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Autore: nancy89    19/11/2015    3 recensioni
Siete dei pendolari? Non lo siete ma vi è capitato di dover aspettare l'autobus? Non vi è capitato neanche questo? Non importa. Questa è la mia personale esperienza di relazione obbligata con l'autobus ma in cui ognuno di noi ci si può ritrovare. Se avete voglia di farvi una risata siete capitati nel posto giusto! Buona lettura!
Ah! Non dimenticate di farmi sapere se vi è piaciuta :)
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’autobus ed io: Storia di un rapporto conflittuale
 
Anche questa mattina la storia non cambia. Solita ora, solita fermata dell’autobus, solito ritardo.
Come ogni appuntamento che si rispetti c’è sempre quello che si presenta puntuale, io, e quello che arriva con il solito ritardo, l’autobus. Sì, come se l’automezzo vivesse di vita propria. O forse è proprio così. Sin dalla notte dei tempi cascasse il mondo, cambiasse l’autista,  è riconosciuto che l’autobus deve arrivare in ritardo.  È una verità assoluta.
Perciò, se anche stamattina, prima di dirigermi verso la solita fermata, alla solita ora per prendere il solito autobus, la vicina di casa mi ferma per farsi regolare l’orologio che per l’ennesima volta decide di fermarsi senza che questo le faccia balenare l’idea di sostituire la batteria – perché tanto ci pensa la dolceNancychenondicemaidino a rimetterlo apposto-  poco importa! Vorrà dire che invece di sorbirmi il solito quarto d’ora di attesa dovrò pazientare solamente dieci minuti. Pff! Che sarà mai? Anzi, meno male! ...Anzi no: molto male! Proprio quando sto svoltando l’angolo della strada pronta a mettermi nella posizione d’attesa antifatica ormai collaudata da anni e cioè con la schiena adesa al fresco palo metallico della luce che - nelle mattine di tiepido sole con la sua confortevole temperatura di 386° sotto lo zero - ti allinea la colonna meglio di un massaggiatore shiatsu, ecco che sfila sotto il tuo naso l’autobus. Ha cambiato le tacite regole del nostro appuntamento. Non può non arrivare in ritardo! Sembra quasi che il paraurti posteriore abbia assunto la forma di una bocca che ghigna. La cosa certa però, è che è la mia di bocca a non essere più al suo posto: è piombata di colpo a terra. E diventa difficile trascinarla nel disperato inseguimento di quel veicolo preistorico che proprio oggi ha assunto una velocità supersonica. Non mi resta altro da fare. Con una mano recupero la mascella e con l’altra cerco di richiamare l’attenzione dell’autista affinché si fermi e mi recuperi. 

Ma si sa: in amore vince chi fugge. E l’autobus fugge via, inesorabilmente, lasciandomi ansimante sul ciglio della strada investita dagli insulti degli automobilisti che mi esortano a non impegnare la carreggiata.  

E come si suol dire, per restare in tema di proverbi, morto un papa se ne fa un altro. O almeno per stamattina.

Perciò, sconsolata, provo a sbollire il sangue che mi ha spappolato il cervello come il bollito di carne che mamma dimenticò sul fuoco la vigilia dello scorso  Natale. E per la prima volta, dopo anni di segreta ammirazione per non far ingelosire il mio fidato gelido palo, assaporo l’emozione di accomodare i miei glutei nella panchina da sempre lasciata ad accogliere qualche vecchina di turno. Ma realizzo qualcosa che mai mi sarei aspettata. La panchina è dura come un sasso e costringe le mie soffici rotondità ad incastrarsi tra le sue fessure. I troppi anni di celato desiderio me l’hanno fatta idealizzare. Tranquillo caro palo, non ti abbandonerò mai più! Almeno tu mi hai fatto prendere i complimenti dall’ortopedico che ha paragonato il mio rachide a quello di un manico di scopa! “ La ginnastica posturale sta dando i suoi risultati!” aveva detto. Che vigliacca! Avrei dovuto confessargli il reale fautore di tali miglioramenti.  Ed invece nascondevo il desiderio di possedere questa panchina che mi  ha donato un sedere a strisce. Vabbè, per oggi darò vita a una nuova moda.

Non faccio in tempo a cambiar postazione d’attesa verso palo che magicamente compare un altro autobus. Ed  è addirittura vuoto! Com’è possibile tanta grazia? “Il karma” continuo a ripetermi come un mantra. Tutto torna cara Nancy. Sì, mi convinco proprio di questo quando alle successive fermate salgono dei tipi che smentiscono nella frazione di un nano secondo tutte le mie convinzioni. Due signore col passeggino si piazzano proprio accanto a me con i loro cuccioli frignanti che riversano sui miei capelli ondate di lacrime miste a moccio. Vabbè, lancerò una seconda moda: i capelli unti a macchia di leopardo. Dopotutto qualcosa di simile l’aveva già proposta Annalisa Minetti pagando fior di quattrini da chissà quale luminare dell’arte tricologica e con chissà quali prodotti chimici. Io almeno posso vantare la provenienza total bio del mio styling.

Finalmente, dopo, una buona mezzora giungo a destinazione e la mia giornata riprende alla solita ora, nella solita scuola, con la solita routine.
  
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