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Autore: LumLumLove    15/11/2015    10 recensioni
Akane sta per sposarsi e mancano quindici giorni al grande passo. Ormai ha deciso, convolerà a nozze con un bravo ragazzo e inizierà una nuova vita, lontano da tutto ciò che conosce. Ma un'improvvisa scoperta manderà all'aria tutti i suoi piani, catapultandola in una bizzarra avventura, con una compagnia del tutto inaspettata: "Sono già sposata?! Com'è possibile?" - Storia originale in lingua spagnola di LumLumLove - Traduzione di Spirit99
Genere: Angst, Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quince días
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Capitolo 4: Domenica 17
 
Ranma
 
Faccio due respiri profondi e avvicino di nuovo la mano alla porta, pronto per bussare. È la terza volta che ci provo e gli altri ospiti dell'albergo iniziano a guardarmi come se avessi qualche rotella fuori posto.
 
Niente, resto lì piantato come un idiota senza sapere che dirle quando la vedo. Ieri sera, dopo aver trovato questa pensione dove trascorrere la notte, è rimasta zitta per tutto il tempo e non me ne stupisco affatto. Se fossi in lei, mi odierei.
 
Ma prima di tutto devo mantenere la calma, sì, sono qui per questo, perché voglio che lei sappia che risolverò la questione. Non mi serve il suo denaro e, soprattutto, non voglio che perda il dojo per colpa mia. Ranma Saotome è un uomo d'onore!
 
Deglutisco a vuoto e finalmente riesco a dare due colpi leggeri alla porta. Aspetto impaziente con lo sguardo fisso, ripassando nella mente il discorso che ho preparato. Quando i minuti passano e mi accorgo di non ricevere risposta, busso un po' più forte.
 
Uno strano presentimento mi assale: e se le fosse successo qualcosa? Non sarà mica svenuta? È in pericolo? Immediatamente afferro la maniglia e la giro senza tanti preamboli, apro la porta e guardo all'interno con circospezione ma non c'è traccia di lei. Entro nella camera e inizio a cercarla disperatamente, in preda all'ansia.
 
Se n'è andata! È andata via senza neanche dirmi "addio"! Molto bene, come preferisci, ragazzina viziata, che tu lo voglia o no siamo ancora sposati e tornerai a cercarmi per chiedermi il divorzio.
 
Sto per uscire quando vedo aprirsi la porta del bagno e compare lei, con addosso solo un minuscolo asciugamano che le copre a stento il seno e il punto in cui iniziano le sue gambe slanciate.
 
Mi guarda. La guardo.
 
-Maledetto pervertito!- grida mentre mi lancia l'abat-jour poggiato sul comodino.
-Porco! Disgraziato!
 
-No aspetta, posso spiegarti, si tratta di un errore!
 
-E quale sarebbe l'errore nell'infilarsi nella camera di una ragazza? Eh? Fuori! Sparisci!
 
-Pensavo che ti fosse successo qualcosa! Ahia!- mi lamento quando inizia a colpirmi ripetutamente con uno dei suoi stivali che aveva lasciato accanto al letto.
 
-Vattene!
 
Mi dirigo verso l'uscita e sparisco frettolosamente, poi sospiro e quando richiudo la porta alle mie spalle avverto un colpo fortissimo contro quest'ultima... forse è l'altro stivale.
 
-Non era necessario reagire in questo modo! Ti ho detto che è stato un incidente!- urlo dall'altro lato della porta.
 
-Però la cosa non ti ha impedito di fissarmi per un bel pezzo!
 
-Ti piacerebbe! E se proprio vuoi saperlo, non ho visto niente di interessante!
 
Ascolto attento nell'attesa di una sua risposta al vetriolo, che però non arriva... solo silenzio. Appoggio l'orecchio alla superficie della porta sperando di sentire qualcosa, anche un'imprecazione.
 
Non so che fare, mi gratto la testa a disagio e se ci ripenso, mi sorprendo di essere esploso in questo modo. Ovvio che la sua risposta non si sia fatta attendere. Va bene, devo cercare di essere più maturo, adesso ripesco il mio discorso perfetto che ho studiato nei minimi dettagli.
 
-Volevo parlarti di ieri.- dico, mentre la porta si apre immediatamente. Akane ha indossato uno degli yukata della pensione e mi guarda con una rabbia che non si preoccupa affatto di dissimulare.
 
