Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: Sammy333    16/11/2015    5 recensioni
"La sua ragazza..? LA SUA RAGAZZA?? Io non ero la sua ragazza!" la rabbia si impossessò di me, ma prima che potessi proferire parola, Castiel avanzò nella mia direzione, mi strinse il polso con la mano trascinandomi via da lui.
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                              10 CAPITOLO: Gelosia




Quella ragazza mozzafiato stava cercando Castiel. Cominciavo a perdere l’appetito ed il groppo in gola non mi aiutava affatto.
<< Ciao anche a te Cassandra! >> esordì Lysandro sorridendole.
<< Oh, scusami Lys, sono imperdonabile! Come stai? >> squittì lei.
<< Tutto bene, grazie. Ti presento Rosalya e Lorel, quest’ultima è diventata una nostra coinquilina >> aggiunse Lys facendole strada dentro alla villa.
<< Piacere di conoscervi Rosalya e Lorel, io mi chiamo Cassandra e spero avremo occasione di conoscerci presto >> sorrise ad entrambe.
Non sembrava tanto male, e questo mi mandava ancora più in ansia. Che fosse la sua ragazza? Poi, conosceva anche Lysandro.
<< Il piacere è nostro >> dicemmo all’unisono, per poi scambiarci un’occhiata d’intesa. Ergo: dobbiamo scoprire chi è.
<< Non ci credo! Cassandra! >> si udì Castiel alle nostre spalle. Sembrava entusiasta della sua presenza: le corse incontro abbracciandola con forza. Ecco, ora i crampi della gelosia mi stavano distruggendo lo stomaco. Sembravano molto “affiatati”.
<< Cassy! È bello rivederti, mi sei mancato >> disse lei gesticolando.
“Cassy”? Miseria ladra, erano molto più intimi di quanto pensassi!
<< Eddai, non chiamarmi così >> sbuffo il rosso.
<< Che c’è, sei troppo cresciuto perché io possa chiamarti Cassy? Eppure da bambini non ti lamentavi ... Cassy! >> gli fece l’occhiolino.
Quindi si conoscono da quando erano piccoli. Primo mistero, svelato.
<< Non fate caso a ciò che dice, in questi anni si è rincoglionita >> disse Castiel rivolto a me e Rosa. Cassandra scoppiò a ridere << il solito! Allora, c’è sempre una camera per la tua vecchia amica rincoglionita? >> chiese lei.
<< Sempre >> rispose “Cassy” sorridendo << però la “tua” è occupata, ti aiuto a portare i bagagli in quella di fronte a Lysandro >>.
<< Oh beh, posso sempre dormire in camera con te! O sei troppo cresciuto anche per questo? >> replicò lei facendogli la linguaccia.
“Okay, mantieni la calma Lorel, sta solo scherzando” pensai mentalmente. Mi accorsi solo dopo di stare stritolando l’orlo della felpa. Sì, ero dannatamente gelosa.
<< Le persone qui presenti potrebbero pensare male, ovvero che sei una maniaca pervertita >> la prese in giro il rosso.
Continuarono così per un po’, finche lui non l’accompagnò nella sua stanza.
Bramavo dalla voglia di seguirli per impedire qualsiasi cosa potesse succedere. Ma non ero la sua ragazza, non ero niente. Dunque poteva fare qualsiasi cosa lui volesse. Dovevo arrendermi a quell’idea. Tentai invano di cancellare la fastidiosa sensazione che provavo allo stomaco.
<< Vieni, dobbiamo parlare >> fu Rosalya ad interrompere il flusso dei miei pensieri. Mi prese il braccio trascinandomi via con lei, per poi dirigersi in salotto. Mi accorsi che Lysandro ci guardava incuriosito.
<< Okay, questa proprio non ci voleva! >> incalzò Rosa.
<< Di cosa stai parlando? >> chiesi, non capendo a cosa si riferisse.
<< Stai scherzando, vero? Proprio quando devi decidere che cosa fare con Castiel, salta fuori questa bomba sexy! Okay, niente panico, devo pensare a qualcosa >> disse mettendosi le dita sulle tempie e cominciando a massaggiarsele. Sembrava fosse più agitata di me.
<< A me sembra che qui, l’unica ad essere andata in panico sia tu >> sghignazzai.
<< Ma per favore! Credi che non abbia visto come ti stritolavi la felpa? Oppure lo sguardo omicida che avevi quando si sono abbracciati? >> replicò lei.
<< Touché >> ammisi imbarazzata.
<< Ho trovato! >> esordì lei, << tra una settimana è il compleanno di Castiel, e si dà il caso che i miei genitori posseggano uno shalé in montagna! E questo cosa vuol dire? Che farò di tutto per mettere te e Cass in camera insieme! Inviterò anche gli altri, così sarà divertente. Cosa ne pensi?? >> il suo sguardo divenne sempre più luminoso.
Dovevo ammettere che la sua proposta mi aveva dato speranza.
<< Io ci sto! Grazie Rosa, grazie >> dissi entusiasta, stritolandola di nuovo in un abbraccio.



