zia Yaya si arrabbia. - lasciai per un momento la pancia e risposi al telefono; la voce squillante di Yaya frantumò il mio timpano al lato sinistro. 
-Amu! Sei sparita dalla circolazione? - 
-Ciao, Yaya. Scusa non mi sento molto bene. - 
-Cosa? - Yaya alzò il timbro di voce, come se volesse sottolineare che stesse al telefono con me. -E cosa ti senti Amu? - chiese ancora con timbro alto. 
-Niente di che Yaya, solo un leggero mal di testa. - le risposi omettendo il vomito, la sonnolenza, il voler ammazzare Ikuto e altri piccoli malesseri dovuti al mio essere in dolcissima attesa, che tanto dolce non si rivelava. 
-Se vuoi posso venire con Tadase. Muore dalla voglia di farti visita. - 
Sgranai gli occhi, allora era in compagnia del principe. No, non potevo farli venire a casa, la mia stanza era una via di mezzo fra la caverna di un orco e mister sporcizia, in bagno due tester fatti, entrambi positivi, visto che volevo accertarmene, disposti uno sulla vasca e un altro sul bordo del lavabo che avrei dovuto cestinare. No, non potevano venire, non finché non avrei eliminato tutte le tracce del delitto della mia reputazione. 
-No, Yaya. Ci vediamo dopo al Royal Garden. - le dissi, prima che con estrema fatica le riattaccassi il telefono in faccia. Sospirando dissi al bambino che la zia Yaya era una persona deliziosa, ma che delle volte stressava e parecchio, poi recuperate le deliziose pantofole a coniglietto, sotto al letto, mi fiondai in bagno. Presi il tester sul lavabo e lo gettai nel cestino, l’altro non lo trovai da nessuna parte. Mi misi alla sua disperata ricerca, guardando dappertutto, ma improvvisamente la voce di mia madre risuonò fino al secondo piano e la mia coscienza parlò per me: -Oh no! - mi rialzai da terra e uscii di lì, indossando una felpa, anche se dalla pancia nessuno avrebbe capito cosa nascondevo, il mio volto agitato parlava da sé. Scesi le scale, aggrappata al corrimano per non cadere e fui al cospetto di mia madre, che armeggiava il tester a destra e a sinistra, cercando da me spiegazioni. -Ehm.. - boccheggiai, riabbassando lo sguardo. 
-Amu, cosa è questo? - 
Mi rilasciai a peso morto sul divano, con gli occhi lucidi per lo stato interessante. 
-U-un tester. - singhiozzai all’orlo di un pianto isterico. 
-E perché era nel bagno della tua stanza? - 
Sospirai. Non potevo nascondere a mamma la mia futura maternità, anche perché si sarebbe notato presto, a conti fatti potevo già essere al secondo mese. Tutti lo avrebbero scoperto, così mi decisi a non mentirle e a parlare chiaro e conciso. 
-Questo è mio. Il tester è mio, sono io ad aspettare un bambino. - 
Mamma alzò un cipiglio, appoggiando sul tavolo della cucina il tester. 
-E chi è il padre del bambino? - 
-Ikuto. - 
-Ah bene! - esclamò sarcastica. - Quando lo saprà tuo padre lo sparerà. - 
-Ma non è colpa sua e nemmeno mia. - puntualizzai ferma e immobile. 
-E di chi scusa? Voi mi farete uscire completamente di testa, Amu. - 
Si scompigliò i capelli castani per l’ansia iniziando a pensare a quando anche papà lo avrebbe saputo, e che la cosa non gli sarebbe andata a genio, come adesso non le andava a genio manco a lei. Ero troppo piccola, irresponsabile, dovevo pensare alla scuola, alla vita, alle mie nuove amiche, a uscire, non ad occuparmi di un bambino e per giunta senza un padre. Ma Ikuto era presente, solo che adesso era a Parigi, diamine! 
-Abortirai? - sputò fuori mia madre, ottenendo una mia occhiataccia. 
-No - dichiarai. -Non ucciderò questo bambino. Lo crescerò perché è il frutto del mio amore per Ikuto e lui sarà della mia stessa opinione, ne sono sicura. - 
-Bene. Lui lo sa? - 
-No, ma quando tornerà da Parigi glielo dirò. - 
-Sai che Ikuto non è affatto affidabile vero? - 
Io feci di sì con la testa. Aveva ragione, ma Ikuto non voleva ripercorrere le orme del padre che aveva abbandonato lui e sua sorella in tenera età, si sarebbe preso tutte le responsabilità, di questo nè ero più che certa, perché lui mi amava e io amavo lui e questo bambino che sarebbe nato. -Sì, ma lui sarà un buon padre. - 
-Sì, lo so che non ti abbandonerà ma tu sei davvero sicura di voler vivere questa trafila di emozioni alla tua età? Sarai in grado di metterlo al mondo? - 
Le paure non mi fermavano, perché avevo una personcina dentro di me che chiedeva di nascere e di vedere il mondo, la cui voce non poteva rimanere isolata. 
-Certo. - risposi con una strana luce di determinazione negli occhi. 
Mamma sospirò, portandosi una ciocca dietro l’orecchio, allontanandosi un attimo. 
Rimasi sola nella stanza, anzi quasi sola, perché il bambino seppur ancora piccolo, era pur sempre presente e mi ricolmava di amore perché era stato Ikuto a donarmelo, come si era donato a me quando lo abbiamo creato. Adesso ero certa che il mio cuore aveva superato il limite, ero innamorata, lo amavo alla follia, volevo una famiglia, un matrimonio, volevo che fosse mio per sempre, volevo che Ikuto amasse il bambino come lo amavo io, e che il nostro amore vincesse tutto anche i pettegolezzi della gente. 
Quando mamma tornò aveva un piccolo foglietto spiegazzato nelle mani e un telefonino. 
Io mi alzai dal divano e le andai accanto. -Mamma, cosa stai facendo? - 
Lei mi guardò e i nostri occhi si specchiarono. 
-Dobbiamo controllare se va tutto bene, e oggi quindi andremo a fare un piccolo controllo Amu. Conosco un ginecologo molto bravo, che è stato il mio quando ero incinta di te e che ti ha fatto nascere benissimo. Lui ti farà un controllo, così ci rassicureremo. - detto questo segnò il numero e mise in chiamata. La osservai rispondere poco dopo. 
-Buongiorno, vorrei un appuntamento. - poi annuì. - Verso le quattro? - 
Mi rivolse una veloce occhiata di rimando come a dire ti va bene, io feci sì. 
-Perfetto, abbiamo proprio bisogno di una consulenza di uno specialista. Mia figlia è primipara e vuole tenere il bambino. Grazie mille. - e riagganciò. 
Fortunatamente non continuò la storia dell’aborto. 

