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Autore: Oblakom    23/11/2015    3 recensioni
- Avrebbe potuto lasciarlo lì. Sarebbe stato semplice, sarebbe stato ovvio. Forse, in qualche modo, sarebbe persino stato giusto. Se non giusto, almeno necessario; se non necessario, inevitabile.
E dire che ne aveva avute di ragioni per voltare le spalle, e non erano nemmeno poche. Anzi, erano molte, moltissime. [...] Decisamente, più di quante avrebbe avuto bisogno – di quante chiunque avrebbe avuto bisogno – di metterne sul piatto per dire che sì, : il sacrificio valeva tutto il guadagno e anche di più.
- C’era stata la collera, e c’era stato l’odio e c’era stato il potere straripante, ma c’era stata anche quella consapevolezza che aveva attenuato il resto e poi… e poi… e poi c’era stata la pietà.
- “Scusa, Crilin…” pensò, rivolto ad un amico scomparso da troppo poco tempo perché la nostalgia avesse già potuto prendere il posto del dolore. Scomparso da troppo poco, e scomparso per sempre.
- E sarebbe stato perfetto, se ci fosse stato qualcosa che poteva essere salvato.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freezer, Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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3. Un uomo è fatto di scelte e di circostanze. Nessuno ha potere sulle circostanze, ma ognuno ne ha sulle proprie scelte.



Ci sono cose che un belonefobico non dovrebbe vedere, mai, e per svariate ragioni. Ragione uno: gli aghi, un belonefobico, se li sente nella carne appena li vede, non importa che abbiano già trovato nido in un’altra pelle; ragione uno, parte due: a vedere quegli aghi – quelle decine di aghi, che però sembrano più centinaia – e a vederli in un’altra pelle, ma ad immaginarseli nella propria, il belonefobico prova un immediato, inevitabile senso di empatia ibridato a paura. Da lì alla pietà, il passo è breve.
Fissava il volto del suo nemico, di quel nemico che era anche il nemico del mondo. Solo il volto. Il resto del corpo no, per carità, no. Lo aveva visto nel complesso un istante appena, e tanto gli era bastato; lo aveva visto dalla porta, da lontano, e si era coperto gli occhi ed era voluto scappare, e lo avrebbe fatto, se non fosse stato che la linea diretta fra lui e la fuga da quella scena raccapricciante passava attraverso o sopra il dottore ethberiano.

Sembrava un film dell’orrore. E non era la carne gonfia e tumefatta e violacea, non erano i punti di sutura o le bende sporche di sangue o il moncherino della coda che non era stato riattaccato del tutto, perché mancava ancora un pezzo che era rimasto su Namecc; non era il respiratore, il tubo infilato giù per la gola che forzava i polmoni a prendere aria.
Era la schiena, era la vita. Dio, sembrava agopuntura, sembrava un film dell’orrore.
Aveva tremato. Il dottore di Ethbera l’aveva guardato con preoccupazione e cautela, perché aveva gli occhi sbarrati di una preda in gabbia troppo terrorizzata anche solo per nascondersi.
Freezer era steso sulla schiena in un baldacchino di fili e flebo. Poteva quasi sembrare un letto d’ospedale o una sedia molto inclinata, ma doveva esserci uno spacco, nel centro dello schienale, perché entravano gli aghi, da lì, dritti nella schiena di Freezer, dalla base del collo alla radice della coda, in più e più file; lo schienale s’interrompeva all’altezza della vita per poco più di una spanna, e lì c’era un intero anello di più file di aghi piantate attorno allo squarcio di bisezione, alcune file sopra ed alcune file sotto. Era stato fatto passare anche quel che restava della coda, attraverso quello spacco, e anche il moncherino non era stato risparmiato…
A vederlo poteva quasi ricordare un porcospino, in qualche modo; a lui aveva solo fatto pensare a… non sapeva neppure lui cosa. In realtà, non aveva pensato proprio a niente, in quel momento. Dio, era orribile, era spaventoso.
«Elettrostimolatori» aveva spiegato il dottore, dandogli una ragione per distogliere lo sguardo da quello spettacolo raccapricciante. «Cerchiamo di convincere il suo corpo a riaccettare la parte amputata».



