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Autore: Gora_DC    21/11/2015    1 recensioni
Finalmente è arrivato il giorno del tanto atteso colloquio di lavoro e Blaine deve fare bella figura. Sono già due anni che si è laureato, ma né in campo professionale né in quello sentimentale sembra che la sua vita abbia preso una piega accettabile. E adesso eccolo, traballante su scarpe scomode e vestito di tutto punto, in ritardo cosmico – grazie alla simpatica sveglia che non suona quando dovrebbe e a un autobus che ha deciso di saltare una corsa – sotto la sede della rivista di moda e gossip più letta del momento. Blaine deve avere quel lavoro!!! Ma la giornata a quanto pare è nata storta e può solo peggiorare. E infatti, come una ciliegina sulla torta, l’ascensore che è riuscito a prendere al volo pensa bene di bloccarsi. Uno scossone prima e un altro a breve distanza ed è chiaro che non ripartirà. Ma Blaine lì dentro non è solo… Accanto a lui c’è qualcuno. Qualcuno che soffre di claustrofobia e che è sul punto di avere un attacco di panico. A meno che lui… non si faccia venire qualche idea geniale per impedirlo. Un’idea così geniale che lascerà il segno…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20
La trota salmonata
 
Le parole del fratello Cooper ancora echeggiavano nella sua mente come un monito, come un’amara verità… “Prima o poi doveva accadere”.
 
Ed era accaduto, sì, prima del previsto.
 
Non era ancora preparato psicologicamente a sopportare tutto questo, a ritrovarsi con il cuore in gola che lo strozzava, con una tachicardia talmente forte che quasi vedeva i puntini luminosi danzargli davanti agli occhi.
 
Era normale avere la nausea? Imbarazzante.
 
Già pensava con orrore a quante mani avrebbe dovuto stringere di lì a poco, agli sguardi che avrebbe ricevuto subito dopo, mentre in quelle testoline pensieri del tipo “ha le mani che scivolano come una trota salmonata” avrebbero preso corpo e si sarebbero manifestate in espressioni di disgusto e commiserazione.
 
Voleva scendere dall’auto di Kurt, togliersi lo stupido smoking che era stato costretto a indossare, e correre scalzo nella direzione opposta.
 
Invece era lì, trattenuto dalle cinture di sicurezza, mentre Kurt parlava tranquillo, come se niente
fosse, e lui elaborava pensieri più veloce di un computer di ultima generazione.
 
Il suo prolungato silenzio fu un campanello d’allarme per Kurt. «Tutto bene?».
 
Blaine deglutì lentamente. «Sì… no… non lo so».
 
Kurt lo guardò, con un occhio sempre attento alla strada. «Sei meraviglioso, te lo avevo detto?»
 
 
«Sì, ma sentirselo dire di nuovo aiuta».
 
In effetti, quando si era specchiato, si era sorpreso di se stesso, quasi non si era riconosciuto. Era avvolto in un completo di taffetà viola scuro, con una camicia bianca e un papillon dello stesso colore del completo. Blaine aveva speso una piccola fortuna per quel vestito, ma si era sentito costretto a comprarlo, visto che Kurt aveva insistito tanto perché lo accompagnasse all’importante ricevimento di un famoso stilista romano, suo amico.
 
Aveva insistito anche per regalargli il vestito, ma si era rifiutato.
 
Certo, ora si pentiva all’idea di aver mangiato parte dell’affitto del mese successivo, ma gli serviva qualcosa di elegante per l’occasione.
 
Non aveva scelta.
 
Se usciva con Kurt diventava necessario, anche se il suo portafoglio gridava vendetta.
 
Aveva passato tutto il pomeriggio del giorno prima a girare per negozi con Cooper, finché non aveva trovato quello giusto. Era stato amore a prima vista, lo fissava dalla vetrina e l’implorava di essere indossato.
 