Verso le quattro circa mamma mi obbligò ad andare dal dottore, ma guidò lei, avevo la patente ma non ero molto brava e per prevenzione le lasciai la macchina anche se come era nervosa non avrebbe dovuto mettersi alla guida. Arrivammo davanti allo studio e parcheggiamo, avevamo le gambe anchilosate, e mamma cercava di farmi coraggio quando poi serviva più a lei, che pareva lei quella che doveva farsi visitare. 
Entrammo nella piccola sala di attesa vuota e ci sedemmo. 
Io rotei la sguardo per ispezionare l’ambiente e mamma si perse nelle righe di una rivista per ingannare l’ansia che le attorcigliava lo stomaco in una morsa. Quando una gentile signorina di venti anni, che doveva essere quella che aveva risposto al telefono uscì fuori, i nostri due volti si scontrarono nel suo. -Signorina Hinamori. - mamma scattò in piedi come una molla abbandonando il giornale sulla sedia, e prendendomi il braccio mi trascinò di peso in un ambiente completamente diverso. Una stanza illuminata dalla luce ancora diurna, alla cui scrivania un signore maturo, con spesse lenti dalla montatura nera riordinava le ricette che dovevano essere utilizzate. La segretaria si fermò, e mamma le finì addosso non riuscendo a frenarsi, poi blaterò uno scusa e arrossì. 
Io mi battei una mano sul volto. 
-Dottore, avete una visita. - 
Il tipo alzò gli occhi grigiastri e ci squadrò. 
-Oh, grazie Grace. - rivolto alla sua segretaria, che si congedò, lasciandoci sole. 
Il ginecologo si alzò e strinse la mano a mia madre, poi osservò me critico. 
-Questa è vostra figlia? - 
-Sì, ti ricordi? L’hai fatta nascere tu diciotto anni fa.. - 
Lui annuì, contemplandomi come un’opera d’arte. -Bene, allora vediamo come sta il bimbo. Non preoccuparti, uso questo espediente solo per le prime settimane. - 
Io deglutii un groppo in gola. 
-Amu, devi toglierti i pantaloni. - mi disse preparando una lunga sonda che mi spaventò a tal punto che dovetti tenere a freno le mie gambe affinché non schizzassero via. 
Feci come mi aveva chiesto, ma richiesi una certa privacy quindi il dottore mi parò dinanzi un grosso telo verde, e iniziai a sfilarmi i jeans esponendo le gambe al freddo. 
Rimasi in mutande e me ne vergognai. Uscii allo scoperto sentendomi Eva quando si vide per la prima volta nuda e ebbe necessità di coprirsi dinanzi al suo uomo. 
Il dottore mi indicò un lettino, e montò due affari in modo che mi tenessero le gambe divaricate per tutta la visita. Mamma si sedette accanto a me baciandomi la fronte, e il dottore prese quella grossa sonda. -No, Dio cosa mi volete fare? - mi feci scappare, terrorizzata vedendolo armeggiare quella cosa che non mi avrebbe per niente portato piacere. -Amu tu stai calma, fai fare a me il lavoro. - 
Pregai di non sentire nulla e mi persi ad osservare il soffitto bianco latte, che mi dava la nausea, quando riabbassai il capo il dottore non aveva più quel coso nelle mani e trassi un sospiro di sollievo. -Visto? Non è poi doloroso. - 
-Eh? - 
-Adesso, vediamo il bambino. All’inizio ti sembrerà un alieno. - mi puntò lo schermo di un computer e delle distorte immagini in bianco e nero apparirono. Quella era la mia pancia, quella sonda stava visionando la mia pancia, e lì dentro un piccolo fagiolino, navigava impassibile in un luogo chiuso e sicuro. Non appena lo vidi il cuore iniziò a sobbalzare, credevo quasi che mi sarebbe venuta una sincope, quello era il bambino mio e di Ikuto, ed era più un seme incastrato da un alieno, che un essere umano o almeno non ancora. -Se avessi utilizzato la sonda sulla pancia non avremmo visto nulla, il bimbo è piccolo ma è sano e forte come la mamma. - 
-Sì sa già se è maschio o femmina? - domandai incredula, con mamma che aveva le lacrime agli occhi e una crisi di astinenza a neonati in corso. 
-No, Amu non correre, è piccolo e non è formato. Devi aspettare il quarto mese. - 
-Capisco. - feci un po’ delusa. 
La sonda era ancora dentro di me, e il dottore ispezionava ogni singolo tessuto di un piccolo schizzo di essere umano, poi dopo aver appurato che aveva tutto nella norma, cacciò via quella sonda e mi chiese di rivestirmi. 
Non appena infilai i pantaloni e le scarpe uscii e mi sedetti con mia madre alla scrivania su due belle sedie, mentre il dottore mi consegnava la sua prima foto, accanto ad altre, che gli avrei scattato in ogni singolo momento, e chissà con quali occhi, quali capelli e quale espressione avrebbe assunto. Già lo immaginavo corrermi incontro con aria infantile, con quei suoi capelli scuri lisci, perché sia io che il padre li avevamo così, quegli occhi azzurri o cremisi luccicanti, quel fisico snello e muscoloso come un uomo o delicato e morbido di una donna. Vederlo nascere sarebbe stato la sfida più ardua, sopratutto partorirlo. 
Il dottore congiunse le mani sulla scrivania. 
-Amu, il bambino sta bene, ma faremo ulteriori indagini man mano che la gravidanza andrà avanti. Mi raccomando stai comunque attenta, i primi mesi sono essenziali per la sua corretta crescita: non fare sforzi di nessun tipo, se li devi fare fatti aiutare come per esempio portare pesi è sconsigliato, mangia leggero, goditi ogni male perché poi verrà il bene e sii tranquilla così anche il bimbo lo sarà. Per il resto, ci vediamo alla prossima. - 
Io annuii. Lo avrei seguito alla lettera per il bene del bambino e il mio. 