Si svegliò fissando un soffitto bianco e metallico e solcato da sottili linee ondulate, e gli ci volle ben più di un secondo per rendersi di essere in ospedale alieno e non a casa, sui Paoz, con Gohan e Chichi e una tavola imbandita di ogni bendidio che sua moglie avesse avuto voglia ci cucinare, e Crilin a cena a casa loro e Piccolo e…
Crilin era morto. Piccolo… Piccolo gli piaceva pensare che si fosse salvato, ma Piccolo aveva un buco nel cuore, l’ultima volta che l’aveva visto. E lui non era a casa, lui era su Ethbera, e non c’era nessuno che ridesse, su Ethbera. E c’era Freezer, su Ethbera. Da qualche parte, qualche piano più in su, c’era Freezer, se era an… era vivo. Si passò una mano sul viso, dal mento alla tempia e poi fra i capelli neri e scompigliati. Dio, Freezer era vivo. L’aveva salvato lui, che non era riuscito a salvare Crilin e Vegeta, e Piccolo, che se era vivo non lo doveva certo a lui. Non era riuscito a salvare il proprio migliore amico e chi aveva protetto e cresciuto suo figlio in sua assenza, ma chi li aveva uccisi… lui l’aveva salvato. Il mostro, l’aveva salvato eccome.
Si tirò su a sedere con un sospiro, e le sue costole incrinate protestarono, quasi a dargli un altro ricordo più diretto di cosa gli avesse fatto passare quella creatura che respirava ancora solo a causa sua.


«Buongiorno, Son Goku».

C’era un che di comico nel modo in cui sollevò lo sguardo, senza inghiottire l’enorme boccone che gli gonfiava le guance o raddrizzare la schiena. «Oh, dohore!» biascicò, poi inghiottì e ritentò. «Dottore! Salve! Ha… ehm… bisogno di me?».
«Che tu possa crederlo o no, parte del contratto di un medico è l’obbligo di ritagliarsi qualche minuto per mangiare».
Il sorriso di Goku si allargò mentre il dottore sedeva difronte a lui e posava un vassoio sul tavolo. «Questo è giustissimo!».

