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Autore: Bill Kaulitz    22/11/2015    4 recensioni
«Sarai mio marito, Tom. Finalmente lo sarai.»
«Non credi che dovremmo aspettare la notte di nozze per fare l’amore?» disse poi Tom, staccandosi e guardandolo negli occhi. Bill aveva le labbra gonfie e rosse. Fissò Tom per pochi istanti. Sorrise.
«È sempre la prima notte di nozze, con te. Ogni volta.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Sorpresa, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest
- Questa storia fa parte della serie 'Ti ricordi di me?'
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(SpinOff #3) JUST MARRIED

 

Erano passati quasi cinque mesi da quando Tom aveva fatto la proposta di matrimonio a Bill e, il giorno dopo, cominciò con l’organizzazione di quell’evento che stava aspettando da tutta una vita. Gli abiti non erano un problema, a quelli c’aveva pensato già Tom. Anche il ristorante, la location e le decorazioni erano state già decise. Mancavano sole alcune cose: le fedi, il deejay, gli invitati, i testimoni, il colore a tema, il colore dei fiori, le bomboniere, la torta e il vestito al bambino. La maniacale fissazione di Bill per l’ordine e la pignoleria, avrebbero portato solo risultati positivi. Sarebbe stato il matrimonio dei suoi sogni. Tutto sarebbe stato perfettamente al proprio posto. Nulla sarebbe andato storto. Non il giorno del suo matrimonio, previsto per il 21 dicembre. Ciò significava che Bill aveva esattamente due mesi per ultimare i preparativi.

Fortunatamente, durante questi mesi di stress, aveva coinvolto diversi amici e, per giunta, anche suo fratello nonché il suo futuro marito. Da solo non ce l’avrebbe mai fatta e persino un orgoglioso come lui, ammise che non ce l’avrebbe fatta senza l’appoggio di qualcuno. Persino il piccolo Alec – futuro paggetto – era stato coinvolto dai papà. Lui aveva scelto le decorazioni e per di più avrebbe deciso il colore dei fiori e del tema del matrimonio.

Cinque mesi erano già volati. Il giorno delle nozze pareva si avvicinasse alla velocità della luce e, più i giorni passavano, più l’ansia prematrimoniale saliva per entrambi. Presto sarebbero diventati marito e…marito.

*

Otto settimane al matrimonio

«Papà, quetto mi piace. Quetto coloe è bello pe fioii» cinguettò Alec, indicando dei bellissimi girasoli e un color zabaione per i centrotavola.

Bill prese in mano un girasole e lo osservò attentamente, come se non avesse mai visto un girasole in vita sua.

«Ti piace questo, amore?» il bambino non rispose, sorrise ed annuì. «Va bene Alec, allora prenderemo i girasoli ed useremo il color zabaione per i centro tavola.»

«No ma tranquilli, io non sono rilevante per la decisione del matrimonio che sto pagando tutto io.» disse Tom lasciato indietro. Bill si girò verso di lui con fare da diva hollywoodiana e si abbassò gli occhiali a specchio sul naso.

«Non ti piace il colore scelto da tuo figlio, Tom? Hai qualcosa da obiettare?»

«Papà cattivo. A me pace que coloe. Papà butto.» Alec mise il broncio ed incrociò le sue braccine al petto guardando con aria di sfida l’altro papà. Tom si avvicinò e si chinò sulle ginocchia accarezzandogli il capo.

«Ma certo che no, amore. Io sono arrabbiato con tuo padre, il colore è bellissimo. Avrei scelto anche io quello.» improvvisamente il volto di Alec si dipinse con un meraviglioso sorriso e cinse le braccia attorno al collo del padre che lo prese in braccio e gli stampò un sonoro bacio sulla guancia.

«Perché dovresti essere arrabbiato con me Thomas? Ricordati che siam rimasti d’accordo che per i preparativi me ne sarei occupato io. Tu non hai il buon gusto come me, caro futuro maritino.»

«Sono ancora in tempo per cambiare idea, Bill.» disse poi scherzosamente, sempre tenendo il bambino in braccio. «Dillo anche tu, Alec. Papà può ancora cambiare idea o vuoi che sposi il papà?»

Alec penso qualche istante prima di rispondere.

«Mi hai fatto fae disegno pe papà Bill. Quindi devi pposarlo pe forza.»

Bill scoppiò a ridere e inevitabilmente anche Tom.

«Quindi vuoi sposarmi solo perché nostro figlio mi ha fatto il disegno?»

Tom mise Alec per terra e, dolcemente, avvolse il viso di Bill fra le mani, baciandolo lentamente. Lo guardò negli occhi.

«Ti sposerei a prescindere da tutto.»

Bill sorrise e l’abbracciò.

«È proprio per questo motivo che ti amo.»

*

Quel pomeriggio Alec era andato da Corinne a giocare e Tom aveva il giorno di riposo, così come Bill. Si erano voluti dedicare un intero pomeriggio per loro visto gli ultimi tempi. Sia Bill che Tom erano immersi nel lavoro e, per giunta, erano alle prese con l’organizzazione del matrimonio. Lo stress era praticamente alle stelle ed entrambi erano sull’orlo di una crisi di nervi. Per questo motivo, avevano chiesto gentilmente ai vicini di tenere Alec per un po’ e lui, ovviamente, non poteva che esserne felice. Fortunatamente aveva stretto una grande amicizia con Corinne e anche la bambina sembrava andasse molto d’accordo con lui. Spesso era venuta anche a lei a casa loro e si era trovata davvero a suo agio. Vedere il proprio figlio divertirsi così gli rallegrava il cuore. Magari un giorno, avrebbero adottato un altro figlio, forse una femminuccia.

*

«Era da tanto tempo che non ci dedicavamo a noi due. Non trovi, amore?» Tom prese ad accarezzargli i capelli. Erano appena usciti dalla doccia ed ora erano sul letto a scambiarsi effusioni – ancora per poco –

«Sono così stanco, Tom. Alcune volte temo di non farcela. Il lavoro, il matrimonio, Alec, Pumba, la casa...mi sento un tuttofare.»

«Tu sei un bravo tuttofare, Bill. Non credo potrei farcela senza di te. Cioè, mi sentirei perso.» lo abbracciò forte come se non lo facesse da una vita e lasciò che il viso gli sprofondasse fra il suo collo.

