Rosa bianca
Qui io ti amo.
Ti osservo ridere, circondato da
quelli
che definisci amici, e mi sembri felice.
***
Le stanze del
San Mungo non sono mai state
così linde, o forse è solo la mia ad esserlo.
Note. One
Shot creata per il contest “Daphne”
indetto da Matilde
di Shabran sul forum di EFP. Il pacchetto scelto prevedeva che Daphne
fosse in attesa di un bambino da Draco, durante gli
studi ad Hogwarts, la presenza di Asteria e del genere Romantico.
Tra pini scuri si srotola il vento.
Brilla fosforescente la luna su acque erranti.
Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.
- “Qui io ti amo”,
Pablo Neruda -
Sei stretto dalle braccia di Asteria, le
cui mani ti accarezzano piano i capelli biondi, così simili
ai miei, e mi
domando se anche i suoi saranno
uguali ai tuoi.
Avrà i tuoi stessi occhi, di quello stesso
grigio che così tante volte ho desiderato mi cullasse?
So che le mie resteranno solo fantasie :
tu non desideri me, non l’hai mai fatto. È stato
solo un errore di una notte,
mi hai detto a fatica la mattina dopo, un errore che non
capiterà più.
Ma come si fa a considerare un errore
quello che abbiamo creato?
Mi porto una mano sopra il ventre ormai
riempito e continuo ad osservarti da lontano, mi celo dietro quella
stessa
ombra che è generata da Asteria.
È lei, la tua promessa.
È lei, che sposerai.
Ma
è lei, quella che ami?
Non posso fare a meno di
chiedermelo,
mentre ammiro da lontano una risata che non è per me. Lo
sarà mai?
L’ho visto nei tuoi occhi, quella notte.
Avresti potuto ridere, quella volta, con me. Ma non hai voluto farlo,
troppo
rispettoso dei desideri paterni.
Asteria ti abbraccia e ti bacia, lei non
ha alcun motivo di vergognarsi dei suoi stessi gesti. E la invidio, la
invidio
come non ho mai fatto con nessuno. Vorrei esserci io al suo posto, sai?
Eppure, sono felice per lei. È la mia
unica sorella, come potrei non gioire della sua felicità?
Conservo ancora la rosa bianca che mi hai
donato quella notte. È l’unica cosa che mi ricorda
te, l’unico dono che mi hai
mai offerto. La custodisco gelosamente, imprigionata anche nei miei
ricordi,
perché i petali mi ricordano i tuoi occhi.
Sono velati di grigio, quei petali.
Lo stesso grigio che ho visto quella
notte, tempo fa, e che non riesco a dimenticare. Ci ho provato, sai?
Ho tentato in tutti i modi di convincermi
che era davvero un errore, ho provato con tutta me stessa a credere
che… che
era uno sbaglio. Eppure quella rosa bianca non fa altro che ricordarmi
te. Non
l’hai mai ammesso, ma l’ho visto riflesso nei tuoi
occhi. Era con affetto, che
mi baciavi. Era con gentilezza, che mi accarezzavi. Era con ardito
trasporto
che mi amavi nel giardino della tua casa, lontano dagli occhi di tutti,
come un
segreto.
Un segreto che custodisco tra i miei
ricordi, un frammento empireo di un sogno irrealizzabile che mi
conforta e mi
riscalda nelle infinite notti insonni che ogni sera mi colgono, e so
che anche
per te è lo stesso. Dopotutto, un segreto non è
altro che un respiro trattenuto.
Questo mi hai detto, quella volta, mentre mi abbracciavi ed
accarezzavi.
Avrei voluto davvero crederti, ma la
voglia di respirare, di respirarti,
era troppa. E così ho ceduto, ma non me ne pento. E so che
per te è stato lo
stesso, allora. Ma tu non lo sapevi. Non te ne rendevi conto. E come
potevi, se
eri ormai promesso ad Asteria?
Eppure non riesco a recriminarti nulla. So
che il tuo legame con lei è qualcosa di prestabilito, deciso
molto prima che tu
stesso nascessi, dalle nostre famiglie. Nonostante questo,
però, non posso fare
a meno di sentirmi… non so nemmeno io come definirmi.
Felice,
triste, gelosa, invidiosa?
Forse il termine esatto
è oppressa.
Sono così stanca, di fingermi contenta per
un qualcosa che in realtà mi fa male, sono stanca di
dipingermi un sorriso
sulle labbra facendo credere che tutto vada bene, mostrandomi agli
altri con la
solita seria allegria che mi ha sempre contraddistinta.
Sono semplicemente esausta di impersonare
qualcuno che in realtà non mi somiglia neppure.
Mi dipingo sulla bocca l’ennesimo sorriso
che di gioia non ha nulla, e mi rendo conto di quanto brava sia
diventata a
mentire. Quante volte ho finto che tutto andasse bene, quante volte ho
indossato una maschera di allegria e gioiosa indifferenza, mentre
dentro mi
sentivo affondare? Tante, troppe volte. Forse è per questo
che ora mi viene
così naturale e spontaneo farlo.
