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Autore: althea9    17/11/2015    1 recensioni
Una storia che si snoda tra il terzo e il quinto libro, a cavallo tra presente e passato, che svela i segreti dietro i gesti di Remus e Sirius.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Potter, James Potter, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black, Remus/Sirius
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Threesome, Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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È buio a Hogsmeade. È notte fonda. La neve cade fitta da ore costringendo gli abitanti del villaggio all’interno delle loro case. Non si vede anima viva per le strade fatta eccezione per un grosso cane che avanza a balzi nella spessa coltre bianca. 

La neve può essere una seccatura quando cerchi di passare inosservato. Soprattutto quando hai un manto nero come la pece. 

Un fruscio fa immobilizzare l’animale, si acquatta all’ombra du una casa, le orecchie tese. Aspetta. Una figura spettrale scivola nel vicolo affianco. Si ferma un attimo a scrutare nella sua direzione. Aspira l’aria con in sibilo metallico, e l’inverno sembra farsi ancora più freddo, gelido. Ma la creatura passa oltre, cerca qualcosa di diverso, qualcosa di più umano. Passano lunghi interminabili minuti prima che il cane si muova di nuovo, uscendo allo scoperto. Ora sfreccia attraverso le strade, segue l’odore dei pini che impregna l’aria, sempre più intenso, fino a raggiungere la foresta. Il sentiero è scomparso sotto la coltre bianca, ma lui non ha bisogno di vederlo per sapere dov’è. 

Raggiunge la vecchia casa in poco tempo. I suoi occhi indugiano sulla facciata spettrale. Occhi umani. Troppo umani per il muso di un cane. Un’altro fruscio lo fa sobbalzare. È solo un gufo che plana tra i rami, probabilmente a caccia di qualche picco animale indifeso. Ma il suo cuore martella contro la cassa toracica. È troppo esposto. Potrebbero trovarlo. Ha già rischiato troppo. 

Con pochi lunghi balzi raggiunge il portico diroccato. Ci sono delle assi sconnesse nel pavimento. Un passaggio segreto verso le stanze all’interno. Non il più comodo, ma uno dei più sicuri. 

Senza esitare striscia all’interno. Sotto la casa è sporco e umido. Riesce a vedere ragnatele e cadaveri di uccelli nell’oscurità. Ma un cane non prova disgusto. 

Il passaggio conduce a quello che dovrebbe essere il salotto principale. Ed è esattamente lì che si ritrova una volta uscito. Coperto di ragnatele e odore di morte. Si scrolla. Sa che l’odore resterà. 

La stanza è vuota e silenziosa. Sa di chiuso, di polvere e tessuto consunto. Si guarda intorno. È rischioso. Così rischioso. Ma non vuole ripercorrere quei corridori in quella forma. Vuole esserci. Pienamente. Vuole essere sé stesso. 

Dopo tanti mesi tornare indietro è quasi doloroso. Digrigna i denti mentre le zampe si allungano, si trasformano in braccia, mani e dita, gambe e piedi. Il pelo si ritrae. Il gelo gli morde la pelle. È di nuovo umano. Tremando afferra una coperta logora abbandonata sul divano sfondato e ci si avvolge mentre si solleva in piedi. É una strana sensazione camminare su due gambe. Ondeggia per un secondo. È difficile essere di nuovo umani. La sua mente si dilata. L’istinto animale si placa. La paura non è più così forte. L’adrenalina scema nelle sue vene. Ascolta nel silenzio. Osserva. I pensieri sono più lucidi ora. Tutto sembra più reale. Concreto. 

La casa sembra trarre un respiro attorno a lui, come una creatura che si risveglia da un lungo sonno. Saluta in suo vecchio padrone. 

Sirius si guarda intorno. Non la ricordava così. Grosse ragnatele cariche di polvere pendono da ogni superficie. I muri sono ricoperti di muffa. I mobili divorati dai tarli sembrano carcasse vuote. Tra le assi che sbarrano le finestre si insinua la neve. Forma cumuli disordinati sul pavimento. Macchie di umido si allargano sul soffitto. La vernice si solleva negli angoli.