«Sono io che mi troverei perso senza di te, Tom. Lo sai che è così.» Bill cominciò a baciargli il capo e ad accarezzargli i capelli. Il suo cuore, in quel momento, palpitava.  

«Sai cosa mi domando, ancora? Nonostante fossero passati quasi nove anni?» disse poi Tom, guardando Bill dritto negli occhi. «Se quel giorno non fossi mai venuto a fare la spesa o se quel giorno tu non fossi venuto alla tavola calda o tu non avessi trovato quelle foto…noi non ci saremmo mai incontrati, Bill. Non ci saremmo mai più ritrovati.»

Bill giurò di aver visto una lacrima rigare il viso del fratello ma, prima che lui se ne accorgesse, l’asciugò.

«Tom, quando due persone sono destinate a stare insieme, stanne certo che si incontreranno. Cosa ti dissi tanti anni fa?»

«…se due amanti commettono suicidio, essi si rincarneranno come gemelli…»

«Tom…quei due gemelli siamo noi…»

E prima che Tom potesse aggiungere altro, Bill si mise a cavalcioni su di lui cominciando a baciarlo con foga e passione. Iniziò a muoversi contro di lui e inevitabilmente, entrambi si eccitarono.

Iniziò a privarlo degli indumenti, ormai diventati inutili per ciò che stava per accadere. Gli sfilò via la maglia e prese a baciargli il petto liscio e virile. Gli sciolse il codino dimodoché i capelli potessero andargli sul viso una volta scambiate le posizioni. Faceva impazzire Bill.

«Ti amo, Bill.» sussultò Tom, preso dagli ansimi.

«Ti amo anche io.» proseguì Bill senza mai staccarsi dalle labbra del fratello. Tom l’aiutò a privarsi della maglietta, gettandola in terra assieme alla sua. I loro petti cominciarono a toccarsi.

«Ouch! Fa piano. Il piercing mi fa ancora male.»

«Già, mi ero dimenticato del tuo dermal. Sarà un altro piercing da leccare assieme a quello sul capezzolo.» maliziosamente Tom sorrise e, con un colpo di reni, fece ritrovare Bill sotto di lui. Come immaginava, i capelli di Tom cominciarono ad andargli davanti agli occhi, coprendoli in gran parte. Delle goccioline di sudore cominciarono a colare lungo la fronte e di conseguenza, dei ciuffi più corti si appiccicarono ad essa.

«Cazzo, Tom. Mi fai arrapare da morire conciato in questa maniera. Cosa cazzo aspetti a scoparmi?» avvinghiò le gambe al bacino e le braccia al collo del fratello spingendolo a sé.

«Non voglio scoparti, Bill. Voglio fare l’amore con te…come la prima volta. Ti ricordi ancora?»

Bill sorrise e lo baciò forte.

«Ho voglia di cambiare, Tom. Voglio provare a fare una cosa che non abbiamo mai fatto.»

Lo guardò dritto negli occhi e si morse sensualmente le labbra. Tom si piegò leggermente in avanti e cominciò a succhiargli e mordicchiargli il labbro inferiore.

«Ho già capito cosa vuoi fare. Ma voglio che tu me lo dica…»

Bill ebbe una scarica di adrenalina che andò a concentrarsi immediatamente nella parte bassa del suo corpo, e Tom non poté fare a meno di sentirlo. Avvicinò l’orecchio alle labbra del fratello e lo incitò a parlarle. Fu un sussulto. Un flebile suono che lo portò fuori di testa.

«Tom…voglio entrare dentro di te.»

Bill capovolse nuovamente la situazione, facendo ritrovare Tom sotto di lui. Lo rinchiuse fra le sue braccia e lo fissò.

«Non devi avere paura, Tom. So quello che faccio.» Tom non rispose, avvolse il viso del fratello con le mani e lo baciò.

«Non ho paura, Bill. Ho fiducia in te.» avvolse le gambe al bacino del fratello e lo attirò a sé.

«No, amore. Non così. Mettiti a pancia sotto e prendi la mia mano.» lo rassicurò Bill. Tom obbedì e si mise in posizione. Bill ammirò la sua schiena scolpita. Nonostante gli impegni, riusciva sempre a trovare del tempo per allenarsi e tenersi in forma. Teneva particolarmente alla sua immagine e questo non poteva che rendere Bill un uomo molto felice. Anche lui faceva quello che poteva, ma non sarebbe mai arrivato ai livelli di Tom. Non perché non gli piacesse, ma perché in famiglia doveva esserci una sola perfezione, e per Bill era lui.

«Devi solo rilassarti. Ti prometto che farò piano.» cominciò a baciarlo ovunque per poterlo mettere a suo agio e, piano piano, cominciò a preparare Tom alla sua presenza.

Tom non si era mai fatto toccare in quel punto, se non semplicemente per provare più piacere inserendovi solo un dito ma, rapporto completo, non l’aveva mai provato. Aveva pienamente fiducia nel fratello, ma al contempo, era terrorizzato.

«Ti sento tremare, Tom. Non fare così perché è peggio. Ricordi la mia prima volta? Ti prometto che non farà male. Stringimi la mano.»

Bill intrecciò la mano con quella dell’amante e la strinse forte. Cominciò a sussurrargli dolci parole e ogni tanto, lambiva il lobo.

«Sarà bellissimo, Tom. Adesso devi solo lasciarti andare. Rilassati…» e mentre sospirò quella parola, lentamente si lasciò scivolare dentro di lui. Tom quasi urlò a quel contatto e strinse automaticamente i muscoli, portando Bill in estasi.

«Tom, se stringi di nuovo così mi fai venire immediatamente.» ansimò lui, cercando di uscire leggermente.

«Cazzo. Fa-male-da-mo…da morire.» strinse forte gli occhi e serrò la mano di Bill. Voleva urlare. Ora capiva cosa Bill provasse ogni volta che lo facevano. Per Bill, invece, era una sensazione mai provata prima. Non l’aveva mai fatto. Era ancora vergine. Tom sarebbe stato il suo primo ed ultimo uomo. L’unica persona con il quale aveva condiviso ogni cosa e donato sé stesso.

«Tom…oddio Tom…è una sensazione… aaah…è una sensazione meravigliosa, cazzo.» automaticamente cominciò a spingere più forte e, pian piano, anche a Tom cominciò a piacere una volta abituatosi.

