LA PAURA CHE HO DI TE
Non era riuscita a
togliergli gli occhi di dosso nemmeno per una frazione di secondo da quando era
entrato in quello che ora era l’appartamento di sua figlia Livia. E come
avrebbe potuto? Lui, bellissimo come sempre, con quella camicia azzurra dalle
maniche sapientemente risvoltate per il caldo di inizio settembre, quell’ombra
di barba che rendeva il suo viso leggermente abbronzato così attraente e quegli
occhi azzurri che potevano illuminare da soli l’intera stanza e nei quali era
riuscita a specchiarsi tante volte. Lui, perfetto proprio come se lo ricordava.
Lui, intento a parlare con Holly (che pendeva dalle sue labbra come la sua
allieva Debbie di tanti anni prima al Fibonacci)
vicino a quel divano che li aveva visti tante volte accoccolati, abbracciati,
felici. Era davvero troppo da sopportare per Camilla.
Averlo a due passi da lei e
non potercisi nemmeno avvicinare.
Non che lui avesse detto o
fatto qualcosa di particolare per tenerla a debita distanza, chiaro. Non era da
Gaetano dare spettacolo in pubblico. Si era semplicemente ma implacabilmente
limitato ad ignorarla. Mai una volta era riuscita a cogliere uno sguardo verso
di lei, un cenno di dolore nei suoi occhi mentre si aggirava in quella che un
tempo era stata la sua casa….la “loro” casa. Niente. Sembrava che nulla fosse
mai accaduto tra loro. Nessuno avrebbe detto che pochi mesi prima erano stati
una coppia. Una coppia felice, innamorata. Una coppia vera, nonostante le
stronzate che lei si era raccontata per mesi.
-Se continui a fissarlo in
questo modo, qualcuno comincerà a pensare che sei pazza- aveva osato dire ad un
certo punto Renzo, passandole accanto ed offrendole un bicchiere di spumante.
Intenta come era a non perdersi nemmeno un movimento di Gaetano, non si era
accorta che Livia aveva dato ufficialmente il via ai festeggiamenti, stappando
una bottiglia di vino e tagliando la prima fetta di torta. Rigorosamente al
cioccolato. Rigorosamente di Boffi.
Boffi … torte al cioccolato …
camice macchiate … Gaetano a petto nudo … Gaetano … Gaetano … Gaetano …
-Camilla?- la richiamò
Renzo.
-Come?
-Vai a parlarci! Se ha
accettato di venire, significa che le cose vanno meglio, no? Che è disposto ad
una tregua!- aveva suggerito Renzo.
Il problema era che Camilla
non se la sentiva: moriva al solo pensiero che Gaetano fosse così vicino e allo
stesso tempo così distante, ma l’idea di rivolgergli la parola e rivedere
quello sguardo gelido e sprezzante nei suoi occhi rivolto a lei la spaventava
ancora di più.
-Non posso. È qui solo per
cortesia nei confronti di Livia. E poi questa è ancora tecnicamente casa sua-
aveva risposto Camilla, decisa a trovare ogni scusa possibile per evitare di
avvicinarsi a lui.
Renzo si era limitato ad una
scrollata di spalle e si era allontanato in direzione del suo secondogenito che,
tra le braccia di Carmen, aveva appena ripreso a piangere.
Dentro di sé, Camilla sapeva
benissimo che quella era una di quelle situazioni da “ora o mai più”, una di
quelle circostanze in cui bisognava buttarsi e basta e sperare che tutto
andasse per il meglio. Lo sapeva, lo sentiva; ma il ricordo di quegli occhi
delusi pesava come un macigno sul suo cuore e soprattutto sulle sue gambe.
Si arrese alla sua
vigliaccheria e decise di tornare da sua nipote: quel visino paffuto avrebbe
attenuato, anche se per poco, il dolore per il caos che aveva (quasi)
involontariamente portato nella sua vita e in quella del commissario.
Girò su se stessa, ad occhi
chiusi, ma non fece due passi prima di trovarsi davanti Tommy, in posizione
quasi militare, in mano un piatto che portava gli evidenti resti di una
abbondante fetta di torta e lo sguardo di chi non aveva ancora deciso se era
contento o meno di quell’incontro.
-Tommy- esordì Camilla con
tutta la dolcezza possibile nella voce. Se farsi perdonare da Gaetano era
un’impresa, di certo anche con Tommy le cose non sarebbero state facili. –Sono
felice che tu sia venuto alla festa di Livia.
Il bambino alzò le spalle ma
non distolse mai lo sguardo da quello di Camilla.
-Hai visto la piccola
Camilla? Ti piace?
Tommy annuì, senza di nuovo
aprire bocca. Decisamente un osso duro quanto il padre, pensò.