-Cos'è, vuoi combattere con me per caso?- sputa senza preamboli.
 
-Non riusciresti a tenermi testa neanche per un minuto.- rispondo alla sua provocazione.
 
-Vorrei proprio vederlo.
 
Ci guardiamo con aria di sfida e proprio in quel momento mi rendo conto del disastro che ha in testa: i suoi capelli lunghi e perfetti hanno lasciato il posto a un'accozzaglia di ciocche lunghe e corte che le danno l'aria di una squilibrata.
 
-Se vuoi combattere, bene, ma prima sistemati questo nido di passeri che hai in testa, non voglio che mi vedano con te in queste condizioni.
 
In questo preciso istante mi rendo conto dell'evidente rossore delle sue guance. Forse è dovuto all'improvviso imbarazzo dell'incidente di poco fa che non è ancora sfumato del tutto, dato che è palese sul suo volto. Si porta una mano all'altezza dell'orecchio e tocca una delle ciocche con aria pensierosa. Distoglie lo sguardo e farfuglia qualcosa a denti stretti.
 
-...
 
-Come, scusa?- dico, avvicinandomi. Non ho capito niente.
 
-Ho detto che non ne sono capace, idiota!- esplode, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime, lasciandomi spiazzato.
 
Ma certo... i capelli sono importanti per una ragazza, soprattutto se sta per sposarsi, suppongo. Mi mordo la lingua e faccio un passo indietro, incerto, sono sempre stato sensibile alle lacrime di una donna.
 
-M-ma non c'è bisogno di piangere, no?
 
-Non sto piangendo!- risponde, testarda, cercando di trattenere le lacrime nei suoi grandi occhi, ormai lucidi. –Vattene!- cerca di chiudere la porta spingendomi fuori e reagisco subito, lottando per far sì che resti aperta.
 
-Non posso crederci! Davvero te la sei presa così tanto per la storia dei capelli?
 
-Tutto questo è successo per colpa tua!
 
- Non è colpa mia, ma di mio padre, ok?
 
-Ti odio!
 
Bene, ecco il punto di non ritorno, me lo aspettavo. Però non mi ha fatto male... in fondo è solo una povera ragazzina a cui ho rovinato la vita con la mia sola presenza.
 
-Ah sì? Neanche io ti sopporto!
 
-Perfetto! Non ci sarà niente di più piacevole che essere una di quelle divorziate che trascorrono il tempo a parlare male del loro ex-marito!- spinge più forte la porta.
 
-Almeno non potrai dire che vai in giro con un'acconciatura migliore della mia!- rispondo in tono ironico e in quel momento smette di far forza contro la porta, che riesco ad aprire di colpo.
 
Mi guarda con il respiro affannoso, il petto e le spalle si muovono al ritmo della sua agitazione. Guardo dietro di me e mi rendo conto che ci sono varie persone nel corridoio che ci osservano… stiamo dando spettacolo.
 
-Adesso smettila di fare la zuccona, va bene? Sono venuto per sotterrare l'ascia.
 
-Sì, certo. —risponde diffidente e incrociando le braccia.
 
-Hai un paio di forbici?
 
-Per quale cavolo di motivo vorresti delle forbici?
 
-Secondo te?- dico, indicando il disastro che ha in testa.
 
-Che?? Neanche morta!
 
-Andiamo, io mi taglio sempre i capelli da solo!- per tutta risposta, inarca un sopracciglio e accenna un sorriso.
 
-Ogni quanti anni?
 
-Hai un'idea migliore?
 
Due minuti dopo mi ritrovo intento in qualcosa che non avrei mai pensato di fare: tagliare i capelli a una ragazza. Si è seduta sul pavimento dandosi per vinta, mentre io cerco di sistemarle le ciocche, almeno per renderle tutte uguali.

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-Fai attenzione.- ripete per l'ennesima volta.
 
-E allora piantala di muoverti!- dico, tirandole una delle ciocche lunghe, stanco.
 
-Ahi!
 
Tra di noi cala un silenzio imbarazzante, rotto solo dal suono delle forbici che tagliano i suoi capelli umidi. Profumano di shampoo.
 
-Quindi sei un medico.- dico, cercando di rompere un po' il ghiaccio.
 
-Sì... a dire il vero lo sarei diventato se avessi terminato gli studi.
 
-E perché non lo fai?
 