«Dimmi che ti piace, Tom. Dimmi se lo sto facendo bene…ti piace se faccio così?» si spinse più a fondo. «E così?» si fece ancora più dentro fino a far combaciare alla perfezione i bacino con il suo sedere. A quel punto Tom si inarcò di scatto e gettò la testa indietro. Aveva toccato il suo punto.

«Cazzo, Bill. Sì. Si. Mi…mi piace…non fermati…»

Bill si chinò fin quando il suo petto non coincise con la perfetta e statuaria schiena del fratello.

«Adesso che ho scoperto il tuo punto, non ho alcuna intenzione di fermarmi.»

*

Bill si lasciò cadere sfinito di fianco al fratello che, tentando di riprendere fiato, si accoccolò vicino a Bill avvolgendogli il fianco e facendo aderire alla perfezione il suo petto con quello del gemello. Inspirò a pieni polmoni il dolce profumo del suo shampoo alla vaniglia. Il suo collo odorava di buono e di bagnoschiuma alla ciliegia. Sembrava un dolcetto, piuttosto che una persona in carne ed ossa.

«Spero di non essere stato troppo rude. L’ultima cosa che voglio è averti fatto del male.»

C’era intesa fra loro. C’era sempre stata.

«No, al contrario. È stato bellissimo. E tu sei stato dolcissimo, come immaginavo.» gli dette un bacio sulla fronte e gli scostò leggermente i capelli appiccicatisi sulla fronte.

«Ancora non ci credo, sai?»

Il biondo si rintanò fra le braccia protettrici di Tom e lui non poté fare a meno di stringerlo ancora più forte.

«Ti consiglio di crederci, invece. Perché presto saremo sposati.»

«Secondo te…» fece una pausa. «Dovremmo dirlo a mamma e papà?»

«Cosa? Spero tu stia scherzando, Bill. Dopo tutto quello che ci hanno fatto passare? E poi sono quasi dieci anni che non abbiamo più a che fare con loro. Non mi importa nemmeno se siano o meno ancora vivi, figuriamoci se li voglio al nostro matrimonio. Non esiste proprio. E non voglio nemmeno tornare sull’argomento.» disse quelle frasi con un tono piuttosto duro e abbastanza arrabbiato ed infastidito, tanto che Bill si spostò leggermente e si accovacciò nella propria parte del letto senza voltasi verso di lui.

«Era solo una domanda, Tom. Pensavo fosse giusta come cosa.»

«Giusto? Perché loro si sono comportati in maniera giusta nei nostri confronti?» a questo punto Bill fu costretto a girarsi.

«No, affatto.» rispose lui in tono amareggiato.

«Ecco, appunto. Ci hanno mentito spudoratamente e non voglio assolutamente che mettano piede qui, né tanto meno che sappiano dove abitiamo. Ma poi come pensi reagirebbero se venissero a scoprire che ci stiamo sposando? Che abbiamo adottato un figlio? Bill, sono morti per noi. Morti.»

Bill non rispose. Annuì ripetutamente e si asciugò gli occhi con l’indice prima che la lacrima scendesse lungo la sua guancia.

Vedendolo triste, Tom si addolcì nuovamente e la sua espressione si rilassò. Sorrise e si avvicinò al fratello. Lo baciò di nuovo.

«Scusami Tom. Non volevo farti innervosire. È solo che…non so…magari possono essere cambiati in questo tempo, non trovi?»

«Tranquillo scricciolo. È tutto okay. Forse ho esagerato un po’…è solo che…non voglio pensare a tutto il male che ci hanno fatto. Magari ne riparliamo, okay?» gli accarezzò il petto. «Che dici…ci facciamo un’altra doccia?»

«Insieme?» chiese Bill.

Tom sorrise e gli dette un buffetto sul naso. «Avevi qualche dubbio?»

*

Tre settimane al matrimonio

I preparativi erano quasi giunti al termine. Bomboniere, invitati, tema del matrimonio, location, ristorante, catering, fedi nuziali, era tutto perfettamente come doveva essere. C’erano solo da apportare alcune modifiche allo smoking di Alec, scegliere il buffet di dolci e il gusto della torta nuziale. Ogni cosa era al proprio posto. Il gran giorno si stava avvicinando sempre più.

Quella mattina, Bill, Tom ed Alec si alzarono molto presto. Erano in viaggio per Los Angeles diretti verso una delle tanti sedi della pasticceria più famosa d’America: la Carlo’s Bakery.

Bill era completamente ossessionato dal programma TV di Buddy Valastro: Cake Boss e si era impuntato che, per il suo matrimonio, avrebbe ordinato la torta da lui. Fortunatamente, Las Vegas, era la sede più vicina a loro. Erano circa quattro ore di macchina. Partirono alle sei del mattino e, quel viaggio, fu una delle torture peggiori che Tom potesse mai subire.

«Papà, ho sete.» disse Alec dopo quasi un’ora di strada. Bill aggiunse che lui, invece, aveva bisogno di un bagno. Urgentemente, aveva sottolineato.

«Alec, se bevi tanta acqua poi ti viene da fare la pipì.» disse Tom guardando il figlio dallo specchietto retrovisore. «E tu invece sei abbastanza grande da poter trattenere la pipì fino all’arrivo.» si rivolse a Bill fulminandolo con lo sguardo. Bill sostenne lo sguardo minaccioso del compagno ed insistette.

«Se non vuoi che pisci sulla tappezzerie della tua amata Audi, ti consiglio di accostare al prossimo autogrill. E poi non vorrai far morire di sete nostro figlio, non trovi?»

Tom, esausto già alle sette del mattino, si passò una mano sul viso e duecento metri dopo si fermò al primo della lunga serie di autogrill al quale avrebbero sostato.

*

«Papàpapàpapàpapàpapàààààà!» stridulò Alec tirando un lembo della maglietta di Tom.

«Dimmi, Alec. Cosa c’è?» le occhiaie di Tom erano fin troppo evidenti e il suo aspetto era alquanto trasandato e stanco. Si strofinò leggermente una palpebra.

«Ho fame. Voio un connetto.»

«Amore, hai fatto colazione un’ora fa con i Kellogg’s e il latte con il cioccolato. Cosa vuoi di più?»

«Sono piccoo. E quindi mmi viene fame pu spesso.»