Fu il dottore a rompere il silenzio, qualche minuto dopo. «Ieri è stata una giornataccia».
Goku s’infilò un boccone in bocca, masticando lentamente ed osservando con cautela l’ethberiano. Alla fine annuì.
Il dottore ripeté il gesto in modo meccanico, sovrappensiero. «Sì, certo…» mormorò.
Gli occhi del Sayan ricaddero sul suo piatto. Il dottore voleva chiedergli qualcosa, e lui lo sapeva. Sarebbe stato semplice, nella sua natura, uscirsene con ‘Ha bisogno di qualcosa?’, ma… Freezer. Non voleva tornare a parlare di Freezer, a pensare a Freezer. Freezer gli martellava in testa come un pensiero fisso anche senza che ci pensasse il dottore.
Quando l’ethberiano posò le posate con un vago tintinnio, Goku irrigidì leggermente la mascella. Presentimento, aspettativa, inevitabilità… era un po’ come quando faceva qualcosa che Chichi non sopportava, e lui sapeva che lei non lo sopportava e che si sarebbe arrabbiata, quindi la sfuriata se l’aspettava, quando alla fine arrivava.
«Ieri nessuno ha avuto né il tempo né le energie di fare domande» iniziò infine il dottore. «Ma io ho bisogno di sapere chi sia quella creatura, Son Goku. Ho notato come tu abbia evitato di darmi qualsiasi informazione a riguardo».
«Non farà del male a nessuno, glielo prometto su quello che vuole!» gettò le mani avanti, Goku, con uno slancio che si spense un istante dopo aver pronunciato quelle parole, resosi conto di aver appena confermato i peggiori sospetti dell’alieno seduto difronte a lui.
Ma questi annuì di nuovo, lentamente e senza distogliere lo sguardo dagli occhi neri del Sayan. «Mi sembri una brava persona, Goku» osservò lentamente. «Chiamala deformazione professionale, ma chiunque lotti a tal punto per salvare qualcuno deve esserlo, almeno ai miei occhi. Ma questo non fa che fortificare la mia necessità di sapere la verità: perché ti sei sentito in dovere di dirmi che non avrebbe fatto del male a nessuno? Io non ho mai toccato questo argomento. Cosa devo presumere?».
Quanto può essere lungo un minuto, quanto rumore si può percepire nelle orecchie a dispetto di un silenzio assoluto e denso? Goku non guardava l’ethberiano negli occhi e non toccava posate. C’era una scheggia di crosta di pane, proprio sul bordo del tavolo, e traballava, in bilico fra il piano ed il vuoto.
Quanto a lungo si può difendere un nemico, quanto a lungo si può ingannare un innocente? C’era il timore, ma c’era la giustizia e forse era davvero ora di lasciar cadere la maschera. La prima crepa, d’altronde, già l’aveva aperta. Forse… Lui aveva salvato Freezer, lui sapeva cosa fosse Freezer e sapeva che nessuno, nessuno del tutto sano o che non fosse mostro avrebbe accettato di curare il mostro. E lui… lui l’aveva salvato, ma non era stato programmato, non era stato quello il piano: il suo piano sarebbe dovuto terminare con un cadavere. Non aveva voluto salvarlo, ma non aveva neppure voluto ucciderlo, e confessare la verità adesso, confessarsi adesso… quello significava ucciderlo, perché nessuno del tutto sano avrebbe salvato un mostro. Ma forse… forse… C’era il timore, ma c’era la giustizia, e forse era davvero ora che Freezer si scontrasse con le proprie colpe.
«Lui… non è una brava persona» ammise infine. E, dio, era una minimizzazione tanto grande da sfiorare l’ennesima bugia. «E non è mio amico. A dire il vero non l’ho conosciuto molto prima di lei, sa, non l’avevo mai visto prima di due giorni fa: ho dovuto combatterlo per salvare i miei amici… è stato allora che ha… ehm… perso il controllo della sua stessa tecnica e si è, beh… ridotto… così».
«È a causa sua che sei lontano dal tuo pianeta natale?».
La domanda era inaspettata, e Goku piegò leggermente la testa di lato mentre cercava di rimettere in ordina i pensieri. Era a causa sua, di Freezer? No, no… Loro erano andati su Namecc per cercare le Sfere del Drago, e lui era andato dopo perché i suoi amici erano in pericolo a causa… Corrugò le sopracciglia, ricordando perché era partito con tanta urgenza. All’epoca non aveva mai sentito nominare Freezer, quindi non ci aveva mai pensato, né ne aveva avuto il tempo o il modo, ma sì: era stato a causa di Freezer. Era iniziata con Vegeta e Nappa sulla Terra, che avevano ucciso Yamcha Thenshinhan e Jaozi, che si era sacrificato, ma Vegeta e Nappa erano iniziati con le Sfere del Drago, con Radish, e Radish aveva detto di essere lì perché commerciava pianeti. Allora non lo sapeva, e non aveva fatto il collegamento dopo, ma era… dio, era così. La sua morte, Gohan costretto ad allenarsi e a faticare e a sacrificare la propria innocenza, le lacrime di Chichi, le lacrime di Bulma, le morti e i sacrifici e la paura… tutto era iniziato con Freezer, tutto il male era venuto da Freezer, in un modo o nell’altro.