-Perché mi sposo e mi trasferisco in un posto lontano.- risponde a voce bassa, mentre ricompare il lieve rossore delle sue guance che le fa aggrottare le sopracciglia, contrariata.
 
-Cavolo, non pensavo fossi quel tipo di donna.
 
-Che tipo di donna?- risponde, offesa.
 
-Di quelle che si barricano in casa aspettando che il marito torni dal lavoro e dicono cose come "tesoro, il bagno è pronto" o "amore mio, oggi ti ho preparato il tuo piatto preferito per cena".- imito goffamente la sua voce in modo scherzoso.
 
-E tu che ne sai di me?- risponde offesa e girando la testa, che prontamente rigiro senza fatica con due dita, per poi continuare con il mio lavoro mentre abbozzo un sorriso.
 
-Niente, e poi neanche tu conosci me. Sei solo una ragazza sufficientemente stupida da offrire il dojo di famiglia a Kuno per saldare i debiti di un'altra persona.
 
-Quel tipo era un tuo amico?
 
-Ti sembrava un mio amico?
 
-No, sembrava arrabbiato con te.
 
-Lo è, è il tipo di persona capace di portarti un rancore infinito per cose che non ricordi neanche di aver fatto.
 
-Ce l'ha con te perché gli hai rubato la ragazza?- chiede curiosa, e io mi irrigidisco un attimo e penso a come sviare la questione.
 
-La cosa fondamentale è che mio padre gli ha rubato qualcosa di valore.
 
-Cinquanta milioni.
 
-Sì, dobbiamo incontrarlo e fare in modo che gli restituisca il maltolto.
 
-Almeno saprai dove si trova, no?
 
Resto un attimo interdetto e dubito per un momento.
 
-Ehm... sì, conosco qualche posto in cui va di solito in questi casi.
 
-Che? Tutto qui?- mi rimprovera, incredula.
 
-Ehi, meglio di niente! Secondo te perché mi nascondo da settimane? Stavo solo aspettando che passasse un po' la tempesta.
 
-Cioè, che lo beccassero?
 
-Esatto.- rispondo senza titubare, ripassando con cura una delle ciocche più sfregiate.
 
-Che tipo di uomo è tuo padre?
 
Non so cosa rispondere esattamente a questa domanda.
 
-Il tipo di persona che deve soldi a tutto il mondo e non si preoccupa di saldare i suoi debiti, credo. Finora ho scoperto un sacco di false promesse che ha sempre fatto in cambio di denaro o persino cibo. Anche se gli riconosco che mi ha allenato bene: finché non ho compiuto 18 anni abbiamo viaggiato insieme alla ricerca di sfide e nuove tecniche.
 
-Beh, questo mi sembra divertente.
 
Faccio spallucce, meglio non entrare nei dettagli... ci sono tanti di quegli allenamenti che mi ha costretto a fare che preferisco non raccontare a nessuno, tranne a uno psicoterapeuta.
 
-E il tuo?- chiedo – Anche tuo padre ti ha allenato?- non posso fare a meno di chiederglielo, sono troppo curioso di saperne di più, soprattutto sul fatto che sia un'artista marziale. Non riesco a togliermi dalla testa l'immagine di lei che vola in aria e mette al tappeto Kuno con un solo colpo. Credo che mi abbia quasi eccitato... un pochino.
 
-Sì, mi ha allenato finché non mi sono iscritta all'università. Poi abbiamo iniziato ad allontanarci un po’ e ora mi alleno solo per conto mio.
 
-Nel tuo dojo.
 
-Sì, nel mio dojo.- sorride, malinconica.
 
-Quindi il tuo fidanzato non è un artista marziale?- credo di essere a un passo, o meglio, a una domanda dall'essere considerato un ficcanaso.
 
-Oh no, lui... fa il guardaboschi.
 
-Che cosa fa???!!- dico sorpreso, lasciando cadere le forbici.
 
-Il guardaboschi.
 
-Ti sposerai con un tizio che guarda gli alberi per tutto il tempo?
 
-I guardaboschi fanno molto più che guardare gli alberi!
 
-Oh sì, certo, ti aspetta una vita intensa ed entusiasmante.- rispondo, burlandomi di lei.
 
-E a te che importa, idiota!!
 