Ma nonostante tutto ogni cosa è rimasta al suo posto. Consunta e logorata, ma mai toccata. Sembra un ricordo distorto. Una foto in bianco e nero strappata alla sua memoria. 

Il cuore gli batte forte in petto. I ricordi iniziano a riaffiorare. Credeva di averli dimenticati. Di averli seppelliti così a fondo dentro di sé da non poterli mai più ritrovare. Ma ora sono lì. Appena sotto la superficie. 

Lo sguardo gli cade sul corrimano semidistrutto della scala. Un sussurro. Si volta di scatto. Un grido riecheggia tra le mura. 

-prendilo Sirius!-

La voce di Remus gli fa fremere is sangue nelle vene. Il suo cuore accelera i battiti. E la casa prende vita sotto i suoi occhi.

 

Un grosso cervo si lancia in un balzo lungo le scale. Alle sue calcagna un cane nero. Lo insegue ringhiando. Il cervo esita. Le corna imponenti urtano la parete lasciando un solco. Atterra sui gradini e carica le zampe posteriori per il secondo salto. Sbaglia traiettoria e si schianta contro il corrimano che cede sotto il suo peso e finisce in pezzi sul pavimento. 

-James!- Un grido spaventato dalla cima delle scale. Remus si precipita di sotto. C’è apprensione nel suo sguardo. Ma il cervo è di nuovo in piedi e sfreccia attraverso le stanze. Il cuore che pompa. L’adrenalina a mille. 

-Smettetela! Sapete che odio quando lo fate!-  è più uno squittio agitato che una voce unana. E si trasforma in un grido di paura quando James e Sirius si precipitano nella stanza in una lotta furiosa. Peter si trasforma con uno squittio e sgattaiola sotto il divano. 

 

Gli occhi di Sirius bruciano mentre fissa la fessura oscura dove Peter si rifugiava ogni volta che poteva. La casa è di nuovo buia e silenziosa. Si era sempre chiesto perchè Peter avesse scelto il topo. La più infima delle creature. Ma poi aveva capito. Col tempo era stato chiaro. Aveva sempre avuto paura. Il piccolo debole Peter. Paura di loro, di lui. Ma soprattutto di Remus. Essere amico di Remus andava bene, di giorno, alla luce del sole, a scuola. Ma quando la luna si alzava nel cielo e le ombre si allungavano sui prati la paura prendeva il sopravvento, ed essere amici non aveva più significato. Era diventato un animagus perché James aveva insistito fino allo sfinimento. Aveva scelto di diventare topo perchè così poteva svignarsela. Il solo pensiero di Peter gli fa ribollire il sangue nelle vene. Avrebbero dovuto capirlo in quel momento che non potevano fidarsi di lui. E invece James aveva scelto lui. Per proteggere loro aveva condannato sé stesso. 

Sirius si volta. Si costringe ad uscire da quella stanza. 

Il respiro si condensa in nuvole dense davanti a lui mentre sale le scale. Evita il gradino che scricchiola. Quello che faceva sempre svegliare Peter di soprassalto quando si addormentava sul divano. 

Raggiunge il corridoio. La porta della camera pende semi scardinata. La spinge. Un cigolio spettrale lo fa quasi sorridere. La casa più infestata della Gran Bretagna. Ricorda ancora quella definizione. E ricorda bene quale fosse la causa dei rumori spettrali che udivano gli abitanti del villaggio. I Malandrini si erano sempre premurati di tenere alta la fama della Stamberga Strillante. 

Non importa quanti anni sono passati, Sirius ricorda ogni angolo, ogni anfratto, ogni scalino cigolante e asse allentata. Quello era stato il loro nascondiglio, il loro porto sicuro. E non aveva importanza se quel luogo era nato come prigione. Come gabbia per rinchiudere la bestia. Per lui era un’isola felice in cui rifugiarsi quando il peso della sua famiglia diventava insostenibile. Quando tutto era nero intorno a lui e cera solo dolore. 

Ma ora non è rimasto molto del luogo accogliete che avevano creato con fatica negli anni. Portando oggetti trafugati a scuola, coperte, tende e tappeti con i colori di Grifondoro, ma anche poster babbani di motociclette e belle ragazze. Sirius riesce ancora a distinguerne uno, miracolosamente ancora appeso alla parete. Una spiaggia tropicale sullo sfondo, una grossa Harley Davidson sbiadita montata da una prosperosa bionda in bikini in primo piano. Era stato la causa di un feroce litigio con suo padre del quale aveva portato i segni sulla schiena per settimane. 

