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Autore: Ink Voice    21/11/2015    0 recensioni
Come reagireste alla scoperta dell’esistenza di un mondo celato agli occhi della “gente comune”? Eleonora, credendosi parte di questa moltitudine indistinta di persone senza volto e senza destino, si domanderà per molto tempo il motivo per il quale sia stata catapultata in una realtà totalmente sconosciuta e anche piuttosto intimidatoria, che inizialmente le starà stretta e con la quale non saprà relazionarsi. Riuscirà a farci l’abitudine insieme alla sua compagna Chiara, che vivrà con lei quest’avventura, ma la ragazza non saprà di nascondere un segreto che va oltre la sua immaginazione e che la rende parte fondamentale di quest’universo nascosto e pieno di segreti. Ecco a voi l’inizio di tutto: la prima parte della serie Not the same story.
[RISTESURA+REVISIONE - Not the same story 1.2/3]
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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XV
Toccata e fuga

Ci dissero che Bellocchio era in presidenza e che dovevamo subito recarci lì: non ci diedero nemmeno il tempo, insomma, di riposare qualche minuto nelle nostre camere. Ero sicura che, appena quel capitolo si fosse chiuso - e lo avrebbe fatto dopo la chiacchierata imminente con Bellocchio, sarebbe tornata la parlantina imperterrita di Chiara, che da quando eravamo stati rapiti mi aveva detto pochissime cose - pochissime ne aveva dette in generale.
Non avrei saputo dire quali emozioni stessi provando. L’uomo al vertice delle Forze del Bene non avrebbe mai detto nulla di preciso sul segreto della mia identità, ormai ne ero sempre più convinta - ero influenzata anche dal comportamento di Camille, che ancora mi rodeva parecchio. Non avrei voluto anche quella ragazza insieme a noi mentre io e Gold cercavamo di estorcere al capo qualche informazione in più, troppo desiderosi di conoscerci fino in fondo - anche e soprattutto le parole di Cyrus mi avevano condizionata non poco.
E invece Bellocchio specificò fin da subito che Camille doveva rimanere. In più, congedò Chiara: la mia amica, che fu accompagnata da Diantha alla nostra camera, non reagì in un modo particolare, ma da una veloce occhiata capii che era molto irritata per quello. Sperai che dal mio sguardo di rimando avesse inteso che le avrei riferito tutto quanto. Dovevo ancora raccontarle l’intera, brutta conversazione avuta con il Comandante Victory.
L’uomo sembrava un po’ stanco. Le prime due volte in cui ci eravamo incontrati l’avevo visto esprimersi a forza di sopracciglia corrugate e occhiate severe. Invece ora aveva lo sguardo reattivo, un po’ meno adulto ed impenetrabile, e pure le sopracciglia erano lievemente inarcate. Sembrava stanco proprio perché non aveva una faccia seria ed austera come suo solito, anche se, avendolo incontrato solo due volte esclusa quell’occasione, non sapevo quale fosse il suo modo di presentarsi di tutti i giorni.
«Buongiorno» salutò con semplicità: nemmeno mi aspettavo che lo facesse, ma che andasse al nocciolo della questione senza preamboli. «Allora… Gold, Camille ed Eleonora. Premettiamo che quello che è successo a voi e all’altra ragazza è passato sotto silenzio per evitare che gli studenti dell’Accademia fossero preda del panico. Vi prego di non diffondere troppo la voce per non creare scompiglio: non dico che non ne dovete parlare a nessuno, ma trattate la questione con molta cautela. Siete stati via per più di un giorno e qualche vostro amico ha iniziato a farsi domande, stando a quanto hanno sentito dei professori. E a proposito di loro, l’insegnante che stava tenendo la lezione mentre venivate rapiti ha appurato che il resto della classe non si è reso conto di nulla, tutti erano troppo occupati a lavorare. Altrimenti la notizia si sarebbe sparsa e avrebbe fatto un po’ di baccano.»
“Un po’ di baccano?” Inarcai le sopracciglia. Però ero contenta che non avessero già detto tutto a tutti: non mi piaceva la prospettiva di dover rispondere a dozzine di domande dei miei amici, a cui avrei potuto spiegare cosa era successo con calma e solo quando lo avessi voluto io.