Tom si toccò con il pollice e l’indice il setto nasale e se lo massaggiò. Fare il padre era una cosa estenuate, specialmente se come figlio avevi Alec Kaulitz.

«Aspettiamo che tuo padre torni dal bagno e vediamo cosa dice.» si avvicinò al bancone ed ordinò un caffè. «…forte. Quanto più forte tu lo possa fare.» chiese al barista, massaggiandosi le tempie con la mano destra e contemporaneamente tenendo d’occhio Alec che stava guardando ammirato le caramelle gommose. Il barista, un uomo panciuto e piuttosto anziano, lo guardò con aria interrogativa.

«Vuoi qualcos’altro oltre al caffè, ragazzo?»

Tom scosse la testa.

«Anzi sì, ci sarebbe qualcosa. Mi rapisca e mi porti nel Burundi, almeno lì non ci sarebbe nessuno ad esaurirmi più di quanto non lo sia già.» improvvisamente si accasciò sul bancone e restò così fin quando il barista non gli portò il caffè.

«Tieni, figliolo. L’ho fatto concentrato. Sembra che tu ne abbia molto bisogno.» Tom lo ringraziò e pagò il caffè. Lo bevve tutto d’un sorso. Era piuttosto forte.

Nel frattempo Bill era uscito dal bagno e si era avvicinato anche lui a Tom. Gli cinse le spalle con il braccio destro e lo baciò sulla guancia.

«Per me niente cornetto?» disse Bill dandogli una gomitata.

«Anche Alec lo voleva. Stavamo aspettando che…»

Un colpo al cuore. Si voltò verso lo stand delle caramelle gommose. Alec non c’era più.

«O cazzo. O cazzo. Merda. Merda. Alec!» Tom si alzò di scattò, come se il caffè avesse fatto il suo doveroso effetto nel giro di pochi istanti, come se qualcuno gli avesse dato la carica. Era balzato giù dallo sgabello come una molla. «Cazzo, Bill. Era qui un attimo fa. Ho poggiato due minuti la fronte sul bancone. Non l’ho perso un attimo di vista.»

«Come sarebbe a dire? Ti sei poggiato un attimo per cosa? Tom hai perso nostro figlio.»

Cominciò ad entrare nel panico. Si girò attorno, come spaesato, chiedendo a tutti i presenti se avessero visto un bambino di 5 anni con una maglietta di Ironman. Nessuno lo aveva visto. Tom si portò le mani alla testa e strinse forte i capelli fra le dita. Cercò di trattenere le lacrime e di mantenere la calma, a differenza di Bill che, ormai, aveva cominciato a piangere e a gridare il suo nome a squarcia gola. Uscì dal bar, cominciando a correre a destra e a sinistra, urlando il nome del figlio. Alec non c’era.

«Mio Dio cosa ho fatto. Mio dio.» Tom si passò le mani sul viso e, inevitabilmente, cominciò a piangere anche lui.

«Sarà qui nei paraggi, non vi preoccupate, non deve essere andato molto lontano.» lo rassicurò il barista, ormai uscito dal retro del bancone. «Vi aiutiamo a cercarlo, okay? State calmi.»

Bill entrò, ormai preso dall’ansia e dagli attacchi di panico.

«Non c’è da nessuna parte, Tom. Nemmeno in macchina. Ho controllato. Ho fatto il giro di tutto l’autogrill. Non c’è, Tom. Non c’è da nessuna parte.»

Cominciò a respirare affannosamente. Purtroppo Bill soffriva di attacchi di panico. Fortunatamente non erano molto frequenti ma, quando si manifestavano, erano piuttosto brutti. Iniziò a mancargli l’aria.

«Bill, ti prego. Calmati. Non fare così. Ti prego.» Tom si precipitò da lui non appena cadde di ginocchia in terra. Si portò le mani al petto e cominciò ad annaspare. «Bill per favore. Respira. Lo troveremo, okay? Per favore respira. Un bicchiere d’acqua, presto!» urlò, correndo verso il bancone del bar. Il vecchio barista fu subito pronto con il bicchiere.

«Sta calmo, amore. Sta calmo.» Bill bevve lentamente qualche sorso d’acqua e sembrò riprendersi leggermente.

«Tom. Dobbiamo trovare Alec. Dobbiamo trovarlo adesso.»

«Ma io tono qui.»

Improvvisamente, una vocina tranquilla sbucò alle loro spalle. Entrambi si girarono di scatto e, involontariamente, si precipitarono verso il bambino abbracciandolo quasi a soffocarlo.

«Dove diamine eri finito, Alec? Ci hai fatto prendere un colpo. Sono stati i cinque minuti più brutti della mia vita. Dove diavolo eri?» urlò duro Tom, scuotendo leggermente le spalle del figlio.

«Ti ho detto che dovevo fae pipì. Tono andato i bagno

«Non ti devi mai allontanare da me o da tuo padre. Ci siamo capiti, Alec? Non devi mai più fare una cosa del genere. Va bene?» disse Bill con tono duro, con gli occhi pieni di lacrime ma, al tempo stesso, pieni di gioia. «Mio Dio, mi hai fatto spaventare a morte.» lo abbracciò ancora di più e gli baciò la fronte. Il bambino ricambiò l’abbraccio di entrambi.

«Cusate papini. No lo faccio pù. Cusate tanto

«La prossima volta andiamo insieme a fare la pipì, okay?»

Alec non rispose. Si pulì il nasino con la manica della maglietta ed annuì.

«Pozzo avere i connetto oa?»

*

Finalmente dopo un travagliato viaggio in auto, giunsero a Las Vegas. Non fu complicato trovare la pasticceria di Buddy Valastro. Ovviamente era conosciutissima come pasticceria. Insomma, Buddy era pur sempre il Boss delle torte.

La vetrina allestita era qualcosa di magico e meraviglioso. Torte di tutti i tipi, biscotti, pasticcini. Gli occhi di Alec si fecero grandi e vogliosi. Poggiò entrambe le mani sulla vetrina e Bill evitò che vi poggiasse anche la faccia.

«Papà, vojo tutto quanto.» ammise Alec con l’acquolina in bocca ed indicando tutti i dolcetti presenti all’interno della vetrina.

«No, Alec. Hai già mangiato il cornetto prima all’autogrill; e poi sei stato piuttosto monello. Non devi mai più allontanarti da papà o da me. Siamo intesi?» disse poi Bill con tono secco e deciso. Alec, mortificato, annuì e sconsolato dette la mano a Tom.