In effetti gli donava, e il papillon che aveva scelto Cooper aveva completato il miracolo.
 
Kurt gli prese una mano per infondergli coraggio. Facile per lui, indossava uno smoking e sembrava un sole anche di notte. Una serata del genere era normale amministrazione.
 
Per Blaine era un incubo.
 
«Non avere paura, non ce n’è motivo».
 
«Lo dici tu, questa è la nostra prima uscita ufficiale».
 
Kurt sogghignò, tornando a concentrarsi sulla strada. «Tecnicamente siamo già usciti parecchie volte, quindi non direi che è la nostra prima uscita ufficiale. Anche se, in effetti, siamo rimasti spesso a casa…».
 
 
Blaine arrossì, le sue gote si accesero ancora di più. «Non è il caso che pensi a te nudo, adesso, mi devo concentrare».
 
La risata di Kurt si liberò allegra nell’ambiente.
 
«Non prendermi in giro, Kurt Hummel, qui si tratta di una cosa seria» lo rimproverò accigliato.
 
«Su cosa ti devi concentrare, sentiamo».
 
«Sul non fare gaffe, comportarmi con naturalezza quando dentro sto morendo di una morte lenta e terribile. Sul sorridere, quando la paralisi alla mia mandibola rischia di farmi sembrare Jack “Jocker” Nicholson per tutta la sera».
 
Kurt riprese a ridere. «Sei tutto matto, tu».
 
«Sì, matto da legare ad aver accettato di accompagnarti stasera».
 
«Sciocchezze, ora che stiamo insieme ti dovrai abituare. Non penserai che a queste noiosissime serate io debba andare solo? Mi basta un tuo sorriso e tutto diventa più sopportabile».
 
«Non provare a rabbonirmi, modello dei miei stivali. Lo so benissimo che tu ti diverti a queste serate. Lo dici solo per farmi sentire meglio, ma non funziona».  
 
«Non puoi volermene per averci provato».
 
Blaine mise il broncio.
 
«Ma ti sei visto? Sei splendido, di cosa ti preoccupi? Piuttosto dovrò stare attento che non ti ronzino troppo intorno, o dovranno vedersela con me».
 
«Dovrei sentirmi lusingato, ma non lo sono». Si portò una mano sullo stomaco. Non si era mai sentito così assurdamente delirante e a disagio, e non era neppure arrivato.
 
Ecco, detto fatto.
 
Lo aveva pensato e un attimo dopo Kurt svoltò in una stradina laterale per oltrepassare un cancello in ferro battuto.
 
Erano arrivati.
 
Blaine serrò la mandibola, tanto che gli si indolenzì.
 
Kurt scese dalla Mercedes, lanciando le chiavi al posteggiatore, e andò ad aprire lo sportello di Blaine. Con una mano si strinse a Kurt. Gli occhi del posteggiatore si posarono su di lui, ammaliati, ma Blaine era troppo impegnato a cercare di non fare figuracce per accorgersene.
 
Kurt lo prese sotto braccio e si incamminarono.
 
Due ampie scalinate di marmo conducevano a una balconata da cui si accedeva alla villa. Suoni, risate e musica si diffondevano nell’aria e questo lo paralizzò. Era come se le sue scarpe avessero messo radici nella ghiaia.
 
Kurt avvicinò il viso alla sua guancia e sospirò: «Pensa che non siamo tenuti a restare a lungo. Faremo un giretto, un po’ di public relation, torneremo a casa mia e ti farò dimenticare tutto il resto. È una promessa».
 
«Questo era l’incentivo che mi serviva. Sbrighiamoci e togliamoci il sassolino dalla scarpa».
 
Kurt gli fece l’occhiolino e presero a salire le scale.
 
Vicini erano un prodigio, sembravano nati per essere una coppia e gli ospiti che partecipavano
all’evento mondano non tardarono ad accorgersene.
 