«Quello che è successo è molto grave. Cyrus si è comportanto come se la faccenda non avesse alcun peso e da questo abbiamo capito che le sue intenzioni erano soltanto di spaventarci. Ma purtroppo è riuscito ad uccidere Aristide, uno degli uomini migliori nella nostra organizzazione…» abbassò un po’ la voce. Dopo un lungo secondo di pausa, riprese con la stessa decisione di prima: «Ad ogni modo, da quello che ci è stato riferito da chi vi ha tratti in salvo e ha potuto parlare con voi, io ed altri miei colleghi abbiamo analizzato le parole di Cyrus che ci sono state riferite… ma riteniamo opportuno interrogare voi in persona e venire a sapere i dettagli: dopo la terribile giornata di ieri non era il caso di chiedervi un resoconto e tediarvi ulteriormente…»
La sua formalità mi sembrava artificiosa, costruita con troppa attenzione. Non mi piaceva molto il suo modo di parlare, ma forse era solo perché già immaginavo come sarebbe stato trattato l’argomento della mia identità e non mi ispirava affatto l’idea di dover confessare tutta la conversazione avuta con Cyrus al capo per non ricevere alcun chiarimento. Non in cambio, ma perché ne avevo veramente bisogno. Di sicuro Rocco e compagnia avevano detto all’uomo che a loro non avevo raccontato tutto e ora mi conveniva farlo: la punta di diamante della vecchia Polizia Internazionale, come lo avevo sentito spesso chiamare, non si sarebbe fatto ingannare da una ragazzina.
«Cyrus ha parlato solo con te, Eleonora, vero?»
Qualcosa mi aveva già suggerito che sarei stata la prima ad essere interpellata. «Penso di sì. A meno che prima di venire da me non abbia parlato con qualcun altro.»
«E da voi due chi è venuto? Camille?»
«Da me hanno mandato solo qualche recluta» disse lei. «In fondo non avevano niente da dirmi sul mio conto che io non sapessi già.»
Ci fu un collettivo inarcamento delle sopracciglia da parte di noialtri, Bellocchio compreso. L’uomo cercò di ignorare le parole pungenti della ragazza, che stava seriamente esagerando con quei comportamenti, e invitò uno stupito Gold a parlare. «Ehm… da me è venuto Plutinio.»
L’agente chiese al ragazzetto se gli avesse parlato di qualcosa in particolare e lui rispose: «Mi ha… ehm… diciamo che ha cercato di provocarmi, di infastidirmi. Ha detto che è per colpa della mia identità, che non conosco per niente, se alcuni miei familiari sono stati presi di mira dai Victory.»
Bellocchio fece un cenno d’assenso. Si teneva il mento, perfettamente sbarbato, tra il pollice e l’indice; aveva le braccia mezze incrociate. Dopo aver dedicato quel minuto della sua attenzione a Gold, si rivolse un’altra volta a me: «E Cyrus cosa ha detto a te, Eleonora, di preciso?»
Sottolineò talmente tanto quel “di preciso” che per poco non alzai gli occhi al cielo. Riferii per l’ennesima volta, o almeno così mi parve, ciò che mi aveva detto il Comandante Victory. Stavolta, però, lo feci con tutti i dettagli: nemmeno a Camille avevo riportato la conversazione per intero, sorvolando sulle cose che mi erano parse meno importanti. Evitai solo la parte in cui avevo cantato, sperando di attirare l’attenzione di qualcuno - e riuscendoci, e le parole di Cyrus: “Canti davvero bene. Non avevo alcun dubbio.”
Bellocchio appariva pensieroso: avevo evitato di guardarlo per tutto il tempo, ma quando finii di parlare mi sforzai di farlo. Forse si stava chiedendo come parlare del problema che Cyrus aveva creato, accennando - forse prematuramente, aveva lasciato capire Camille - al discorso della mia identità segreta. Mi chiesi se non ci fosse una possibilità che l’uomo tradisse le aspettative di Cyrus e ci raccontasse tutto su quella faccenda così delicata: sarei stata spaventata, pensando a come Camille avesse descritto il valore di quel segreto così terribile e gravoso, ma lo volevo davvero sapere. Insistetti sul diritto di sapere chi fossi, cosa che mi aveva turbata molto ma che ritenevo una delle poche verità che l’uomo doveva aver detto - così pensai. Presto capii che il Comandante Victory ci aveva visto fin troppo bene sulle intenzioni di Bellocchio e delle intere Forze del Bene.