-Vuoi che ti porti un’altra
fetta di torta?- tentò di prenderlo per la gola. Patetica. Doveva solo chiedere
scusa al bambino, come stava cercando di fare da mesi con il padre. Ma se non
gli era riuscito con Gaetano che conosceva da dieci anni, figuriamoci con quel
bambino che conosceva da molto meno tempo. È che proprio scusarsi per principio
le riusciva difficile, a volte.
Ed infatti per tutta
risposta Tommy scosse la testa indicando di no.
-D’accordo- Camilla si
avvicinò di più al bambino e si chinò alla sua altezza sostenendo il suo
sguardo. Gli occhi non erano dello stesso colore di quelli di Gaetano, ma la
severità era la stessa in quel momento. –Sei arrabbiato con me, vero?
Ancora una volta Tommy annuì
senza proferire parola.
-Lo capisco. E vorrei
chiederti scusa e fare pace con te, se me lo permetti.
Tommy sembrò doverci riflettere
per un po’. –Papà dice che se anche a lui non gli vuoi più bene a me ne vuoi
ancora tanto. È vero?
Camilla sentì un nodo
formarsi all’altezza della gola, un po’ per via dell’espressione triste del
bimbo, un po’ per le parole che aveva usato, la maggior parte per via della
consapevolezza (una volta di più) di quanto Gaetano fosse infinitamente
migliore di lei. Nonostante tutto, lui si era preoccupato di mantenere un buon
rapporto tra suo figlio e Camilla, la donna che gli aveva spezzato il cuore. Lei
sarebbe riuscita a fare lo stesso a parti invertite? Davvero non sapeva che
rispondersi.
-Certo che è vero. Io ti
voglio bene, Tommy, e te ne vorrò sempre. E voglio bene anche al tuo papà, solo
che al momento abbiamo qualche problema- Camilla non poté resistere dal fare
questa precisazione. Non aveva smesso un solo istante di “voler bene” a
Gaetano, questo doveva essere chiaro a tutti, anche a Tommy.
-E tu non vuoi fare la pace
con lui?
-Ma certo che voglio. È che
a volte tra i grandi è difficile. E poi io ho fatto delle cose molto brutte e
cattive e il tuo papà ci è rimasto molto male.
Ancora una volta Tommy
sembrò dover riflettere con attenzione sulle parole di Camilla.
-Non puoi chiedergli scusa e
dirgli che non le farai più? Con la mamma io faccio così.
Camilla avrebbe tanto voluto
risolvere in quel modo tutti i suoi problemi attuali, proprio come quando era
bambina con sua madre e soprattutto con suo padre: delle scuse sincere (quasi
sempre) e la promessa di rigare dritto per il futuro (puntualmente disattesa).
-Vorrei fosse così semplice,
Tommy- disse Camilla accompagnando le parole con un lungo sospiro. -Il fatto è
che quando si diventa grandi chiedere scusa a volte non basta.
-Io non so se voglio
diventare grande, allora- concluse saggiamente il piccolo. Ed in effetti, come
dargli torto? Gaetano e Camilla, gli adulti, non facevano che ripetergli quanto
diventare grandi fosse di fatto “uno schifo”. Perché prendersi la briga di
crescere e di complicarsi l’esistenza? Molto meglio restare bambini, passare il
tempo tra giochi, scuola, amici e stop. Sì, a volte qualche noia la scuola la
poteva anche dare, con i compiti, gli insegnanti severi, i test in classe…ma
paragonati ai problemi del mondo dei grandi? Una sciocchezza.
Questa conclusione
filosofica strappò un sorriso, il primo sorriso della giornata, a Camilla: -Hai
ragione, Tommy. A pensarci bene diventare grandi non è sempre una bella cosa-
rispose mentre con una mano gli scompigliò i capelli come era solita fare sin
da quando lo aveva conosciuto anni prima.
Ci era voluto un po’ di
tempo per ottenere la sua fiducia ed il suo affetto, ma alla fine (complice
l’aiuto inestimabile di Potty) ce l’aveva fatta. Ora,
probabilmente aveva sprecato tutto il lavoro fatto negli anni; probabilmente
Tommy non avrebbe nemmeno più voluto vederla in fotografia; probabilmente se
Livia non avesse insistito per quella festa e per inviare Gaetano, Camilla non
avrebbe più rivisto Tommy. La professoressa realizzò in quell’istante quanto
fosse legata a quel bambino che non era, nemmeno per una minima parte, suo e la
prospettiva di perderlo la devastava esattamente come se al posto di Tommy ci
fosse stata Livia, la sua Livia.
-Senti, Tommy, facciamo
così- continuò la donna ricacciando indietro il nodo che le si era formato in
gola al pensiero che quel piccolino le venisse portato via per sempre. -Io ti
prometto che mi impegnerò al massimo per farmi perdonare dal tuo papà, ok?