Quando fecero il loro ingresso nell’androne, che si apriva su altre stanze, già piene di ospiti, l’attenzione si spostò sul noto modello e la sua nuova fiamma. Il nome?
 
Chissà… non me lo ricordo… non credo di saperlo… Blaine qualcosa?
 
Blaine aveva i piedi di piombo, camminare con nonchalance si era fatta un’impresa titanica. Si sentiva osservato, analizzato ai raggi X. Gli sembrava di trovarsi in uno di quei sogni in cui ci si accorge di non avere vestiti e di essere al centro di una piazza.
 
Ecco un uomo dai capelli brizzolati e dal sorriso cordiale che andava loro incontro. Anche lui indossava uno smoking. Abbracciò Kurt con affetto. «Sei arrivato, canaglia. Mancavi solo tu».
 
«Dario, ti presento il mio compagno, Blaine Anderson».
 
Blaine allungò la mano, convinto di fare la figura della trota salmonata, quando si vide abbracciare
con la stessa esuberanza di poco prima. «Blaine, mio caro, sei divino. Che abito magnifico, e non è
mio».
 
Il ragazzo incrociò interdetto lo sguardo di Kurt, le cui labbra si serrarono per trattenere le risate.
 
Dario Gualtieri era uno stilista italiano di tutto rispetto, un uomo che aveva lavorato sodo e sapeva creare con tessuti e stoffe vere opere d’arte. Come Hummel aveva già raccontato a Blaine, Dario era lo zio della sua migliore amica, Rachel Berry, nonché uno stilista che amava fargli indossare le sue creazioni nelle sfilate di moda in giro per il mondo.
 
«Troppo gentile, signor Gualtieri».
 
«Per carità, sono solo Dario per te. Sei il benvenuto nella mia casa». Iniziò a gironzolargli intorno, mentre il colore di Blaine cominciava a somigliare a quello di una melanzana. Sfiorò il pantalone con la mano, temendo fosse fuori posto.
 
«Ho un paio di vestiti che ti starebbero a pennello. Kurt caro, portalo all’atelier quando hai un attimo di tempo».
 
«Ma io…», iniziò Blaine, subito interrotto. Dario gli posò un dito sulle labbra e sorrise. «Un corpo
come il tuo merita di essere messo in risalto da un Gualtieri».
 
L’espressione di Kurt sembrava confermare le parole dello stilista e Blaine perse la favella per l’imbarazzo.
 
«Ora, miei cari, devo lasciarvi per un po’. Ho una marea di invitati la metà della quale credo si sia
imbucata. Che cosa divertente, non trovate?». E mentre ancora parlava si dileguò in mezzo a un
gruppetto di uomini e donne che sembravano usciti da una rivista di moda.
 
«Dovresti vederti».
 
«Sono sconvolto, lo sai?».
 
Kurt gli appoggiò una mano intorno alla vita e Blaine sentì il suo calore attraverso il tessuto. Rassicurante ed eccitante. «Vieni, andiamo a bere qualcosa».
 
Appena si mossero furono intercettati da una serie di persone che Blaine trovò indistinguibili l’una
dall’altra. Non un capello fuori posto, un trucco inadeguato, un abito che non meritasse una copertina.
 
Sorrisi, moine, chiacchiere, e poi di nuovo sorrisi e chiacchiere. Cercava di partecipare alle conversazioni improvvisate, provando ad abituarsi a fare un po’ di sana tappezzeria. Per ripagarlo della noia e di un’odiosa sensazione di inutilità, Kurt avrebbe dovuto offrirgli, dopo la festa, un sesso esplosivo, inventarsi qualche nuovo trucchetto e impegnarsi parecchio per farsi perdonare.
 
Nonostante si sentisse una pecora nera in tutta quella scenetta edulcorata, era compiaciuto per il fatto che Kurt avesse insistito a volerlo al proprio fianco. Premuroso, lo presentava a tutti, cercando di coinvolgerlo in discorsi di cui non sapeva niente, di farlo sentire a proprio agio.
 