La mattinata passò abbastanza in fretta e fortunatamente Rosa mi tenne impegnata con i preparativi del il prossimo week end, non lasciando spazio alle mie innumerevoli paranoie.
<< Direi che la cosa sia abbastanza semplice: sicuramente non inviterò la bomba sexy >> disse, ma io la interruppi.
<< Puoi smetterla di chiamarla così? >> tuonai infastidita.
<< Oh oh oh, ed ecco a voi miss “non sono gelosa”, eh? >> ridacchiò lei prendendomi spudoratamente in giro. Di risposta misi il broncio. Mi guardò tentando di trattenere una risata, ma la cosa non le riusciva molto bene.
<< Oh suvvia Lorel! Ma come siamo permalose >> ghignò, << comunque stavo dicendo che sicuramente non inviterò la bomb ... Ehm Cassandra >> la fulminai con lo sguardo, << e metterò in camera insieme voi due! Così dovrete parlarvi per forza, ed io avrò un’occasione per portarti a comprare qualche completino sexy per il nostro uomo >> le si illuminarono gli occhi.
<< Perché? La mia tenuta domenicale non può andar bene? >> ribadii io << non sono tremendamente sexy con i calzettoni? Io trovo che siano sublimi! >> continuai.
Lei non si trattenne e scoppiò di nuovo in una risata contagiosa, << Certo, se il tuo scopo era quello di assomigliare a Pippi calze lunghe, ci sei riuscita benissimo. Complimenti! >>.
<< Grazie, grazie >> dissi inchinandomi con un gesto teatrale. << Un momento però! >> ripresi, assumendo un’espressione di puro terrore in viso.
Rosa si allarmò << Cosa? Che c’è? >>.
La guardai spalancando gli occhi come una pazza << È il compleanno di Castiel tra una settimana, ed io non so che cosa regalargli! >> portai le mani al volto, facendole poi strisciare contro le guance.
<< Tu mi manderai sottoterra uno di questi giorni, me lo sento! >> si disperò, << non spaventarmi mai più per cose del genere >> mi fulminò, << comunque, c’è da dire che sei fortunata ad avere un’amica come me! Si dà il caso che io conosca praticamente tutti i negozi della città, troveremo sicuramente qualcosa che gli si addica! >>.
<< Si ma non mi viene in mente assolutamente niente! >> mi lamentai.
<< Uhm, che ne dici di un paio di guanti, una sciarpa ed un berretto? Infine sta arrivando l’inverno, gli potrebbero far comodo! >> propose.
<< Ma si, certo! Sarebbe perfetto, Rosalya sei un genio! >> esordii entusiasta.
<< Me lo dicono in molti >> alzò il mento sorridendo, con un’espressione compiaciuta in volto.
Le sorrisi di rimando. Quella ragazza mi faceva morire dalle risate, sapeva come tirarmi su il morale.
Mentre decidevamo dove saremmo andate a comprare il regalo per Castiel lunedì pomeriggio dopo scuola, qualcuno si stava avvicinando al salotto in stile vittoriano (con dettagli moderni) in cui ci trovavamo: Castiel e Cassandra. Lei si era cambiata ed ora indossava un paio di pantaloni neri in pelle che le mettevano in risalto le lunghe gambe magre, una magliettina grigio cenere che le aderiva perfettamente al seno prosperoso, il tutto abbinato a degli anfibi neri e ad un giubottino in pelle. “Wow”, pensai guardandola, “sembra pronta per un appuntamento” mi rattristai. Castiel doveva aver notato il mio cambiamento d’umore, poiché mi fissò intensamente, come a volermi leggere nel pensiero. Voleva sapere se la presenza di Cassandra mi aveva scombussolata? Beh sì, era così! Ma non glielo avrei mai detto.
<< Noi andiamo a farci un giro in moto e probabilmente passeremo vicino al ristornate cinese, a qualcuno va di mangiarlo stasera? >> parlò infine il rosso.
“Loro andavano a fare cosa, con che cosa???”, pensai allarmata: ciò stava a significare che lei gli sarebbe stata avvinghiata per tutto il tragitto. Ansia. Dovevo intervenire. Ma non sapevo come.
Per questo genere di cose, la mente diabolica di Rosa avrebbe sicuramente sfornato qualcosa di geniale: le avrei chiesto un consiglio più tardi.
Tutti acconsentirono a mangiare cinese. Notai che Castiel, prima di andarsene, mi lanciò una lunga occhiata, per poi sparire dietro alla porta con quella sua “amica”.
Più passava il tempo, e più mi chiedevo che cosa stessero facendo e perché non erano ancora tornati. Mille domande avevano cominciato ad insediare la mia povera mente. In un angolino remoto, avevo anche rinchiuso ciò che era successo meno di una settimana fa con i miei genitori. Ma sapevo che la cosa non poteva durare a lungo: prima o poi avrei dovuto affrontare la realtà, qualunque essa sarebbe stata, solo non ero ancora pronta. Per questo preferivo attendere e concentrarmi su altro. Non avevo le forze per altre dispute familiari, e temevo di ricadere in vecchie abitudini. Aspettavo solo il momento giusto. Sempre che ce ne fosse uno.