E infatti l’agente disse, dopo un lungo silenzio: «Non vi è dato sapere, Gold ed Eleonora, ciò di cui vi hanno parlato Cyrus e Plutinio. Non è una cattiveria nei vostri confronti ma una precauzione necessaria, pure Camille vi potrebbe dire quanto sia delicato l’argomento. Per questo è più conveniente, sia per noi che per voi, tenervi almeno momentaneamente all’oscuro di questo segreto.»
«Momentaneamente?» chiesi. «Quanto a lungo, di preciso?»
«Non c’è un periodo di tempo preciso, Eleonora. Se possibile non vi verrà detto mai nulla.»
«In tutta la nostra vita?» insistetti, basita. Bellocchio annuì. Sbottai, infantilmente: «Ma non è giusto!»
Il capo mi guardò come a voler dire “e tu che ne sai di cosa è giusto e cosa no?”; in effetti, se la mia identità era così terribile e le Forze del Bene avevano già previsto cosa sarebbe potuto accadere se l’avessi conosciuta, era meglio che chinassi la testa e assecondassi il volere dei piani alti. Ma non riuscivo ad accettarlo: avrei potuto lasciar correre ma questo non significava nulla. Tuttavia, se sapere chi ero mi avesse ridotta ad uno squilibrio come quello di Camille - che negli ultimi tempi non si stava comportando molto normalmente, ero un po’ vacillante su quel desiderio sfrenato di capire. “Momentaneamente me ne starò buona, allora… e in futuro si vedrà. Anche Cyrus lo ha detto… prima o poi deciderò.” Rabbrividii: quell’uomo mi aveva influenzata anche troppo.
«Posso immaginare che sia frustrante non poter venire a sapere nulla, Eleonora - e anche Gold, e Cyrus avrà lavorato parecchio per tentarvi nei modi peggiori con questa faccenda» disse Bellocchio. «Ma dovete lasciar fare a noi. Non siete gli unici, voi tre, a nascondere un’identità ricercata sia dalle Forze del Bene che dai Victory; alcuni, come voi, conoscono questo loro segreto e pochi di loro l’hanno accettato senza problemi.»
Ebbi la sensazione che volesse aggiungere qualcos’altro ma che lasciò in sospeso il resto. Forse stava per dire qualcosa su quelli che non avevano preso molto bene la notizia della loro speciale identità, ma aveva ritenuto opportuno non proseguire. Mi ripetei che ridurmi nello stato di Camille non mi ispirava affatto e per il momento preferii bearmi nella mia ignoranza, siccome sembrava essere diventata sinonimo di pace interiore. Il fatto di non essere una delle poche che aveva dentro di sé qualcosa di particolare, stando a quanto aveva detto, in un certo senso mi confortò. L’idea di essere un’eccezione alla regola come Gold e Camille mi impauriva un po’: già non essere soltanto in tre mi faceva sentire meno a disagio.
Lì, più o meno, finì la conversazione con Bellocchio. Non sapevo quale opinione farmi del capo delle Forze del Bene: era sotto il suo comando che la guerra proseguiva da addirittura otto anni? Sembrava sapere il fatto suo, ma se le cose stavano così non era ancora in grado, dopo tutto quel tempo, di sconfiggere la minaccia dei Victory. Che fossimo noi “speciali” una delle cause per cui il Victory Team e le Forze del Bene si stavano combattendo?
Me ne andai subito in camera e vi ritrovai Chiara. Mancava poco all’ora di pranzo e, ora che mi ero più o meno rasserenata, l’appetito perpetuo che mi caratterizzava era tornato più vivo che mai. Non vedevo l’ora di incontrare Ilenia, Sara, Daniel e tutti gli altri, anche se ancora non sapevo se avrei raccontato subito le cose che erano successe. La salutai stancamente e lei subito mi chiese: «Potresti fare un riassunto anche per me?»
Le riportai pazientemente tutto quello che mi avevano detto sia Bellocchio che Cyrus. «Allora… Cyrus mi ha invitata subito a confidargli i miei dubbi, tutti quelli che mi sono venuti durante l’anno passato in Accademia e che mi stavo facendo in quel momento. All’inizio non glieli volevo dire, ero sicura che volesse distrarmi o prendersi gioco di me in qualche modo, o comunque trarre vantaggio dalle mie debolezze… ma appena mi sono rifiutata ha iniziato a parlare del diritto di sapere certe cose, anche se qualcuna rimarrà senza spiegazione per un po’ di tempo. Ha detto addirittura che le verrò a sapere la prossima volta che ci vedremo!»