Niente, a me non cambierebbe niente, ma vedere la sua espressione arrabbiata mi fa sentire davvero fiero delle mie uscite. Prendo mentalmente nota dei soprannomi che mi passano per la testa per quel tipo: "l'innaffiapiante", "l'osservatore di pini", "il babysitter degli orsi". Ah, mi divertirò un mondo!
 
Si gira con l'aria di litigare, ma io nel frattempo ho finito quello che stavo facendo.
 
-Ecco fatto.
 
-Eh, di già?- dice mentre alza entrambe le mani sulla testa e tocca nervosamente le punte della sua corta capigliatura. Si alza di scatto e corre in bagno alla ricerca di uno specchio.
 
Resto immobile, in attesa di un suo gesto di apprezzamento o qualcosa del genere, ma ancora una volta le mie aspettative vengono deluse e non sento altro che silenzio. Sospiro.
 
-... Io vado... prendo le mie cose e poi parliamo di ciò che dobbiamo fare. Ti aspetto al piano di sotto.- Esco dalla camera e chiudo la porta alle mie spalle. Ma che le prende? Le costa tanto dire anche un semplice "grazie"? Guardo la porta scuro in volto e mi dirigo pensieroso verso la mia camera.
 
Mezz'ora dopo sono alla reception della piccola pensione che la aspetto, con nient'altro che uno zaino con le mie poche cose. Incrocio le braccia impaziente, ma che diavolo starà facendo quella stupida? Cammino avanti e indietro come un animale in gabbia. Compare subito dopo con la testa bassa, indossando gli stessi vestiti del giorno prima.
 
-Pensi di poterti permettere di farmi aspettare qui in attesa dei tuoi comodi?- e quando alza lo sguardo per rispondere alla mia accusa noto i suoi occhi rossi e gonfi, chiaro segnale che ha appena smesso di piangere.
 
Non sono un insensibile, almeno non del tutto. Mi mordo la lingua e rifletto... avrò detto qualcosa che l'ha fatta arrabbiare così tanto? Resto lì impalato e confuso mentre lei farfuglia un insulto e mi passa davanti, uscendo dalla pensione senza badare a me.
 
Ecco perché evito di avere relazioni serie con le donne... ma valle a capire! Oggi ti amano con tutta l'anima e domani pensano al modo migliore per farti a pezzi il cuore e darlo in pasto ai maiali.
 
Questa storia deve finire ora, devo rispedirla a casa e fare in modo che riceva il suo denaro. L'unica cosa certa è che non resisterò a lungo prima di sbottare definitivamente. Che donna poco femminile, irascibile e dal carattere impossibile! Esco anche io visibilmente nervoso, sbuffo infastidito quando vedo che incrocia le braccia e mi dà le spalle. Ora che ha i capelli così corti vedo il suo bel collo bianco che spunta dai risvolti del cappotto.
 
-Tornatene a casa, farò in modo che mio padre restituisca il denaro a Kuno e firmerò in tempo i documenti del divorzio.- concludo, conciliante. Lei si volta, sembra sorpresa.
 
-Pensi che io sia stupida?
 
-Eh?
 
-Non mi fido di uno sconosciuto! E tanto meno se è in gioco il mio dojo! Mio padre e le mie sorelle vivono lì, è casa nostra!
 
-Ehi, io mi sono offerto di aiutarti!
 
-Aiutarmi? Aiutarmi?! Sei tu che mi hai trascinato in questa situazione assurda! Famiglia di truffatori!
 
-Nessuno ha chiesto il tuo denaro! Credi che io sia felice di essere sposato con una come te? E chi mai vorrebbe il tuo inutile dojo?!
 
-Oh sì, è molto meglio vivere in quella specie di catapecchia che chiami casa!
 
-Io non vivo là!- rispondo con voce ironica.
 
-Quindi vivi con tua madre?- contrattacca.
 
-Molto meglio che vivere nella capanna di un tizio che fa la guardia agli orsi. Di sicuro ti sposa perché non vede molta differenza tra te e gli animali selvaggi: brutti, scontrosi, sovrappeso, pelosi... ovvio, non deve preoccuparsi di questo.- termino orgoglioso di me stesso e guardandola da vicino con un'indescrivibile sensazione di trionfo.
 
Oh-oh.
 
Mi accorgo che in un millesimo di secondo tutta la sua determinazione si trasforma in incredulità e, infine, in profonda e innegabile tristezza. Mi dà di nuovo le spalle per evitare che io la veda.
 