Voglio tornare a quando eravamo felici tutti insieme, davvero. Però tu devi
tenere bene a mente una cosa: qualsiasi cosa succeda tra me ed il tuo papà io
ti voglio bene, tu fai parte della mia famiglia tanto quanto Livia, George e la
piccola Camilla, e se avrai bisogno di me o vorrai passare del tempo con noi tu
sarai sempre il benvenuto. D’accordo?
Il bimbo annuì, gli occhi
lucidi come quelli di Camilla, e, incurante del piatto sporco che ancora teneva
tra le mani, si gettò tra le braccia della donna, che lo accolsero e lo
strinsero con una forza pari alla dolcezza che trasmettevano.
***
Lo sforzo che dovette
compiere per evitare di correre da lei o anche solo guardarla fu davvero
disumano. Gli sembrava che privare il suo corpo, qualunque parte del suo corpo,
di lei fosse la peggiore delle torture, anche se questo suo tenersi alla larga
era l’unico modo che conosceva per proteggersi da altre batoste.
Quando era arrivato
un’oretta prima, era rimasto fermo immobile davanti alla porta di quella che un
tempo era casa sua per qualche secondo, prima che Tommy prendendolo per mano lo
costringesse a suonare al “suo” campanello. Tutta la situazione era surreale:
stava portando dei fiori a casa “sua” per una festa di inaugurazione fatta da
altri. Se qualcuno, mentre firmava il contratto di compravendita immobiliare,
gli avesse raccontato quello che sarebbe accaduto di lì a pochi mesi non solo
non ci avrebbe mai creduto, ma con tutta probabilità avrebbe richiesto un t.s.o. per il messaggero. Lui e Camilla insieme?
Impossibile, benchè lo desiderasse e sperasse da
tempo. Lui e Camilla in lite per colpa della sua gelosia e delle incertezze di
lei? Ancora più assurdo. Lui e Camilla che nemmeno riuscivano più a stare nella
stessa stanza senza urlarsi contro? Da manicomio. No, non avrebbe mai potuto
prevedere che quel cambio casa avrebbe condotto a questi nefasti risultati, altrimenti
si sarebbe tenuto stretto il buon vecchio trilocale e avrebbe continuato a
spiare la sua vicina dall’altra parte del cortile. La distanza di sicurezza
ideale per loro due; un pianerottolo soltanto si era rivelato del tutto
inadeguato.
Senza volerlo, scandagliò
con lo sguardo l’intera stanza, mai stata così affollata quando ad abitarci era
il solitario commissario Berardi: Renzo era comprensibilmente vicino al piccolo
Lorenzo, Camilla se ne stava quasi rintanata in un angolo, come a volersi
nascondere da tutti e soprattutto da lui, mentre Michele…beh, di Michele non
c’era traccia. Ovvio, pensò Gaetano: se Livia lo aveva voluto lì, di certo non
avrebbe mai esteso l’invito al nuovo compagno hippie di sua madre. Sarebbe
stata una polveriera.
Gaetano andò subito a
posizionarsi il più lontano possibile dall’area dove gravitava Camilla: se un
pianerottolo non era stato sufficiente, figuriamoci cosa poteva accadere ora
che erano a pochi passi l’uno dall’altra!
Lasciò Tommy libero di
andare a conoscere la piccola Camilla e di giocare con Potty,
che subito era accorso dal bimbo scodinzolando felice. Lui, invece, fu quasi
subito raggiunto da Holly, l’amica/stilista/testimone di Livia: con sua enorme
sorpresa, la ragazza si era avvicinata per ringraziarlo del suo aiuto nel caso
che l’aveva vista coinvolta in prima persona. Ma non lo aveva definito
prevenuto e pure misogino? Il pensiero fece scaturire ricordi dolorosi di lui e
Camilla che si rotolavano sul quel pavimento dopo un’attenta ricostruzione della
dinamica del delitto. Chiuse gli occhi, anzi li strizzò così forte da fargli
addirittura male, e quando li riaprì si era già voltato in modo da non essere
costretto a fissare il punto esatto del pavimento in cui erano finiti a fare
l’amore come due ragazzini dagli ormoni incontrollabili.
Il problema era che ovunque
posasse gli occhi non poteva evitare di pensare a lei, a loro, a cosa erano
stati. O forse a quello che non erano stati, visto che per Camilla non si era
mai trattato di un rapporto di coppia. Un forte attacco di nausea colpì Gaetano
in pieno stomaco al ricordo di quella conversazione, se così si poteva
chiamare, e proprio mentre Tommy si era rifatto vivo con un mano un piatto e
una fetta gigante di torta al cioccolato. Torta al cioccolato. Boffi. Quel maledetto ananas e il suo fiore.
Lo sapeva. Sapeva che non
avrebbe dovuto accettare quell’invito. Era come essere colpito da una serie
continua di schiaffi in pieno a viso ad ogni passo, ad ogni pensiero. Si era
lasciato convincere per Livia e forse anche per Tommy, al quale non voleva
negare di mantenere un rapporto sereno con Camilla e la sua famiglia. Aveva già
combinato abbastanza disastri in passato con la sua ex moglie: non voleva certo
infliggergli altre dolorose separazioni.