Non appena entrarono nella pasticceria, vennero pervasi da un eccezionale profumo di…buono? Non sapevano nemmeno loro in che modo classificare quel meraviglioso profumo. Era un incrocio fra cannella, miele, brioches e vaniglia. Tutti e tre inspirarono a pieni polmoni. Era inebriante.

Inevitabilmente, c’era una marea di gente. Quel giorno, il proprietario Buddy, era presente nel locale in quanto, i gemelli, avevano chiamato giorni prima per prendere un appuntamento e parlare esplicitamente con il boss delle torte. (anche perché Bill era un suo grandissimo fan, ma questa è un’altra storia).

«Benvenuti. Voi dovreste essere la famiglia Kaulitz, giusto?» Tom andò per replicare, correggendo il cognome in Trümper ma Bill lo batté sul tempo. Allungò la mano e la strinse con sicurezza.

«Sì. Il piacere è tutto nostro, signor Valastro. Io sono un suo più grande ammiratore. Adoro tutto ciò che fa. Ed è per questo che io e il mio fidanzato, assieme al nostro bambino, abbiamo fatto un viaggio di tre ore da Los Angeles. Solo per venire da lei.»

«Oh grazie, sono lusingato signor Kaulitz. Prego potete accomodarvi nel retro del locale dimodoché possiamo prender accordi sulla vostra torta nuziale.»

Buddy fece strada sul retro del locale e la famiglia lo seguì. Passarono per il laboratorio per poi arrivare nello studio personale di Buddy. Si accomodarono e Alec si mise in braccio a Bill.

«Allora, ditemi un po’ che idea avreste.» cominciò Buddy, prendendo un blocco note ed una penna per poter prendere appunti. Bill fu il primo a parlare.

«Il colore del tema è zabaione, quindi avevo pensato ad una crema allo zabaione e caramello. Non so se ha presente quei bignè ripieni di zabaione e con il caramello in superficie. Bene, una cosa del genere.»

«Io avevo pensato anche a due omini in cima alla torta. Entrambi con il vestito nero e che si tengono per mano oppure sotto braccio.» si intromise Tom. «Magari, visto che siamo in tema natalizio, avevo pensato anche a qualcosa di dorato. Non so, magari delle stelle di natale di pasta di zucchero giallo scuro glitterata, un po’ sparse per la torta.»

Bill annuì compiaciuto. Sorrise al futuro marito e gli mandò un bacio volante. Buddy prese appunti.

«Che ne dite di qualche fiocco di neve? Sempre dorato? Magari in cima alla torta, assieme ai due sposi.» disse Buddy. «La torta vi consiglio di farla di massimo tre piani. Magari possiamo giocare di più sulla larghezza, ma non in altezza. Non reggerebbe il peso di tante stesse di natale. Io avevo pensato di farla rettangolare, dimodoché potreste aggiungere ancora più dettagli. Ci sarebbe più spazio.»

Buddy fece uno schizzo veloce di come sarebbe venuta la torta e la mostrò ai gemelli. Bill non trattenne il suo entusiasmo ed iniziò a battere le mani euforicamente. Tom ed Alec lo guardarono come se fosse pazzo. Forse lo era un po’.

«È la torta più bella che avessi mai visto. Ed è solo uno schizzo. Guardi Buddy…non vedo l’ora di vederla. Sono sicuro che sarà bellissima.»

Bill e Tom si guardarono ed entrambi sprizzarono di gioia. «…e poi averla al nostro matrimonio, sarà un’esperienza più unica che rara. Sono sicuro che gli invitati saranno letteralmente senza fiato. A proposito, ho dimenticato di dirle che gli ospiti non saranno più di una sessantina di persone. Per lo più tutti amici.»

Tom guardò con amarezza il gemello. Erano ancora indecisi se i genitori avessero partecipato a quel loro lieto evento. Non avevano più notizie di loro da anni. Non sapevano nemmeno di essere diventati nonni. Bill ebbe una morsa allo stomaco.

«Certamente, non dovete assolutamente preoccuparti. Me ne occuperò io. Il prezzo si aggira intorno ai 1000$»

Bill e Tom non fecero assolutamente una piega. Il loro budget massino era di 1500$, quindi rientrarono di 500$. Un affare. Ringraziarono Buddy e, il boss, li accompagnò all’uscita.

*

Avevano passato la mattinata a Las Vegas. Visitato svariati posti.

Alec era come se stesse vivendo un sogno. Non era mai stato a Las Vegas. Non aveva mai visitato nessuna città, all’infuori di Los Angeles. Avevano pranzato in un ottimo ristorante italiano, preso un hot dog da quei venditori ambulati e un gelato. Avevano passato davvero una bellissima giornata.

Sia Alec che Bill si era addormentati. Bill si era seduto sul sedile posteriore dimodoché Alec potesse distendersi sulle sue gambe. Tom li guardò dallo specchietto retrovisore e sorrise. Erano due angeli, i suoi angeli. Non poteva desiderare di meglio. Ancora non realizzava che, in poco tempo, avrebbe sposato l’amore della sua vita, la sua anima gemella; ma gemella per davvero.

*

Era ormai tarda sera quando la famiglia rientrò a Los Angeles. Alec e Bill avevano dormito per tutto il tempo. Alec continuava a dormire e, per non svegliarlo, Tom lo prese dolcemente in braccio e, con un po’ di fatica, salì le scale che lo conducevano alla sua stanzetta. Distendendolo piano sul letto, iniziò a svestirlo e, ancora più delicatamente, provò a mettergli il pigiama. Non si svegliò.

«Vorrei avere il sonno profondo che ha nostro figlio, amore.» sussurrò Tom a Bill che, nel frattempo, si era poggiato sullo stipite della porta per gustarsi quella scena meravigliosa. Poggiò la fronte sulla cornice e sorrise felicemente.

Tom aveva appena finito di sistemare il piccolo Alec. Si avvicinò al gemello e, afferrandogli il viso con entrambe le mani, lo baciò dolcemente e sensualmente.

«Sto ancora pensando se invitare o meno mamma e papà, Tomi.»

«Anche io, a dir il vero.»

«Secondo te dovremmo dirglielo?»

Tom scrollò le spalle e si grattò la nuca.