-Stai piangendo?- chiedo più tremante di un budino, mentre tutta la mia petulanza di un attimo fa mi abbandona di colpo rendendomi un idiota balbuziente e nervoso. –Non piangere!
 
Non risponde.
 
-Piangi perché ti ho detto che sei brutta? Non è vero, in realtà non penso affatto che tu sia...
 
-Sembro un ragazzo!- urla, serrando i denti e trattenendo il pianto.
 
-...brut... un ragazzo?
 
E finalmente tutto mi è chiaro e perdo un battito. Tonto, stupido... come ho fatto a non capirlo subito? Ha perso i suoi magnifici capelli lunghi, non ci avevo proprio pensato. Significavano davvero tanto per lei? Forse al mangiaerba piace con i capelli lunghi? Li stava facendo crescere per sembrare più femminile?
 
-Quando andavo a scuola portavo i capelli corti come li ho ora e tutti mi scambiavano per un ragazzo e lui... lui mi dice sempre che ama i miei capelli lunghi... ora cosa penserà di me?
 
Incrocio le braccia mordendomi la lingua dato che quest'ultima frase mi ha infastidito e non capisco perché.
 
-Se si sposa con te solo per i tuoi capelli stai perdendo tempo e poi le ragazze carine stanno molto meglio con i capelli corti.
 
-Che hai detto?
 
Che diavolo ho detto?! Ripeto mentalmente l'ultima frase che è uscita dalla mia bocca e divento rosso fino alle orecchie. Lei mi guarda e non batte ciglio, i suoi occhi restano fissi nei miei e non posso fare a meno di pensare che sono grandi, di un castano chiaro, così luminosi che sembrano ipnotici.
 
-Che... che... che ti sta molto meglio questo taglio di capelli, ok?– rispondo accigliandomi e ora sono io quello che distoglie lo sguardo. Lei sembra riflettere un attimo e arrivare a una conclusione, poi sorride timidamente.
 
-Grazie.
 
Deglutisco a vuoto mentre la osservo con finta noncuranza con la coda dell'occhio e per un secondo mi sembra di vedere sul suo volto qualcosa che assomiglia a un sorriso... ed è abbagliante. Preferisco non pensarci, ecco.
 
-Ti ringrazio, anche se so che stai mentendo.
 
Ma prima che io possa ribattere allaccia le mani dietro la schiena e si incammina tranquilla per la strada deserta. Si volta un attimo e mi guarda prima di proseguire.
 
Dieci minuti dopo sono poggiato a una cabina telefonica con le braccia incrociate. Lei è dentro e sta componendo un numero con dita tremanti. A quanto pare ha perso il cellulare e quasi tutti i suoi effetti personali dopo il "rapimento". Immagino che non sarà facile spiegare tutto questo.
 
Anche se sono rimasto fuori per darle un po' di privacy non riesco a non ascoltare la conversazione.
 
-Kasumi, sono io... no, sì, ascolta... non torno con il treno delle otto. No, certo che no! Stai tranquilla, sto bene. Che? Non dire stupidaggini... sì, ovvio, mi conosci. Ho avuto qualche problema, ma tornerò sicuramente in tempo, credo tra un paio di giorni. Posso chiederti un favore? Puoi avvisare tu Shinnosuke?
 
Shinnosuke... ecco come si chiama l'addestra-procioni. Un momento... perché non lo chiama direttamente? Non posso fare a meno di pensare che ci sia qualcosa di strano in questo rapporto... se stanno per sposarsi significa che dovrebbero dirsi tutto, no? Quindi perché lo evita?
 
Finalmente conclude la telefonata e arriva il mio turno. Lei resta fuori dalla cabina con aria pensierosa e lo sguardo perso all'orizzonte mentre io compongo il numero di mia madre. Ho bisogno di un'informazione e di sicuro le farà piacere sapere che sto bene.
 
La sento rispondere dopo appena due squilli.
 
-Ranma?
 
Mia madre e il suo istinto: non ho detto una parola e ha già capito che si tratta di suo figlio.
 
-Ciao mamma.
 
-Dove sei? Va tutto bene?
 
-Ehm... non proprio.
 
-È stata da te, vero? Mi riferisco a tua moglie.
 