Ma tu te ne accorgi subito, maestro
insuperabile di una materia tanto ostica, non appena mi vedi
raggiungerti : socchiudi
gli occhi e stringi le labbra in una linea severa. Mi conosci troppo
bene, sai
capire quando c’è qualcosa che mi turba, e
nonostante i miei sforzi ci riesci
anche adesso, ed io mi trovo a domandarmi come tu faccia a leggermi con
così
tanta facilità.
L’hai sempre fatto. Sono così trasparenti,
i miei pensieri, per te?
Sento i tuoi occhi su di me e sul mio
viso, e so che non ti sfugge la mia mano premuta sulla bocca dello
stomaco. Mi
ero ripromessa di non farne parola, mi ero giurata di non dirtelo mai.
Forse
per orgoglio, forse per paura, ma ora mi rendo conto di quanto quella
mia
decisione fosse stupida e impossibile da mantenere.
«Vieni con me.» ti sento parlare, ma non
ho la forza per guardarti. So che se lo facessi, vedrei il grigio dei
tuoi
occhi trafiggermi alla ricerca di quelle risposte che non sono ancora
pronta a
dare, e non voglio sentirmi così.
Vulnerabile.
Non lo sono mai stata, e non
voglio
iniziare adesso, ma tu me lo rendi impossibile. Mi beo della tua mano
calda, a
differenza della freddezza del tuo sguardo, stretta nella mia, e mi
sento bene.
Per la prima volta, mi sento davvero bene. È come se mi
sentissi libera, e
questa sensazione mi piace. So che la mia è solo un
illusione, perché nessuno è
mai veramente libero, eppure voglio crogiolarmi in
quest’utopia che tu hai
creato.
Sei
un ingannatore, Draco.
Come quella rosa bianca, una
promessa di
velluto contornata da mille spine.
Una
serpe ammaliatrice, che incanta ed imprigiona nel grigio delle sue
spire chi si
avvicina troppo.
Come il grigio dei tuoi occhi
in quella
notte, mille promesse sussurrate ed una sola mantenuta.
Il
tuo legame con Asteria.
«Parlami,
Daphne.» mi chiedi, e non riesco
a non guardarti con sorpresa. È un tono di supplica, quello
che sento uscire
dalle tue labbra? Ti vedo appoggiarti al tronco di un albero, nel
gelido
giardino della scuola che entrambi amiamo ed abbiamo amato, e mi mostri
il
Draco di quella notte. La tua voce è flebile, un sussurro
appena accennato, ma
mi giunge come un urlo.
È questa, una delle tante spine della rosa
che sei, Draco?
È la paura della solitudine, che nascondi
dietro l’ostentata indifferenza del tuo sguardo e della tua
espressione?
Vorrei tanto chiedertelo, ma temo la
risposta che potresti darmi. Una parte di me vorrebbe farlo comunque,
indifferente
al dolore che potrebbe causarmi, ma l’altra non vuole
sentire. Si tappa le
orecchie e serra gli occhi, nascondendosi dietro il mio sorriso falso
creato ad
arte per il beneficio degli altri.
«Daphne…»
Mi chiami ancora, e questa volta so che
non posso ignorarti. Ne soffrirei io stessa, e non voglio
più affliggermi.
Chiudo gli occhi, e mi lascio cullare ancora una volta dalla tua voce,
dalle
tue mani e dai tuoi sospiri. Voglio illudermi che i tuoi gesti siano
davvero
per me. Ed è allora, che mi permetto di chiamarti per nome.
Mi riservo il lusso
di accarezzarlo a lungo, il tuo nome, perché so che questa
sarà l’ultima
occasione per me di farlo.
«Non cambierà niente, Draco.» sospiro
sul
tuo viso. Mi abbracci, consapevole che niente che farai
potrà mai sistemare le
cose. «Asteria sarà tua moglie.»
«Ma sei tu, la madre di mio figlio.»
ribatti mesto, e mi sfugge un sorriso inconsapevole mentre scuoto la
testa. Mi
chiedo come tu abbia fatto a capirlo.
«Hai un talento innato, per scoprire le
cose nascoste.»
«So leggerti, Daphne.» sorridi,
avvicinandoti alla mia guancia dove depositi un bacio, e alcune ciocche
bionde
si confondono con le mie.
«Non sai nascondermi nulla. Nemmeno questo.»
aggiungi, posandomi una mano sul ventre.
«Le decisioni, Draco. Sono immutabili.»
replico pacata, ma dentro mi sento urlare. E vorrei davvero farlo,
gridarti di
cambiare le cose. Vorrei chiederti di non abbassare la testa, vorrei
dirti di
ribellarti, ma so che non è possibile.
Asteria viene prima di tutto : prima di
te, del nostro bambino e di me. Non potrei mai darle un tale dolore.
«Non possiamo cambiare ciò che è
scritto.
L’orgoglio non ce lo permette.»