Ma ora eccolo lì, nel mezzo
del suo ex salotto con in mano una torta di Boffi che
era impossibile da digerire sotto ogni punto di vista, per tutte le
implicazioni che quella torta comportava.
Fu particolarmente grato a Potty che si riportò via Tommy, dandogli la possibilità di
abbandonare quel piatto e rifugiarsi verso la finestra. Una boccata d’aria era
quello che gli serviva. Si appoggiò al balcone lanciando lo sguardo oltre il
cortile, verso quello che un tempo era il suo appartamento, quello che lo aveva
accolto appena arrivato a Torino. Era stato felice lì, tutto sommato, almeno
fino a quando non era arrivata Camilla a sconvolgere di nuovo la sua esistenza
una mattina di settembre di oramai due anni prima.
Due anni.
Sembrava ieri, eppure erano
passati già due anni. Di quella mattina ricordava il tuffo al cuore nel vedere
quei due occhi marroni guardarlo dall’altra parte del cortile condominiale, il
peso caricato sulle spalle che quasi cadeva ai suoi piedi e quella voglia matta
di andare da lei, dirle che rivederla lo aveva riportato alla vita e baciarla.
Sì, l’avrebbe baciata e senza chiederle il permesso questa volta, senza darle
la possibilità di scivolargli via. Invece, si era trattenuto, come aveva sempre
fatto, perché lui era così: la amava e proprio per questo non avrebbe mai
accettato di averla se anche lei non ne fosse stata convinta. E così aveva
aspettato, fino a quando un anno dopo aveva scoperto del tradimento di Renzo; e
da lì a pochi mesi era accaduto quello che aveva sempre sperato: Camilla si era
presentata da lui nel cuore della notte pronta ad accettare quel meraviglioso
sentimento che era nato tra loro molti anni prima. O almeno questo era quello
che aveva creduto allora. Oggi, solo come non si era mai sentito in quella casa
sovraffollata, non poteva che constatare come era stato tutto solo un suo
sogno, una sua fantasia.
Un sospiro, una lacrima che
furtiva aveva lasciato il suo occhio e presto raccolta e nascosta con un rapido
gesto della mano e, infine, il suo telefono che squillava. Torre.
Si guardò attorno rendendosi
conto che non era possibile rispondere in quella baraonda; così, si diresse
verso quella che mesi prima era stata la sua camera da letto attraversando
l’intera stanza. Alle sue spalle Camilla stava abbracciando con tenerezza suo
figlio.
***
Le passò accanto e lei ne
avvertì il profumo.
Aveva ancora tra le braccia
il piccolo Tommy, quando Gaetano attraversò la stanza passando a pochi
centimetri da lei. Cosa avrebbe dato per poter allungare la mano e fermarlo?
Stringere e farsi stringere da lui in un abbraccio? Anche davanti a tutti, non
era un problema. Non più.
Lasciò la presa sul bambino
per continuare a seguire con lo sguardo la figura di Gaetano che si allontanava
in direzione del corridoio; conosceva a memoria quella casa e non perché ora ci
abitava Livia. Quante volte lei aveva percorso quel corridoio abbracciata, anzi
-meglio- avvinghiata a lui in un bacio così intenso da farle dimenticare tutto
ciò che non era Gaetano ed il suo corpo stretto a sé? Non abbastanza! Adesso lo
sapeva: non sarebbe mai stato abbastanza! Non le bastavano momenti con Gaetano,
momenti come quello che stava vivendo ora guardandolo da lontano. No, lei
desiderava tutto adesso. Voleva il pacchetto completo: una vita accanto a lui,
con gli alti e i bassi che ne sarebbero derivati, con le gioie ed anche le
incomprensioni, con i momenti di festa e quelli di rabbia. Voleva tutto ora e
sapeva che non lo avrebbe avuto mai più. Quanta magia poteva esserci nel
sedersi a tavola insieme per cena o sul divano per guardare un film? Non
l’aveva mai capito. Non fino a quando quella magia le era stata portata via.
Oddio, portata via…nessuno le aveva portato via nulla, aveva fatto tutto da
sola. Questo era quello che le faceva più male: non avere nessuno da incolpare
se non se stessa. Cosa che, peraltro, faceva regolarmente ogni mattina quando
si specchiava e i segni della solitudine e della rassegnazione si mostravano
evidenti sul suo volto.
Senza rendersene conto lo
aveva seguito fino a quando la porta della camera da letto socchiusa davanti a
lei non le bloccò la strada. Con la mano tremante afferrò la maniglia, indecisa
fino all’ultimo se aprire o no, non sapendo con quale coraggio avrebbe potuto
rimanere con lui in quella stanza che li aveva visti innamorati e felici.
