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Autore: Pluma    19/11/2015    0 recensioni
“Kira mangia!” l’ordine venne dato in un sussurro, ma era talmente impregnato di furia distruttiva che la bramosia che sentiva nel petto si trasmise al lupo che rispose al comando, avventandosi sul cadavere. Strappò i vestiti e si cibò della sua carne sotto lo sguardo soddisfatto del padrone che manteneva salda la presa intorno al corpicino del cane salvato, facendolo sentire al sicuro.
“E ora lo vedo!” disse Will estasiato.
Piccoli(ssimi) accenni di SPOILER
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hannibal Lecter, Nuovo personaggio, Will Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I due uomini erano seduti sulla panchina del parco. Intorno a loro le persone si muovevano, quasi frenetiche, per evitare che i propri corpi si raffreddassero. C’era freddo, troppo per poter restare fermi. Eppure quei due uomini osservavano un’immobilità quasi innaturale, sereni e tranquilli, in religioso silenzio. Solo le loro pupille si muovevano, attratte dal passaggio del tale che passava loro vicino di corsa, o del tizio che girava in bicicletta con i figli. Senza alcuna paura rimanevano lì, come statue secolari, ma avrebbero avuto ragione se fossero più irrequieti. In fondo erano gli uomini maggiormente ricercati, al momento, dall’FBI: Hannibal Lecter e Will Graham.
“Ecco la cena, Hannibal” Will ruppe il silenzio, senza voltarsi verso il compagno.
Hannibal appoggiò il suo sguardo sul viso dell’ex profiler godendosi, per un attimo appena, lo spettacolo della sua stessa creazione. Aveva lavorato molto su quel ragazzo cocciuto. Lo aveva manipolato, lo aveva ferito in ogni modo possibile, aveva solleticato quella parte celata ai più, fino a quando, finalmente, Will non aveva ceduto. La sua incredibile e meravigliosa empatia per la mente criminale, nascondeva un’attitudine ancora più straordinaria, superiore a tutti i serial killer che avevano affrontato, insieme e separati. Appena posati gli occhi su quella creatura inquieta e in perenne lotta contro sé stessa aveva capito di aver trovato l’unica persona in grado di vederlo, e acui avrebbe permesso di farlo. Non poteva tollerare che tanta bellezza fosse tenuta nascosta, per quanto il soggetto stesso fosse ritroso a svelarsi. Non avrebbe permesso in nessun caso che tutto quel potenziale fosse imbrigliato e sfruttato da altri. E ora, dopo tutte le cose che avevano vissuto, si trovavano lì, in perenne fuga, vivendo insieme tutte le emozioni conosciute dal genere umano, e anche di più.
Come dimenticarsi della loro prima volta, quando unirono le forze e abbatterono la loro preda, Dolarhyde, il Drago Rosso. Come cancellare dalla mente l’istante in cui Will gli tese la mano e, subito dopo, quando si abbandonò tra le sue braccia, finalmente conscio di sé stesso. Poco importa che poi avesse spinto entrambi giù da quella scogliera. Era stato solo un ultimo tentativo del consulente dell’FBI di rimanere tale, uccidere la bestia e il suo liberatore. Aveva ottenuto l’effetto contrario, eliminando sé stesso. Hannibal ricordò il momento in cui, inginocchiato su Will per controllare i suoi segni vitali, lo aveva visto aprire le palpebre e nei suoi occhi chiari aveva visto spegnersi, sempre di più, quella lotta che aveva rubato loro fin troppo tempo.
Will era ritornato nuovamente immobile dopo aver detto quelle poche parole, conscio che l’altro lo stesse fissando. Da tempo non avevano più la necessità di cercarsi per sapere dove si trovasse l’altro o cosa stesse facendo. Lo sapevano per intuito, tale era l’intimità e la sintonia a cui erano giunti. Per Will, a volte, risultava quasi insopportabile il senso di appartenenza all’uomo che era entrato nella sua vita con prepotenza, l’aveva presa e ne aveva fatto ciò che voleva, evolvendola. C’erano ancora dei giorni in cui Will si ribellava, ma niente poteva stupire lo psichiatra che si limitava a spingere l’amico a mettersi davanti ad uno specchio e ricordargli chi era e di cosa era capace. Per questo motivo erano lì, contro ogni logica per due dalla faccia tanto conosciuta. Will Graham il profiler, il marito tranquillo e fedele, aveva alzato la testa e si era fatto sentire. Al dottor Lecter, quindi, non rimaneva che cacciarlo giù nell’intimità profonda di Will, nell’unico modo possibile.