Nel frattempo stavo girando per casa, non riuscendo a stare ferma per l’ansia, quando mi imbattei in una porta che prima non avevo notato: era nera, con varie decorazioni intagliate a mano. Si trovava in fondo al lunghissimo corridoio dove erano collocate la mia stanza, quella di Castiel ed altre ancora. Era completamente diversa dal resto delle porte della casa.
Tentai di aprirla, incuriosita, ma invano: era chiusa a chiave. “Strano”, pensai. La mia curiosità stava raggiungendo picchi elevatissimi, ma non potevo farci niente, se non chiedere a Lysandro che cosa contenesse al suo interno.
Mi diressi giù per le scale, in cerca di risposte. Raggiunsi Rosalya e Lys che erano intenti a chiacchierare, e mi sedetti accanto alla mia amica.
<< Uhm, senti Lys ... >> tentai di assumere un’aria innocente, mentre lui spostò il suo sguardo su di me. << Dimmi Lorel >> sorrise.
<< Prima, mentre andavo in camera, ho notato che infondo al corridoio c’è una porta diversa da tutte le altre. Tu sai per caso che c’è dentro? >> al diavolo la discrezione.
Il suo sguardo era cambiato, come se non sapesse che cosa rispondere alla domanda.
<< Un pianoforte >> disse semplicemente.
“Un pianoforte? E chi tiene un pianoforte rinchiuso all’interno di una stanza? A meno ché non sia ricoperto di diamanti” pensai tra me e me.
Vedevo che non voleva parlarne, così cambiai discorso. Parlammo del più e del meno, delle vacanze natalizie, della scuola, ed infine anche del week end che Rosa voleva organizzare per festeggiare il compleanno di Castiel.



Un bel po’ di tempo dopo, mentre a me sembrava fosse passata un’eternità, Cassandra e Castiel fecero ritorno con la cena. Percepii un grande sollievo nel vederlo, ma fu subito spazzato via dalle inevitabili paranoie che mi assalirono: dov’erano stati? Cosa avevano fatto? Lui la ama?
“Dio come sono patetica” storsi le labbra in una smorfia, che evidentemente non passò inosservata a qualcuno: Cass mi stava di nuovo fissando. Mi affrettai a distogliere lo sguardo, e seguii Lysandro e Rosalya in cucina.
<< Al cibo ci pensiamo noi, tu intanto potresti preparare il tavolo? >> mi chiese Rosa cercando dei piatti nelle credenze.
<< Certo >> acconsentii e mi diressi in sala da pranzo.
Mentre cercavo le tovaglie in uno degli armadietti dell’immensa sala, una voce mi colse alla sprovvista. << Terzo cassetto a destra >> disse Castiel materializzandosi dal nulla.
Annuii senza dire niente e cercai dove mi aveva appena indicato. Tirai fuori una tovaglia rossa come i suoi capelli, e trattenni a stento una risata. “Sto impazzendo, me lo sento: adesso rido anche per una tovaglia”.
Mi girai per tornare al tavolo ed apparecchiare. Castiel teneva in mano forchette e coltelli, attendendo che stendessi l’oggetto della mia iniziale pazzia.
Una volta coperto il tavolo mi offrii di sistemare le forchette, mentre lui pensava ai coltelli. Mancava un ultimo posto. Stavo poggiando la forchetta quando sentii qualcuno alle mie spalle, il respiro caldo ed il solito profumo inebriante. Il petto del rosso spingeva contro la mia schiena, il viso era all’altezza del mio collo, ed il suo corpo andava quasi a circondarmi. Rimasi immobile, con la forchetta ancora stretta sul tavolo. Lui, come se nulla fosse, poggiò l’ultimo coltello accanto ad essa e mise la sua mano sulla mia. D’istinto mollai la presa e lasciai che me la avvolgesse. Ero più che patetica, bastava un suo gesto perché andassi in tilt.
Non resistetti più, ed incrociai il suo sguardo: non so bene cosa volessero dirmi i suoi occhi, ma erano ipnotici e non riuscivo a fare a meno di sprofondarci dentro. Inconsciamente socchiusi le labbra, come se mi aspettassi una sorta di bacio da film, in cui l’uno non riesce a resistere all’altra.
Ci scambiammo ancora qualche occhiata, in un silenzio tombale, quando mi resi conto solo all’ultimo secondo di ciò che stavo per fare: lo afferrai per il braccio con la mano libera e tirandolo a me, poggiai le mie labbra sulle sue. Sorpresi anche me stessa quando con la punta della lingua cercai di farmi spazio per incontrare la sua. Non trovai alcuna resistenza , forse solo dello stupore per un gesto così inaspettato. Ero riuscita a stupire Castiel Evans, e non è una cosa da poco.