Chiara inarcò le sopracciglia. La sua espressione era molto seria, in un certo senso critica. «Non capendo di cosa stesse parlando, gli ho fatto notare che sembrava aver già deciso di lasciarci andare senza problemi e che era sicuro che le Forze del Bene sarebbero arrivate di lì a poco. Non so se sia una stupida provocazione o se prenderlo sul serio… il fatto che sembrasse così sicuro di sé mi ha fatto molto paura. Poi ha detto che… ha ribadito che ci vedremo altre volte, ed è arrivato a pensare che un giorno lascerò le Forze del Bene per unirmi ai Victory.»
«E perché mai dovresti?»
«Adesso ci arrivo. Più parlava e meno capivo quello che stava dicendo, proprio come te ora, insomma. Lui ha visto che ero in difficoltà e mi ha detto che la situazione è difficile e che mi sarà chiara solo tra qualche tempo, era dispiaciuto di farmi aspettare e cose del genere… Dopo un po’ si è messo a dire che “noi delle Forze del Bene” non dovremmo demonizzarli, i Victory, e lì mi sono scaldata leggermente» borbottai. «Gli ho ricordato, diciamo così, che sono stati loro ad abbassate le barriere che separavano il quartiere nord di Nevepoli dal resto della città, che se non lo avessero fatto io e te ora non saremmo in questa situazione e per questo motivo voglio essere loro nemica.
«Lì le cose hanno iniziato a complicarsi.» Mi sforzai di ricordare le parole più o meno precise di Cyrus: «Mi ha detto che le Forze del Bene, togliendomi a loro Victory, mi hanno impedito anche di conoscere me stessa. Ha fatto molta pressione sul diritto di conoscere chi sono, qual è la mia vera identità. Non mi hanno dato la possibilità di saperlo, o comunque di farmi decidere se andare a fondo in questo problema o rimanere nell’ignoranza… e soprattutto non mi hanno mai voluto dire che c’è un motivo preciso se le barriere furono abbassate, quel giorno.
«Ho provato a negare e a dirgli che sono una ragazza normale, ed è così, secondo me, perché non ho niente di strano o di sovrumano che possa averli interessati a tal punto da fare una cosa del genere. Sono una ragazza assolutamente anonima e ordinaria, no? No, a quanto pare lo sono solo apparentemente» mi risposi da sola un momento dopo. «E perciò sono una persona speciale. Talmente tanto che i Victory hanno cercato di catturarmi… e tu ci sei andata di mezzo. Le Forze del Bene hanno fatto di tutto per non farmi sospettare nulla, ma, come ha detto Cyrus, non ho mai minimamente pensato che ci fosse una ragione particolare per cui i Victory avessero cercato di prenderci… cioè, di prendermi. Non mi sono mai posta la questione, davo per scontato che volessero altre reclute, semplicemente, ma Cyrus ha detto che non hanno proprio bisogno di… non so, diciamo di altre bocche da sfamare, l’ha messa un po’ su questo piano.
«Comunque, gli ho chiesto cosa avessi di speciale. E ovviamente lui non me lo ha detto! Ha fatto pure peggio. “Il giorno in cui qualcosa in te cambierà, se farai le scelte giuste, allora saranno soddisfatti tutti i tuoi dubbi”…» Avevo imparato a memoria quella frase, a forza di risentire la voce di Cyrus nella mia mente. «In parole povere, già pensa che prima o poi passerò dalla parte dei Victory pur di conoscere questo segreto, perché sa bene che le Forze non mi diranno mai nulla, almeno per tantissimo tempo. Prima Bellocchio ha detto che potrei non venirne mai a conoscenza, per tutta la mia vita, se fosse necessario… a quanto pare, questo segreto è fonte di pericoli ed è una responsabilità molto gravosa. Credo proprio che Camille sia impazzita per colpa della sua identità.»
«Camille?» Chiara si stupì. «Lei è una speciale? E dici che è fuori di testa?»
«Sì. È molto molto pazza. Tra l’altro, ha assistito all’incendio di casa sua, a Kalos, e forse alla morte dei suoi familiari… i Victory hanno cercato di catturarla, essendo lei una speciale, per l’appunto, e hanno preso misure non poco estreme per portarla dalla loro. Solo che è riuscita a scappare. Mi ha raccontato tutto Cyrus» precisai. «Ecco, credo che tutto questo l’abbia resa un po’… tocca.»