In un angolo c’è una pila di riviste di Quidditch mangiate dalle tarme. Erano il passatempo di James. Ne raccoglie una, la carta patinata si sfalda tra le dita, le foto si muovono pigramente, come se avessero perso parte dell’incanto che le anima. Sirius la getta a terra insieme alle altre, il cuore fa più male ora. Gli sembra quasi di sentire la voce di James che commenta beffardo i titoli di copertina. 

 

-ah! Il Puddlemere United ha perso di nuovo! Che incapaci. Io saprei fare di meglio!-

-certo, come no James!-

 

Sirius si volta di scatto. La risata di Remus riecheggia nella stanza, ma non c’è nessuno. Il ricordo svanisce. Le ombre si allungano sul pavimento. È di nuovo solo. Il suo sguardo viene catturato da un luccichio. Si volta verso il letto. Non avrebbe dovuto farlo. Il dolore gli infiamma il petto. Le cortine di velluto pendono lacere dal baldacchino. Il copriletto mangiato dal tempo è sepolto sotto quindici anni di polvere e ragnatele. È doloroso vederlo così. Sirius lo ricorda bene.

 

Avevano aspettato che scendesse la notte. Remus era stato perentorio su quello. Come sempre erano rimasti al castello per le vacanze di Natale. A Sirius piaceva quell’atmosfera tranquilla, quel silenzio, come se la scuola fosse sospesa in un limbo. 

-Remus, sono stanco- piagnucola James, sbracato sul divano, con un braccio che penzola oltre il bordo, la mano gioca distrattamente con i capelli di Sirius seduto a terra al suo fianco -Quanto ancora dobbiamo aspettare? Siamo praticamente gli unici nella torre>>

-voglio essere sicuro che Peter dorma.- Un sorrisetto si allarga sulle labbra di James.

-hai intenzione di fare cosacce, eh Moony?- lo punzecchia. Allunga il piede per farchi il solletico.

-scemo!- sbotta spostandosi, ma è palese che James ha colpito nel segno e Sirius sente il bassoventre infiammarsi al solo pensiero. 

-andiamo Moony, dicci la verità- James si protende verso di lui con un ghigno. -dicci cosa volevi fare… qui, con noi, tutti soli soletti, a notte fonda- Sirius li osserva senza fare il minimo movimento, trepidante. Ma con un movimento fluido Remus si alza allontanandosi. La delusione sostituisce l’aspettativa e lui rivolge di nuovo la sua attenzione alle fiamme nel camino.

-volevo aspettare la mezzanotte ma visto che sei così impaziente…- si dirige verso il grande albero di natale all’angolo della sala comune. C’è una discreta pila di regali in attesa di essere scartati. Remus ne sceglie uno particolarmente voluminoso. 

-Ehi! Non puoi aprire i regali! Non è ancora Natale Remus! Sirius diglielo anche tu!- protesta James. 

-Questo non è per me. É per voi…- Il suo viso è tinto di rosso mentre si avvicina a loro, tendendo il pacco nella loro direzione. I due si scambiano uno sguardo perplesso. Remus normalmente gli regala libri. O pergamene. O comunque roba utile per la scuola. E quello non ha per niente l’aspetto di qualcosa di utile per la scuola. 

-Che diavolo è Rem? Non sarà mica un libro enorme sulla storia della magia attraverso i secoli o roba simile eh?!-  Sirius gli assesta una gomitata nelle costole. James, non riesce mai a stare zitto. 

-non è un libro…- la voce di Remus è stranamente imbarazzata mentre lo dice. Sirius inarca un sopracciglio, vorrebbe dire qualcosa ma James non gliene da il tempo. Sta già strappando la carta. 

-È... È…- una trapunta. Pesante e morbida, di un rosso profondo. Il rosso del Grifondoro.  Al centro sono ricamati in oro un cervo, un cane e un lupo strettamente avvinti a formare un cerchio.