Le nostre lingue si persero in una danza frenetica, toccandosi, fuggendo, rincorrendosi. I respiri erano affannosi ed i miei pensieri ancora più confusi.
Il momento fu interrotto dalle voci che ci stavano raggiungendo. Cass si stacco da me. Una nuova luce gli risplendeva negli occhi, o forse avevo solo cominciato ad avere le allucinazioni. Ma di una cosa ero sicura: doveva essere confuso quanto me.
Mi schiarii la voce e feci per prendere posto una volta che gli altri ci avevano raggiunto. Stranamente il rosso non era andato a sedersi accanto a Cassandra, ma vicino a me.


Durante cena, la stramaledetta “bomba sexy” continuava a parlare con Castiel, riuscendo a farlo ridere e distraendolo completamente da me. L’unica cosa che volevo in quel momento erano le sue attenzioni. E dire che prima tentavo di tenerlo a debita distanza. Più o meno.
Non avevo quasi toccato cibo, ed era grave dato che la cucina cinese era una delle mie preferite. Continuavo a rigirarmi i pezzi di pollo saltati alla piastra sulla forchetta. Ogni tanto facevo qualche boccone per non destare sospetti, ma la gelosia mi aveva completamente chiuso lo stomaco.
Con la coda dell’occhio tentai di spiare Castiel, giusto in tempo per accorgermi che stava posando la sua mano sulla mia coscia. Sussultai, sbattendo l’altra gamba contro il tavolo.
Fortunatamente i nostri amici erano tutti dall’altra parte, e dunque non potevano vedere il suo gesto. Ma io si, lo vedevo benissimo. Fatalmente il destino voleva che quella sera indossassi dei pantaloncini cortissimi della tuta. La sua mano continuò a salire, fino ad arrivare all’elastico. Scioccata dalla sua sfacciataggine tentai di scacciarlo, ma senza risultato. Intanto le sue labbra si era piegate in un sorriso malizioso e cosciente dell’effetto che mi faceva, pure se cercavo di non darlo a vedere.
Alla fine, per fare in modo che non cercasse di intrufolarsi di nuovo nel mio pigiama, gli tenni la mano stretta sulla mia gamba. La cosa sorprendente è che non aveva dato alcun cenno di volerla togliere, anzi, ogni tanto mi disegnava dei piccoli cerchi sulla pelle. Laddove passavano le sue dita, era come se lasciassero dei segni infuocati. Sembravamo quasi due fidanzati ... mano nella mano ... “No! Fermati Lorel, non puoi pensare questo. Ti farai del male da sola” e rieccola la mia fastidiosa vocina interiore.
Da un lato sapevo che non aveva tutti i torti, insomma è Castiel: chi mi dice che non faccia così con tutte? Probabilmente avrà fatto la stessa scenetta con Cassandra mentre erano fuori.
Quel pensiero mi demoralizzò totalmente. Non sapevo a cosa credere, dovevo chiedergli spiegazioni il più presto possibile. Dovevo sapere che cosa ero io per lui. Ed in che rapporti è con la bellissima ragazza dagli occhi cristallini seduta difronte a lui. Dovevo solo trovare il coraggio di fare questo passo. Perché si sa, è più facile vivere nell’ignoranza delle cose, che cercare di accettare la verità. Ed io non so se sono cosi forte da riuscirci.


Poco dopo aver cenato, mi congedai per andare a letto. Ero stanca e volevo solo dormire.
Rosa tornò a casa, mentre Cass, Lys e Cassandra rimasero in salotto a guardare un film. Non avevo nemmeno le forze per pensare a loro due, insieme, sul divano. Avrei voluto che mi seguisse di sopra, come era solito fare, ma a quanto pare aveva altre priorità. “È anche vero che non posso pretendere nulla da lui, infondo non siamo niente io e lui”.
Sfinita dai pensieri, mi persi presto in un sonno profondo e popolato da i miei incubi peggiori.



Mi svegliai annaspando, come in cerca di qualcosa cui aggrapparmi. Ma non c’era niente. Ero sola.
Mi passai una mano sul viso, tentando di calmare i battiti irregolari. Più cercavo di tranquillizzarmi e più sentivo il bisogno di andare da Castiel. Riusciva a farmi sentire serena, quando non era uno stronzo egocentrico ed arrogante. Mi lasciai trasportare da quei pensieri, non accorgendomi nemmeno che ero già con la mano pronta ad aprire la porta. Girai il pomello e mi feci coraggio. Certo, le due del mattino non è un buon orario per svegliare qualcuno, ma avevo bisogno di vederlo.
Attraversai il corridoio e mi ritrovai dinanzi alla sua porta. Stavo cominciando ad avere dei ripensamenti: e se poi mi avesse di nuovo ignorata come se niente fosse successo? E se avesse capito che ero andata a cercarlo perché avevo bisogno della sua presenza? Finché non fossi stata sicura dei suoi sentimenti per me, avrei dovuto astenermi da questo tipo di cose.