Tornammo a casa verso le sei, perché a me mi era venuta voglia di gelato e patatine con maionese e non avevo potuto mettere a tacere la voglia. Non appena varcammo la porta di casa dissi a mamma che sarei andata un attimo al piano di sopra, e lei mi rispose che la cena sarebbe stata pronta. Dandole un bacio mi ritirai nel mio piccolo angolino. 
Aprii la porta e notai una cosa insolita: la finestra era semiaperta, e io prima di uscire l’avevo chiusa. Raggiunsi il piccolo balconcino e stando attenta a non inciampare la richiusi, girandomi mi trovai a spalancare la bocca, una figura alta, affascinante, appiccicata alla porta mi osservava con uno strano sorrisetto stampato in faccia. 
E non era non riconoscibile chi fosse quella persona che non aveva la briga di entrare dalla porta e lo faceva invece dalle finestre. -Confettino, da quanto tempo.. - mi sussurrò con fare seducente, come quando mi aveva costretto col suo corpo a farne ciò che volevo. La lingua si paralizzò e io riuscii a spiccicare solo una singola parola. 
-Ikuto.. - 


*****


spazio #me

Bam! Bam! A quanto pare la nostra Kissenlove non si smentisce mai, e come no, mai! 
Amu ha fatto la sua prima ecografia di una serie, e il piccolino Tsukiyomi è già ben riconoscibile e vivace, ma cosa accadrà adesso che Ikuto è tornato nella sua vita? 
Amu avrà il coraggio di dirgli la verità? O tacerà la gravidanza al bel gattastro? 
Per scoprirlo seguitemi! :) 
Bye _Love
 
 
   
 
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