«È un po’ tocca o molto molto pazza? Deciditi, su.»
Ridacchiai. «Molto molto pazza, in effetti.» Le raccontai le cose strane che aveva fatto per farmi arrivare a pensare che non stesse a posto con il cervello: la domanda sui “sogni che lasciano il segno” e l’espressione crudele che, era palese, si stava beffando del fatto che lei ne sapesse molto più di me, su quella faccenda, e infine le parole rivolte a Bellocchio, anche in quel caso per sottolineare la sua grande conoscenza del segreto.
«Wow» mormorò Chiara. «Be’, Ele, non prenderla come esempio allora! Non so perché lei sappia chi sia e tu no, ma forse è veramente meglio che resti all’oscuro di questo per qualche tempo. Almeno per riuscire ad assimilare la notizia e a fare, uhm, a fare l’abitudine a questa cosa della tua identità speciale. Magari quando vedranno che non è più una cosa in grado di sconvolgerti si decideranno a parlartene, e a quel punto tu non rischierai di perdere i neuroni com’è successo a Camille.»
Annuii. «Bellocchio ha detto più o meno questo. Che l’argomento è delicato e che questa è una precauzione, che Cyrus si è comportato come se questa faccenda fosse di infima importanza eccetera…»
«L’importante adesso è goderci il rientro all’Accademia!» esclamò all’improvviso lei, riprendendo i suoi bei toni energici e pieni di vitalità. Si stiracchiò rumorosamente, senza ritegno, e sbuffò: «Dobbiamo spiegare al tuo ragazzo e al resto della compagnia cosa è successo…»
«Chiara
Scoppiò a ridere per il mio tono lapidario. «Eddai, fatti prendere in giro, Supergirl!»

Così riprese la nostra permanenza all’Accademia: esattamente allo stesso modo in cui l’avevamo brevemente interrotta. Dopo aver raccontato per l’ennesima volta - iniziavo a stufarmi, ma Chiara mi aiutò a riferire tutto - ciò che era accaduto, stavolta con i nostri amici come pubblico, la pesantezza delle cose successe sembrò evaporare grazie all’effetto quasi magico dell’Accademia. Chiesi a Chiara di evitare di parlare con Ilenia, Daniel e gli altri del fatto che fossi speciale e lei mi promise che non l’avrebbe detto a nessuno. Mantenne sempre la parola data.
Sara, Ilenia e Daniel, le persone a cui forse stavo più a cuore e con cui avevo legato di più, sembrarono farsi più apprensivi e premurosi. Mi parve che riservassero più attenzioni a me che a Chiara, però, e di certo il motivo non era perché io avevo incontrato Cyrus e lei no. Anche Angelica non si risparmiò, per parecchio tempo, di preoccuparsi sia per me che per la mia amica. Da un lato i ragazzi sembrarono molto spaventati per quello che ci era successo, dall’altro i più grandi - Cynthia in particolare, com’era prevedibile - parvero quasi invidiare un confronto così ravvicinato con i Victory.
La notizia della morte di Aristide aveva sconvolto gli animi di un po’ tutti i ragazzi dell’Accademia e, senza realizzarlo appieno, ci trovavamo in uno stato di equilibrio precario. Il Victory Team sapeva dove ci trovavamo, il nostro numero e forse anche chi eravamo, noi dell’Accademia - se tutte persone normali o se tra la moltitudine di giovani emergeva qualche “speciale”. Eppure le Forze del Bene non presero provvedimenti radicali: a detta loro, le barriere furono rinforzate e dei Pokémon addestrati, fino ad essere quasi indipendenti, posti appositamente a guardia della zona in cui ci nascondevamo. Sarebbe stato meglio trasferirci da un’altra parte, magari smistare gli studenti in varie basi segrete, secondo me; ma quando lo dissi, ragionando ad alta voce insieme ai miei compagni, loro mi risposero che la situazione nelle basi segrete era completamente diversa da quella dell’Accademia. Non erano luoghi in cui passare il proprio tempo ad allenarsi e seguire corsi o lezioni: lì si lavorava davvero e anche molto intensamente, ogni giorno, finché non si raggiungeva un livello più che dignitoso. Solo in quel momento ci si poteva permettere di evitare gli allenamenti giornalieri e che duravano da mattina a sera.
