Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: erzsi    21/11/2015    2 recensioni
Mi accarezzi il volto con gentilezza, regalandomi uno sguardo pieno di quell’affetto che vorrei fosse qualcosa di più, e mi sento bruciare. Mi baci come hai fatto mille volte quella notte, e mi sento amata. Ed è quando ricambio il tuo bacio, il tuo ultimo bacio, imprimendoci tutta me stessa e tutto ciò che sento per te, che riesco a comprenderlo.
Sono tornata a casa.

Storia partecipante al contest “Daphne” indetto da Matilde di Shabran sul forum di EFP
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daphne Greengrass | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Rosa bianca









Qui io ti amo.
Tra pini scuri si srotola il vento.
Brilla fosforescente la luna su acque erranti.
Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.
- “Qui io ti amo”,
Pablo Neruda -










Ti osservo ridere, circondato da quelli che definisci amici, e mi sembri felice.
Sei stretto dalle braccia di Asteria, le cui mani ti accarezzano piano i capelli biondi, così simili ai miei, e mi domando se anche i suoi saranno uguali ai tuoi.
Avrà i tuoi stessi occhi, di quello stesso grigio che così tante volte ho desiderato mi cullasse?
So che le mie resteranno solo fantasie : tu non desideri me, non l’hai mai fatto. È stato solo un errore di una notte, mi hai detto a fatica la mattina dopo, un errore che non capiterà più.
Ma come si fa a considerare un errore quello che abbiamo creato?
Mi porto una mano sopra il ventre ormai riempito e continuo ad osservarti da lontano, mi celo dietro quella stessa ombra che è generata da Asteria.
È lei, la tua promessa.
È lei, che sposerai.
Ma è lei, quella che ami?
Non posso fare a meno di chiedermelo, mentre ammiro da lontano una risata che non è per me. Lo sarà mai?
L’ho visto nei tuoi occhi, quella notte. Avresti potuto ridere, quella volta, con me. Ma non hai voluto farlo, troppo rispettoso dei desideri paterni.
Asteria ti abbraccia e ti bacia, lei non ha alcun motivo di vergognarsi dei suoi stessi gesti. E la invidio, la invidio come non ho mai fatto con nessuno. Vorrei esserci io al suo posto, sai?
Eppure, sono felice per lei. È la mia unica sorella, come potrei non gioire della sua felicità?
Conservo ancora la rosa bianca che mi hai donato quella notte. È l’unica cosa che mi ricorda te, l’unico dono che mi hai mai offerto. La custodisco gelosamente, imprigionata anche nei miei ricordi, perché i petali mi ricordano i tuoi occhi.
Sono velati di grigio, quei petali.
Lo stesso grigio che ho visto quella notte, tempo fa, e che non riesco a dimenticare. Ci ho provato, sai?
Ho tentato in tutti i modi di convincermi che era davvero un errore, ho provato con tutta me stessa a credere che… che era uno sbaglio. Eppure quella rosa bianca non fa altro che ricordarmi te. Non l’hai mai ammesso, ma l’ho visto riflesso nei tuoi occhi. Era con affetto, che mi baciavi. Era con gentilezza, che mi accarezzavi. Era con ardito trasporto che mi amavi nel giardino della tua casa, lontano dagli occhi di tutti, come un segreto.
Un segreto che custodisco tra i miei ricordi, un frammento empireo di un sogno irrealizzabile che mi conforta e mi riscalda nelle infinite notti insonni che ogni sera mi colgono, e so che anche per te è lo stesso. Dopotutto, un segreto non è altro che un respiro trattenuto. Questo mi hai detto, quella volta, mentre mi abbracciavi ed accarezzavi.
Avrei voluto davvero crederti, ma la voglia di respirare, di respirarti, era troppa. E così ho ceduto, ma non me ne pento. E so che per te è stato lo stesso, allora. Ma tu non lo sapevi. Non te ne rendevi conto. E come potevi, se eri ormai promesso ad Asteria?
Eppure non riesco a recriminarti nulla. So che il tuo legame con lei è qualcosa di prestabilito, deciso molto prima che tu stesso nascessi, dalle nostre famiglie. Nonostante questo, però, non posso fare a meno di sentirmi… non so nemmeno io come definirmi.