-Non chiamarla così!- dico guardando le spalle di lei, di nascosto, con timore che lei presti attenzione alla mia conversazione, come ho fatto poco fa con la sua. –La cosa importante ora è sapere dov'è il vecchio.
 
-Tuo padre? Sono settimane che non si fa vedere da queste parti, forse perché non ho più niente di valore che possa vendere.
 
-Sì, certo. E non sai dove potrebbe essere?
 
-Se ha del denaro, di sicuro si starà ubriacando con sake di pessima qualità, ma dato che non avrà un soldo scommetto che sarà impegnato a rubare come al solito.
 
-E se lo avesse già fatto?
 
-Che intendi dire?
 
Mi mordo la lingua, meglio non far preoccupare mia madre più del necessario, quel vecchio ubriacone inutile che ha come marito le ha già provocato troppi grattacapi.
 
-Niente, non pensarci.
 
-Mi hai chiamato solo per parlare di tuo padre? Non hai proprio nient'altro di meglio da raccontarmi?
Sbuffo, consapevole del fatto che questa donna mi legge nel pensiero. Non è giusto.
 
-Sì, è qui con me contro la sua volontà. Resterà qui un paio di giorni per risolvere la questione dei documenti. —tiro fuori questa menzogna pietosa. Passi il fatto che mio padre continui a commettere idiozie una dietro l'altra, ma che anche una donna con cui sono inaspettatamente sposato resti coinvolta in tutto questo è davvero inverosimile. Ed è meglio che lei non sappia.
 
-Oh, Ranma! È così carina! Ed è anche una brava ragazza, educata… in più avete la stessa età! Mi piacerebbe tanto vedervi insieme, sareste di sicuro una coppia fantastica.
 
-Mamma, si sposa tra qualche giorno con un altro, perciò rassegnati.
 
-Beh, ma potrai fare qualcosa, no?
 
-Che?
 
-Devi sedurla, Ranma! Mostrale il tuo lato più virile e cadrà immediatamente ai tuoi piedi!
 
-Ma che diavolo dici!
 
-Se poi restasse anche incinta sarebbe perfetto, non avrà più scuse per annullare il vostro matrimonio!
 
-D-devo andare!- urlo rosso come la mia casacca e riattacco la cornetta con troppa forza, guardandola pieno di collera mentre cerco di calmarmi. Ma che le passa per la testa? Sedurla? Che diamine pensa?
 
Sempre con le stesse storie della "virilità" e sciocchezze del genere. Il fatto che siamo sposati non significa assolutamente nulla, è solo una firma su un documento. Non c'è nient'altro. Né c'è stato né ci sarà.
 
Lascio andare un sospiro ed esco dalla cabina. Lei è ancora lì, in piedi, mentre scruta l'orizzonte come se sperasse di veder comparire da un momento all'altro il suo salvatore, il guardaboschi. Se la mia fidanzata fosse in un angolo sperduto del Giappone in compagnia del suo presunto "marito", mentre insegue un ladro dopo essere stata minacciata da uno pseudo yakuza, io andrei di sicuro a cercarla.
 
-Sarà meglio avviarsi… dico, cercando di distoglierla dai suoi pensieri, di qualsiasi tipo essi siano. Lei si gira e mi guarda un attimo prima di annuire decisa.
 
-Sai già dove si trova tuo padre?- mi chiede, e posso intuire un po' di tensione nelle sue parole. Spero che non sia dovuta ai pezzi sparsi della mia conversazione con mia madre che potrebbe aver ascoltato.
 
-So più o meno da dove iniziare a cercarlo.- rispondo, mantenendomi sul vago.
L'unica cosa che posso fare è iniziare a setacciare tutti i principali mercati neri della zona, perché se ha per le mani qualcosa di valore, sicuramente vorrà venderlo al migliore impostore in circolazione. Di certo non sono posti adatti a lei, ma che ci posso fare se sono costretto a portarla con me? È così testarda che si rifiuterà di lasciarmi andare finché il suo dojo e i suoi documenti, ovvio, non saranno al sicuro.
 
-Cioè?- chiede, impaziente, incrociando le braccia.
 
-Dobbiamo farci un giro in città.- dico, mentre mi dirigo verso l'unica fermata di autobus del paese.
 
-E dove andiamo esattamente?
 
-A parlare con alcuni contrabbandieri di arte rubata.
 
-Tu... conosci gente del genere?
 