«Io… immagino di sì. Cioè… non proprio, non è esattamente partita da lui».
«Ha invaso il tuo pianeta natale?» chiese in un soffio il dottore, e nei suoi occhi era riflesso il dolore di chi sa e ha vissuto.
Goku fece di no con la testa. «Non è stato lui, è stato… un altro» si corresse: pensare a Radish come a suo fratello era quasi insopportabile. «L’ho eliminato, ma quelli che sono venuti dopo erano molto più forti e hanno fatto molti più danni, così per rimediare i miei amici sono partiti verso il pianeta Namecc. All’inizio non sono potuto andare con loro, ma li ho raggiunti dopo. L’ho incontrato lì, mentre voleva conquistare Namecc, e l’ho combattuto e sconfitto».
«Dunque, correggimi se sbaglio, non siete in rapporti amichevoli, tutt’altro».
Goku annuì. «Già» sospirò. «A dire il vero non mi stupirei se cercasse di nuovo di uccidermi, ma non si preoccupi!» esclamò, sollevando un pugno con aria combattiva ed un sorriso determinato. «Sono sicuro di poterlo tenere a bada se dovesse provare a fare qualche sciocchezza!».
Terminò la frase ridacchiando, ma un istante dopo non ridacchiava più ed un istante dopo ancora abbassava il braccio ed il pugno e lasciava che il sorriso gli scivolasse via dalla faccia, il peso dalle spalle, perché ecco, ecco, gliel’aveva alla fine detto, al dottore: aveva infilzato il mostro sotto al letto, e poi l’aveva tirato fuori per metterlo dentro al letto, e nella stanza accanto c’erano suo figlio e sua moglie e tutti gli innocenti ed in una stanza accanto ancora tutte le vittime del mostro, una piramide di cadaveri ancora caldi. Gliel’avrebbe detto, il dottore, come gliel’avrebbe detto Crilin, se Crilin avesse potuto ancora dire qualsiasi cosa: brutta scelta, Goku, bruttissima scelta. Non si salvano i mostri, i mostri mordono anche con la museruola, lo trovano il modo, stanne certo.
«Mi ha chiesto aiuto» sospirò, guardando il dottore con occhi dispiaciuti, come se fosse un motivo ragionevole, come se la sua fosse stata una scelta sensata, come se fosse abbastanza per convincere qualcuno a rischiare. «Sa, non avevo in mente di salvarlo, ma mi ha chiesto aiuto, e io…».
Il dottore sorrise. «Non credere che non lo sappia. È il dovere di un medico, dopotutto, aiutare tutti coloro che soffrono senza fare distinzioni».
Era ciò che voleva sentirsi dire, scoprì: non essere l’unico a dar qualche valore alla vita di un mostro. Rizzò le orecchie e guardò l’ethberiano con malcelata speranza. «Allora a lei non importa?».
«Non gli rifiuterò le cure che gli sono dovute, no, ma è rilevante, vorrei che tu te ne rendessi conto» disse il medico, guardandolo gravemente. «Ho il timore, Goku, che tu stesso non ti sia reso completamente conto di chi sia questa creatura, né coloro che hanno invaso il tuo pianeta natale».
Il Sayan lo guardò battendo due volte le palpebre, perplesso. Lui sapeva chi era quello, davvero, se c’era una cosa che gli era ben chiara di quella storia era proprio chi diavolo fosse il demonio che aveva salvato.
L’ethberiano sospirò. «Non so da dove tu venga, Son Goku, ma mi dai l’idea di sapere poco, molto poco, di un mostro di nome Freezer».
«Eh…?» inarcò un sopracciglio, piegando la testa di lato, sempre più perplesso. Beh, si disse, lo aveva definito mostro, ma perlomeno non aveva tirato fuori la forca…
«Sai chi è questo?».
«Eh?».
Sembrava un vecchio ritaglio di una immagine stampata, ed era completamente accartocciato, rovinato. Il dottore glielo fece scivolare sul tavolo, schiacciandolo sotto una mano per appiattirlo, ma era inutile: c’erano crepe, increspature impossibili da cancellare e da rimuovere; doveva essere stato tirato fuori più e più volte ancora, disteso e riaccartocciato senza cura e senza rispetto, come spazzatura.
Rimosse la mano e Goku lo guardò: c’erano occhi rossi a restituire il suo sguardo piuttosto curioso e vagamente perplesso, occhi rossi, taglienti e crudeli, leggermente socchiusi in un sorriso che del sorriso vero non aveva nulla, neppure una parvenza di parodia. Aveva due leggere rughe d’espressione agli angoli della bocca e la mano sinistra sollevata quasi timidamente davanti alle labbra, con le dita piegate in un atteggiamento che poteva quasi ricordare quello d’una nobildonna, ma che della leggiadra innocenza non possedeva nulla più di quanta fosse la sincerità di quel suo sorriso artefatto. Goku raccolse il foglietto per avvicinarlo agli occhi, ed intanto faceva scorrere lo sguardo sulla conformazione ossea che avvolgeva il capo della creatura come un elmo, sulle corna nere, brutali e lisce come quelle di un demone, sulla pelle rosa pallidissimo del volte e della mano e sulla colorazione più scura delle guance. Era una femmina? Qualcosa, come un istinto, gli diceva che la postura e l’eleganza dell’alieno erano ingannevoli. Cercò il suo petto, ma la fotografia s’interrompeva prima e… e quella era la divisa di Vegeta e di Ginew, era la divisa dell’impero di Freezer! Ma cosa… chi era?