Era un tesoro.
 
Più di una volta Blaine aveva intercettato degli sguardi curiosi fissi su di sé. Disturbante. Si chiedevano chi fosse quel ragazzo che aveva fatto palpitare il cuore del modello. Si chiedevano quanto sarebbe durata, se il prossimo ragazzo avrebbe avuto i suoi stessi capelli ricci, se avrebbe avuto qualche somiglianza con Sebastian Smythe.
 
Per poco non gli andò per traverso lo champagne che gli aveva offerto Kurt, quando vide materializzarsi proprio accanto a loro l’oggetto dei suoi peggiori incubi.
 
«Kurt…».
 
Alto, statuario, un David sceso in terra…
 
Blaine poteva immaginare, nascosto da qualche parte, un ventilatore che lo seguiva ovunque come se fosse stato nel bel mezzo di un servizio fotografico. Indossava un abito color ghiaccio che fasciava il suo corpo tanto da non lasciare niente all’immaginazione. Il sorriso, che mostrava una dentatura bianca e perfetta, fu l’ultimo pugno in faccia che il signor Anderson si prese dopo averlo passata ai raggi X.
 
Le labbra rosa pallido del velenoso Sebastian si stamparono sulla guancia di Kurt troppo vicino alla bocca.
 
Brutto… str… bippppp
 
«Sebastian». Kurt ricambiò il saluto con un sorriso rilassato e gli presentò subito Blaine. Lui voleva subito rispondere, ma la sua bocca si era accartocciata, come carta spiegazzata. Lui si sentiva un vecchio giornale vicino al Dio che era stato con il suo ragazzo per mesi.
 
Ecco, era meglio bandire un simile immagine dal suo cervello, se voleva far rientrare il cortocircuito che sembrava averlo spento.
 
«Molto piacere». Sebastian lo squadrò in fretta con occhi attenti e fintamente distaccati. Gli diede la mano, con grazia. Ogni suo gesto sembrava studiato, si aspettava di essere immortalato anche in quell’occasione?
 
«Il piacere è mio». Blaine rispose con fredda cordialità. Imparava in fretta.
 
«Che sorpresa trovarti qui, Sebastian. Pensavo fossi a Londra per le sfilate».
 
Il cervello di Blaine registrò l’informazione e la gelosia lo rosicchiò con fastidiosa puntualità. Come
mai pensava che fosse a Londra? Si informava ancora su di lui?
 
«Sì, partirò domani, ma non potevo mancare certo al ricevimento di Dario. Sfilerò per lui a Londra fra un paio di settimane. Che collezione strepitosa».
 
Blaine voleva rifargli il verso, come voleva rifarlo… Aveva una vocina nasale, un tono così basso che
serviva un apparecchio acustico per ascoltarlo.
 
Che urto. Che fastidio!
 
Kurt e Sebastian scambiarono qualche altra battuta. Erano a loro agio, lo dimostrava la loro posa,
la loro tranquillità, i sorrisi rilassati.
 
Cominciava a odiarli tutti e due.
 
Poi si disse che era da stupidi essere gelosi di uno che c’era stato prima di lui. La cosa importante era che adesso si levasse dai piedi, per sempre. Gli avrebbe prenotato un volo di sola andata per la luna, dove avrebbe potuto fare tutte le sfilate che voleva.
 
Qualche volta provava a intervenire, ma Sebastian era furbo e così spostava l’argomento su qualcosa che Blaine non conosceva, per poterlo estromettere. Kurt però gli stava accanto, lo teneva addirittura per mano.
 
Anche se sarebbe stato più carino se avesse troncato quella fottutissima conversazione.
 
Voleva bere un mojito, subito!
 
Infine le sue preghiere furono ascoltate, Kurt tagliò corto e salutò il suo ex con noncuranza.
 