Così girai i tacchi e tornai verso camera mia. Stavo per richiudere la porta, quando sentii quella del rosso aprirsi. Diedi una sbirciatina attraverso la fessura, cercando di non farmi sentire. Quando misi a fuoco ciò che stava succedendo, il mio cuore saltò un battito: Cassandra era appena uscita dalla camera del rosso con indosso solo una maglietta lunga, che le copriva a malapena le mutande. Non volevo credere alle ipotesi che si stavano creando nella mia testa. Non dopo che ero stata io a cedere e a baciarlo. Non dopo che aveva mantenuto le nostre mani intrecciate per tutto il resto della cena. Non volevo credere a nulla di tutto ciò.
Come per darmi il colpo di grazia, Cass apparve a petto nudo sulla soglia, dopodiché la maledetta gli schioccò un bacio sulla guancia e andò via sculettando. Era ufficiale: la detestavo. Ma allo stesso tempo non potevo farci nulla. Così richiusi delicatamente la porta e tornai a letto, sperando di non imbattermi in un altro sonno turbolento.



Possibile che il ritorno a scuola dovesse essere sempre così traumatico? Fortunatamente era già mercoledì. Anche se di fortuna non ce n’era tanta: quel giorno della settimana la scuola finiva sempre più tardi del solito, verso le 15.00. Quindi mi toccava anche pranzare a scuola.
Le lezioni passarono molto lentamente, come se volessero torturarmi. La professoressa di storia non finiva più di parlare. E non di certo della lezione, ma di tutte le sue “avventure” scolastiche di quando aveva la nostra età. Come se questo potesse interessare a qualcuno.
In quei giorni io e Castiel non ci eravamo praticamente parlati. E non avevo di certo intenzione di fare il primo passo. Non dopo quello a cui avevo assistito.
A biologia ero seduta accanto a Rosalya, che mi chiese come stessero andando le cose con Cass.
<< Cassandra gli sta praticamente appiccicata. Mi chiedo se lo segua anche in bagno >>.
<< Scusa una cosa, ma almeno, hai provato a parlare con lui? Che ne so, ad attirare la sua attenzione?>> intervenne lei.
<< Ma certo che no! Non dopo ... >> non dopo che li avevo praticamente sorpresi insieme. Piè o meno. << “Non dopo” cosa? >> scandii letteralmente le parole, scrutandomi attentamente.
<< Ho ... Ho visto Cassandra uscire dalla camera di Castiel. E gli ha anche dato un bacio. Sulla guancia >> pronunciai quelle parole con una voce che non riconobbi nemmeno io. Sembravo un’assassina pronta a colpire.
<< Uhm ... La faccenda si fa seria >> rispose con aria pensierosa, << però non possiamo sapere che cosa sia successo veramente. Non so, hai mai provato ad andare in contro a Castiel? >>.
La guardai storto.
Lei roteò gli occhi << voglio dire, hai mai provato anche tu ad attirare la sua attenzione? Magari, cosi facendo puoi tentare di parlargli e capire che cosa vuol fare con te >>.
<< Mmm non so Rosa, non mi pare una buona idea >> risposi scuotendo il capo.
<< Beh allora lascialo pure a lei. Insomma, ti butti giù se non ti parla, ma non provi a far nulla perché accada. O sbaglio? >> l’aria severa ed un sopraciglio inarcato. Sbuffai, aveva ragione
<< In effetti no, non ci ho provato >> ammisi.
<< E allora che cosa aspetti? Fallo! Così questo week end andrà molto meglio >>.



All’ora di pranzo mi diressi in cortile per cercare un posto tranquillo dove pranzare. Di solito stavo con i miei amici, ma oggi non era giornata. Per essere quasi dicembre,fuori il tempo non era male.
<< Hei, Lorel >>, una voce familiare mi riscosse da i pensieri. Era Nath.
<< Ciao Nath, tutto bene? >> chiesi.
<< Si si, grazie. Ti stavo giusto cercando >> mi sorrise.
Strano. << Ah si? E come mai? >> ricambiai il sorriso.
<< Beh, da quando sei qui non abbiamo avuto modo per conoscerci meglio, così mi chiedevo se ti andasse di pranzare con me >> chiese grattandosi il capo, forse un po’ nervoso.
Mi sembrava scortese rifiutare, così accettai e lo seguii fuori dall’edificio.
Ci accomodammo in una di quelle panchine con tavoli annessi.
<< Allora, come ti trovi qui? >> i suoi capelli biondo d’orato risplendevano al sole, e quasi mi accecavano. Osservai anche il suo viso pulito e gli occhi del colore del mare.
Vedendo che non rispondevo aggiunse: << si, insomma, è una città più piccola di quella da cui provieni tu >>.
E lui come faceva a saperlo? Lo guardai con aria interrogativa.
<< E tu come sai da dove provengo? >>.
Lo vidi arrossire << Okay, lo ammetto: ho abusato dei miei poteri di segretario delegato, e ho dato una leggera sbirciatina >> ammise.
Scoppiai a ridere. Non so perché ridevo, ma lo facevo e basta. Forse per il suo imbarazzo o per un’ammissione così sincera, ma lo trovavo buffo.