Il dottore ethberiano lo strappò alle sue osservazioni. «Non ho molto tempo, temo» disse, gettando un’occhiata ad una schermata a muro che doveva essere un orologio. Goku lo guardò distrattamente, ma quelli non erano numeri per quel che lo riguardasse, proprio no. «…ma ti darò qualche rapida lezione. Lezione uno: chi ti parla di ‘Lord’ Freezer è tutto fuorché amico della libertà. Freezer non è un Lord, se non nel suo Impero corrotto. Freezer è un mostro, un essere inumano. Qui lo chiamiamo il Mercante di Vite, perché più o meno è quello che fa: trova un pianeta, e se gli piace lo conquista e lo rivende, e quelli della popolazione che non può usare per ampliare la file del suo esercito vengono ridotti in schiavitù o venduti, o entrambi. E se un pianeta non gli piace… Nella sua mente tutto esiste per uno scopo, e quello scopo è essere utile o gradevole a lui. E sei esisti per uno scopo, e poi quello scopo perde peso tu non esisti più, punto. Ci sono dicerie, voci, secondo le quali sia l’essere più potente dell’universo; si dice che possa far scomparire pianeti interi con una sola imposizione della sua mano».
Goku strinse la mascella e le sue dita si contrassero, spiegazzando ancor di più il ritaglio che teneva ancora in mano. Lo sapeva, maledizione, lo sapeva benissimo. Radish già glielo aveva detto, e poi aveva visto lo stesso Freezer all’opera e aveva provato sulla sua pelle la filosofia distorta di quell’essere:
Che ne diresti di lavorare per me? Sarebbe uno spreco ucciderti…
«Chi lo segue» proseguì l’ethberiano. «…non lo fa mai per reale fedeltà. Molti lo fanno per terrore, perché rendersi utili ai suoi occhi significa tenere in vita la propria famiglia. Lo so, Goku, perché ne ho incontrate, di quelle creature. Alcuni continuano a servirlo fino alla morte, e sono i disperati; altri, i più coraggiosi, disertano alla prima occasione e cercano rifugio presso altri eserciti, e sono quelli che spesso credono di non avere più nulla da perdere. Ma molti sono parassiti, scalatori sociali, che baciano i suoi piedi solo per vanagloria o prospettiva di guadagno o perché sono esattamente come lui. C’è stata una razza intera ormai estinta, quella dei Sayan, che si era unita a lui proprio per questo: amavano distruggere e conquistare, erano vermi, ingordi di gloria e assetati di sangue. Freezer poteva dar loro tutto questo, e loro avevano visto nel suo potere una rampa di lancio perfetta. Erano mostri, ma Freezer lo era di più: li ha spazzati via tutti, dal primo all’ultimo, e solo quel cane rognoso, figlio di quello che una volta era stato il Re, il ‘Principe’ è stato risparmiato e continua a uccidere e saccheggiare… il suo piccolo animaletto domestico, il trofeo di Freezer».
Era strano, disagiante, quasi spaventoso sentir parlare della propria razza dal dottore. Gliene aveva parlato già Radish, e poi Re Kaioh, Vegeta e, santo cielo, anche Freezer si era più volte premurato di tornare sull’argomento, ma questo… Questo era la razza Sayan vista dagli occhi di un innocente, di una creatura normale, e se prima aveva provato di disgusto ed era stato doloroso, ora era persino peggio. Ora lo sentiva quel disgusto e quell’odio che gli cadeva addosso assieme alle parole, ed era indirizzato a lui, solo a lui, riguardava lui, che era l’ultimo dei Sayan.
«Il Principe dei Sayan è morto» disse prima di riuscire a trattenersi. «Era fra quelli che sono morti su Namecc».
L’ethberiano sussultò sotto l’impatto di quella notizia, poi piegò leggermente la testa di lato e sorrise, un sorriso come Goku non l’aveva mai visto, lento e sgradevolissimo e malevolo. «Buon per l’universo» rispose. «E se è morto annegato nel suo stesso sangue, piangendo e strisciando come un patetico verme, allora esiste ancora della giustizia divina in questo mondo a catafascio».
Goku lo guardò turbato, gettando la testa all’indietro. Ricordava la morte di Vegeta, tanto quanto ricordava quella di Crilin. Bastava chiudere gli occhi ed erano lì, impresse a fuoco dietro alle palpebre. La ricordava bene e non c’era niente di cui rallegrarsi, perché era stata una morte orrenda, ingiusta, e non capiva come l’ethberiano potesse esserne rallegrato, proprio lui, che aveva appena detto che il suo dovere era salvare delle vite e che era disposto a curare persino Freezer.
Fu uno strano suono ad impedirgli di parlare. Risuonò nella mensa e nei corridoi: Ko–dlong, ko–dlong.
L’ethberiano voltò immediatamente la testa, scrutando gli angoli della mensa e il soffitto, in attesa.