-Mi ci ha trascinato mio padre.- alzo le spalle in un gesto di noncuranza, facendole intendere che è la cosa più normale che ci si possa aspettare da me.
 
Sì, lo show sta per iniziare. Camminiamo in silenzio finché non mi accorgo che si ferma, mi giro per vedere il suo volto arrossato e il nervoso giocherellare delle sue dita.
 
-Che succede?
 
-Ho f-fame.- ammette timidamente e io faccio una smorfia perché mi rendo conto che non sono messo molto meglio di lei. –Non mangio nulla da ieri, cioè da quando sono uscita di casa.
 
Caspita, è un miracolo che non sia svenuta. Ok, pensiamo un attimo... se la invito a mangiare qualcosa equivale a chiederle un appuntamento? No, ma che dico... Noi siamo altro, siamo compagni di viaggio, giusto? Sì sì, è così! Non c'è niente di male se le propongo di mangiare qualcosa e poi è stata lei a dirmi di avere fame. Bene. Soddisfatto delle mie conclusioni, mi impettisco orgoglioso e pronto a farle un'offerta che non può rifiutare, quando mi accorgo che non è più accanto a me, ma sta entrando in un piccolo locale sulla destra della strada.
 
-Ehi, aspetta!- dico, raggiungendola all'interno. Quando entro mi investe il delizioso profumo di gyoza* e ramen appena preparati. Devo smetterla di rimuginare tanto… mi vengono in mente cose davvero assurde.
Lei si siede al bancone e mi guarda di sottecchi come se cercasse la mia approvazione. Mi accomodo accanto a lei e ordiniamo… da quanto tempo non mangio in compagnia di qualcuno? Neanche lo ricordo.
 
La vedo divorare un piatto di gyoza, una ciotola di riso e poi ramen. Sorrido e mi fa piacere sapere che non è una di quelle schizzinose con cui sono uscito a volte, che mettono piede solo nei ristoranti dove servono tristi piatti di insalata. Non so quanto tempo sono rimasto così, a osservarla in silenzio mentre lei non mi presta la minima attenzione.
 
Finalmente il mio buon senso mi suggerisce caldamente di dare un’occhiata al mio piatto, ma quando prendo un po’ di ramen con le bacchette mi accorgo che ormai si è raffreddato e incollato tutto.
 
-Ahh… avevo davvero fame.- esclama, mentre poggia la ciotola vuota sulla tavola. La zuppa calda le ha colorato le guance, sembrano due mele mature. Io continuo a mangiare. –Ne avevo proprio bisogno.
 
Per un attimo sembra tranquilla, quasi… rilassata? Lascia andare le spalle e chiude gli occhi, si poggia alla tavola posando il mento sul palmo della mano. Sospira soddisfatta e ho la certezza che la vera Akane sia proprio questa, quella che fino a un momento fa non ha mostrato per timore di uno sconosciuto come me. Noto che è davvero esile, le starebbero bene un paio di chili in più, sembra troppo fragile… una ragazzina spaventata che affronta una situazione inaspettata.
 
I suoi capelli corti e scurissimi profumano ancora di shampoo.
 
-Il conto sarà piuttosto salato. –rispondo, terminando il mio piatto e indicando con le bacchette tutti i piatti che ha svuotato. In un solo secondo erige di nuovo la sua infrangibile barriera, alza le mura del forte, compresi i coccodrilli nel fossato, e indossa un’armatura a prova di pallottole e sarcasmo. Mi guarda decisa e sembra che la sua espressione di un attimo fa sia stata solo frutto della mia immaginazione.
 
-Forse ti stai facendo un’idea sbagliata di me.- risponde e io sbatto le palpebre, in attesa. –Non ho tanti soldi come pensi, anzi, il mio conto è in rosso a causa dei preparativi per il matrimonio.
 
La guardo incredulo.
 
-Bene, allora abbiamo un problema.
 
-Che problema?
 
-Come pensi di pagare tutto questo?
 
-Ho più di 20.000 yen in tasca, idiota!- esclama chiaramente imbufalita. Io sorrido, la situazione mi diverte troppo… ma prende sempre tutto sul serio quello che le dico?
 
-Con 20.000 yen possiamo pagare questo pranzo e forse i biglietti che ci servono per andare a Hokkaido… probabilmente avanza qualcosina.
 
-Hokkaido?! Dobbiamo andare a Hokkaido?!- all’improvviso impallidisce, le sue labbra sbiancano di nuovo e si contraggono come se avesse freddo.
 