<< Ti faccio ridere? >> si imbronciò.
Mi asciugai le lacrime agli occhi << giusto un po’ >> e gli sorrisi.
Lui ricambiò addentando il suo panino.
<< Comunque sì, mi trovo abbastanza bene. Però se devo dirla tutta, non ho avuto occasione di uscire molto, dunque non ho visitato chissà quanti posti >> ripresi.
<< Sul serio? Beh allora bisogna rimediare ... >> un’ombra ci investì ed interruppe Nath.
<< Rimediare a cosa? >> tuonò Castiel, guardando male il povero biondo.
Sbuffai << che cosa vuoi Castiel? >>.
<< Devi venire con me >> ordinò fulminandomi.
<< Perché? >> mi ero persa qualcosa?
<< Perché di sì! >> ringhiò lui.
<< Invece non vengo proprio da nessuna parte >> e tornai a guardare Nathaniel, che intanto aveva assunto un’espressione seria in volto.
Mi sentii afferrare per il braccio ed alzare dalla panchina. Ora stava proprio esagerando: gli diedi uno strattone per liberarmi dalla sua presa.
<< Non vedi che non vuole venire? >> lo interruppe Nath prima che potesse dire qualcosa.
Il rosso si fece scuro in volto << tu fatti gli affari tuoi biondino >>.
Dal canto suo Nath si alzò in piedi, con aria di sfida in volto. Tutto questo doveva finire subito. Era ridicolo che si permettesse di darmi ordini, soprattutto davanti a qualcuno.
Presi la parola prima che potesse succedere qualcosa di spiacevole.
<< Castiel, io rimango qui. Stavo pranzando con Nathaniel, per cui se adesso vuoi scusarci, vorremmo finire. Ci vediamo dopo >> lo liquidai.
Mi guardò con disprezzo, ma non aggiunse niente e se ne andò.
Io ed il biondo tornammo a sederci e gli rivolsi delle scuse. Ero imbarazzata al massimo.
<< Non ti preoccupare, non sei tu a doverti scusare >> mi rassicurò.
Poi lo vidi pensare a qualcosa e chiedermi: << voi due state insieme? >>.
Per poco non mi strozzai con il succo che stavo bevendo.
<< Per carità, no no! >> tossicchiai. E poi scoppiai a ridere. Era questa l’impressione che davamo? Certo, ci sono state certe situazioni ... come posso dire, ambigue? Ma non avevamo mai parlato di questo. Anzi, non avevamo mai parlato di niente che riguardasse questo argomento. Eppure in spiaggia avevo avuto l’impressione che forse potevo piacergli. Ma visto come si erano evolute le cose, ero ancora più dubbiosa di prima. Ed in ogni caso, dovevamo ancora conoscerci veramente: non avevamo mai avuto l’occasione di passare del vero e proprio tempo insieme. Da soli. Venivamo sempre interrotti da qualcuno o qualcosa.
Tornai a concentrami sul biondo che intanto aveva sfoggiato uno di quei sorrisi da fotomodello.
<< Meglio cosi allora >>.
Mi suonò un po’ strana quella frase, ma feci finta di nulla.



Aprii l’acqua della vasca e la lasciai scorrere per il tempo necessario a riempirla. Aver pranzato oggi con Nath è stato divertente. È un ragazzo molto gentile e con delle buone maniere. Non come qualcun altro di mia conoscenza.
Mi immersi nell’acqua bollente, sentendo in seguito i muscoli sciogliersi e rilassarsi. Un bagno caldo va sempre bene. L’umidità invase la stanza, rendendola quasi come una sauna.
Chiudendo gli occhi cercai di far ordine tra i miei pensieri e capire quali erano le mie priorità: mi sentivo in colpa per non aver più passato molto tempo con Lysandro, poiché spesso ero chiusa in camera. Non era affatto simpatico da parte mia comportarmi in quel modo, dopo che mi aveva aiutata così tanto. Dovevo rimediare. Fuori uno. Seconda cosa: dovevo risolvere la faccenda dei miei genitori, non potevo scappare per sempre. Dovevo decisamente liberarmi di questo vizio: ogni volta che le cose si mettevano male, io scappavo. Era un mio meccanismo di difesa. Avevo bisogno di tempo per riflettere sul da farsi. Forse potevo usare le vacanze natalizie come scusa per andare a trovare papà e chiedergli spiegazioni. Sì, era la cosa migliore da fare. Anche perche non avevo mai risposto alle sue chiamate. E cominciavo a farmi troppe domande: chi è mia madre? Perché non me lo hanno mai detto? Ed è per questo che mia “madre” provava tutto questo astio nei miei confronti? Perché se così fosse stato, allora si spiegava tutto. Avevo bisogno di risposte. Ma non potevo semplicemente chiamarlo al telefono e chiedergli di dirmi la verità, avevo bisogno di guardarlo in faccia. Non è una cosa da prendere alla leggera.
