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Autore: Nico    28/02/2009    1 recensioni
"Chiude gli occhi e si lascia cadere, stringe le palpebre più forte che può perché non vuole vedere ciò che non esiste, non è la prima volta che succede, non sarà l'ultima probabilmente, ma forse lo vorrebbe... Miraggi."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maria De Luca, Michael Guerin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Miraggi


Cammina nel deserto come un esploratore che ha smarrito la strada. L'acqua è finita, l'ultima goccia imperla ancora l'orlo della borraccia, ma non basterà a dissetarlo, e gli altri lo hanno lasciato lì a morire.

E' bastata una piccola tempesta di sabbia e lo hanno perso di vista, forse lo hanno cercato, forse le loro voci si sono smarrite nel vento, e alla fine lo hanno dimenticato.

Si trascina carponi, le labbra screpolate non fanno nemmeno più male, ma gli occhi bruciano come una ferita, inondadati dal sale del suo sudore.

Guarda in alto e l'azzurro del cielo è accecante, totale e spaventoso nell'immenso vuoto che crea, come un enorme buco senza confini.

La paura gli stringe lo stomaco, lo costringe ad abbassare lo sguardo verso qualcosa che abbia forma e meno colore, qualcosa che sia meno bello della libertà che tutto quell'azzurro gli evoca, ma più reale.

La tristezza è reale, la solitudine è reale. A cosa aggrapparsi, se non a quello che conosce?

Si rivolge alla sabbia, che vola via leggera e si posa su altra sabbia, che cambia continuamente e che pure rimane sempre la stessa.

C'è un'ombra scura più avanti, c'è qualcosa... una pozza d'acqua? Un cespuglio striminzito?

Avanza, incespica, cade ma si rialza, non riesce a smettere di sperare che ci sia ancora una speranza, e allora continua ad andare avanti, continua a guardare quel briciolo di colore svanire, assorbito dalla moltitudine di granelli che cambiano e si muovono come se avvessero una vita propria.

Forse ce l'hanno davvero, e formano una creatura enorme nel suo insieme, che inghiotte ogni cosa, che dissecca e che trasforma ciò che incontra in una parte di se stessa.

Miraggi.

Chiude gli occhi e si lascia cadere, stringe le palpebre più forte che può perché non vuole vedere ciò che non esiste, non è la prima volta che succede, non sarà l'ultima probabilmente, ma forse lo vorrebbe.

Sommerso da tutta quella sabbia cosa potrebbe diventare? Una mummia? Cibo per qualche animale creato dalla natura in maniera così perfetta da riuscire a vivere in quel deserto?

In un modo o nell'altro diventerebbe parte di qualcosa di più grande e infinito, proprio perchè sabbia, polvere e vento non hanno un inizio e nemmeno una fine, si combinano in tanti e tali modi da essere un tutt'uno, chiudono il cerchio.

Diventa quasi facile abbandonarsi a quel miraggio di perfezione. E di nuovo è lì, quella parola.

Miraggi.

Ingannevoli, affascinanti, intriganti e vuoti come i sogni che, per quanto li insegua, sono sempre un pò più veloci di lui, irraggiungibili.

Quel rumore di acqua che scorre è l'ultimo scherzo che gli giocherà il cervello, e quell'ultimo sforzo che farà per scoprire se è vero è l'ultima chance che darà al destino.

E' così stanco, così afflitto, e vorrebbe poter dire "no, basta", lasciarsi andare davvero e perdersi per non ritrovarsi mai più, senza la voglia di cercare se stesso così come gli altri non hanno avuto voglia di trovarlo o tempo di aspettarlo.

La dura realtà è che è un debole, non è in grado si abbracciare un nuovo destino, non sa cosa c'è dall'altra parte e ha ancora troppa paura per volerlo scoprire.

Se solo avesse stretto più forte quella mano, se solo quelle luci non lo avessero accecato e spaventato così tanto, allora... allora, forse, e solo forse, sarebbe al sicuro dentro la tenda da campo con gli altri, e non perso dietro al gorgoglìo di un torrente che è solo nella sua testa e nei suoi occhi.

Allunga una mano, certo che non toccherà altro che sabbia bollente, spera di continuare a vedere acqua che scorre, si convincerà che è così e se ne riempirà le mani e la bocca fino a soffocare, spera di essere già arrivato al punto in cui la testa non distinguerà più il sogno dalla realtà, così morirà sopraffatto dalla più grossa bevuta della sua vita, sabbia dentro e fuori che cancella tutto, dolore, rimpianti e solitudine.