«Domattina inviamo la partecipazione?»

Bill non rispose. Tom capì immediatamente la risposta.

«Se chiamiamo è meglio.»

«Che ore sono adesso, lì? Le due del pomeriggio, vero?»

Bill annuì.

«Chiamiamo ora?»

Annuì di nuovo.

Non sentivano da dieci anni i loro genitori. Come avrebbero reagito? Cosa avrebbero detto? Ovviamente il numero di casa, Tom non poteva non ricordarselo. Prese il suo cellulare e digitò il numero. Aveva un groppo in gola, così come Bill. Deglutì prima di premere il tasto verde. Guardò Bill, in cerca del suo appoggio.

«Vai, Tomi. Premi quel tasto. Sono accanto a te.»

Con il cuore in gola, Tom premette quel tasto verde e, al primo squillo, si sentì morire. Respirava a fatica e, ad ogni squillo, perdeva un battito. Dopo dieci anni, stava per risentire la voce della madre ma, non appena risposero…

Pronto?

Non era Simone.

«Pr-pronto? Casa…casa Trümper?»

Trümper? No, qui è casa Kaulitz, ora. Con chi parlo?

Casa Kaulitz? Un momento…

«P-Papà?»

Dall’altra parte non ci fu risposta.

«Papà sono io. Sono Tom.»

Ancora nessuna risposta. In lontananza si udì una voce femminile. Tom l’avrebbe riconosciuta fra mille. Era Simone.

Chi è, caro?

«Mamma…papà…siamo noi.»

Tom…sei…sei davvero tu?

La voce dell’uomo si spezzò. Iniziò a balbettare.

Simone…è…è Tom… -- Come? Cosa intendi dire? Tom? Ma stai scherzando? Pronto? Pronto?

Molto probabilmente la donna prese possesso del telefono, perché ora Tom sentiva la sua voce più vicina. Venne invaso da una forte morsa allo stomaco. Non avrebbe mai immaginato di avere una reazione simile.

Amore mio, sei davvero tu?

Anche la voce della donna parve spezzata, come se stesse piangendo.

«Sì, mamma… sono davvero io.»

Oddio ti ringrazio… grazie… come stai, Tom? E Bill? Bill è con te? Come sta?

«Sì. Anche lui è qui con me. Stiamo bene…Siamo a Los Angeles da dieci anni.»

O mio dio, Tom. Vi ho pensato ogni istante della mia vita, da quando ve ne siete andati. Non abbiamo fatto altro che provare a rintracciarvi, a sapere dov’eravate…ci mancate da morire. Ci dispiace così tanto, Tom, ci dispiace così tanto.

La donna scoppiò in lacrime, ed anche Tom si lasciò sfuggire qualche lacrima.

«Come state?»  chiese poi

Noi stiamo bene, amore. Voi? Voi piuttosto come state?

«Beh ecco…qui nessuno sa che siamo fratelli gemelli. Nessuno. Io ho tenuto il tuo cognome, e Bill quello di papà. Abbiamo…abbiamo adottato un bambino, mamma…siete diventati nonni. Si chiama Alec. Ha quasi sei anni. È dolcissimo.»

È una cosa bellissima, amore. Davvero. Sono così felice per voi.

«Ma non è questo il punto, mamma…vi abbiamo chiamato perché…ecco…»

«Lascia, Tomi. Voglio dirglielo io.» disse poi Bill, afferrando il cellulare del gemello.

«Mamma?»

Bill…oddio com’è cambiata la tua voce…

«Sì, sono un uomo di quasi trent’anni…era ovvio che dovesse cambiare non trovi?» disse poi ridendo. Anche la donna rise contenta. Contenta per davvero.

Lo so, amore. Lo so.

«Mamma, quello che io e Tom cerchiamo di dirvi e che…stiamo per sposarci.»

Silenzio. Non ci fu nessuna risposta.

«Mamma? Ci sei?»

Dite sul serio? Davvero vorreste invitarci al vostro matrimonio? Dopo tutto quello che è successo? Che vi abbiamo fatto? Tutto quello che avete passato per colpa nostra? Davvero vorreste renderci partecipi di questo?

Adesso la donna stava piangendo di nuovo.

«A tutti si dà una seconda possibilità, mamma. Siete i nostri genitori, anche se ci avete nascosto per così tanto tempo. Anche se ci avete negati l’un l’altro. Siete pur sempre i nostri genitori, mamma. Non ti nasconde che ci abbiamo pensato a lungo…eravamo davvero indecisi su cosa fare…ma poi siamo giunti ad una conclusione. Noi vi perdoniamo. So che sei in viva voce…quindi mi riferisco anche a te, papà. Anche se mi hai costretto a vestirti da donna e a fingere che fossi un’altra persona, anche se mi hai insultato, se mi hai fatto passare i peggiori anni della mia vita…io ti perdono. Voglio che siate partecipi al nostro matrimonio. Sarà al comune, non sarà una cosa in grande, ovviamente. Ditelo a chi vi pare… anche vecchi amici. Non ci importa di nulla. Il biglietto per Los Angeles lo possiamo fare benissimo noi, non ci sono problemi. Voglio solo che voi siate qui presenti.»

Saremo lì senz’altro, Bill.

Rispose il padre.

E comunque il biglietto aereo lo paghiamo noi. Non devi minimamente preoccuparti. Questo è senz’altro il giorno più bello della mia vita. Vi amo con tutto il mio cuore. Sono così fiero ed orgoglioso di voi.

«Grazie di cuore. Da una parte, non avremmo mai pensato di sposarci se non fossimo scappati qui…è merito anche vostro, sotto alcuni aspetti.» disse poi ridendo per smorzare quell’atmosfera cupa.

Grazie. Grazie per la telefonata. Avevamo perso le speranze, dopo dieci anni. Non vediamo l’ora di conoscere il piccolino.

«È la creatura più bella che avessi mai visto. Vi piacerà. È dolcissimo ed anche molto affettuoso.»

Ne sono sicuro, Bill. Non vedo l’ora di vederlo e, soprattutto, di riabbracciare i miei figli. Domattina stessa faremo i biglietti per il giorno prima del matrimonio. Quando avete detto che vi sposate?

«Fra tre settimane. Potete venire qui anche domani. Per noi non ci sono problemi.»