Felice, triste, gelosa, invidiosa?
Forse il termine esatto è oppressa.
Sono così stanca, di fingermi contenta per un qualcosa che in realtà mi fa male, sono stanca di dipingermi un sorriso sulle labbra facendo credere che tutto vada bene, mostrandomi agli altri con la solita seria allegria che mi ha sempre contraddistinta.
Sono semplicemente esausta di impersonare qualcuno che in realtà non mi somiglia neppure.
Mi dipingo sulla bocca l’ennesimo sorriso che di gioia non ha nulla, e mi rendo conto di quanto brava sia diventata a mentire. Quante volte ho finto che tutto andasse bene, quante volte ho indossato una maschera di allegria e gioiosa indifferenza, mentre dentro mi sentivo affondare? Tante, troppe volte. Forse è per questo che ora mi viene così naturale e spontaneo farlo.
Ma tu te ne accorgi subito, maestro insuperabile di una materia tanto ostica, non appena mi vedi raggiungerti : socchiudi gli occhi e stringi le labbra in una linea severa. Mi conosci troppo bene, sai capire quando c’è qualcosa che mi turba, e nonostante i miei sforzi ci riesci anche adesso, ed io mi trovo a domandarmi come tu faccia a leggermi con così tanta facilità.
L’hai sempre fatto. Sono così trasparenti, i miei pensieri, per te?
Sento i tuoi occhi su di me e sul mio viso, e so che non ti sfugge la mia mano premuta sulla bocca dello stomaco. Mi ero ripromessa di non farne parola, mi ero giurata di non dirtelo mai. Forse per orgoglio, forse per paura, ma ora mi rendo conto di quanto quella mia decisione fosse stupida e impossibile da mantenere.
«Vieni con me.» ti sento parlare, ma non ho la forza per guardarti. So che se lo facessi, vedrei il grigio dei tuoi occhi trafiggermi alla ricerca di quelle risposte che non sono ancora pronta a dare, e non voglio sentirmi così.

Vulnerabile.
Non lo sono mai stata, e non voglio iniziare adesso, ma tu me lo rendi impossibile. Mi beo della tua mano calda, a differenza della freddezza del tuo sguardo, stretta nella mia, e mi sento bene. Per la prima volta, mi sento davvero bene. È come se mi sentissi libera, e questa sensazione mi piace. So che la mia è solo un illusione, perché nessuno è mai veramente libero, eppure voglio crogiolarmi in quest’utopia che tu hai creato.
Sei un ingannatore, Draco.
Come quella rosa bianca, una promessa di velluto contornata da mille spine.
Una serpe ammaliatrice, che incanta ed imprigiona nel grigio delle sue spire chi si avvicina troppo.
Come il grigio dei tuoi occhi in quella notte, mille promesse sussurrate ed una sola mantenuta.
Il tuo legame con Asteria.
«Parlami, Daphne.» mi chiedi, e non riesco a non guardarti con sorpresa. È un tono di supplica, quello che sento uscire dalle tue labbra? Ti vedo appoggiarti al tronco di un albero, nel gelido giardino della scuola che entrambi amiamo ed abbiamo amato, e mi mostri il Draco di quella notte. La tua voce è flebile, un sussurro appena accennato, ma mi giunge come un urlo.
È questa, una delle tante spine della rosa che sei, Draco?
È la paura della solitudine, che nascondi dietro l’ostentata indifferenza del tuo sguardo e della tua espressione?
Vorrei tanto chiedertelo, ma temo la risposta che potresti darmi. Una parte di me vorrebbe farlo comunque, indifferente al dolore che potrebbe causarmi, ma l’altra non vuole sentire. Si tappa le orecchie e serra gli occhi, nascondendosi dietro il mio sorriso falso creato ad arte per il beneficio degli altri.
«Daphne…»
Mi chiami ancora, e questa volta so che non posso ignorarti. Ne soffrirei io stessa, e non voglio più affliggermi. Chiudo gli occhi, e mi lascio cullare ancora una volta dalla tua voce, dalle tue mani e dai tuoi sospiri. Voglio illudermi che i tuoi gesti siano davvero per me. Ed è allora, che mi permetto di chiamarti per nome. Mi riservo il lusso di accarezzarlo a lungo, il tuo nome, perché so che questa sarà l’ultima occasione per me di farlo.
«Non cambierà niente, Draco.» sospiro sul tuo viso. Mi abbracci, consapevole che niente che farai potrà mai sistemare le cose. «Asteria sarà tua moglie.»
«Ma sei tu, la madre di mio figlio.» ribatti mesto, e mi sfugge un sorriso inconsapevole mentre scuoto la testa. Mi chiedo come tu abbia fatto a capirlo.
«Hai un talento innato, per scoprire le cose nascoste.»
«So leggerti, Daphne.» sorridi, avvicinandoti alla mia guancia dove depositi un bacio, e alcune ciocche bionde si confondono con le mie.
«Non sai nascondermi nulla. Nemmeno questo.» aggiungi, posandomi una mano sul ventre.
«Le decisioni, Draco. Sono immutabili.» replico pacata, ma dentro mi sento urlare. E vorrei davvero farlo, gridarti di cambiare le cose. Vorrei chiederti di non abbassare la testa, vorrei dirti di ribellarti, ma so che non è possibile.
Asteria viene prima di tutto : prima di te, del nostro bambino e di me. Non potrei mai darle un tale dolore.
«Non possiamo cambiare ciò che è scritto. L’orgoglio non ce lo permette.»
«Forse.» ti osservo aggrottare le sopracciglia, la tua mente concentrata su pensieri che non mi è dato sapere. «Voglio bene ad Asteria.»
Socchiudo gli occhi, le mie palpebre sembrano pesare come macigni mentre mi confessi questo. Eppure so che non puoi fare altrimenti, ma questo non mi vieta di esserne addolorata.
«La amerai, prima o poi. È così, che devono andare le cose. Questo bambino non cambia nulla.»
Sento i tuoi occhi sul mio viso, spine di quella rosa che pungono e non mi lasciano respiro. Chiudo del tutto gli occhi lasciandomi imprigionare dalle tue braccia, spire dalle quali non voglio più fuggire.
«Mi dispiace.» mormori come una litania, cullandomi mentre ti dondoli lievemente avanti ed indietro. È la mia assoluzione, quella che cerchi?
Scuoto impercettibilmente la testa : non ti serve il mio perdono, vorrei dirti, non hai fatto nulla di sbagliato. Hai scelto di amare me, quella notte, e mi hai regalato una delle sensazioni più belle che esistano. Mi hai donato il regalo più bello di tutti, che vive e cresce dentro di me.
Mi accarezzi il volto con gentilezza, regalandomi uno sguardo pieno di quell’affetto che vorrei fosse qualcosa di più, e mi sento bruciare. Mi baci come hai fatto mille volte quella notte, e mi sento amata. Ed è quando ricambio il tuo bacio, il tuo ultimo bacio, imprimendoci tutta me stessa e tutto ciò che sento per te, che riesco a comprenderlo.