Hannibal lo aveva individuato da qualche giorno. Un uomo di stazza media, uno qualsiasi con un piccolo vizietto di troppo. Will avrebbe apprezzato, ma era importante che fosse lui stesso ad individuare la preda e non Hannibal a suggerirgliela, non apertamente, almeno. Come da programma Will non deluse le sua aspettative.
“Perché ha attirato la tua attenzione?” chiese recuperando la maschera di psichiatra.
Will si mosse appena, tradendo però il suo disagio. Ecco di nuovo la battaglia. Hannibal sospettava che non se ne sarebbe mai stancato veramente, purché fosse sotto controllo.
“Will, devi dirlo. Ad alta voce cortesemente.”
L’altro chiuse gli occhi, le orbite si muovevano convulsamente sotto le palpebre, l’espressione tesa e alla fine la calma dopo la tempesta.
“E’ un uomo malvagio. Nella sacca ha un cane di piccole dimensioni, completamente indifeso ed è atterrito dalla paura.”
“Forse lo stà portando a casa con sé. Come facevi tu.”
Will si voltò, un punta di biasimo nei suoi occhi. Non era necessario essere un empatico per sapere che non era la verità. Stava per dare una delle sue risposte provocatorie, ma lo sguardo di Hannibal lo bloccò. Will sentì il suo volto venire attratto da quello del compagno come una calamita, da quell’energia che intercorreva sempre tra loro e che si intensificava quando erano vicini. Le due fronti si toccarono ed entrambi sentirono quel famigliare formicolio, quasi una scarica elettrica innocente, che passava da una all’altro. Avanti e indietro senza mai fermarsi, se non quando Hannibal interruppe il contatto. Sorrise soddisfatto quando sentì il lamento basso e cavernoso di Will, costretto, ancora una volta, a sottomettersi ad Hannibal e accontentare le sue richieste.
“C’è violenza nella sua camminata. E’ un sadico, ma anche un vigliacco. Schiva la gente anche se vorrebbe romperle la testa. Il cane è solo uno sfogo per mantenersi calmo.”
“E come ti fa sentire questo?”
“Lo voglio uccidere.”
Hannibal socchiuse gli occhi a due fessure sorridenti ed assentì soddisfatto. Si alzarono all’unisono, ma prima che potessero muovere un solo passo, notarono un nuovo elemento.
“Sembra che in questo parco ci siano più mostri che umani.” Disse Hannibal interessato e guardingo allo stesso tempo.
Un altro giocatore era comparso in scena. Un ragazzo giovane con i capelli lunghi e lisci stava seguendo a qualche decina di metri la vittima sacrificale che Hannibal aveva scelto per Will. Un ragazzino come tanti, con una felpa e un paio di jeans, le mani in tasca e una camminata molleggiata tipica della sua generazione. Sarebbe stato impossibile da notare se non fosse stato per il lupo cecoslovacco che gli zampettava a fianco senza guinzaglio, anche lui a caccia, e per quell’atteggiamento predatorio che il dottor Lecter e Will Graham conoscevano tanto bene.
“Non sento nulla Hannibal” Will stesso era rimasto sorpreso dalle sue parole. “Non c’è nulla in lui.”
Lo psichiatra fissò per un po’ il compagno, fidandosi immediatamente del suo istinto: Will non era solito sbagliare. Era il caso di allontanarsi da quella novità non prevista, ma era di indole tanto cauta quanto curiosa. Fu un sollievo quando Will decise per entrambi, seguendo lo sconosciuto.