Si infilò nella stanza senza
fare rumore, restando vicina alla porta mentre Gaetano, di spalle, concludeva
la telefonata.
-Va bene, Torre. Mandami
l’indirizzo sul cellulare e vi raggiungo appena mi libero. No, tranquillo, va
tutto bene. Se ti ho detto che va bene, vuol dire che va bene, no? Ok. Ok. Ci
vediamo dopo. Ciao.
Terminata la conversazione,
Gaetano si infilò il cellulare nella tasca dei pantaloni e tornò verso la
porta, ma dopo un paio di passi dovette bloccarsi.
-Camilla!
La donna non rispose ma si
limitò a sorridere abbassando lo sguardo. Sul volto di Gaetano si formò un
ghigno divertito al pensiero che per una volta era riuscito a lasciare la
professoressa Baudino senza parole.
-Scusami, ma devo andare-
disse, infine, dopo averla fissata con la sua solita intensità, al punto che
Camilla dovette di nuovo distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri che
sapevano leggerle dentro meglio di chiunque altro al mondo
-Lavoro?
-Purtroppo sì.
Vedendo che Camilla non accennava
a farsi da parte, Gaetano le indicò con la mano la porta nella speranza che
cogliesse il senso del suo gesto senza dover aggiungere altre parole. Ma
Camilla rimase immobile, anche se non gli era del tutto chiaro se fosse per
caparbietà o solo perché in realtà la donna aveva lo sguardo perso nel vuoto.
-Camilla?- ogni volta che
pronunciava quel nome sentiva una fitta lancinante al petto. Lo stesso valeva
per la professoressa: nessuno riusciva a mettere tanta dolcezza e amore in
quelle tre sillabe come il suo commissario.
-Scusa- disse lei prima di
voltarsi ed andare a chiudere la porta a chiave alle sue spalle.
Gaetano la fissò indeciso se
ridere o arrabbiarsi per quel sequestro di persona improvvisato.
-Lo sai che il sequestro di
persona è un reato?- chiese il vicequestore optando per mantenere un tono
leggero. Del resto, con lei aveva già urlato talmente tante volte che si
sentiva sfinito, svuotato. E il pensiero di ricominciare con le discussioni,
proprio alla festa di Livia con tutti quegli ospiti a pochi metri, lo convinse
a tenere dei toni più amichevoli.
-Correrò il rischio- ribatté
la donna che sembrava aver ripreso un po’ del cipiglio dei tempi migliori. -Ho
bisogno di parlarti e, devi ammetterlo, in altre circostanze non saresti tanto
disponibile nei miei confronti.
Camilla interpretò il
silenzio di Gaetano come un incentivo a continuare.
-Ho riflettuto molto su
tutto quello che ci siamo detti. Beh, più che altro su quello che TU hai detto-
rimarcò la donna senza però alcun accenno di rimprovero nella voce. -E alla
fine sai cosa ho concluso?
L’uomo scosse il capo:
voleva sapere e non voleva sapere. Ogni volta che negli ultimi dieci anni
Camilla si era fatta un esame di coscienza era sempre stato lui a farne le
spese, visto che puntualmente lei tornava dal marito lasciandolo solo e con il
cuore a pezzi.
-Hai ragione. Hai
completamente e assolutamente ragione. Mi sono comportata malissimo e se ci
fossero parole più incisive e forti per definire il mio comportamento degli
ultimi mesi le userei, stanne certo. Ho sbagliato con Renzo: sapevo che i suoi
erano patetici tentativi di separarci e di metterci i bastoni tra le ruote e io
gliel’ho permesso. Il perché? Non lo so. Forse mi faceva pena, forse non volevo
vedere la realtà, forse era solo per Livietta. Non ne ho idea. E anche se
adesso probabilmente non conta nulla ti chiedo scusa, per tutte le
interruzioni, provocazioni e accuse che hai dovuto sopportare. Era compito mio
mettergli un freno, non tuo, e io non l’ho fatto.
-Camilla…non importa. Ormai
le cose sono andate così- la interruppe Gaetano. Sentire quelle parole…erano
pace e tormento insieme! Quante volte avrebbe voluto sentirle! Ma ora…ora erano
inutili! Con tutto quello che era capitato, erano solo una goccia in mezzo
all’oceano.
-Importa, invece! Può darsi
che tu non…che per noi sia troppo tardi- disse Camilla, un nodo in gola che
quasi la soffocava, ma non poteva certo demordere proprio ora. -Ma io ho
bisogno che tu sappia. E forse sarà un atteggiamento egoistico da parte mia,
ma…ne ho bisogno, capisci?
Gaetano si limitò ad
annuire: non se la sentiva di negargli quello sfogo, quando anche lui nelle
settimane precedenti ne aveva approfittato per lasciare esplodere la sua rabbia
proprio verso di lei.