Sono tornata a casa.

 



***





Le stanze del San Mungo non sono mai state così linde, o forse è solo la mia ad esserlo.
Portare Greengrass come cognome a volte ha i suoi lati positivi. La stanza è singola, bianca ed asettica, e non ho nessuno con cui parlare per ingannare il tempo dell’attesa. La mia mente si perde tra i ricordi, e non mi stupisco quando noto che sono tutti concentrati su di te.
Attendo la tua visita, promessa tempo fa in un muto silenzio. Attendo i tuoi occhi, e quel grigio che mi ha accompagnata e sostenuta in questi lunghi mesi di lontananza forzata da tutto e da tutti, decisione voluta dai miei genitori ed alla quale non sono riuscita ad oppormi, per amore di Asteria. Provo ad immaginarti nella mia mente, e mi domando se il matrimonio doni anche a te.
Asteria aveva una luce speciale negli occhi, l’ultima volta che l’ho vista. Eravate insieme, nella tua enorme casa, e lei mi è sembrata innamorata. Eppure, intorno a te non ho visto quell’aura speciale di chi si è appena sposato. Tu non l’avevi, ma la mia adorata sorella sì. E mi domando se lo sei anche tu, Draco.
Se ancora non la ami, imparerai a farlo. Asteria si merita tutta la felicità che tu puoi donarle. È per questo, in fondo, che ho scelto di mentire sulla paternità del mio bambino.
Ho scelto un nome a caso e nessuno a parte te, Draco, e me è a conoscenza della verità. Nemmeno i miei stessi genitori lo sanno, e men che meno Asteria.
La porta della mia stanza si apre, e subito un sorriso mi si allarga sul volto. Un’infermiera ha in braccio un fagottino, nascosto dentro una coperta rosa, e le mie braccia si allungano come dotate di volontà propria.
Ha la stessa tonalità di biondo dei miei capelli, ma gli occhi… quelli sono i tuoi. Ha le palpebre chiuse, persa nel mondo dei sogni, e profuma di buono. La stringo a me, consapevole che mai la lascerò andare via, e lascio che le lacrime mi scorrano sul volto, quando abbasso gli occhi sulla copertina che protegge la nostra bambina. Ed è allora che la vedo.
È piccola, argentata come i tuoi occhi quella notte, quando abbiamo inconsapevolmente creato il piccolo miracolo che stringo a me. Una sottile spilla a forma di rosa spicca bianca sul colore chiaro di quella copertina, e so che sei stato tu a metterla.
Un sigillo che dimostra l’amore che senti già per lei.
Mi domando se tu sia ancora qui, e perché non ti sia fatto vedere finora. Stringo ancora la nostra bambina, meravigliandomi di quanto ti somigli, e non solo gli occhi. Ha la tua stessa forma del viso, e sono certa che sarà identica a te crescendo. È quello che spero.
Il suo profumo sa di pulito, di quell’aroma che solo i neonati possiedono, e mi rendo conto che non riuscirò mai a stancarmi di sentirlo. La guardo dormire, appoggiata a me, e mi accorgo di conoscere il nome con il quale chiamerò la nostra bambina. L’ho sempre saputo, in fondo, ma è solo adesso che lo realizzo davvero.
Ci siamo io e te, dentro di lei.
La nostra promessa, il nostro miracolo.

È lei, la nostra rosa bianca.

 

           

                                     

 

 

 

 

 

 

 

Note.

One Shot creata per il contest “Daphne” indetto da Matilde di Shabran sul forum di EFP. Il pacchetto scelto prevedeva che Daphne fosse in attesa di un bambino da Draco, durante gli studi ad Hogwarts, la presenza di Asteria e del genere Romantico. 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: erzsi