Punto terzo: Nick. Non avevo ancora avuto l’occasione di parlargli da quando era partito. Probabilmente doveva ancora comprarsi un telefono con una sim nuova: il vecchio lo aveva rotto poco prima di partire. Sapevo bene che prima o poi mi avrebbe chiamata, ma mi mancava così tanto che spesso sentivo un vuoto dentro. Il mio piccolo fratellino.
Scacciai quel pensiero prima sentire rivoli di lacrime sulle guancie. Dovevo essere forte. Non potevo abbattermi ogni volta che succedeva qualcosa, non è questo che mi ha insegnato papà.
Mancava solo una cosa per finire di ordinare il mio caos interiore: Castiel. Dovevo sapere o per lo meno capire cosa stava succedendo.
Mi alzai dalla vasca, cercando l’asciugamano, e me lo avvolsi intono. I lunghi capelli argentei mi ricadevano sulla schiena bagnata. Non li ho sempre avuti di quel colore, una volta erano castani. Ma questa è storia vecchia. Ora mi piacevano così.
Uscii dal bagno per cercare il cambio, ma mi paralizzai sul posto: Castiel era seduto sul letto e mi guardava. Una sorta di dejà vu direi.
Mi stava squadrando dall’alto al basso, ma non accennava a parlare. “Com’è complicato questo ragazzo, devo tirargli fuori le cose parola per parola”.
<< Che cosa vuoi Castiel? >>.
Il suo sguardo passò dalle mie gambe nude, ai miei occhi.
<< Dobbiamo parlare >>.
Sussultai << ah si? E di cosa? >>.
La sua espressione si fece dura << di te e del biondino >>.
Sul serio? Era di questo che voleva parlare? Con tutte le cose che dovrebbero avere la priorità, lui voleva parlare di un pranzo? Cominciai a sentire il calore provocato dalla rabbia che ormai conoscevo bene. Strinsi l’asciugamano sul petto << non sono affari tuoi >>.
Lo vidi alzarsi e venirmi incontro.
<< Oh si che sono affari miei, eccome >> sembrava minaccioso, un predatore.
“Lorel non muoverti, non indietreggiare. Devi tenergli testa” arrivò la solita vocina a darmi man forte. E così feci: rimasi ferma dov’ero.
<< Che cosa voleva la mezzasega? >> continuò avanzando.
<< Non chiamarlo così! >> le guance si infuocarono. Nath non aveva fatto niente di male, non doveva permettersi di parlare di lui in quel modo.
<< Lo difendi anche? >> ora era vicinissimo, ma io continuai a a guardarlo dritto negli occhi, senza dar cenno di voler far un passo indietro.
<< Cos’è, adesso ti piace anche lui? >>. Mi prese per il mento, avvicinando i nostri volti.
<< Che assurdità stai dicendo? Se pranzo con un amico, non vuol dire che mi piaccia >> continuai imperterrita, sciogliendo la sua presa << e poi, a te cosa importa? Non hai niente di meglio da fare oltre al paparino che vuole decidere con chi devo pranzare? Non dovresti essere con la tua adorata Cassandra? >> mi resi conto troppo tardi di cosa avevo detto, e con gli occhi spalancati mi tappai la bocca. “Stupida! Lorel sei una stupida imbecille!” mi insultai mentalmente.
Dal canto suo mi fissò per un attimo, forse tentando di capacitarsi di ciò che intendevo dire. E poi, inaspettatamente scoppiò ... a ridere? Cosa ... ?
Rideva a crepapelle e non accennava a volersi fermare. Aveva persino le lacrime agli occhi. Rimasi a fissarlo, come se avessi davanti un pazzo e non sapessi come comportarmi.
Finito di deridermi, si decise a parlare << sei gelosa di Cassandra? >>.
<< No! >> aveva ancora quel maledetto ghigno dipinto in volto << come ti vengono in mente certe assurdità? Puoi uscire con chi vuoi, ed io anche! >> sbottai.
A quelle parole si rabbuiò << io e Cassandra siamo solo amici. Ci conosciamo dalle elementari, e non le salterebbe mai in mente di provarci con me >>.
Percepii un enorme sollievo invadermi fino alla punta dei piedi: loro due erano solo amici.
Però ... << E allora perche lei era in camera tua qualche sera fa? >> mi azzardai a chiedergli. Ero abbastanza incoerente: prima non lo volevo, poi però lo baciavo, in un secondo momento lo respingevo e adesso gli chiedo di affari che non mi riguardano? Se questa non è incoerenza...
Mi guardò sospettoso ma anche divertito << non è che stai diventando una stalker o qualcosa del genere, vero? >>.
Per l'ennesima volta sbuffai << ribadisco ciò che avevo detto appena ti ho conosciuto: sei un imbecille! >>.
Ricacciò indietro una risata, glielo vedevo in volto.
<< Tornando a Cassandra ... >> proseguì lui, << abbiamo solo chiacchierato, nessuno dei due aveva sonno >>.
Non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro finché non pronuncio quella paroline magiche.