-Poi è arrivato Michele. Un
errore enorme. E l’ho capito subito, sai? Che non dovevo farmi coinvolgere, che
non sarebbe finita bene. L’ho capito quando mi ha baciata a tradimento…
-Lui cosa?- non poté evitare
di sibilare Gaetano avvicinandosi a lei e afferrandola per le spalle. Poi
accortosi di quel contatto, si staccò con una rapidità sorprendente che ferì
Camilla più della delusione e della amarezza che riusciva a intravedere in
quegli occhi azzurri.
-Non l’ho voluto io- si
affrettò a precisare, ma dall’espressione corrucciata di Gaetano comprese di
aver sbagliato la scelta di parole. -Non è una giustificazione. Ho sbagliato,
avrei dovuto dirgli che ero impegnata con un altro. Con te.
-Beh, stando a quello che mi
hai detto, tu non ti sei mai considerata impegnata con me- il rancore ancora
affiorava dal tono di voce del commissario.
-E’ vero. E credimi, se
qualcuno mi raccontasse tutto quello che ho fatto e detto nelle ultime
settimane, non ci crederei, non mi riconoscerei.
-Però queste cose le hai
dette e le hai fatte- puntualizzò Gaetano.
-Giusto…ma sto cercando di
sistemare i danni che ho fatto. Ho chiuso con Michele.
Quella che ebbe Gaetano non
era esattamente la reazione che Camilla si era aspettata.
-Quindi, è vero. Stavate
insieme. Mi hai mollato per metterti con lui- disse Gaetano passandosi una mano
tra i capelli con rabbia.
-NO! NO! Io non…io volevo
solo dire che gli ho detto di non cercarmi più perché non potevo dargli quello
che lui voleva da me. Non ho mai pensato di stare con altri se non che con te,
devi credermi.
-Ma noi stavamo insieme,
Camilla. O comunque tu voglia definire il nostro rapporto. C’era qualcosa, ma
tu l’hai buttata via.
-Avevo solo bisogno…
-…di tempo, me lo hai
ripetuto un sacco di volte- esclamò il vicequestore esasperato. Quella
conversazione non stava portando a nulla se non a rivangare i momenti più bui
della sua vita. Doveva andarsene da lì.
-Ed è qui che ho sbagliato.
Voglio dire, avevo bisogno di tempo ma non sono mai riuscita a spiegarti il
perché. Tu hai sempre pensato che io avessi bisogno di tempo per lasciarmi alle
spalle Renzo, il mio passato, il mio matrimonio, ma non è così. Non solo
almeno. Avevo bisogno di tempo per lasciarmi alle spalle noi- disse indicando
prima se stessa e poi il commissario.
-Che diavolo stai dicendo,
Camilla? Ti rendi conto che non ha senso?
-Invece ce l’ha e se solo io
te ne avessi parlato prima, adesso non… E’ che io avevo paura di tutto quello
che eravamo stati per dieci anni, delle tue aspettative, dell’idea che ti eri
fatto di me, di noi. Avevo paura di quello che desideravi, della tua visione
del futuro. E sì, tu correvi. Hai corso da morire. E io invece volevo fare un
passo alla volta.
Gaetano esplose in una
risata sarcastica: -Quindi mi hai lasciato per colpa mia? Perché ti ho amato
per troppo tempo? Perché ti ho aspettata?
-No! Io non ho mai voluto
lasciarti…
-…non era quello che
intendevi fare in ospedale?
-No!- urlò Camilla sull’orlo
della disperazione. Doveva chiarire le cose con Gaetano ma sembrava solo averle
peggiorate.
-Senti, Camilla, non
importa, d’accordo? Oramai non conta più quello che volevi o che non volevi. E
a dirla tutta le cose tra noi non andavano già da prima di Michele e a
prescindere da Renzo.
-Che intendi dire?- chiese
preoccupata.
-Il problema è un altro,
Camilla. Il fatto è che io ti amavo mentre tu no. E questo non sarebbe cambiato
con il tempo: se non ti sono bastati dieci anni di corteggiamento, non credo
che qualche settimana o qualche mese avrebbe cambiato le cose, non credi? Tutto
sommato è meglio che sia andata così: era inutile andare oltre, ci saremmo solo
fatti ancora più male.
Il tono disilluso ed
arrendevole di Gaetano spaventò Camilla più delle urla delle ultime settimane.
Si era davvero buttato tutto alle spalle? Credeva davvero che tra loro non
c’era alcun futuro? Si sbagliava. Se era così, si sbagliava di grosso. Per loro
c’era un futuro, c’era sempre stato, se non fosse stato per la sua stupidità e
codardia.
-Ti sbagli- disse
improvvisamente seria e dura.
-Mi sbaglio?
-Sì. Ti sbagli.
