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Autore: Filippo739    15/11/2015    0 recensioni
* Non è proprio un Noir. Con un briciolo di ricerche mi sembra che rispecchi di più le caratteristiche del Romanzo gotico *
"-Sei proprio sicuro di non poter chiedere aiuto a tuo cugino per questo?
-No- rispose secco Roberto. Fissò giù il compagno e gli riservò un'occhiata che la voce e il buio fecero passare per fiduciosa. -Tu sei l'unica persona di cui io mi fidi ciecamente.
Nulla di più falso.
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Genere: Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il dottore sarebbe arrivato da lì a momenti. Non aveva mai mancato un appuntamento, né ritardato di un minuto. Si potrebbe pensare che la precisione sia una dote importante del suo mestiere di chirurgo, ed è così. Ma il dottor Alacri è sempre stato un tipino piuttosto rigido quando si parlava di lancette; un impegno di mezz'ora doveva durare trenta minuti precisi, se diceva che sarebbe arrivato alle due in punto, alle due in punto avrebbe bussato alla sua porta. Non si era mai tradito prima di allora; poteva quindi stare sicuro che da lì a sessanta secondi avrebbe sentito bussare all'uscio, o l'avrebbe visto da dietro le sbarre del cancello.
 Rimbombò il suono della campana. Una, due e tre volte, la terza soffocata. Il segnale del dottore. Controllò sul piccolo orologio a muro, dalla lancetta dei minuti un poco storta e con il vetro del quadrante scheggiato: pareva essere in anticipo di un minuto. Ma non si fa mai aspettare un dottore al cancello. Prese il cappotto, la sciarpa e un piccolo copricapo in cotone. Vanga e badile avevano reso le mani insensibili al freddo nel corso degli anni. Non si portò dietro nessuna lanterna per quel momento; da lì al cancello bastava la luce della casa e quella della carrozza del chirurgo.
-Sei in anticipo di un minuto, Roberto.
-Mai- rispose il dottore serio. Vestiva di un lungo soprabito nero opaco che non rifletteva le fiamme e lo inglobava nel novilunio, mentre una sciarpa teneva lontani gli spifferi di Novembre e gli occhi di falco di chi sparlava troppo. Un dottore raffreddato suscita sempre scalpore e maldicenze, specie se non dovrebbe mai uscire dal proprio ambulatorio nel cuore della notte. Solo un tricorno simboleggiava la sua appartenenza all'alto rango, ed era un azzardo che continuava a correre solo per orgoglio.
 Estrasse dalla mantella il braccio destro che teneva saldo un cipollotto d'ottone. -Due di mattina precise, sintonizzato con Greenwich-. Lo rimise nel taschino interno e ribatté che forse era lui quello in ritardo di un minuto.
-Sì, immagino di sì- rispose sul vago. Avrebbe dovuto immaginarlo.
-Su, mettiamoci al lavoro- spronò il medico.
 I due uscirono dalla proprietà delimitata dalle sbarre e si avvicinarono alla carrozza del dottor Roberto Alacri. Era una carrozza molto semplice d'estetica ma allungata nel posteriore di un bagagliaio dove il chirurgo era solito mettere gli attrezzi del mestiere che non entravano nella borsa. La trainava sempre uno stallone corteccia; in quelle occasioni, tuttavia, veniva sempre sostituito da uno più in tema e mimetizzabile. Oltre che sconosciuto dal più del paese.
 Giulio prese il cavallo per le redini e lo fece girare sul piccolo cortiletto di ghiaia, in modo che il carro desse la parte posteriore in faccia a Roberto, e questi, con velocità e precisione maniacale, aprì il bagagliaio inserendone la chiave d'argento nella toppa. Giulio comparve da dietro la carrozza con in mano lo sgabello necessario per raggiungere l'altezza del bagagliaio e lo pose ai piedi di Alacri. Il dottore vi ci salì subito e aperto il baule in legno vi ci invasò entrambe le mani in un'estremità. Giù il guardiano era già pronto a braccia e mani tese, ma quando gli arrivò il peso avvolto nel lenzuolo ebbe un mancamento di equilibrio. Il corpo ingobbito dagli anni e dal lavoro non era proprio adatto a simili lavori e ne aumentavano la fatica per il pover'uomo.