 
L’uomo cominciava a sentire la spalla indolenzirsi per il peso che portava, doveva trovare un vicolo isolato e sicuro per potersi sfogare. Ne scelse uno cieco, buio a causa delle pareti strette degli alti palazzi che lasciavano filtrare poca luce. Si diresse con passo svelto verso l’angolo più lontano dalla strada principale e appoggiò la sacca per terra. Questa si mosse facendo sfociare il naturale odio che l’uomo provava per l’essere che vi era chiuso dentro. Lui si voltò in cerca di un’arma, trovando una spranga di metallo arrugginito, perfetta per l’uso che ne avrebbe fatto. alzò il braccio e colpì con moderata violenza, non voleva che il gioco finisse subito. La forza violenta che gli torturava il cervello si acquietò nell’esatto momento in cui sentì la povera bestia mugolare di dolore. Un suono che gli dava un piacere indescrivibile, simile a quello dell’orgasmo. Una musica divina, l’unica che riusciva a far tacere, seppure per poco tempo, le sue pulsioni. Ma non era ancora abbastanza, voleva di più. Alzò nuovamente il braccio, ma prima che lo abbattesse una seconda volta sentì urlare. Solo quando udì il rumore del metallo cozzare contro il cemento si accorse di essere disarmato e che era stato lui a gridare.
Si guardò in torno, recuperando il contatto con la realtà, pronto a giustificarsi davanti a chiunque, come faceva da tutta la vita. Poi lo vide, la bestiaccia alta e possente che gli ringhiava contro, mentre con il corpo longilineo nascondeva la sacca. Sorrise cattivo a quella bocca serrata a mostrare i denti lunghi. Il lupo lo stava minacciando e lui non si sarebbe certo ritirato dallo scontro. Si piegò sulle gambe, mantenendo gli occhi incollati sul grosso cane; allungò la mano alla ricerca della spranga, ma prima di toccarla qualcosa di veloce e doloroso lo scaraventò a terra, lontano dai cani. L’udito tornò prima della vista.
“Kira stai lontana da lui.” Un ordine da una voce giovane e maschile.
L’uomo strabuzzò gli occhi e lo vide. Piccolino di statura, il viso da volpe e gli occhi selvatici puntati su di lui.
“Fatti gli affari tuoi, marmocchio. E vattene o farò abbattere il tuo cangaccio.”
“E’ una lei e si chiama Kira.” Rispose il ragazzo atono. “E qui, l’unico che deve essere abbattuto sei tu.” E scomparve.
Invece no. Il ragazzo aveva solo scartato alla sua destra, ma quando l’uomo se ne accorse era troppo tardi. Un nuovo calcio lo raggiunse al lato della testa mandandogli in tilt il timpano e facendolo ribaltare con la pancia verso il cielo. Un terzo colpo alla bocca dello stomaco e non aveva più fiato. Altri calci si susseguirono, ben assestati e studiati per creare il maggior danno possibile con il minor sforzo. L’uomo gemeva, mentre il ragazzo non sudava nemmeno. Non c’era espressione sul suo viso, né rabbia né repulsione. Stava solo facendo l’unica cosa possibile. Quando decise che fosse abbastanza voltò le spalle alla sua vittima gonfia e sanguinante, si diresse verso la sacca.
Con estrema caute, come se gli fosse impossibile avere atteggiamenti violenti, il giovane scostò i lembi del sacco per guardarvi dentro. Riuscì a notare solo un pelo riccio e biondo prima che Kira ringhiasse. Il padrone si alzò e si girò con un unico movimento fluido. Fronteggiò la sua preda che aveva trovato la forza di rimettersi in piedi e recuperare la spranga di metallo.
“Brutto stronzo. Te ne pentirai.” Minacciò sputacchiando sangue e saliva.
Caricò come un toro infuriato, ma il giovane lo anticipò, scartando il suo colpo e pugnalandolo al petto. Le ultime forze lo lasciarono facendolo cadere con tonfo.
“Interessante.”