-Su cosa mi sbaglio?- chiese
Gaetano, il tono più basso e quasi roco, le iridi dilatate e il respiro
affannato. Tutti segnali che Camilla riconduceva a momenti molto particolari,
intimi e meravigliosi.
I suoi occhi scuri rimasero
fissi in quelli limpidi di Gaetano, altrettanto impassibili ed allo stesso
tempo inquieti.
-Io ti amo, Gaetano.
Lo aveva detto. Ancora non
riusciva a crederci. Glielo aveva detto. Quattro parole così semplici, eppure
così grandi. E le erano uscite naturali e spontanee, come aveva sempre
desiderato. Lo amava da sempre e ora anche lui lo sapeva: e se ora se ne fosse
andato ancora una volta, almeno lo avrebbe fatto nella consapevolezza di quelli
che erano i suoi veri sentimenti. Del resto, quale era stata la loro terza
regola? Nessun rimpianto? Ora non ne avrebbe avuto nessuno.
-Io ti amo. Moltissimo, in
realtà. Troppo, forse. Da farmi paura, di sicuro. Ed è così da dieci anni a
questa parte. E non lo sto dicendo perché ho paura di perderti, ma perché è la
verità. Mi sono sempre comportata da ipocrita e da codarda con te…oddio, ti
devo anche essere sembrata pazza o afflitta da personalità multipla più di una
volta. Ti volevo, ti attiravo a me e poi scappavo. E so di averlo fatto spesso,
ma quando arrivavo al punto di lasciare tutto per te, venivo colta dal panico.
C’era Livia a cui pensare e non potevo essere egoista. Non potevo ferirla o
deluderla. Invece, deludere te mi sembrava…accettabile, direi. Anche se questa
parola non mi piace.
Camilla era ormai un fiume
in piena: tutto quello che si era tenuta dentro per anni aveva trovato
finalmente il modo di uscire e nemmeno volendo avrebbe potuto fermare lo
scorrere dei suoi sentimenti. Gaetano doveva sapere che tutto quello che lui
aveva provato, era anche quello che aveva sentito lei nel profondo. Non si era
immaginato tutto, non lo aveva sognato. Lei era parte di quel rapporto da molto
tempo, tanto quanto lui, ma si era sempre tirata indietro.
-Quando sono venuta da te
quella notte era perché lo volevo, sul serio. Ed è stato il momento più bello
della mia vita, come quando è nata Livia. Le prime settimane sono state un
sogno, come non pensavo più di poter vivere. E poi…
-Poi?- Gaetano riuscì
finalmente ad aprire bocca. Durante la confessione di Camilla, non aveva mai
smesso di osservarla, deciso a sapere tutto, a conoscere tutto quello che si
agitava nel cuore della donna.
-Poi il panico. Il blackout.
La paura di non poter reggere il confronto con dieci anni di aspettative, il
terrore che ti saresti stancato di me e che non sarei mai stata all’altezza
dell’idea che ti eri fatto di me, di noi. E c’era Livia: il matrimonio, la
gravidanza. Aveva bisogno di me più che mai e io invece mi sentivo così
assorbita da te, così presa da noi. Mi sembrava ingiusto non dedicarle tutto il
tempo di cui aveva necessità.
-E così, ancora una volta
dovevo rimetterci io?
Camilla distolse per un
secondo lo sguardo con aria colpevole.
-Lo so, ho sbagliato.
Ancora.
-Già. Beh…poi però Livia è
partita e tu hai continuato a darmi buca. Per Renzo. Mi hai urlato contro in mezzo
a Torino dicendo che ero un bambino e che era tutto frutto della mia fantasia…e
poi…poi Michele, come la ciliegina sulla torta. Eri tutta contenta di averlo
incontrato di nuovo. I tuoi vent’anni…e io…di nuovo messo da parte, di nuovo in
secondo piano.
Camilla si sentiva
schiacciata dal peso dei suoi errori: sapeva di averli commessi e sapeva che
Gaetano aveva le sue buone ragioni per avercela con lei, ma in fondo sperava
che dopo quella dichiarazione d’amore lo avrebbe trovato più disponibile,
malleabile. Invece, sembrava ancora più arrabbiato o deluso.
-Gaetano, so di aver fatto
tantissimi errori, ma vorrei che tu capissi che se potessi darei qualunque cosa
per tornare indietro e cambiare le cose.
-Lo so, Camilla. Ti credo.
Credo a tutto quello che hai detto e se da una parte ne sono felice, dall’altro
non fa altro che confermare i miei dubbi e le mie paure- affermò Gaetano, lo
sguardo triste e rassegnato all’inevitabile epilogo di quella conversazione.
-Il problema è che…che adesso…io non riesco più a fidarmi di te. Per un motivo
o per un altro, anche se mi ami, anche se dici che per te sono importante, c’è
sempre qualcosa o qualcuno che conta più di me.
