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Autore: Sinnheim    21/11/2015    2 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Primo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Seguendo il consiglio della preside Faragonda, una Bloom adulta e segnata dagli eventi, decide di scrivere un diario sui fatti accaduti cinque anni prima, una tragedia che l'ha cambiata per sempre. La Bloom allegra e spensierata di una volta ormai non c'è più ma, attraverso la scrittura, riuscirà a trovare un po' di pace.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom, Daphne
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 5: GIOCO D'AZZARDO

 

 

Il rituale in sé era piuttosto semplice: si basava interamente sul concetto di Fiamma del Drago come struttura della vita e dell'Universo, per me che sono una Custode non mi era difficile da comprendere. Il problema più grande era ben altro: dovevo effettuarlo sulla Fiamma di Daphne e, quella, ce l'avevano le tre streghe maledette.

Tutto o niente, questo mi si prospettava per il futuro. Se volevo anche solo provare a riportare indietro Daphne attraverso quel rituale, dovevo riprendermi la sua Fiamma del Drago, quindi dovevo necessariamente far fuori le Trix.

Avrei dovuto affrontare tre nemici fuori da ogni portata, da sola, con solo due epiloghi alla fine dei giochi: la loro disfatta oppure la mia dipartita. In ogni caso, mi sarei sentita comunque vincitrice: avrei espiato il mio peccato, in un modo o nell'altro, attraverso la loro o la mia morte.

Così, con la furia nel cuore e la follia nell'animo, decisi di darmi un mese di tempo: dovevo tornare in salute, affinare i miei poteri ed escogitare un piano decente su come annientare le streghe. Non proprio una passeggiata nel parco, insomma.

I miei genitori erano assolutamente entusiasti dei miei miglioramenti, tanto che volevano dire a tutti la 'buona' notizia sulle mie condizioni. Parte fondamentale del mio piano di vendetta era quello di mantenere un profilo basso, di non farmi vedere né sentire da nessuno, quindi azzardai una scusa a cui abboccarono subito, per fortuna. Almeno, credo di sì? Forse si stavano solo sforzando di crederci davvero.

«Mamma, papà, vorrei che questa cosa non uscisse da qui. Vorrei che questo abbia almeno l'illusione di essere una cosa normale. Tornerò ad Alfea il mese prossimo, come se non fosse successo nulla. Mi serve... mi serve davvero».

Solitamente, sono una campionessa nel farmi scoprire quando mento, è come se un'insegna luminosa al neon mi spuntasse in fronte con scritto 'bugiarda'. Per il volere degli dei, quel giorno andò tutto liscio come l'olio. Che stress incredibile, non pensavo che mentire ai propri genitori fosse così dura.

Comunque, i giorni passarono in fretta e tutti pressoché uguali: mangiavo tutto quello che riuscivo a tenere nello stomaco, facevo tanta ginnastica e, nel tempo libero, leggevo il tomo che avevo trovato in biblioteca, tenendolo ovviamente nascosto per evitare rogne di qualunque tipo. Non ci vuole un genio per fare due più due se trovi tua figlia che studia un libro nel quale si spiega come riportare indietro i Custodi morti.

Imparare qualche nuova tecnica non poteva farmi che bene, inoltre fu lì che trovai qualcosa di molto interessante che mi permise di escogitare il piano che volevo portare a termine: nell'eventualità che ne avessi trovate, ero in grado di potenziare il mio potere assorbendo altre fonti di Fiamma del Drago, a patto che il mio corpo ne potesse reggere il peso.

Da lì, mi venne in mente l'idea più malsana della mia vita. Per quanto ignobile fosse il gesto, avevo un disperato bisogno di diventare più forte, molto più forte, così decisi di fare quel che era necessario fare. Ormai avevo imboccato la via della distruzione, non potevo tirarmi indietro. Dovevo far confezionare delle gemme false, tornare ad Alfea e rubare quelle vere contenenti la mia Fiamma del Drago, facendo regredire le ragazze alla forma Sirenix.

