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Autore: Watashiwa    21/11/2015    11 recensioni
[Fanfic vagamente tratta dalla serie "La donna chiamata Fujiko Mine"]
"Oscar prese una sigaretta dal pacchetto e se la portò alla bocca lentamente, cercando con fare distratto l'accendino [...] non aveva fiducia nei suoi presunti amici, nei suoi familari e nei suoi genitori... ma con Zenigata era diverso. Lui era così. E con il passare di dodici lunghi anni, l'unica cosa che non era cambiata era la protezione di quell'affetto che Oscar custodiva dentro di sé, nel suo animo irrequieto".
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Fujiko Mine, Koichi Zenigata
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Il sapore di una sigaretta

Oscar prese una sigaretta dal pacchetto e se la portò alla bocca lentamente, cercando con fare distratto l'accendino.
Era l'unico momento in cui poteva consumare questo vizio senza che nessuno lo rimproverasse, nella solitudine che la sua casa gli donava durante la sera, quando finiva di lavorare.
Adorava il suo impiego, faceva il tenente da così tanto tempo che a volte gli sembrava un sogno, considerando anche come era arrivato lì, così fortuitamente, quando non era nient'altro che un liceale annoiato dalla vita che aveva un obiettivo diverso dalla massa, dai suoi compagni.
Proteggere quella moneta da quei mafiosi era stato il suo inatteso trampolino di lancio, diventando anche per un breve periodo una sorta di eroe nazionale per i media, per il corpo poliziesco.
Era in quell'occasione che aveva avuto il primo dialogo con Koichi Zenigata, famoso commissario di Tokyo alle prese con i casi più disparati ed intricati.
Oscar non si sarebbe mai dimenticato di lui, per nessun motivo al mondo l'avrebbe fatto e l'avrebbe voluto fare.
Era un uomo esemplare, un modello, uno che prendeva il proprio lavoro con dedizione e serietà, un idolo per i suoi occhi speranzosi e quasi infantili.
«Grazie per averci aiutato a risolvere questo caso» disse il commissario la sera in cui venne archiviato per sempre «ragazzo, tu e la tua temperanza farete strada nella vita, me lo sento».
«Signor Zenigata, signore, il mio più grande sogno sarebbe assistere persone come lei, lavorare in questo mondo sarebbe per me la realizzazione di qualcosa di grande, la mia salvezza».
In quel momento era un entusiasmo adolescenziale a parlare, la voce di un sedicenne promettente ed inesperto, alle prese con la foga di voler spaccare il mondo e di aver trovato quell'appiglio necessario per vivere di quel lavoro.
Oscar non aveva fiducia nei suoi presunti amici, nei suoi familiari e nei suoi genitori, troppo impegnati a donare affetto al denaro che guadagnavano a palate con il loro impiego, come dei robot dediti solo a quel compito ed incapaci di fermarsi un attimo e vedere il mondo, per quelle piccole cose che contavano.
Ma Zenigata era diverso.
Sotto quella maschera determinata che indossava a lavoro, c'era veramente un uomo che gli parlava, che gli consigliava come fare al meglio l'incarico di turno; era un compagno di bevute, di discorsi e diatribe etiche e morali che affascinavano realmente ad entrambi.
Oscar sentiva fortemente che con lui al suo fianco poteva fare qualunque cosa, essere la persona migliore che tanto decantava di voler diventare.
Con l'arrivo di Fujiko Mine, sexy ladruncola coinvolta in giri loschi della malavita nazionale, le cose erano però veramente cambiate.
L'impegno che faceva spendere quella donna era così enorme per via della sua storia e del suo mistero che Zenigata non aveva nient'altro pensiero che starle accanto per scoprirne meglio la storia e gli effetti che la riguardavano.
Perché per quello che riguardava l'effetto estetico, aveva lentamente (e letteralmente) fatto girare la testa a tutti: i suoi fluenti capelli rossicci, il suo sguardo suadente, il suo vestire provocante e i suoi modi di fare.