«Forse.» ti osservo aggrottare le
sopracciglia, la tua mente concentrata su pensieri che non mi
è dato sapere. «Voglio
bene ad Asteria.»
Socchiudo gli occhi, le mie palpebre sembrano
pesare come macigni mentre mi confessi questo. Eppure so che non puoi
fare
altrimenti, ma questo non mi vieta di esserne addolorata.
«La amerai, prima o poi. È così, che
devono andare le cose. Questo bambino non cambia nulla.»
Sento i tuoi occhi sul mio viso, spine di
quella rosa che pungono e non mi lasciano respiro. Chiudo del tutto gli
occhi
lasciandomi imprigionare dalle tue braccia, spire dalle quali non
voglio più
fuggire.
«Mi dispiace.» mormori come una litania,
cullandomi mentre ti dondoli lievemente avanti ed indietro.
È la mia
assoluzione, quella che cerchi?
Scuoto impercettibilmente la testa : non
ti serve il mio perdono, vorrei dirti, non hai fatto nulla di
sbagliato. Hai
scelto di amare me, quella notte, e
mi hai regalato una delle sensazioni più belle che esistano.
Mi hai donato il
regalo più bello di tutti, che vive e cresce dentro di me.
Mi accarezzi il volto con gentilezza,
regalandomi uno sguardo pieno di quell’affetto che vorrei
fosse qualcosa di
più, e mi sento bruciare. Mi baci come hai fatto mille volte
quella notte, e mi
sento amata. Ed è quando ricambio il tuo bacio, il tuo ultimo bacio, imprimendoci tutta me
stessa e tutto ciò che sento
per te, che riesco a comprenderlo.
Sono
tornata a casa.
Portare Greengrass come cognome a volte ha
i suoi lati positivi. La stanza è singola, bianca ed
asettica, e non ho nessuno
con cui parlare per ingannare il tempo dell’attesa. La mia
mente si perde tra i
ricordi, e non mi stupisco quando noto che sono tutti concentrati su di
te.
Attendo la tua visita, promessa tempo fa
in un muto silenzio. Attendo i tuoi occhi, e quel grigio che mi ha
accompagnata
e sostenuta in questi lunghi mesi di lontananza forzata da tutto e da
tutti,
decisione voluta dai miei genitori ed alla quale non sono riuscita ad
oppormi,
per amore di Asteria. Provo ad immaginarti nella mia mente, e mi
domando se il
matrimonio doni anche a te.
Asteria aveva una luce speciale negli occhi,
l’ultima volta che l’ho vista. Eravate insieme,
nella tua enorme casa, e lei mi
è sembrata innamorata. Eppure, intorno a te non ho visto
quell’aura speciale di
chi si è appena sposato. Tu non l’avevi, ma la mia
adorata sorella sì. E mi
domando se lo sei anche tu, Draco.
Se ancora non la ami, imparerai a farlo.
Asteria si merita tutta la felicità che tu puoi donarle.
È per questo, in
fondo, che ho scelto di mentire sulla paternità del mio
bambino.
Ho scelto un nome a caso e nessuno a parte
te, Draco, e me è a conoscenza della verità.
Nemmeno i miei stessi genitori lo
sanno, e men che meno Asteria.
La porta della mia stanza si apre, e
subito un sorriso mi si allarga sul volto. Un’infermiera ha
in braccio un
fagottino, nascosto dentro una coperta rosa, e le mie braccia si
allungano come
dotate di volontà propria.
Ha la stessa tonalità di biondo dei miei
capelli, ma gli occhi… quelli sono i tuoi. Ha le palpebre
chiuse, persa nel
mondo dei sogni, e profuma di buono. La stringo a me, consapevole che
mai la lascerò
andare via, e lascio che le lacrime mi scorrano sul volto, quando
abbasso gli
occhi sulla copertina che protegge la nostra bambina. Ed è
allora che la vedo.
È piccola, argentata come i tuoi occhi
quella notte, quando abbiamo inconsapevolmente creato il piccolo
miracolo che
stringo a me. Una sottile spilla a forma di rosa spicca bianca sul
colore
chiaro di quella copertina, e so che sei stato tu a metterla.
Un sigillo che dimostra l’amore che senti
già per lei.
Mi domando se tu sia ancora qui, e perché
non ti sia fatto vedere finora. Stringo ancora la nostra bambina,
meravigliandomi di quanto ti somigli, e non solo gli occhi. Ha la tua
stessa
forma del viso, e sono certa che sarà identica a te
crescendo. È quello che
spero.
Il suo profumo sa di pulito, di
quell’aroma che solo i neonati possiedono, e mi rendo conto
che non riuscirò
mai a stancarmi di sentirlo. La guardo dormire, appoggiata a me, e mi
accorgo
di conoscere il nome con il quale chiamerò la nostra
bambina. L’ho sempre
saputo, in fondo, ma è solo adesso che lo realizzo davvero.
Ci siamo io e te, dentro di lei.
La nostra promessa, il nostro miracolo.
È
lei, la nostra rosa bianca.