Mentre si allontanavano mano nella mano, Blaine non poté fare a meno di voltarsi e infatti si ritrovò gli occhietti porcini del David che lo puntavano come spilli.
 
Blaine 1, David 0.
 
Gli fece un sorriso del tipo “levati dalle scatole” e tornò a guardare il suo Kurt con aria angelica, anche se dentro si sentiva un demonietto.
 
«Complimenti, il tuo ex è davvero uno schianto». Forse aveva esagerato ma, diamine, a stento riusciva a controllarsi. I paragoni potevano fare male al suo ego.
 
«Tu sei più bello».
 
Blaine rise con onestà. «Certo, come no. Non ti ho detto che ho vinto il concorso di Mrs Universo
l’anno scorso?».
 
Kurt, incurante degli sguardi su di loro, l’abbracciò da dietro e lo strinse tra le braccia, appoggiando il suo mento al capo di lui. «Forse non ti rendi conto che la bellezza esteriore non conta così tanto. La tua bellezza è come un fiore che sboccia, puro, delicato, da ammirare. E tu sei così bello dentro».
 
Blaine rise sollevato e gli diede un pugno sul braccio. «Hai ammesso che non sono così bello fuori,
ma tanto dentro».
 
Kurt ridacchiò, mentre lo faceva girare per guardarlo negli occhi. «Non ho mai parlato di mia madre a Sebastian. Credo che questo basti a farti capire molte cose».
 
Furono poche parole, ma gli toccarono il cuore. Per un attimo Blaine non udì niente intorno a sé, il
chiacchiericcio degli invitati, il musicista che allietava al pianoforte la serata, le persone che sfilavano intorno a loro. Si guardavano innamorati, uniti.
 
Non doveva preoccuparsi di nessun altro, perché Kurt desiderava lui, solo lui e gli aveva fatto dono di se stesso.
 
«Balla con me. Vuoi?».
 
Blaine acconsentì senza proferire parola. Kurt lo prese per mano e lo trascinò in un angolo della sala dove qualche altra coppia seguiva la melodia, lasciandosi andare.
 
Il ragazzo appoggiò il capo sulla spalla di lui, mentre le braccia di Hummel lo avvolgevano, un confortevole spazio in cui abbandonarsi. Non sentiva più il pavimento sotto i piedi. Gli sembrava di volare accanto a lui. Continuarono così per un tempo indefinito, incuranti della presenza degli altri, ma al centro di un’attenta curiosità e di un parlottare sommesso.
 
“Certo che Hummel sembra proprio preso…”
 
“Hai visto c’era il suo ex.”
 
“Sebastian è più bello…”
 
“Ma il ragazzo ha fascino…”
 
“Tu dici?”
 
E bla bla bla…
 
Se solo Blaine avesse intuito di essere sulle labbra di molti, sarebbe fuggito a gambe levate, ma era preso da ben altra attività e per fortuna quel dettaglio fastidioso non lo impensierì.
 
Almeno finché non fu costretto ad andare in bagno.
 
Entrando nella toilette, non poté fare a meno di notare che era la metà del suo appartamento.
 
All’interno c’era un’altra porta. Blaine la chiuse alle sue spalle e quando ebbe finito andò per aprire, ma la maniglia non girava. Sgranò gli occhi con orrore realizzando in un istante che era rimasto bloccato lì dentro.
 
No, no, no, non lui.
 
Già si vedeva costretto a chiedere aiuto.
 
Continuò a sfidare la maniglia, testardo, quando una voce all’altro capo della porta la fece desistere e ammutolire.
 
Sebastian parlava con un altro ragazzo.
 
«Certo che dopo di te, è caduto proprio in basso».
 
«Carino, ma niente di più. Chissà dove ha preso quel vestito. Probabilmente in un mercatino dell’usato. È un modello di due anni fa». Sebastian era tagliente. Se solo fosse uscito da quel bagno, Blaine gli avrebbe stampato un pugno sul naso; di sicuro avrebbe avuto bisogno di una ritoccatina dopo il suo colpo ben assestato.
 