I suoi gesti, i suoi movimenti e la sua voce roca e dolce nell'ambiguità del suo personaggio erano la fine del mondo, anche per quel poco che molti sentivano di soppiatto, nelle ore dell'interrogatorio.
Solo Oscar sembrava veramente pensarla in un altro modo e vederla per quello che in fondo realmente era.
Un'approfittatrice, una donna che sottostava ad un destino più grande di quello che potesse sembrare, una che avrebbe portato nient'altro che guai a chiunque le fosse stato a fianco, una lurida e peccaminosa sporcacciona...
L'uomo smise improvvisamente di fumare con un'improvvisa amarezza pervadergli le costole e il cuore, una sensazione che da quando quella donnaccia era arrivata si era ampliata a dismisura.
Non sapeva esattamente spiegare perché sentiva quelle sensazioni, se qualcuno glielo avesse chiesto.
Il fatto che Fujiko facesse continua spola tra prigione, ufficio e i luoghi adibiti all'investigazione mandava sempre più la mente di Oscar in bestia.
Lei, con Zenigata, spesso soli.
Gli balenò in mente quella sera, nella quale lui entrò nell'ufficio del suo capo per salutarlo e lì trovò insieme, durante l'ennesimo interrogatorio, con lei pericolosamente vicina al suo "aguzzino", come soleva apostrofarlo melodrammaticamente.
«Buona serata anche a te, puoi andare» fu l'incerta risposta che sentirono le sue orecchie con fare vago e frettoloso.
Erano parole che mai Oscar aveva sentito pronunciare così dal suo capo, da quello che era diventato la persona più importante della sua vita.
La paura che Fujiko stesse soggiogando anche un signore come lui era ormai un chiodo fisso che non riusciva a togliersi di dosso e che non poteva affatto sopportare, per nessuna ragione.
Come poteva Zenigata aver perso quella lucidità maestrale che lo rendeva unico per una lurida puttana come lei?
Come poteva lasciare vincere la carne e permettere di rimandare la fine di un caso che per lui era inequivocabilmente contro quella megera?
Farsi prendere per la cravatta, sottostare ai suoi trucchi e sentire il sapore di un orgasmo dal sapore amaro, opportunista.
Quello che Oscar non sarebbe mai riuscito a spiegare al mondo era quell'affetto che sentiva per Zenigata e la gelosia che lo stava lentamente pervadendo e portando alla morte del suo infinito autocontrollo.
Tutti i ricordi, i sorrisi nascosti per non insospettire l'uomo che aveva al suo fianco e il percorso fatto insieme al suo mentore sembravano vani e privi di quella vitalità che avevano sempre avuto, per il suo animo ancora infantile ed inesperto come quando aveva 16 anni.
Erano passati dodici anni ma l'unica cosa che sembrava non essere cambiata era quello che custodiva un poliziotto diligente come lui: i sentimenti che percepiva e che comunque proteggeva dal male.
Un amore geloso e possente, che solamente Oscar, le sue sigarette e le notti di luna piena con le stelle a suggerire uno scenario incredibilmente ed atmosfericamente magico.
Ma di completamente positivo in Oscar, dal giorno in cui aveva visto Fujiko mettere piede nel loro ufficio, non rimaneva più niente.
Solo un rapporto più formale, differente e un amore che come il crimine non poteva più dilagare e mostrarsi pubblicamente.

 
[1020 parole]
(C) Watashiwa


 
angolo autore
Non so quanti di voi abbiano visto la serie "La donna chiamata Fujiko Mine" ma in ogni caso, ci tenevo a scrivere qualcosa in questa categoria in quanto amo la serie di Lupin, non potete immaginare quanto.
Oscar è l'assistente di Zenigata, tenente Oscar per la precisione... e data la visione della serie, ho potuto notare quanto consideri Fujiko una donna peccaminosa e "sporca".
Per cui, data anche la sua infantilità nonostante sia un adulto, ho supposto un affetto abbastanza morboso e particolare da parte di questo personaggio nei confronti del commissario, il tacere per evitare giudizi e problemi vari e il comportamento triste e possessivo di qualcuno che non sta più in prima linea.
   
 
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