Inizialmente fui piuttosto inquieta nel sentire quella risposta: non tanto perché avevo paura di un mio possibile futuro in una base segreta, piuttosto perché non mi sentivo molto al sicuro nell’Accademia. Eravamo davvero ben protetti? Le poche attenzioni prese dalle Forze del Bene sarebbero bastate per evitare la minaccia dei Victory per un ragionevole periodo di tempo? Non avevo veramente paura ma la campana di vetro mi sembrava sempre più terribilmente fragile. Il rapimento ad opera dei nemici era diventato paragonabile ad un trauma, non di grossa entità ma certo non indifferente. I miei sonni non erano più molto tranquilli ed era colpa di Cyrus, la cui voce, nei momenti in cui non ero impegnata in altro, risuonava nella mia mente e mi ricordava che la questione della mia identità era ancora aperta, sempre pronta a darmi parecchio filo da torcere. Se mi svegliavo in un bagno di sudore non era per sogni che avevano lasciato il segno, né perché i giorni erano passati ed eravamo entrati nell’estate; il motivo erano i vividi ricordi di Cyrus e della prigionia.
Non capivo bene perché avessi più paura dei Victory dopo più di due settimane da quello che era successo che rispetto ai giorni immediatamente successivi al fatto. Iniziai a sentirmi sempre più spesso a disagio e a temere i momenti di solitudine: starmene con le mani in mano voleva dire rivivere quegli eventi e riascoltare le parole di Cyrus, che mi avevano veramente mortificata. Volevo sapere chi ero e allo stesso tempo ne avevo molta paura.
Il rapporto con Camille non aveva subito né miglioramenti né peggioramenti. In effetti neanche ci parlavamo. Se mi era possibile evitavo pure di guardarla, avevo paura che mi tormentasse: non mi fidavo più di lei, iniziai a crederla veramente fuori di testa - sulle prime era stato uno scherzo da ripetere spesso con Chiara, pian piano era diventato la verità, almeno per me. Anche l’amicizia con Gold era sempre uguale, forse il segreto comune ci aveva avvicinati ancora di più, ma in quel caso si trattava di affetto e di sana rivalità tra Allenatori: non era la specie di astio e di riluttanza che provavo quando Camille era nelle vicinanze.
Riuscii ad isolare l’ansia che mi prendeva al ricordo di quei due lunghi, sconvolgenti giorni a pochi momenti di riflessione. Le lezioni erano state sospese fino all’inizio di settembre, come minimo, e mi ritrovai improvvisamente con molto tempo libero a disposizione. Una volta ripresi tutti i contatti con i miei amici e pure i miei Pokémon, mi organizzai una semplice, rassicurante routine nella speranza che mi distraesse per i due-tre mesi a venire: avrei coltivato sempre più approfonditamente le mie amicizie, avrei finalmente fatto largo uso della piccola biblioteca dell’Accademia e avrei sicuramente allenato un po’ i miei Pokémon, con l’obbiettivo di far evolvere i compagni che ancora dovevano raggiungere gli ultimi stadi: Altair in primis, poi anche Diamond e Pearl.
Eppure non ebbi neanche il tempo di abituarmi a quei nuovi ritmi che la mia routine fu interrotta nuovamente, in un modo del tutto inaspettato. Ricordo bene che ero sola in camera a leggere, sdraiata sulla mia amata branda, perché Chiara era uscita per andare a chiedere qualcosa ad un Capopalestra. Proprio la mia compagna di stanza spalancò la porta e fece irruzione in modo scomposto, tutta ansimante, paonazza.
La guardai incuriosita e sorpresa e le chiesi cosa fosse successo per ridurla in quello stato. Lei deglutì un paio di volte e si degnò di chiudere la porta. Dopodiché quasi mi prese di peso per tirarmi su dal letto, ignorando bellamente le mie esclamazioni, e mi gettò le braccia al collo stringendomi in un abbraccio soffocante.
«Torniamo a Nevepoli! Torniamo a casa!!» mi strillò nell’orecchio. «Per una settimana… possiamo tornare! Me lo ha detto Gardenia, tra pochi giorni ci fanno andare a trovare… Aaah!! Non ci credo, non ci credo! Torniamo!»
Mi ci volle un po’ per abituarmi al volume assordante della sua voce euforica ed acuta e a quel punto potei decifrare le sue grida gioiose. Altro tempo mi servì per capire cosa volesse dirmi con quei piccoli deliri. Con una calma sorprendente, e soprattutto innaturale, ne realizzai il significato.