No, Bill. Verremo il giorno prima. Anche perché dobbiamo organizzarci bene. Ci avete colto alla sprovvista. Non avremmo mai immaginato che un giorno, saremmo stati invitati al matrimonio dei nostri figli. Sono davvero così orgoglioso di ciò che siete diventati. E tu non hai idea di quanto mi penta ogni giorno per quello che vi ho fatto patire quattordici anni fa. Se solo potessi tornare indietro…io…io non mi comporterei in quella maniera. Dio quanto mi dispiace.

Jörg scoppiò a piangere. Era davvero molto dispiaciuto per ciò che aveva fatto in passato.

Sono un uomo diverso, adesso. Da quando siete andati via, non mi sono dato pace. Sapevo che prima o poi, tu e tuo fratello vi sareste riconciliati. Abbiamo tentato di separarvi…ma l’amore non può essere separato. Persino io e vostra madre siamo tornati assieme. Eravamo soli entrambi…ci siam dati la forza di andare avanti, l’un l’altro. Senza di voi niente aveva più senso. Avevamo perso ogni tipo di speranza…temevamo di non risentirvi mai più…

Jörg continuava a piangere. Ai gemelli li si strinse il cuore. Erano davvero pentiti per ciò che aveva fatto.

«Papà, vi abbiamo chiamato per darvi una bella notizia. Il passato è passato. Sono trascorsi dieci anni, ormai. Basta. Quindi siete dei nostri? Vi conto?»

Jörg non rispose. Bill sapeva già la risposta.

Grazie. Grazie di tutto. Ci avete restituito il sorriso.

«No. Grazie a voi per aver capito quanto io e Tom ci amiamo. Ci vediamo presto, okay?» 

Okay. Ehm…è sera lì adesso, vero? Vi auguro quindi la buonanotte.

«…buon pomeriggio a voi.»

Chiuse la telefonata e restituì il cellulare a Tom. Entrambi non dissero nulla per un po’. Si guardarono in silenzio. A romperlo fu Tom, che si avventò famelico sulle labbra del fratello.

«Ti amo, Bill. Ti amo da morire.» ansimò sulle sue labbra. Cominciò a mordergliele.

«Anche io Tom. Anche io.»

Gli circondò il collo con le braccia e lasciò che Tom lo trasportasse in camera da letto, senza mai staccarsi. Quando giunsero ai piedi del letto, Bill cadde all’indietro e conseguentemente, Tom sopra di lui. Cominciò a spogliarlo e a spogliarsi contemporaneamente. Aveva voglia di fare l’amore con lui dall’inizio del viaggio. Gli baciò ogni centimetro della pelle. Gli lasciò un netto succhiotto sul collo.

«Sarai mio marito, Tom. Finalmente lo sarai.»

«Non credi che dovremmo aspettare la notte di nozze per fare l’amore?» disse poi Tom, staccandosi e guardandolo negli occhi. Bill aveva le labbra gonfie e rosse. Fissò Tom per pochi istanti. Sorrise.

«È sempre la prima notte di nozze, con te. Ogni volta.»

 

Il giorno delle nozze.

«Papiiiiii no iesco ad abbottoae la camiciaaaaa. Papàààààà ieniiiiii» Alec era davanti lo specchio alle prese con il primo bottone della camicia. Aveva il papillon aperto e i pantaloni mezzi scesi. Aveva insistito a vestirti da solo; ma senza buoni risultati. Tom, dalla camera da letto, disse che sarebbe arrivati subito.

«Papàààààà adessooooooo!» urlò di nuovo il bambino. Bill era già pronto, quindi andò lui in suo soccorso.

Era bellissimo.

Aveva pettinato i capelli all’indietro con il gel e sistemato la barba. Il suo smoking gli calzava a pennello. Al posto della pochettina, aveva messo il fiore all’occhiello rosa. Era perfetto in ogni dettaglio. Si chinò su di un ginocchio per aiutare il figlio.

«Aspetta che ti aiuti, amore.»

Alle spalle del ragazzo, sbucò un’ormai anziana Simone. Si inginocchiò accanto al figlio ed aiutò il nipote a vestirsi.

«Va di là, Bill. Non vorrai che il tuo futuro marito ti veda prima di salire sull’altare.» scherzò Simone. Bill sorrise e si levò in piedi.

«Mamma, non sono una sposa.»

«Non c’entra nulla. Porta ugualmente sfortuna. Lascia che tuo padre si occupi di tuo fratello.»

Bill sorrise e baciò la fronte della madre. Lei aveva un bellissimo tailleur color blu notte e una camicia bianco sporco. Delle décolleté nere lucide. Nonostante avesse ormai più di cinquant’anni, il suo fisico pareva quello di una vent’enne. Avrebbe fatto invidia a molte donne, vestita in quel modo.

«Gazzie nonna.» disse Alec gettandosi fra le braccia della nonna. Simone ricambiò forte l’abbraccio.

«Sei un piccolo miracolo, angioletto. Hai dei genitori bellissimi.» si staccò controvoglia e guardò dritto negli occhi il nipotino. «Ricordati una cosa, piccolo. Quando sarai abbastanza grande da gestirti da solo, non lasciarti mai e poi mai influenzare dalle decisioni di qualcun altro. Devi sempre fare ciò che ti senti. Devi sempre fare ciò che ti rende felice. Questo comprende anche l’amare qualcun altro che sia uguale a te.»

«Ehm…come i miei papà?»

Simone sorrise e pizzicò dolcemente la guanciotta del bambino.

«Esattamente, tesoro. Sei libero di amare chi vuoi. Pure un albero.»

«Un abbero? Ma gli abberi non pallano!»

Simone non disse più nulla. Guardò Bill e scoppiò a ridere.

«Papà…io amo quel fioe lacciù. Posso pposallo?»

 

*

«Calmati Tom…calmati. Stai per sposarti. Sta calmo. Respira. Inspira ed espira. Avanti…forza. Ce la puoi fare. Non svenire. Non collassare. Ti stai per sposare. Stai per sposarti. Avanti.»

Tom era sull’altare da quasi cinque minuti. Indossava lo stesso smoking del fratello e lo stesso fiore all’occhiello. Solo la pettinatura era differente e il modo in cui portava la barba. La sua era leggermente più folta e più lunga e i capelli erano raccolti in un codino morbido ma, nello stesso tempo, ordinato.