-Ecco… io ho trovato questo incantesimo in biblioteca qualche mese fa. Delle ragazze ne stavano parlando, per i regali di Natale, sapete, e io.. Bè ho pensato che potesse essere un’idea carina… per la Stamberga Strillante, sapete… lo so che sembra stupido- balbetta. Non li guarda nemmeno. E Sirius lo trova adorabile. 

James, per una volta non dice niente di stupido, si limita avvicinarsi a lui e baciarlo sulle labbra. Dolcemente.

-Sarà perfetta sul nostro letto-

-dovrò… dovrò aggiungere anche Peter domani…- mormora ancora rosso in viso -per questo volevo darvela sta sera… così… così può essere solo nostra per... Per una notte…- e se possibile diventa ancora più scarlatto facendo sogghignare James.

-L’avevo detto io che volevi fare le cosacce Moony-

Quella notte avevano fatto l’amore lì, su quella trapunta, distesa a terra davanti al camino acceso, nella sala comune deserta, mordendosi le labbra per non gemere troppo forte il loro piacere. 

E al mattino un piccolo topo d’argento riluceva al centro della trapunta, pronta per essere scartata una seconda volta.

 

Il dolore gl’infiamma il petto. Si lascia cadere sul letto, che geme sotto il suo peso. E quel lamento non ha più niente del cigolante suono della loro passione nei ricordi di Sirius. Si aggrappa e quel copriletto tarlato che si sfalda tra le sue dita. Cerca di tenere insieme i pezzi della sua anima, ma sente che stanno per crollare. Sta per crollare schiacciato dai ricordi. 

Si prende la testa fra le mani e geme. Nella sua mente le immagini di un passato lontano, una vita perduta che sembra quasi un miraggio. Ma lo sente sulla pelle, il tocco delle mani delicate di Remus, sempre macchiate d’inchiostro. Era così fragile e riservato. Composto e misurato, sempre, in ogni movimento in ogni respiro. E sul suo volto stanco sempre presente l’ombra della paura. La paura che la bestia potesse liberarsi. Una creatura così selvaggia e violenta confinata in un corpo così delicato. Sirius lo amava anche per quello. Per la sua forza nascosta e per la sua debolezza. Il suo bisogno viscerale di non essere lasciato solo, il terrore di essere abbandonato. Amava i loro sguardi rubati in sala grande, quando sedevano l’uno difronte all’altro. Il modo in cui Remus gli sfiorava la gamba sedendosi sempre troppo vicino a lui a lezione. I dolci baci nell’ombra di un corridoio vuoto. Gli faceva dolere il petto stargli vicino, un dolore così dolce che avrebbe voluto non finisse mai. 

Con James era diverso. James non era dolce. Non era delicato e non era fragile. Era strafottente e spavaldo. Andava in giro per la scuola come se gli appartenesse e trattava loro come se gli appartenessero. Sirius era stato geloso, così geloso da desiderare di ucciderlo quando aveva messo gli occhi su Remus, il suo Remus. Ma era stata una tattica.  Un piano calcolato per avere lui. Fin dall’inizio. James voleva lui. E Remus era la via più breve per averlo. Sirius non sapeva nemmeno come si fosse accorto di loro. Erano sempre stati attenti. Ma James era astuto. Lo era sempre stato. Alla fine lui aveva ceduto. Ma James non era Remus. E lui nemmeno. Nessuno dei due era pronto a farsi sottomettere. Ogni volta era uno scontro. Una lotta. Una passione feroce e dura, bruciante, che li consumava. 

E Sirius aveva avuto paura ogni secondo. Paura che Remus li scoprisse, che lo lasciasse, che lo odiasse. Non poteva sopportare il pensiero di perderlo. Di vedere il disprezzo nel suo sguardo. Ma non poteva nemmeno sopportare l’idea di perdere James. 

E poi una notte era successo. Proprio lì. Tra quelle mura fatiscenti. 

 

La tensione era cresciuta per giorni fra loro fino a diventare insopportabile. James non faceva altro che stuzzicarlo. Si faceva sfuggire ambigui doppisensi ogni volta che Remus era nei paraggi. Gli si sedeva sempre troppo vicino. Trovava i pretesti più assurdi per toccarlo. E lo baciava con forza quando Remus gli dava le spalle, infiammandogli il ventre per l’eccitazione mista a paura. Quella notte Sirius si era svegliato con il peso di James sul petto

-Voglio scoparti- gli aveva sussurrato all’orecchio prima di morderlo. Sirius aveva trattenuto un grido.