L’assassino si voltò verso la voce inaspettata e vide due uomini che fissavano la scena, tranquilli e curiosi, uno di fianco all’altro, fisicamente molto diversi, ma con qualche cosa nel loro atteggiamento che li faceva sembrare parenti molto vicini. Kira uggiolava al suo fianco per nulla allarmata da quelle nuove presenze. Si calmò solo quando il tizio dall’aspetto più trasandato si chinò sulle ginocchia invitandola a prendersi la sua razione di coccole. Scodinzolando gli si avvicinò, annusò un po’ la mano che lui le tese, porgendogli poi il suo testone per i grattini. L’altro, invece, quello dal portamento più austero e i lineamenti ben marcati era rimasto fermo a fissare il ragazzo.
“Come ti chiami?” disse l’uomo che lo guardava.
“David” rispose alzando le spalle.
Hannibal mosse i primi passi verso di lui seguito dal compagno che, con la disapprovazione del cane si dovette alzare. Quando Will passò di fianco al corpo dell’uomo, con la lama conficcata solo a metà nel petto si accorse che non era ancora morto.
“Aiutami! Chiama i soccorsi.”
Will guardò verso il basso e con la pianta del piede schiacciò più in profondità il coltello, mettendo fine alla vita di quella inutile feccia. Hannibal aveva proseguito a camminare e sorrise nel sentire l’ultimo gemito della vittima. Le cose andavano sempre come diceva lui.
“Salve.”disse il dottor Lecter guardando dall’alto David.
“Salve.”
“Lo sai chi siamo noi?”
David annuì:
“Lei è Hannibal Lecter e lui Will Graham. Sì riconosco le vostre facce.”
“E non hai paura di noi?”
“Avete intenzione di uccidermi?”
La voce completamente priva di sentimento, non solo del naturale timore per la propria vita, sorprese enormemente Will che scosse la testa, incapace di formulare un ipotesi. Era impossibile che avesse perso la sua capacità. Nessuno diede una risposta a quella domanda posta in maniera tanto innaturale. David controllò che Kira fosse al sicuro e voltò le spalle ai due serial killer, raggiunse la sacca e ne tirò fuori una palla di pelo dolorante. Si accovacciò a terra mettendo comodo il cane tra le sue gambe. Lo controllò da cima a fondo, trovando la zampina posteriore rotta. Quando la piccola bestiola uggiolò per il male David non riuscì a trattenere una lacrima che Hannibal e Will non mancarono di notare.
“Interessante.” Ripeté il primo.
“Ora sì che sento qualche cosa” sottolineò l’ovvietà l’altro, rilassandosi un po’.
Senza minimamente considerare i commenti David alzò lo sguardo verso il corpo dell’uomo morto.
“Kira mangia!” l’ordine venne dato in un sussurro, ma era talmente impregnato di furia distruttiva che la bramosia che sentiva nel petto si trasmise al lupo che rispose al comando, avventandosi sul cadavere. Strappò i vestiti e si cibò della sua carne sotto lo sguardo soddisfatto del padrone che manteneva salda la presa intorno al corpicino del cane salvato, facendolo sentire al sicuro.
“E ora lo vedo!” disse Will estasiato.
 
 
 
NOTA:
Partiamo dal presupposto che non ho ancora finito di vedere la seconda stagione. Le uniche cose che so le ho prelevate qui e là dai vari SPOILER che ho cercato in giro, tanto perché non riesco mai a portare pazienza. Detto questo è mia abitudine scrivere FF solo quando conosco i personaggi e non è questo il caso. Il motivo? Molto semplice mi appassiono (a volte anche innamoro) di un carattere così come è stato creato e concepito, non è mia intenzione stravolgere tutto quel lavoro con una mia storia. Posso aggiungere caratteri o creare situazioni per far reagire i personaggi in maniera diversa dalla storia originale (magari perché non sono d’accordo sulla scelta narrativa…non è certo questo il caso), ma sempre mantenendo una certa coerenza. Nonostante io ami alla follia questi due pazzi e mi sia fatta una vaga idea di loro due insieme, non ritengo di conoscerli abbastanza. Quindi avevo deciso di astenermi per il momento.
Problema: non ho potuto fare a meno di scrivere questa cosa qui che però, credo, rimarrà un episodio isolato fino a data da destinarsi. Quello che diventerà solo il tempo e la mia testa super eccitabile lo deciderà
   
 
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