La punta delle dita è bagnata, “grazie a Dio”, mormora, e anche se le labbra sono ormai così secche che è impossibile percepire il contatto tra loro, un sorrio le increspa.

E' già abbastanza fuori di se da assaporare il miraggio, da sentirlo umido e invitante sotto i polpastrelli, e alzando la testa si rende conto che non è una pozza d'acqua quella che crede di vedere, ma la foce di un fiume che si getta nel mare.

Con fatica si alza in piedi , le gambe sono di burro e le braccia pesanti come il granito, ma ce la fa, vuole farcela perché tutta quell'acqua è lì a portata di mano e può essere vera oppure no, ma a chi importerebbe?

Barcolla verso il greto del fiume e tenta di chinarsi di nuovo, si stupisce di essere ancora così distante perché solo poco prima le sue dita toccavano l'acqua.

Sa quello che deve fare, ma di nuovo la paura lo attanaglia. Volta il capo e la guarda negli occhi, vuole riuscire ad affrontarla questa volta, perchè sa di avere una via di uscita e non può sprecarla.

Sono le mani del deserto a tenerlo bloccato, le dita di sabbia, secche e adunche, lo stritolano in una morsa d'acciaio irresistibile.

Grida nella sua testa si confondono con risate di qualcun'altro, con rumore di giochi di bambini che non sono lui, con occhi che guardano da dietro un albero, consapevoli che non saranno mai loro ad essere dall'altra parte, quella felice, amata.

Ma l'acqua è lì, di nuovo vicina, e la corrente gli lambisce le caviglie, poi i polpacci, le cosce e la vita. Quando raggiunge il torace le mani di sabbia diventano più scure, appaiono più solide più vere e terribili, ma anche questa è solo un'impressione, una specie di miraggio.

Cominciano a sgretolarsi, invece, a sciogliersi e a svanire nel liquido come prima erano trasportate dal vento, e ad un tratto sono sparite.

C'è il fiume in piena al loro posto, è pericoloso, tanto quanto il deserto.

L'acqua è verde scuro e color terra, la schiuma ribolle in superficie come la rabbia, come se gli stesse gridando qualcosa che lui non riesce a sentire.

Ma deve! Deve sentire! Perchè la voce del fiume è arrabbiata con lui, in quel punto, ma solo un po' più giù, vicino al mare, quando le acque torbide si mischiano con quelle cobalto del mare, è dolce come la voce delle sirene, i miraggi dei marinai.

Sono mostri, è probabile che sia così, ma chi non vorrebbe finire la sua vita tra le braccia di una tale visione?

Si lascia andare a peso morto e la corrente, con la stessa facilità con la quale trascinerebbe un pezzetto di legno, lo porta via con se.

Galleggia, per un attimo, ma sa che non può durare, e quando l'acqua comincia a sommergerlo non c'è stupore né paura, ma solo la voglia di raggiungere il mare e di mescolarsi a lui fino a non distinguere più la differenza.

Fino a tendere la mano al miraggio, fino a sperare di trovarla o morire nel tantativo di farlo.


Quando apre gli occhi sono solo lenzuola di cotone aggrovigliate attorno alle sue gambe ad avvilupparlo. E' confuso, per un momento, sopraffatto dalla rivelazione di non essere sommerso dall'acqua, quasi deluso dalla consapevolezza che non raggiungerà mai il mare.

Ma la mano c'è, è fresca come immagina possano essere quelle delle sirene, ed è posata sulla sua guancia.

E proprio di fronte a lui sono gli occhi del fiume, tumultuosi come quando ci sono le rapide, ma con la promessa della calma che solo l'incontro col mare può regalare.

Maria”.

Stavi sognando”, dice lei. “Avevi il respiro affannoso e ti agitavi”.

Lui si siede sul letto, e passandosi le mani tra i capelli sudati una parte del sogno ritorna prepotente ad accelerargli il battito cardiaco. E' sollevato, da un lato, non stà per morire di sete nel deserto, o stritolato da invisibili mani di sabbia, ma cosa può dire, di lui, un sogno del genere?

Cosa sognavi?”, chiede lei.

Lui non risponde, non sa cosa dire. Non ha studiato molto, non si è nemmeno diplomato e non conosce un mucchio di cose, ma riesce a capire che quello che c'è nascosto in quella parte che sperava nessuno potesse raggiungere, non è poi sepolto così in fondo come sperava, e basta che abbassi un attimo la guardia e non perde occasione per saltare fuori.

E' stato solo, dentro, anche quando dall'esterno poteva sembrare che non lo fosse, e ha avuto paura per così tanto tempo che ora che non è più così non ha ancora imparato a conviverci.