La donna ascoltò le ultime
parole come una condanna a morte: si era aperta completamente con lui, gli
aveva confessato tutto quello che aveva provato sin dall’inizio della loro
storia, eppure sentiva che lo stava perdendo.
-Non…non è così, te lo
assicuro- le lacrime ormai le impedivano di scorgere nettamente i contorni del
volto di Gaetano, ma poteva immaginare la sua espressione dura e malinconica.
-Camilla, per favore…non
continuiamo a mentirci. Forse ci amiamo, ma non siamo destinati a stare
insieme. È meglio così, per entrambi.
Camilla avrebbe voluto
urlare che no, non era meglio così, non per lei almeno. Lei doveva stare con
lui. Ne aveva un assoluto e disperato bisogno, ma lui sembrava rassegnato e
pronto per un addio.
Gaetano le sfiorò una
guancia con la punta delle dita portandosi via alcune di quelle lacrime che
ormai scendevano senza più controllo.
-Devo andare, adesso.
Torre…- disse, infine, il commissario con tutta la dolcezza di cui era capace.
Era la fine, lo sapeva, ma non voleva essere duro con lei; del resto, lo aveva
capito, non era tutta colpa di Camilla: era più forte di lei sacrificare se
stessa e la sua felicità per il bene degli altri. Il punto era che a lei questo
poteva andare anche bene, ma a lui no. Non più.
Non ottenendo alcuna
risposta, Gaetano girò attorno a Camilla dirigendosi verso la porta, ma prima
di poter ruotare la chiave nella serratura, si sentì afferrare per il gomito.
Si voltò e incrociò lo sguardo fiero e disperato della sua professoressa, prima
di essere attirato a lei in un bacio inaspettato. Un mano tra i suoi capelli e
l’altra saldamente ancorata al suo gomito, Camilla lo teneva stretto a sé.
Quelle labbra morbide e calde si schiusero non appena lei glielo chiese con
gentilezza; aveva dimenticato la sensazione della barba dell’uomo sulla sua
pelle, mentre lo assaporava con una dolcezza che si stava trasformando fin
troppo rapidamente in passione. Quella assoluta e devastante che li aveva colti
più di una volta proprio in quella stanza. Il corpo di Gaetano reagì d’istinto
agli impulsi che riceveva da quello di Camilla: le afferrò il volto con
entrambe le mani, approfondendo quel contatto sempre più famelico fino a
restare senza fiato. La sentì gemere quando le sue mani percorsero la schiena della
donna dirigendosi con lentezza studiata verso territori pericolosi per
entrambi; la risposta di Camilla fu inequivocabile, andando a stringersi ancora
più contro il corpo possente ed accogliente di Gaetano finendo con il far
aderire ogni centimetro del suo corpo a quello dell’uomo. Le mani vagavano
liberamente tra quei capelli mentre le labbra di Gaetano si spostavano dalle
sue verso il collo percorrendolo con venerazione. Camilla sospirò così vicino
all’orecchio di Gaetano da provocare in lui una raffica di brividi che lo
attraversarono come una scarica elettrica: tutto il suo corpo era rapito da
lei, dai suoi sospiri e dalle sue mani.
-Gaetano- mormorò la donna
quando con la lingua del commissario raggiunse un punto particolarmente
sensibile nell’incavo del collo.
Fu questo a risvegliare
Gaetano dalla nebbia in cui era piombato dal momento in cui le labbra di
Camilla si erano posate sulle sue.
-Non…non posso- disse a
fatica, allontanandosi da Camilla.
-Gaetano…
-Camilla- disse
accarezzandole una guancia -non è così che risolveremmo i nostri problemi.
Torneremmo ancora al solito punto e io non posso attraversare ancora tutto
questo di nuovo. Non ce la farei.
Riaccompagnò una ciocca
ribelle dietro l’orecchio di Camilla; poi, dopo un casto bacio in fronte, senza
aggiungere altro, uscì dalla stanza lasciando dietro di sé Camilla che, senza
più un sostegno, si lasciò crollare a terra in lacrime.
Angolo dell’autrice:
dunque…non so se era quello
che vi aspettavate però non me la sono sentita di chiuderla qui. Sarebbe stato
troppo riduttivo per Gaetano. Camilla ha fatto il grande passo di ammettere i
suoi sentimenti, e fidatevi Gaetano ne terrà conto. Ma ci sono ancora degli step che devono essere affrontati e superati. E poi io in
effetti credo che Camilla debba innanzitutto capire che le esigenze del suo
compagno (prima Renzo e ora Gaetano) sono importanti tanto quanto tutto il
resto; in questo l’ex marito ed il commissario sono uguali: entrambi messi da
parte per esigenze superiori e questo non va bene in un rapporto, tanto da aver
prima compromesso il matrimonio e ora la storia con il commissario.
Spero comunque vi sia
piaciuto anche se non c’è ancora stata una riconciliazione totale.
A presto.