Già di per sé una follia, la questione era più complicata di quello che si potrebbe immaginare: nel momento in cui le Winx acquisirono il Bloomix, il mio potere si fuse al loro creando una Fiamma del Drago molto più potente di quella che donai a loro in principio.

Oltre che assorbire un potere già esageratamente grande, avrei assimilato anche un po' della loro magia natia. Io per di più ero un essere magico dotato di magia bianca pienamente formato, sarebbe stato come immettere aria in un palloncino già gonfio.

Non ero affatto sicura di riuscire ad incanalare tutta quella potenza, il mio corpo poteva non reggere, anzi, era decisamente molto più probabile che non l'avrebbe fatto. Stavo letteralmente scommettendo sulla mia vita. Beh, nessuno aveva detto che sarebbe stato facile.

Qualche giorno prima della partenza, mi guardai attentamente allo specchio: avevo ripreso peso, il mio volto non sembrava più quello di uno zombie ed ero anche un minimo allenata fisicamente. I capelli, d'altro canto, non andavano per niente bene.

In cinque mesi erano diventati una massa informe vermiglia, non proprio l'ideale per qualcuno che doveva passare inosservato. Me li feci tagliare molto corti rispetto ai miei standard, arrivavano appena sotto le spalle. Mi sentivo più leggera e… strana. Non ero più abituata a sentire l'aria fresca sul collo, era abbastanza gradevole.

Arrivò il giorno fatidico con una velocità disarmante. I miei mi accompagnarono fino all’entrata della grande anticamera del castello salutandomi entusiasti, mentre io mi portavo dietro una valigia enorme e un sorriso falsissimo sul volto; dissi loro che volevo prendere una navetta civile per Magix invece di viaggiare su quella della nostra famiglia, cosicché io potessi riprendere i contatti con le persone e riassaporare un minimo di normalità.

Ovviamente, erano solo un mare di frottole. Non appena tornarono nella sala del trono, posta al centro del piano terra e oltre la stanza in cui mi trovavo, finalmente potei mollare la recita e tornare nella mia camera di soppiatto.

Non fu particolarmente difficile: l’ala degli alloggi reale è situata al primo piano ovest del castello, per arrivarci si accede direttamente dall’anticamera stessa. Inoltre, se qualcuno mi avesse vista andare in quella direzione, di certo non avrebbe mai pensato che io stessi nascondendo qualcosa, al massimo che avevo dimenticato di prendere delle cose.

Una volta raggiunto l’obiettivo, abbandonai il bagaglio e presi dal suo interno uno zaino contenente le gemme false, mi misi dei jeans comodi, scarpe da ginnastica, una felpa nera con cappuccio che mi sarei calata sul viso per non farmi notare e mi fermai qualche minuto, contemplando per l’ultima volta la stanza con tutti i miei affetti.

Avevo insistito molto per farla fare simile a quella che avevo ad Alfea, senza troppi fronzoli o lussi da principessa, diciamo. Un bel letto grande, pareti azzurre che accarezzavano gli occhi e una grande vetrata che permetteva l’accesso al balcone, in quale dava proprio sul giardino reale. Semplice, proprio nel mio stile.

Sospirai amara e partii alla volta della fermata aereospaziale. Non avrei preso la navetta che indicai ai miei, aspettai infatti qualche ora più tardi passando il tempo a leggere il tomo, poi mi imbarcai. Dissi loro che sarei arrivata a destinazione di giorno, era fondamentale invece che io arrivassi di notte, per non essere vista.

Molti di voi si staranno chiedendo perché io fossi così restia dal farmi aiutare dalle ragazze. La vendetta non mi aveva accecato del tutto: dovevo comunque pensare ai pro e ai contro, essere razionale, se volevo spuntarla.

La risposta è semplice: anche se fossimo andate tutte insieme, anche se con noi ci fosse stato un esercito, non ce l'avremmo fatta comunque. Le streghe avevano già dato prova di poter gestire tanti avversari e anzi, potevano sfruttarli a loro vantaggio. L'unica via efficace era quella che avevo intrapreso, ovvero un combattente singolo dotato di enormi poteri, ma le Winx non me lo avrebbero mai permesso. Nessuno lo avrebbe fatto.