-Falla finita James!- la sua voce era un ringhio basso

-Perchè? Lo sento che ti piace… lo vuoi anche tu- dicendolo si era spinto in basso, premendo i loro inguini insieme. Una scossa di eccitazione era corsa lungo la schiena di Sirius sentendo quanto James fosse duro contro di lui, attraverso il sottile tessuto dei pantaloni. Aveva trattenuto un ringhio tra i denti 

-Non qui-

-Hai paura di svegliare il tuo prezioso Remus? Hai paura che ti veda mentre ti fai scopare da me?- si era premuto di nuovo in basso contro di lui, con forza, quasi mozzandogli il fiato. L’eccitazione che si mescolava con la rabbia e la paura. 

-Ho detto non qui!- con un’abile scatto Sirius aveva invertito le posizioni, schiacciandolo contro il materasso. -prendi il mantello-

Con quelle parole era scivolato fuori dal letto. Sapeva che James lo avrebbe seguito senza esitazione. E Sirius lo voleva. Lo voleva così tanto da star male. Il suo corpo fremeva ogni volta che si sfioravano sotto il mantello, mentre sgattaiolavano attraverso fuori dalla scuola, attraverso i prati, fino al platano picchiatore e poi più in là, lungo il passaggio segreto. Fino alla Stamberga Strillante che avrebbe dovuto essere solo di Remus ma ora era anche il loro segreto. 

James gli aveva attaccato le labbra con ferocia appena avevano raggiunto la sicurezza del salotto. La lotta per il predominio era continuata lungo le scale fino alla camera al piano superiore. Nessuno dei due voleva arrendersi. Era sempre così. 

Sirius non aveva mai capito perchè James avesse scelto di trasformarsi in cervo. Un docile erbivoro con cui niente aveva in comune. 

Lo aveva spinto giù sul materasso sfondato Ghignando per la soddisfazione gli aveva strappato di dosso i pantaloni. Forse quella notte la vittoria sarebbe stata sua. La sorpresa nello scoprire che James non indossava niente sotto il pigiama lo aveva lasciato a bocca aperta, e condannato allo stesso tempo. Approfittando della sua distrazione James aveva ribaltato le posizioni. 

-Pensavi di poterla avere vinta eh?- gli aveva sussurrato con un sogghigno -non questa volta. Te l’ho detto, sta notte, voglio scoparti-

E così era stato. James si era fatto fatto largo tra le sue cosce senza grazia. Senza chiedere il permesso. Era affondato dentro di lui con forza e passione e Sirius si era aggrappato alla sua schiena mordendosi le labbra per non gemere, per non dargli la soddisfazione di sentirlo godere. Anche se il suo corpo bruciava di desiderio. Anche se il suo cuore ardeva di passione e implorava per avere di più. Sempre di più.

E poi, quando stavano per raggiungere il culmine, insieme, un rumore. Uno scalino che cigola. Una porta che geme mentre ruota sui cardini. E lì sull’uscio c’era Remus. Pallido e delicato nel suo pigiama che lo faceva sembrare così tremendamente magro. 

Il cuore di Sirius era sprofondato giù, nello stomaco, e poi ancora più giù. Un fischio sordo gli aveva riempito le orecchie. La consapevolezza che tutto era finito gli aveva gelato il sangue nelle vene. Aveva perso. Aveva distrutto l’unica cosa a cui aveva mai tenuto. 

Remus era rimasto fermo per lunghi secondi. Il suo sguardo gli bruciava la pelle. Avrebbe voluto nascondersi, sparire, ma era paralizzato. 

-Remus… noi… ti posso spiegare- E come avrebbe mai potuto spiegare perchè le sue gambe erano avvinte ai fianchi di James? Perchè il loro migliore amico era profondamente affondato dentro di lui. 

Ma non ce ne fu bisogno. Remus aveva sorpreso entrambi sfilandosi la maglia, subito seguita dai  pantaloni. Con un movimento fluido era salito a cavalcioni sul letto. Su di lui. 