«Non durerà, vedrai. Kurt si stancherà di quell’essere insignificante».
 
«Essere insignificante a chi, brutto stronzo!» brontolò sommesso.
 
«Me lo auguro, penso spesso a lui. Non credevo mi sarebbe mancato tanto quando mi ha lasciato».
 
«È stato un pazzo, amico mio, un pazzo».
 
«Lo credo anch’io». Sebastian rise con la sua vocetta da topino Disney.
 
«Hai mai pensato di riprovarci con lui?».
 
Blaine attaccò l’orecchio alla porta per ascoltare meglio. “Sì, ascoltiamo che hai da dire.
 
«Certo che ci ho pensato. E ci ho anche provato, ma Kurt è stato irremovibile, sai? E ora mi sembra preso da questo ragazzo. Prima ballavano in sala e sembravano esserci solo loro».
 
«Patetici».
 
Sebastian tacque per un istante. «Non mi ha mai guardato come guarda lui, Thad, credo sia davvero innamorato» dovette ammettere riluttante.
 
Blaine si illuminò. Era in estasi, nonostante fosse bloccato dentro la toilette con due stronzi.
 
Voleva solo correre dal suo Kurt e rapirlo, portarlo via da lì e prenderlo in ostaggio per una notte d’amore. Riprese ad armeggiare con la maniglia, con ritrovato entusiasmo, finché all’improvviso la
nemica cedette, sbalzando all’indietro Blaine che si ritrovò seduto sulla ciambella del water, mentre la porta si spalancava e lasciava comparire Sebastian e Thad, stupiti.
 
Blaine sorrise e li salutò con la mano.
 
«Come va?» fece mentre si alzava e passava in mezzo a loro con un ghigno sicuro. Tutta l’incertezza provata fino a quel momento si era disintegrata. Si sentiva un re, tutti dovevano chinarsi al suo regale incedere.
 
Le espressioni colpevoli dei due, colti sul fatto, non passarono inosservate a Blaine, che si guardò allo specchio, facendo finta di sistemarsi i capelli. Ma prima di inforcare la porta che l’avrebbe portato via da lì, si girò a guardarli.
 
«Thad, se vuoi vedere un essere insignificante, guardati allo specchio e Sebastian, ti sei risposto da solo. Kurt mi adora e tu gira al largo, il passato è morto e sepolto, viva il presente». Gli lanciò un bacio volante e li lasciò lì ammutoliti come due baccalà.
 
Blaine, con una nuova baldanza, raggiunse Kurt al piano di sotto. «Mi ero dimenticato di dirti una
cosa». Si sollevò sulla punta dei piedi e lo baciò davanti a tutti.
 
Kurt, piacevolmente sorpreso, lo guardò interessato, quando lui si staccò. «Che ne dici se ce ne andiamo e continuiamo con il nostro programmino serale?» domandò con aria complice.
 
«Credevo non me lo avresti più chiesto, modello dei miei stivali».
 
E sotto gli occhi di tutti, dopo aver salutato e ringraziato Dario per l’ospitalità, Kurt Hummel e Blaine Anderson uscirono a braccetto, pronti per una notte di passione e divertimento.
 
Al diavolo tutto il resto.



NOTE DELL’AUTRICE:
Mi scuso per l’assenza prolungata ma sto avendo un sacco di problemi, salute compresa… Abbiate pazienza! La ff è terminata quindi sarà portata avanti fino alla fine, solo con un po’ di pazienza. Spero di poter riprendere le due pubblicazioni a settimana dalla prossima!!!
Spero che il capitolo vi è piaciuto o in caso contrario scrivetemi!

Alla prossima pubblicazione, credo tra martedì e mercoledì…

Corro a lavoro… Un bacio a tutti!
  
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