Chiaro, con tutto quello che ha passato... che hanno passato, i suoi timori non sono certo spariti nel nulla, ma la parte più scura di lui, quella bottiglia che, non importa cosa facesse, continuava a rimanere sempre mezza vuota, ora non lo è più.

La guarda, e quello che vede adesso nei suoi occhi è solo il mare e il suo colore, né verde né cobalto, solo calma. Solo Maria.

Stavi sognando loro?”, mormora lei. “So che ti mancano, sono la tua famiglia. I tuoi fratelli”.

Mancano anche a te”, dice lui, si tira un po' più su e la circonda col braccio.

Molto. E mi manca mia madre. Ma non c'era scelta. Ci abbiamo provato ma era una pazzia rimanere tutti insieme”, dice lei, e sembra quasi che parli con se stessa per convincersi che sia proprio così che stanno le cose.

Lui si sente in colpa, come sempre, e vorrebbe essere abbastanza egoista da non dirle “hai una scelta, Maria, tu puoi ancora tornare”. E vorrebbe non essere l'ipocrita che è, perché l'unico motivo per il quale le sta dicendo quelle parole è che sa con assoluta certezza che lei non tornerà indietro.

Lei appoggia la testa sulla sua spalla, si volta per baciargli il collo e di nuovo si rilassa contro di lui. “Posso farcela senza di loro, ma non senza di te. Siamo tu e io, Michael”.

Tu e io”, ripete lui, assorbito dall'enormità di quel concetto.

Ora non è solo, e chiunque lo abbia abbandonato, qualunque mano lui non abbia stretto abbastanza forte, non sarà mai importante come la sua, ed è orgoglioso di se stesso perchè quella, almeno, al momento giusto l'ha saputa afferrare.

La sente ridacchiare, è un suono che lo mette sempre di buon umore anche se tende a non farlo trapelare troppo, per evitare che lei se ne approfitti. “Che c'è?”, le domanda.

Niente, stavo solo pensando al team Guerin – De Luca. Siamo sempre stati autosuffcienti, noi due”.

Gli sembra passata una vita da allora, tante cose sono cambiate e lui sa di non essere più quel ragazzo. Lei non è più quella ragazza. Ma loro, insieme, sono qualcosa di diverso.

Insieme funzionano.

La sveglia sul comodino indica che sono le quattro del mattino. “Possiamo dormire ancora qualche ora”, dice lei, e muovendosi senza staccarsi l'uno dall'altra si sdraiano di nuovo, la testa di lei sul suo petto e il suo peso a calmargli l'animo.

Rimangono in silenzio, e anche se la mente vaga, anche se in quelle ore notturne in cui tutto tace, i pensieri, le paure e desideri si accavallano nella mente come un intrico di rovi, c'è una cosa che non sente più, una cosa che lo accompagnava dal suo primo ricordo, che credeva fosse parte di lui e della quale, invece, ha capito di poter fare a meno. La solitudine.

Pensava fosse il suo punto di forza, ciò che lo rendeva indistruttibile, impermeabile, e che non era altro che il suo unico, vero tallone di Achille.

Forse lei sta già dormendo, e forse sarebbe meglio che anche lui cedesse al torpore che pian piano sente avvolgersi attorno alle sue membra, ma è come se fosse riluttante a staccarsi da qualcosa, ad abbandonare un pensiero.

Maria”, sussurra.

E lei risponde subito, come se se lo stesse aspettando. “Dimmi”.

Prima, mentre sognavo... mi ricordo che c'era il mare. Ho sognato il mare”, dice lui.

Non sembrava un bel sogno, però”.

In parte è vero, ma alla fine lo è stato. Era come se qualcuno... qualcosa mi chiamasse. E c'era il mare”, lui tenta di spiegare .

Può darsi che fossero delle sirene! Devo essere gelosa di una sirena?”

Lui si volta su un fianco e la tira a se ancora di più, le bacia la testa e si riempie il naso dell'odore del suo shampoo. “Non dovrai mai essere gelosa di niente e nessuno. Soprattutto di una sirena”, dice.

Perché non di una sirena?”, chiede lei incuriosita.

Perchè le sirene non sono altro che miraggi, certe volte alcuni si avverano ma la maggior parte restano quello che sono. Fantasie e giochi della mente”, dice lui.

E se qualcuno di questi miraggi diventasse reale?”

Non accadrebbe più di una volta in tutta una vita, e a me è già successo”.

Lei rimane in silenzio, poi si volta, nasconde il viso contro il suo petto e lo bacia. “Buonanotte Michalel”.

Buonanotte”, risponde lui.

Hanno ancora a disposizione qualche ora di sonno.

  
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