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Autore: scarlett_midori    19/11/2015    0 recensioni
La vita degli Shadowhunters era già abbastanza complicata a causa di demoni, Nascosti e mostri vari.
La vita, però, può complicarsi ancora di più, se anche gli dei dell'Olimpo - e semidei al seguito - fanno la loro comparsa.
I figli degli dei le ombre incontreranno,
Vestiti di neri e marchiati dagli angeli questi ultimi saranno.
Di colui che è stato, il debito pagheranno,
Il mondo silenzioso e oscuro affronteranno.
E chi dello Stregone alla fine avrà chiesto
Tornar non potrà, se non mesto.
L'unica cosa che il nemico sconfiggerà
La forza dell'incontro dei due mondi sarà.
[Ambientato dopo "Città del Fuoco Celeste" e "Lo Scontro Finale".]
Crossover Shadowhunters & Gli Dei Dell'Olimpo
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sembrava un'idea assurda. 
Probabilmente lo era, in realtà, considerato che si trattava di andare all'Inferno. Di nuovo.
La cosa peggiore era che l'Inferno in questione era il regno del dio Ade. 
Senza Nico di Angelo (secondo Percy, rapito anche lui) sarebbe stato abbastanza difficile entrare. 
Percy, ancora un po' spaventato e confuso, aveva spiegato alla squadra (beh, sì, ormai si definivano tali) che uno degli ingressi al regno di Ade era situato a Los Angeles. 
Jace e Clary si erano guardati negli occhi e avevano scosso leggermente il capo, poiché ora la città era un territorio poco sicuro, a causa del Popolo delle Fate in rivolta e i vari problemi legati ai Blackthorn. 
Magnus, successivamente, ricordò anche che Tessa e James si trovavano lì, oramai. 
«Clary potrebbe aprire un Portale» aveva proposto Annabeth. 
Subito Jace aveva scosso ferocemente il capo e aveva pronunciato un sonoro "no".
«Potrei farlo anche io» aveva proposto Magnus, «ma non ho idea di come sia fatto il posto.»
"E mi piacerebbe tanto continuare a non saperlo" aveva poi pensato, ma, in tutti i casi, si trattava di salvare Alexander, Isabelle e il piccolo Nico di Angelo, quindi non si sarebbe mai e poi mai tirato indietro. 
La squadra aveva sospirato e scosso la testa e aveva passato il resto del pomeriggio a pensare a come risolvere la faccenda. 
Era giunta ormai sera e, sia semidei che cacciatori e Magnus, non erano riusciti a creare un piano d'azione perlomeno decente. 
Nulla. 
«Mi manca Isabelle» aveva detto, improvvisamente, Simon e tutti nella sala avevano sospirato ancora.
«Non mi pare il caso, comportati da Shadowhunter il quale speri di diventare» lo aveva ammonito Jace, ma il suo tono di voce era meno duro. 
«Riposate questa notte, ragazzi. Domani mattina ne riparliamo.»
Magnus aveva assunto un'espressione gentile nel dire quelle parole, ma dentro di sé sentiva solo il bisogno di stare da solo.
Ormai era davvero stremato, le ferite della battaglia erano quasi guarite, ma non avrebbe sopportato la mancanza di Alec e degli altri un solo altro giorno.