Quindi, ecco, sarei stata sola in ogni caso. Mi rilassai sulla mia poltrona, appoggiai la testa al finestrino e ascoltai un po' di musica durante il tragitto, preparandomi mentalmente a quello che dovevo fare. Nei lunghi viaggi tra Magix e Domino, io e Daphne condividevamo le cuffiette ascoltando insieme i brani che ci piacevano. Per gli dei, mi mancava così tanto.

Dopo tre, interminabili ore arrivai a destinazione. Come avevo previsto la città era deserta, era buio pesto e nessuno mi avrebbe notata mentre mi avviavo a piedi verso Alfea. La scuola non era molto distante, dovevo solo stare attenta ad occhi indesiderati.

Intravidi quella che fu la mia casa per molti anni. La scuola di Alfea si presentava magnifica come sempre, talmente grande da espandersi su due ali opposte, dando l’impressione di voler abbracciare chiunque varcasse la sua soglia. Il grande giardino centrale è stato luogo di interminabili sessioni di studio, nonché di giornate spensierate passate con le ragazze, mentre tutto intorno si estende un bosco a perdita d’occhio.

Quanti bei ricordi… mi fece un effetto strano entrare tra le sue mura, sentire i profumi degli alberi e i versi degli animali: nonostante non fosse passato poi tutto quel tempo dall'ultima volta che ci ero stata, in qualche modo sentivo di non appartenere più a quei luoghi. Alfea è un baluardo di protezione per le giovani fate, le fa sentire al sicuro e serene. Io, invece, mi sentivo continuamente esposta e profondamente agitata, eravamo in completa antitesi.

Arrivai alla porta principale con una certa fretta. In quanto professoressa possedevo la chiave, quindi entrai senza nessun problema. Gli alloggi degli insegnanti sono situati al primo piano, mentre quelli delle allieve al piano terra; i corridoi sono simmetrici ma, visto che le nostre stanze si trovano nell’ala est, imboccai il corridoio di sinistra e proseguii verso le scale.

Il complesso di appartamenti è raggruppato nella stessa zona e le porte sono sempre aperte, dovevo solo muovermi il più silenziosamente possibile. Mi tolsi le scarpe e applicai un incantesimo che rendeva il mio corpo semi solido: ero così leggera da non creare nemmeno spostamenti d’aria col mio movimento.

Entrai in ogni stanza in punta di piedi cercando perfino di non respirare. Ci volle molto tempo per concludere la mia ricerca, anche perché mi fermavo qualche minuto a osservare le mie amiche un'ultima volta per dire loro addio. D'altronde, potevo morire da lì a pochi minuti.

Alla fine, però, riuscii a prendere tutte le gemme e a sostituirle con quelle false, mi rinfilai le scarpe e, così come ero venuta, me ne andai con la tristezza nel cuore, gonfio di odio e di malinconia.

Mi rifugiai nella foresta davanti la scuola. Non avevo la più pallida idea di cosa sarebbe successo, quindi era meglio stare ben nascosti. Se io avessi fallito non lo avrebbe saputo nessuno, sarebbe rimasto solo un corpo morto e niente di più. Ripresi fiato e mi rilassai qualche minuto per distendere i nervi, poi guardai con timore la refurtiva.

Era arrivata l'ora. Raccolsi tutto il mio coraggio, presi la gemma di Aisha tra le mani e feci come indicava il tomo: chiusi gli occhi, incanalai il mio potere nell'oggetto e lo 'agganciai' alla Fiamma del Drago al suo interno. Si creò all'istante un legame molto forte e instabile, dovevo agire in fretta.

Raggiunto quel punto, iniziò il tiro alla fune: tirai, tirai con tutte le mie forze, cercando di vincere la resistenza che la Fiamma della mia amica mi opponeva, ma alla fine riuscii a portarlo dentro di me, nella mia essenza.