-Sì, credo che mio padre si trovi proprio là… qualcosa non va?
 
-Che? No, no, è che… niente. È solo che Hokkaido è lontana, tutto qua.
 
Sollevo un sopracciglio, mi nasconde qualcosa… ma figuriamoci se si azzarda a dirmelo. Mi sforzo di ricordare che lei aveva una vita prima di andare a sbattere il naso contro la mia.
 
-Mi dispiace… sai… che sei finita in questo casino.- ma per quale cavolo di motivo devo scusarmi ancora?? La colpa è sua... quando si mostra così indifesa non posso fare a meno di reagire così.
 
-No, non preoccuparti.- nega con la testa e la sua graziosa pettinatura segue il movimento. –Grazie per avermi aiutato con i capelli.- conclude portandosi di nuovo la mano sulla testa.
 
-Immagino che il tuo fidanzato sia preoccupato.
 
-Ah sì, beh, lui… capirà.
 
Wow, quindi deve anche essere il tipo più comprensivo del mondo, faccio una smorfia e la smetto di fare domande su di lui. Non mi interessa quel mangia-erba. Proprio per niente.
Se ci ripenso... Non gliel’hai detto, non ti sei azzardata a raccontargli che ora devi stare con tuo “marito” alla ricerca di tuo “suocero” per far sì che la tua famiglia possa continuare a vivere come ha fatto finora.
 
Questa cosa ti ha fatto diventare un’incosciente o una mezza bugiarda… quale delle due sei diventata? Forse un po’ tutt’e due?
 
-Andiamo?- chiedo mentre pago il conto. Se lei non ha soldi, figuriamoci io… ma oggi non è un problema, la situazione potrebbe peggiorare fra qualche giorno.
 
Si alza e mi segue fuori. Camminiamo per una via molto stretta mentre il sole tramonta lentamente all’orizzonte. La stazione è a quasi tre chilometri e durante il tragitto non diciamo una sola parola. Mi guarda un paio di volte, forse con un po’ di curiosità, ma prosegue in silenzio.
 
E non so perché, non mi sento a disagio, non è come se dovessi riempire per forza questo vuoto. Va bene anche così, semplicemente camminare, accompagnati dai suoni della città al calare del sole.
 
Finalmente si intravede la stazione, dove con un po’ di fortuna beccheremo un treno che ci porterà a destinazione. Questa volta paga lei i biglietti. Quando ci sediamo, ci sentiamo stanchi come se avessimo camminato per tutto il giorno.
 
Siamo seduti uno di fronte all’altra. Presto le luci si accenderanno e l’ambiente perderà questo leggero alone mistico, ma lei nel frattempo chiude gli occhi proprio come ha fatto nel ristorante.
 
Forse perché non ha dormito o per le troppe emozioni in sole 24 ore. O forse ha passato la notte a piangere.
 
Il treno inizia a muoversi e sbadiglio. Credo di aver dormito poco anche io.
 
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NdT: *involtini di carne giapponesi
 
Note dell’autrice
Rileggendo questo capitolo mi sono resa conto che non è molto lungo… ok, dal prossimo iniziano a essere molto più lunghi, pazienza!
Milioni di ringraziamenti a tutti coloro che leggono, recensiscono e aggiungono questa ff alle preferite/seguite. È il miglior regalo che possiate farmi per ripagare i miei sforzi!
Muchos besos,
LUM
 
Note della traduttrice
Mi scuso per il ritardo con cui pubblico questo capitolo, spero che non mi tiriate chili di pomodori marci :P ma solo ora ho avuto il tempo necessario per rileggerlo bene e non mi va di pubblicare una schifezza o, peggio, che si perda per strada qualche dettaglio dell’originale, per mia distrazione.
Spero che continuiate ad apprezzare il lavoro che stiamo facendo (con immenso piacere e divertimento da parte mia) e ci seguiate fino alla fine.
Per farmi perdonare ho inserito anche una mia fanart semi-comica su un momento di questo capitolo che mi è piaciuto un sacco XD spero vi piaccia!
Ci rileggiamo nel prossimo capitolo!
Grazie a tutti anche da parte mia a chi legge (anche in silenzio) e soprattutto a chi dedica un attimo del suo tempo a lasciare una recensione.
Spirit99
   
 
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