*~*~*

Percy Jackson socchiuse gli occhi e si rilassò per pochi istanti, godendosi l'aria fresca della sera. Era sollevato dal non sentire quel caldo tremendo delle giornate precedenti. 
Aveva le dita delle mani intrecciate in quelle di Annabeth, mentre camminava al fianco di Clary. La ragazza gli stava raccontando di quando aveva aperto un portale e quasi era morta, cadendo in un lago. 
«Non sono vie di passaggio molto sicure, se non si conosce il posto in cui andare» spiegò la cacciatrice. Jace, intanto, camminava accanto a Simon qualche passo avanti e i due sembravano parlare di qualche tecnica di combattimento orientale.
«Percy è stato nel regno di Ade» disse improvvisamente Annabeth e il figlio di Poseidone si ritrovò semplicemente ad annuire, non volendo ricordare quell'esperienza.
«Se i portali li potessi creare io, saremmo già lì» scherzò Percy, ma il viso di Clary era serio, come se davvero volesse far creare (o disegnare?) un portale al semidio.
Sicuramente, il ragazzo non era famoso per la sua bravura nel disegno...
«Inoltre, nel mio incubo ho visto il posto preciso in cui sono prigionieri» continuò Percy, «sarebbe facile per me guidarvi, credo.»
Annabeth lo guardò e alzò un sopracciglio, sorpresa dal momentaneo tono del ragazzo. 
«Percy...» sussurrò la semidea ad un tratto e si fermò.
Il suo sguardo era puntato verso una macchina sportiva color rosso sangue. Sul cofano c'era lo stemma di un cavallo, solo che non era immobile. Nitriva e galoppava sul posto e dalle sue piccole narici usciva perfino del fumo bianco.
«Oh, no. Lui.» 
«Lui chi?» chiese Clary e chiamò il nome di Jace, in modo che lui e Simon li raggiungessero. 
«Bella macchina» commentò Simon con un sorriso.
Erano rimasti immobili alla fine del marciapiede e ora stavano fissando - chi con astio, chi con sorpresa - un ragazzo uscire fuori dal posto guida.
Indossava una giacca di pelle rosso scuro e un paio di pantaloni neri, fin troppo stretti per i gusti di Percy.
I Nephilim lo osservavano con curiosità, Jace sembrava già odiarlo. 
Ma il semidio sapeva bene chi fosse quella figura che velocemente aveva attraversato la strada ed ora fissava tutti con un gran bel sorriso spavaldo. 
«Perseus Jackson.
Che piacere rivederti, potrei dire, ma non è così.»
«Ares» disse secco Percy, ma non sorrise. 
Un brusio confuso si avvertì da parte dei tre Shadowhunters. Era il primo dio che incontravano e probabilmente non era il massimo.
«Alto tre metri...»
«...macchina sportiva?»
«E lui sarebbe il dio della Guerra?»
Annabeth era colei che stava mantenendo un aspetto calmo e rispettoso.
«Salve, divino Ares» disse infatti.
«Cosa la porta qui?» continuò a chiedere, sempre con tono gentile.
«Il ristorante giapponese in fondo alla strada» dichiarò il dio. «E voi
Percy si sorprese quando si accorse che Ares non stava indicando i semidei, bensì gli Shadowhunters.
«Cosa?» Sembravano tutti molto confusi.
«Senta, supremo dio delle scop-, ehm, spade» si corresse Jace, «cosa desidera da noi?»
«Divino Ares, non ha già incontrato un nostro... simile?» 
«Già ed è stata un'esperienza noiosa e irritante. Sempre meno di Percy Jackson, ovviamente.»
Percy incrociò le braccia al petto e restò stranamente immobile a guardare la scena, non riuscendo a trovare una spiegazione plausibile a tutto quello.
«So che altri due dei vostri sono prigionieri di Ade. 
Beh, sappiate che non sarà facile» dichiarò il dio. 
«Nulla è facile per noi» rispose Jace e assunse la stessa postura di Percy.
«Oh, certo. Posso immaginare.» 
Ares lanciò un'occhiata verso la macchina, probabilmente per controllare la presenza della sua "amica".
«Se è solo questo quello che hai da dire, puoi andare, Ares. Ti attendono.» 
«Jackson, non essere impertinente. O rimpiangerai di non aver accettato l'offerta di essere immortale.»
Il dio della Guerra si rivolse poi ai cacciatori: «e voi, semmai riusciste ad arrivare all'Inferno, state attenti allo Stregone.»
Detto questo, infilò una mano in tasca, fece l'occhiolino e si diresse verso la sua macchina rossa. 
«Ma quale Stregone?»
Tutti si guardarono intorno con aria attonita. 
«È Ares, potrebbe dire qualunque cosa» sussurrò Percy, stanco.
«Già, ma abbiamo già sentito parlare di questo Stregone» rispose Annabeth.
«Che non è Magnus» puntualizzò Clary, quasi irritata. 
«In realtà questo non lo sappiamo, potrebbe...»
«Non è Magnus. Lui è buono.» 
La faccia di Clary era più rossa dei suoi capelli, quindi Percy decise di chiudere il discorso. Almeno per il momento.
Poco dopo, i ragazzi scambiarono solo poche altre parole (Simon aveva fatto promettere a Percy di raccontare la storia dell'immortalità), poi si erano salutati ed erano andati via. 