Continuava a ripetersi di stare calmo, che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Le gambe gli tremavano. Guardò uno per uno gli invitati. C’erano tutti i loro amici che, in dieci anni, avevano conosciuto. C’era persino la signora Forest, quel giorno. Non poteva assolutamente mancare.

Tom deglutì rumorosamente e guardò l’ufficiale che avrebbe celebrato il loro matrimonio.

«Ho una paura fottuta.» mimò con le labbra. L’ufficiale sorrise, dopodiché fece un cenno a Tom di girarsi. Bill stava per entrare, accompagnato dalla madre.

La marcia nuziale partì e il suo cuore si bloccò. Bill era dannatamente bello. Seppure avesse il suo stesso smoking, gli donava in una maniera straordinaria. Sul suo volto era dipinto un sorriso smagliante, tranquillo e felice. Lo sguardo di Simone era posato fisso su di lui. Lo guardava con ammirazione ed orgoglio. Era sotto braccio.

Dietro c’era il loro bambino che spargeva petali di rosa bianca assieme alla sua amichetta Corinne e ad un'altra amichetta di nome Carmen. Le fedi nuziali erano in un cuscinetto di velluto rosso legate da un nastro bianco. Le portava Alec nell’altra mano.

Tom pompò il petto, inspirando a pieni polmoni e si aggiustò il papillon. Si mise eretto con la schiena ed accolse il ragazzo con uno smagliante sorriso sulle labbra.

Bill baciò la madre sulla guancia, dopodiché si mise accanto al fratello. Lo guardò in maniera imbarazzata, come se quello fosse il loro primo incontro. D’un tratto ebbe proprio quell’impressione…quando si incontrarono per la prima volta dopo l’incidente.

 

«Le serve altro?»

«No. Stavo semplicemente ammirando quanto fossi bella.»

 

Oppure quando si incontrarono alla tavola calda.

 

«Allora vorrei un’insalata di pollo con patate.»

 «Oddio, ciao!»

«Ci conosciamo?»

«Che stupido. Sono... Sono Tom, Il ragazzo del supermercato. Tu… Tu sei la commessa Valerie, vero? Quello che ti ha detto che sei molto carina.»

«Vedo tanta di quella gente al supermercato ogni giorno…e poi...ho una memoria terribile. Pensa che mi son persino dimenticata che cosa ho ordinato. Ti prego, dimmi che avevi preso appunti!»

«Nemmeno io ho una buona memoria.»

«Però a quanto pare, ti sei ricordato il mio nome.»

 

Si ricordò il giorno in cui lo baciò, al parco.

 

«Oddio Tom, per favore, scusami. Io... Io non so cosa mi sia preso. Mi dispiace, non avrei voluto.»

«Valerie, calmati. Non è successo nulla.»

«No, non puoi capire. Tu non puoi capire, Tom.»

«Cosa? Cosa non posso capire?»

«Portami a casa, Tom. Per favore. Portami a casa.»

 

E il giorno in cui Tom lo baciò per la prima volta, al Luna Park. Ricordò anche il giorno in cui gli disse di essere un uomo e non una donna. Rise a quel pensiero. Ormai era tutto passato. Erano passati dieci anni. Adesso tutto stava prendendo il verso giusto.

Era lì, davanti all’ufficiale di stato con accanto l’amore della sua vita.

«Siamo qui riuniti oggi per unire legalmente questi due uomini nel sacro vincolo del matrimonio.»

Bill e Tom si presero per mano ed ascoltarono la lettura dei loro diritti e doveri.

*

Una volta ascoltati i riti di matrimonio, fu il momento delle promesse. Solo Tom aveva scritto qualcosa. Cacciò una mano nel taschino dei pantaloni e tirò fuori un biglietto. Bill perse un battito.

Tom prese un profondo respiro e cominciò a leggere.

«Credo che ormai tu sappia tutto di me, infondo, come puoi non esserne a conoscenza. Siamo cresciuti insieme, ti ho amato sin da subito, dal primo istante in cui posai gli occhi su di te. Non occorrono parole per descriverti cosa provo in questo momento. Non avrei mai potuto immaginare che, un giorno, avessi sposato l’amore della mia vita. La mia anima gemella…gemella a tutti gli effetti.»

disse quella parole con un po’ di ironia. Bill la colse subito. Sapeva cosa stesse intendendo. Rise anche lui.

«…sebbene in passato ci abbiano impedito di stare assieme, il destino ha voluto che ci riconciliassimo, e che ci amassimo ancor più di prima. Ho dovuto faticare per trovati e, per giunta, passare per un povero pazzo…»

Tutti risero, anche i genitori.

«…ne abbiano passate tante, ma veramente tante. Ho persino rischiato di perderti, tempo fa, e tu sai a cosa mi riferisco.»

questa volta Tom si incupì leggermente e la voce si abbassò un po’.

«…ci sono stati momenti bui, nella nostra vita…ma guardaci adesso…sono qui, di fronte alla persona più importante della mia vita…ho qui un bellissimo bambino…abbiamo costruito una famiglia insieme. Sono pronto a vivere con te, e il nostro bambino, il resto della mia vita…perché non potrebbe essere tale, se non ci fossi tu. Ti amo, Bill.»

Inevitabilmente tutti gli invitati applaudirono. Bill si trattenne dal non piangere. Sorrise felicemente.

«Ti amo anche io.» mimò poi con le labbra.

«Il paggetto può portare gli anelli.»

Alec, seduto accanto i nonni in prima fila, si alzò e portò gli anelli all’Ufficiale di Stato. Dopodiché si accomodò nuovamente sulla poltroncina.

I due gemelli e i testimoni, firmarono. L’ufficiale di stato porse i due anelli agli sposi.  

«Bill, vuoi dire qualcosa?» aggiunse poi. Bill scosse il capo e sorrise.

«Che sto sposando l’amore della mia vita. La mia metà. La mia anima.» si guardarono ancora a lungo ed intensamente.

«Per i poteri conferitimi, io Ufficiale di Stato Civile, dichiaro Wilhelm Kaulitz e Thomas Trümper uniti legalmente in matrimonio. Potete baciarvi.»

Non se lo fecero ripetere due volte. Si abbracciarono, si strinsero e si unirono in un dolce e casto bacio che fece commuovere tutti.

Finalmente, ce l’avevano fatta.

-         FINE -

   
 
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