Provai sensazioni potentissime e contrastanti. Sentire nuova energia che mi pervadeva era piacevole, ma c'era altro di più amaro, di più oscuro: iniziai a percepire i sentimenti di Aisha, a vedere dei flashback del suo vissuto, alcuni belli, alcuni brutti, alcuni devastanti. La sua solitudine su Andros, la morte di Nabu, l’omicidio di Daphne.

Lasciai cadere a terra la gemma ormai vuota e ansimai pesantemente dalla fatica, realizzando finalmente a cosa stavo andando incontro: per compiere il prossimo passo verso la mia vendetta, dovevo sopportare il dolore fisico e sperimentare quello mentale delle mie amiche.

Mi venne un risolino quasi isterico, di chi davvero aveva perso il lume della ragione: niente di tutto quello sarebbe mai stato nemmeno lontanamente paragonabile al mio di dolore. Era fin troppo facile… almeno, era quello che pensavo all'inizio, dall'alto della mia follia.

Continuai quindi con le altre gemme. Sentii le loro emozioni, vidi le loro peggiori paure avverarsi e le feci mie, assimilandone il male. Se dal punto di vista emotivo era abbastanza 'facile' digerire il tutto, a livello fisico era tutt'altra storia: man mano che andavo avanti, un forte bruciore aumentava d'intensità nel mio corpo, facendomi provare la sensazione di stare sull'orlo di esplodere da un momento all'altro.

Presi il mio cellulare dallo zaino e cercai di specchiarmi per vedere cosa stesse succedendo: su tutta la mia pelle erano comparse delle piccole venature vermiglie, come se fossero lava su un terreno arido, i miei occhi divennero scarlatti e i miei capelli di un rosso ancora più acceso.

Mi spaventai a morte, ma non potevo fermarmi, non più ormai. Una volta che ebbi finito, mi accasciai a terra: mi mancava l'aria, il mio cuore batteva così velocemente che pensavo sarebbe uscito fuori dal petto, sentivo un dolore straziante in ogni cellula del mio corpo.

Il mio fisico stava decidendo se frantumarsi o se resistere. Arrivò pigramente il mattino, le mie condizioni non migliorarono: sentivo che il mio conflitto interiore non si stava risolvendo ma anzi, mi stava lacerando. Stavo morendo lentamente, dovevo far qualcosa, e in fretta.

Mi rassegnai agli eventi e decisi che mi sarei adattata nello spirito, tradendo la prima regola che mi ero data: non coinvolgere nessuno.

«Faragonda... devo andare da lei... non ho scelta».

Con fatica titanica mi rimisi in piedi, presi lo zaino e mi imbacuccai il più possibile nella felpa per non farmi riconoscere; le allieve stavano per iniziare le lezioni, la scuola sarebbe stata molto animata in quel lasso di tempo. Camminavo ondeggiando come una foglia mossa dal vento, percossa da dolori che mi stroncavano il respiro.

«Forza Bloom... cammina dritta... stringi i denti».

Sgranai gli occhi vermigli quando raddrizzai la schiena, una smorfia grottesca mi apparse sul viso. Camminai con una rapidità quasi inumana, mossa dalla più completa disperazione. Cercavo di ansimare silenziosamente, ma era quasi inevitabile non venire scrutata un po' dalle allieve, qualcuna mi prendeva anche in giro.

Comunque sia, nessuna di loro sembrava mi avesse riconosciuta, forse la fortuna era dalla mia parte. Mancava davvero poco: avvistai Musa all'inizio del corridoio che conduceva all'ufficio di Faragonda, così presi il percorso adiacente che sembrava deserto, bussai furiosamente e feci irruzione senza nemmeno aspettare il permesso.

«Ma... un po' di educazione signorina, non si entra in questo modo!»

La mia amabile preside era seduta al suo posto, impegnata come al solito nel firmare alcune scartoffie. Non mi aveva per nulla riconosciuta e, se non ci era riuscita lei, non ci sarebbero di certo riuscite le allieve. Mi tolsi il cappuccio di gran foga mentre le forze iniziarono ad abbandonarmi: Faragonda mi guardò con un terrore che mai le avevo visto in volto.

«Mi serve il suo aiuto... la prego!»

 

  
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