-Sei proprio sicuro di non poter chiedere aiuto a tuo cugino per questo?
-No- rispose secco Roberto. Fissò giù il compagno e gli riservò un'occhiata che la voce e il buio fecero passare per fiduciosa. -Tu sei l'unica persona di cui io mi fidi ciecamente.
 Nulla di più falso. Il medico non avrebbe dato fiducia a quell'uomo nemmeno per tutto l'oro del mondo. Impazzito dal lavoro, forestiero, uscito da prigione per insufficienza di prove a suo danno della morte della moglie per avvelenamento, abituario di taverne e becchino. Gli stessi motivi per cui era rivelatosi il socio ideale: nessuno avrebbe creduto alla sua versione dei fatti.
 La vera versione dei fatti.
  Quei fatti che stavano ormai andando avanti da un anno, nove mesi in più di quanto il dottor Alacri avesse programmato. La seconda più grande vergogna della sua vita.
-Su, vai- disse il dottore, e Gulio si incamminò di nuovo verso il cancello, il passo già sbilenco di suo dalla colonna vertebrale ancora più lento dal peso. Il fiatone si condensava nell'aria e diventava spettri danzanti su quella cantilena di fatica. Proseguirono così, ritmici, come un treno a vapore, tra le lapidi e le croci impiantate, sempre più buie, sempre più immerse nell'oblio della notte senza luna. Giulio sapeva benissimo dove andare, e i suoi occhi, come il suo corpo, si erano ormai abituati a quel lavoro che assicurava la pace ai morti. Alacri della pace dei morti non gliene importava nulla. Lui era vivo e dei vivi si preoccupava. Lavorava per diminuire e ritardare il numero dei defunti; lo stesso corpo in vita gli è lavoro ed obiettivo fino all'ultimo giorno, e da morto smette di interessargli per sempre.
 Infine arrivarono. Giulio aveva già messo pronto tutto: due badili e un piede di porco stavano appoggiati ad una lapide di pietra con dei crisantemi, a fianco una lanterna e un pacchetto di cerini. Il custode appoggiò il carico a terra e si portò ad accendere la lanterna. Il dottore lasciò a sua volta il sudario e incominciò a scavare alla luce della fiamma, ben presto aiutato dal gobbo.
 Scavarono come un solo uomo fino a trovare una bara di legno con ancora le funi lasciate cadere sul coperchio. Quelle stesse funi vennero prese dai due e la culla mortuaria venne issata e portata all'esterno tra la penombra.
-Avanti.
 Giulio agguantò il piede di porco e ruppe il blocco dei chiodi, per poi privare la tomba del suo coperchio e il vuoto foderato di mera stoffa comparve di nuovo ai loro occhi.
-Sbrighiamoci- disse il dottor Alacri ritornando al corpo avvolto dopo aver aggiustatosi la sciarpa su bocca e naso. Con i germi anche l'odore di putrefazione doveva starsene alla larga, dalle sue narici e dai suoi abiti.
-Oh, issa!
 Con un ultimo sforzo medico e becchino riposero il defunto nella bara. Ora non restava che riserrare il tutto con nuovi chiodi a martellate, e terra a colpi di badile.
 Ritornarono al cortile. Roberto estrasse un borsello e lanciò in aria verso il becchino una moneta. Patto concluso: quella notte il dottore era andato a letto presto e Giulio non aveva fatto altro che il suo lavoro. Quell'incontro non era mai avvenuto.
-Grazie
-Grazie a te- rispose ridendo maneggiando avido la moneta. -A che punto sei, dottore?
-Non sono affari che ti riguardano- rispose secco. Riprese lo sgabello da terra e lo rimise sulla cassetta, dove vi ci risalì. Prese in mano le redini e diede uno scossone per spronare la cavacatura.
-Ci vediamo al prossimo novilunio-, disse, e guidò di nuovo verso il paese, tra la notte e la nebbia, con un forte senso di rabbia e insoddisfazione in corpo.
   
 
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