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Autore: vuotichepesano    22/11/2015    1 recensioni
Sono sempre rimasta appesa al filo di speranza che mi hai fatto credere di avere, in realtà era composto semplicemente da silenzi.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accarezzo il silenzio che mi spedisci



 

Ti farò sentire come se fossi a casa, mi dicevi ogni sera prima
di vederci dopo mesi troppo lunghi e pieni. 
A casa io non mi sento mai, nemmeno quando sono a tavola e sulla tovaglia c'è la macchia di marmellata, nemmeno quando c'è profumo di lenzuola pulite o di pane fresco. 
Neanche quando Blue, il mio cane, mi viene incontro ogni volta che torno dal lavoro mi sento a casa, perché la mia casa non è qui, non è il mio posto, il mio posto sei tu. 
Per questo avrei sempre voluto trasferirmi, perché qualsiasi posto sarebbe stato meglio, sarebbe stato più vicino. 
Non ci vediamo mai. 
Mi sono sdraiata sul letto e sciolta i capelli, non sai quanto mi manchi. 
Sbaglio sempre perché io cerco di fare finta di niente, agisco come se tu in realtà non esistessi, come se non fossi tra le mie debolezze. 
E quando poi, come queste sere, ti penso un po' di più in realtà sto solo peggio. 
Come se non ti vedessi da un sacco di tempo, come se mi mancassi il doppio, come se mi avessi detto "Parto, non so quando torno, non pensarmi, non aspettarmi". 
Tu torni sempre. 
Quasi non ti sopporto più, a volte sei pesante lo sai? Sei sempre intorno in qualche modo, ti vedo ovunque, non ti stanchi mai di essere da tutte le parti. 
Tanto poi non resti. 
Mi perdo nel guardarti mentre ti tocchi le labbra osservando quello che ti circonda quando ti siedi sulle panchine di Manchester. 
A me fa ancora male la testa da ieri sera, forse perché sono andata a dormire alle 3 o forse perché ho bevuto troppo. 
Ci ho sperato.
Ho sperato che qualcuno, nel buio della notte, venisse a sedersi al lato del letto e in silenzio, mi osservasse, per poi sfiorarmi la fronte, infilandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio. 
Tra le parole futili e quelle che avrei potuto dirti che alla fine sono andate sprecate, rimango immersa nella mia stessa fine. Nella mia stessa incapacità nel farti scendere dal gradino che ti ho assicurato, ed è così che ti penso la notte.

Al lavoro questa settimana è venuto uno scrittore, si chiamava Marco e somigliava un po' a Matt, non so se ti ricordi. Ha detto che scrivere non è solo mettersi davanti ad una tastiera o davanti ad un foglio, scrivere è anche quando (soprattutto) si ascolta, quando si ama, si disegna, si piange. 
E infatti io te l'ho sempre detto che per me tu eri troppo silenzioso solo che non ho aggiunto che c'è qualcuno che i tuoi silenzi li farebbe diventare parole, ascolterebbe ognuna di esse e che amerebbe ognuna di esse, e soprattutto, scriverebbe poesie su ognuna di esse. 
Le persone silenziose in realtà sono quelle che parlano di più, sono quelle che con i gesti nascosti, quelli che devi capire, che devi trovare come il telecomando in mezzo al divano, il rossetto nella borsa, ti comunicano di più, ti urlano, ti chiedono, ti rispondono. 
Per questo non te l'ho detto, pensavo l'avessi capito da solo. 
Invece non mi parli, non ci parliamo. 
Non mi dici niente e quella più in silenzio alla fine sono io. 
Mi dispiace. 
Ti sei addormentato sulla mia macchina ma è okey, ho evitato tutti i buchi per farti dormire meglio. 
Non ti ho neanche accarezzato, non ho proprio fatto niente, come sempre. 
Così sono tornata a casa e ho fatto quello che faccio tutte le sere automaticamente: due giri di chiave, accendo la lampada, tolgo le scarpe, il giubbotto lo lancio sulla prima sedia e la borsa la lascio cadere. 
Mi sdraio sul divano e lì, è il momento in cui sto peggio, perché nessuno chiama, nessuno suona al campanello, nessuno mi porta un mazzo di fiori, che poi mi basterebbe anche solo una visita. 
Non ho nemmeno una foto con te, che non mi è mai fregato niente delle foto, eppure adesso ne vorrei una per ricordarmi che la felicità non è una truffa e non me la sono mica inventata oggi che non c'è.
E quello che mi resta alla fine solo i baci che non ti ho ancora dato, che puntualmente li lascio scritti sulla mia sesta agenda nera, così come le notti troppo buie. 
Quelle in cui ti svegli e non riesci più a riaddormentarti dopo aver provato tutte le posizioni possibili, ti alzi e sposti la tenda e apri le persiane. 
L'aria ti riempie i polmoni di mancanze, ti fa sentire trasparente e fa freddo, quel freddo che non si può scaldare semplicemente con il piumino che mi ha regalato mia zia al compleanno, perchè i suoi regali erano sempre così, non capiva mai niente, io e mia madre ridevamo spesso su questo fatto. 
E io vorrei che in quelle sere tu fossi dall'altra parte del letto, però non posso chiedere troppo, cioè lo so, lo so che non ti importa comunque, però capisci che io non so più da che parte girarmi? 
Io mi chiedo ancora da che parte del letto dormi, se scriverai prima di andare a dormire, se ti mancherà lui, lei o non lo so, magari io?
Difficile. 
E mi domando spesso cosa pensano le persone che leggono le lettere che ti scrivo, chissà cosa si chiedono, chissà cosa capiscono che poi non ci capisco niente nemmeno io. 
Chissà se vogliono chiedermi qualcosa ma hanno paura che sia meglio di no. 
Quando mi chiedono di te io non so mai cosa rispondere, un po' come tra i banchi di scuola, un po' come alla domanda "Come stai?", un po' come a "Cosa mi metto", non lo so mai. 
Io non ti capisco.
Sono sempre rimasta appesa al filo di speranza che mi hai fatto credere di avere, in realtà era composto semplicemente da silenzi.
E adesso che sono le 20.34 e non posso andare a letto tardi perchè domani al lavoro dovrò fare finta che non sia successo niente, il silenzio è l'unica cosa che mi graffia la pelle.
Ho smesso di crederti già da un po', ho capito di non conoscerti tanto quanto pensavo, mi dispiace che qualcosa che comanda le mie emozioni riesca a vincere sulla mia razionalità, l'unica cosa che mi porta a fare è cadere.
Mi brucio con fiamme prodotte dal mio stesso desiderio di un qualcosa di poco raggiungibile, ti penso ancora ad ogni passo, ad ogni luce accesa, ad ogni volta che mi guardo allo specchio.
Mi dispiace.
Mi dispiace perchè piove, come dico sempre a Reny che puntualmente mi risponde "Se non piovesse non potremmo apprezzare il sole.", il fatto è che qui il sole non c'è mai e, non so, da te probabilmente sì e io non posso farci niente.
Un giorno magari ti fermerai a guardarmi per bene, ci fermeremo entrambi, ti prenderò le mani e ti dirò di ascoltarmi mentre resterò in silenzio, perchè non servono parole ma gesti memorabili.
Magari poi ti chiederò di andare a fare un giro, solo io e te, però giurami, giurami che questa volta resterai.






 
  
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