«Ehi, Testa d'Alghe» aveva sussurrato Annabeth, una volta trovatasi sola davanti alla Cabina numero tre. 
«Sei sempre fantastico, credi in te.»
E Percy si era limitata a baciarla dolcemente sulle labbra e a stringerla a sé, mentre ascoltava il familiare fruscio dell'acqua provenire dall'interno.

*~*~*

Nel tempo successivo la figura rossa era apparsa molte volte. 
Era gentile con Alec, Isabelle e Nico, anche se quest'ultimo era sempre discreto e continuava a non fidarsi del nuovo arrivato. 
«Se passeggia con tanta facilità in questo regno, significa che ha il permesso di mio padre. E non bisogna fidarsi di mio padre.»
Il ragionamento non faceva una piega, ma Alec vedeva in quell'uomo (o qualunque altra cosa fosse) qualcosa di familiare.
Inoltre, quando era lì con loro le catene sembravano essere più larghe, il rumore di quelle voci piangenti più tenue.
Anche la stessa voce della figura rossa era davvero rilassante. 
«Andremo mai via di qui?» domandò Alec, più a se stesso che ai presenti.
«Ma certo, mio caro Alexander» sussurrò l'uomo rosso - sì, così lo avrebbe chiamato.
«Ma prima, aspettiamo che accada una cosa.»
«Cosa?» domandò Izzy.
«Ve lo dirò a tempo debito, piccoli

*~*~*

Magnus ripensò alla battaglia, ai demoni, ai cacciatori, ad Alec. 
Al dolore provato vedendolo sparire. 
Al dolore fisico. 
Magnus Bane, quella sera, ripensò a fin troppe cose, persino ad un lontano ricordo della battaglia. 
Un ricordo che continuava a perseguitarlo, fin dalla mattina, dopo che Percy Jackson aveva raccontato il suo sogno. 
Il semidio aveva raccontato di una figura rossa accecante; Magnus ricordava una strana luce rosso-viola, che lo colpiva. 
I pensieri erano offuscati già allora, ora sembravano perdersi lentamente nella memoria. 
Il tempo passava troppo velocemente, in quei giorni, ma lui avvertiva il ricordo di Alec con maggior forza.
«Sii coraggioso, Alec» sussurrava tutte le sere, una volta rimasto solo. 
Sperava che quella semplice frase potesse fare essere d'aiuto.

*~*~*

Percy dormiva tranquillamente. 
Il che era già abbastanza strano, poiché i suoi sogni erano sempre popolati da dei adirato, improbabili giganti o vari nemici. 
Ultimamente, alla lista, si erano aggiunti anche incubi in cui erano presenti Shadowhunters psicopatici e tanto, tanto sangue. 
Ma quella notte sembrava tranquilla e l'unica immagine che affollava la testa del semidio era quella di una penna. 
Una penna che correva lungo un figlio bianco e che disegnava strane forme curve, intervallate da linee dritte. 
"Oh, quello sembra un tridente" diceva tranquillamente nella sua testa, mentre osservava le varie linee accavallarsi.
Sembrava quasi che prendessero vita. 
La penna era impugnata da una piccola mano, una mano d'artista sicuramente. 
E così, il sogno trascorreva tranquillo mentre quell'indecifrabile disegno prendeva vita e si elevava dal foglio.

Percy urlò. 
Uno strano bruciore lo colpì al braccio ed egli si svegliò di soprassalto. Sceso dal letto, corse verso la fontana e immerse il braccio all'interno.
Forse era stato morso da qualche insetto. Un insetto davvero gigante, ipotizzò il semidio.
L'ipotesi dell'insetto, però, fu scartata subito dopo, non appena Percy posò gli occhi sul suo braccio.
Come diavolo era potuto accadere che il disegno che stava sognando era apparso sul suo braccio?
Incredulo, immerse nuovamente il braccio nell'acqua, ma non accadde nulla. 
Non sembrava si trattasse di semplice inchiostro nero. 
Bene, Annabeth lo avrebbe ammazzato alla sola vista di un tatuaggio.
Un tatuaggio che sembrava... 
No, non era possibile.
Dii immortales, perché quel tatuaggio sembrava una runa degli Shadowhunters?


 

   
 
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