Non poteva immaginare che quella sera avessi bisogno di lui e che stavo per bussare alla sua porta. Ma questo non glielo avrei mai detto.
<< Ora, se non ti dispiace, devo cambiarmi >> liquidai così il discorso.
Un lampo gli guizzo tra le iridi acciaio fuso. Accorciò la distanza tra di noi, mettendomi con le spalle al muro. Con un dito seguì la linea del mio collo fino ad arrivare sopra il seno, dove l'asciugamano rischiava di snodarsi o di essere snodato da un momento all'altro.
<< Sai, avrei voluto che ci fosse qualcun altro nella mia stanza quella sera ... >> il suo tono di voce era basso e sensuale, tanto da farmi venire la pelle d'oca.
Al suo tocco, i battiti del mio cuore accelerarono. Socchiusi le labbra guardando le sue, desiderandole ardentemente.
Forse percepii i miei pensieri, perché prima che potessi anche solo spicciare parola, mi baciò.
Uno di quei baci che ti tolgono il fiato, che ti fanno sentire le farfalle allo stomaco e tremolare le ginocchia. Le nostre lingue si incontrarono, sempre più vogliose e desiderose l'una dell'altra. Ci baciammo come se in un arido deserto avessimo finalmente trovato l'acqua.
Mi avvinghiai ai suoi capelli e lo baciai con ancora più foga, mordendogli le labbra e leccandogliele allo stesso tempo. Fece scivolare la mano sulla mia coscia nuda, fino ad afferarmi il glutine. E strinse.
Ansimai a quel gesto e la mia eccitazione salì al massimo. Sentivo la sua erezione spingere contro la mia femminilità, che inevitabilmente si era bagnata.
Quando si staccò dalle mie labbra, fu quasi doloroso. Ne volevo sempre di più.
<< Non finisce qui, piccola >> disse accostandosi al mio orecchio.
Il mio petto si alzava e si abbassava, furioso ed incontrollato.
Poi, Castiel mi diede un ultimo bacio (più delicato e dolce), e sparì dietro la porta di camera mia.
Mi toccai le guance: erano in fiamme. Riuscì a riprendere il controllo delle mie azioni e mi buttai sul letto sospirando. "Menomale che avevo indossato il bracciale subito dopo il bagno" pensai.
Dovevo parlagli, al più presto: non poteva sempre finire così. Dovevamo trovare un equilibrio ed io dovevo capire che cosa volesse da me, prima di rimanere troppo scottata.



Ancora lo stesso incubo. Correvo per la grande villa, era diventata un labirinto oscuro, da cui non riuscivo ad uscire. Ad ogni porta che aprivo, mi ritrovavo davanti il volto di Dake e poi quello di Castiel.
Quando credevo di essere riuscita a trovare la porta giusta, Castiel/Dake mi afferrava per il bracciale, frantumandolo in mille pezzi. Ed il dolore ricominciava, sempre più forte.
Mi svegliai di soprassalto, con il fiato corto e la fronte imperlata di sudore. Stava diventando difficile riuscire a chiudere occhio. E sapendo che non ci sarei riuscita per minimo un'altra oretta, decisi di fare un giro per la casa. Era sempre meglio che starsene a letto a fissare il soffitto. 
Uscii dalla stanza aggirandomi per i corridoi in vestaglia di seta bianca, sapendo di non trovare nessuno in giro a quell'ora.
Camminando lungo il corridoio chilometrico dove vi erano la mia stanza e quella di Castiel, mi imbattei in una grandissima porta fatta in legno di ciliegio, con tanto di intagli lavorati a mano che la rendevano sicuramente di gran pregio. Spinsi l'enorme porta e ciò che vidi mi meravigliò: delle enormi vetrate altre quanto i soffitti lasciano penetrare i candidi raggi lunari, che illuminavano l'immensa biblioteca. Libri, libri ovunque. Ed io i libri li amavo. Forse anche più delle persone.
Passai in quella stanza più di un'ora, ammirando e sfogliando quel tesoro in carta.
Sapendo che il giorno dopo avrei avuto scuola, decisi che forse far la notte in bianco non era la migliore delle idee che potesse venirmi in mente. Così riposi l'ultimo manoscritto e mi avviai.
Quando richiusi la porta, sentii una melodia, quasi impercettibile arrivare da una delle stanze più vicine alle nostre stanze.
Mi avvicinai silenziosamente, temendo che se avessi fatto rumore, quel suono melodioso sarebbe scomparso.
Era la porta che avevo trovato chiusa a chiave quel giorno! E qualcuno stava suonando il pianoforte al suo interno. La curiosità mi stava martoriando, così decisi di privare ad abbassare la maniglia, ma ... Niente. Non si apriva.
Non volevo arrendermi così, volevo scoprire chi stava suonando quel dolce ma straziante brano. Sarei rimasta accovacciata accanto alla porta per tutta la notte se necessario. E così feci. Mi sedetti e attesi.
Attesi e attesi, finché le palpebre non si fecero pesanti e fui di nuovo inghiottita dal buio 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: Sammy333