-Ti amo- aveva mormorato sulle sue labbra spingendosi in basso con i fianchi. Lo aveva baciato con dolcezza per poi sollevarsi e premere la schiena contro il petto di James, sensuale -vi amo entrambi- aveva baciato anche lui e Sirius, per la prima volta non si era sentito geloso. L’eccitazione era corsa lungo il suo corpo come una scarica elettrica, e Remus si era lasciato sfuggire un gemito sentendolo crescere tra le sue natiche.

-Siete tutto quello che ho, tutto quello che ho sempre desiderato… -

Quella era stata la loro prima notte. Una seconda prima volta che aveva spalancato le porte ad un nuovo mondo. Remus era il tassello mancante tra James e Sirius. E James era ciò che Sirius aveva sempre segretamente desiderato da Remus. Da quell’attimo, da quel momento erano stati completi. Erano stati perfetti. La loro vita era diventata un susseguirsi di baci fugaci, carezze rubate, sguardi brucianti carichi di mille parole non dette. Un segreto enorme solo loro. Consumato tra le mura fatiscenti della Stamberga Strillante, e le lenzuola del dormitorio. E con il tempo la passione si era trasformata in amore, e l’amore in devozione. Sirius era certo che non avrebbe mai amato nessuno come amava loro. 

 

Sirius sorride. Il suo cuore brucia di dolore. Brucia di quell’amore perduto che non potrà mai più essere. Stringe tra le dita la trapunta logora. Piccole gocce salate macchiano il tessuto nelle sue mani. 

 

Ma non era stata una scelta sua. Quando tutto era finito. Non era stata una scelta sua. Si era sempre chiesto perchè. Perchè James aveva scelto lei. Perchè aveva preferito lei a loro. Perchè li aveva abbandonati. Dopo tanti anni passati insieme, ad amarsi. Era stato doloroso. Si era sentito furioso e poi triste e poi di nuovo furioso. E Remus era sempre stato al suo fianco. Amava James sì, ma non quanto amava lui. Anche se James aveva preso una grossa parte del suo cuore. Più di quanto avesse mai voluto ammettere. E quando lui aveva annunciato il fidanzamento con Lily, con il sorriso sulle labbra, stringendole la mano, come se tra loro non ci fosse mai stato niente, come se il loro amore fosse stato solo fumo, lui aveva sentito il suo cuore spezzarsi. Aveva voluto picchiarlo. Aveva voluto urlargli contro. Prenderlo a pugni. Ma era stato in silenzio. Aveva ingoiato il suo orgoglio, spinto a fondo il suo cuore ferito ed aveva sorriso. Aveva recitato la sua parte. Se James voleva fingere che non ci fosse mai stato niente tra loro, avrebbe finto. E Remus era sempre stato lì per lui. Aveva baciato via le sue lacrime mentre facevano l’amore, la notte in cui Lily e James avevano pronunciato il voto infrangibile. Aveva incassato la sua ira quando Lily aveva annunciato di aspettare un figlio. Aveva lenito il suo dolore quando aveva visto quel bambino tra le braccia di James per la prima volta. E lo aveva abbandonato quando il mondo lo aveva condannato per una colpa che non aveva commesso. La sua vita era andata in pezzi in un attimo.

 

Sirius si accascia sul letto. Si sente svuotato. Voldemort gli ha rubato tutto. La sua felicità, il suo amore, la sua vita. Ed Azkaban ha finito il lavoro privandolo di dodici anni della sua vita. Trascinandolo in un incubo senza fine fatto di dolore e perdita e gelo. In cui era costretto a rivivere ogni giorno, ogni minuto ogni istante, i momenti peggiori della sua esistenza.

E poi, nella tenebra più oscura l’aveva rivisto. Un raggio di luce, una speranza, un motivo per combattere, per vivere. Lui viveva in quel bambino. James. Il Suo James. Viveva in quel bambino che aveva odiato ancor prima che venisse al modo. Quel bambino che portava gli occhi della donna che aveva rovinato la sua vita. 

Ed ora era lì. Lì per redimersi. Per ricominciare. Per riavere quella vita che gli era stata rubata. 

 

  
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