Subito dopo mi fu chiaro che, tornando a Nevepoli, avrei finalmente ottenuto una risposta al silenzio che c’era stato quell’inverno, quando Chiara aveva ricevuto una lettera dai genitori e io no. Mi sforzai di partecipare alla contentezza sconfinata della mia migliore amica ma anche quella volta fui non poco egocentrica: pensavo soltanto al fatto che di lì a pochi giorni avrei incontrato i miei genitori e avrei avuto le risposte che cercavo proprio da loro.
Non me lo spiegai, ma non mi emozionai particolarmente per quella notizia. Non mi figurai un abbraccio commosso da parte di mia madre e di mio padre, né una valanga di domande sulla mia nuova vita: l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era quell’altra. Avrei chiesto loro perché mi avessero praticamente abbandonata a me stessa e già pretendevo una risposta accettabile. Iniziai ad avere paura del ritorno a casa: e se fosse stato deludente? Come mi sarei comportata? Avrei davvero cercato subito una spiegazione al dilemma di quei mesi o, davanti ai miei genitori, avrei desiderato soltanto il loro affetto?
La notizia del rientro a casa per tutti i ragazzi, che sarebbe durato una settimana, fu diffusa separatamente per evitare lo scompiglio che sarebbe succeduto a quella tempestosa novità. Ma appena ci ritrovammo tutti insieme per i pasti fu inevitabile l’espressione di una gioia incontenibile, quando tutti erano stati messi a conoscenza della decisione. Non sapevamo chi ringraziare per quella cosa meravigliosa. Mi lasciai trascinare dalle grida di giubilo e dalla felicità, che era dilagata a macchia d’olio tra tutti noi ragazzi, e potei essere veramente felice immaginando la faccia dei miei genitori - e la mia - nel rivederci. Era passato quasi un anno! Me ne resi veramente conto solo allora.
Tornai a Nevepoli con Bianca, Gold e Chiara. Il mio bagaglio era leggero ma sentivo le gambe pesanti e lo stomaco chiuso in una stretta terribile. L’emozione era stata di nuovo contaminata dalla paura; il cuore accelerava e decelerava i suoi battiti senza preavviso, tanto che un momento faticavo a respirare con naturalezza e quello dopo mi sentivo stanchissima per gli scatti che faceva. Bianca e Gold fecero il piacere a me e Chiara di tornare alle nostre case da sole: ci avrebbero raggiunti non appena lo avessimo chiesto, informandoli con il Gear.
Ero veramente in ansia mentre ripercorrevo le strade, che non erano cambiate ed erano sempre piene di neve, affollate da poche macchine e ancor meno persone, che ancora mi erano familiari. Mi stupii di ricordarmi perfettamente il tragitto. Le villette a schiera si facevano sempre più riconoscibili e presto distinsi quella in cui avevo abitato fino al primo settembre dell’anno prima.
Non riuscii a correre per raggiungere prima il cancello, credevo di avere le gambe fatte di piombo. Non servì sveltire il passo: mi parve di arrivare a destinazione pure troppo presto. Dovetti richiamare tutte le mie forze solo per suonare il citofono. Trattenni il fiato, aspettando da un momento all’altro che la porta di casa si aprisse.






Angolo ottuso di un'autrice ottusa
Mi sono leggermente stufata di questo remake. Non vedo l'ora di finirlo, sinceramente! Per fortuna mancano solo tre capitoli, ma se penso che poi mi toccherà rivedere un bel pezzo della seconda parte e tutta Ribellione, a cui ancora non ho messo mano... qualcuno mi dia alle mie giornate un'ora in più di tempo per organizzarmi con tutto!
Il capitolo si chiama "Toccata e fuga" perché perché è un breve momento di transizione tra una cosa e l’altra, le protagoniste passano molto poco tempo all’Accademia prima di ripartire. Il prossimo è quasi pronto, come già detto è il terzultimo; il penultimo sarà un'altra specie di transizione e poi arriva il finale, che penso sarà l'unico in cui gli eventi descritti non saranno cambiati sostanzialmente come è stato fatto finora.
E quindi, con questi presupposti, come vi aspettate che venga trattato il ricongiungimento familiare del prossimo capitolo? Penso che mi odierete! :P
A presto,
Ink
  
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