Dottor Valedo in chirurgia, Terzo Piano, A59 Rosso.

«…Temo che il dovere mi reclami, dovremo continuare la nostra conversazione in un altro momento» sospirò il medico, alzandosi rapidamente da tavolo con un gesto fluido. «Non temere, non ha nulla a che fare con il nostro… non amico: il paziente dell’A59 è un meccanico di astronavi… ha quasi perso un braccio durante una riparazione» lo informò, quasi serenamente.

«Lo ha ucciso Freezer» lo disse tutto d’un tratto alla schiena del dottore, e non seppe neppure lui perché.
Valedo si fermò di colpo e si voltò verso di lui, guardandolo perplesso.
«Vegeta, il Principe dei Sayan, lo ha ucciso Freezer: ero lì» insistette.
Non sapeva cosa volesse, non sapeva che reazione si aspettasse, ma il modo in cui l’ethberiano sgranò gli occhi e dischiuse la bocca, lo shock totale sul suo volto furono inaspettati. Sembrava paralizzato lì e fissava Goku come se avesse visto un fantasma; Goku sosteneva il suo sguardo con occhi determinati e pugni chiusi.
Ko–dlong, ko–dlong.

Dottor Valedo in chirurgia, Terzo Piano, A59 Rosso.

Il dottore sussultò e si riscosse, gettò un occhiata al soffitto ed una alla porta d’uscita, ma non sfrecciò via come Goku si sarebbe aspettato: riportò lo sguardo su di lui, aveva gli occhi sbarrati.
«Tu…» sussurrò, e mosse un passo nella direzione del Sayan. Gli strappò di mano il foglietto e lo tenne sollevato, l’immagine rivolta verso Goku. Lo agitò, quasi volesse essere sicuro che vi concentrasse tutta la sua attenzione. «Tu hai visto… Freezer era su Namecc?».
…Eh?
Goku batté le palpebre e si piegò appena in avanti, guardando il dottore ethberiano ad occhi sgranati. La sua perplessità era totale mentre sollevava l’indice della mano destra a grattarsi piano la guancia. Guardava Valedo e guardava l’immagine, pensava a Freezer e all’assurdità della domanda appena ricevuta ed in lui iniziava a torcersi il vago presentimento d’aver tralasciato qualche importante tassello di quella conversazione.
«Ehm… beh… è ovvio…?» riuscì ad articolare dopo qualche istante. «Insomma, è per colpa sua che poi non siamo potuti rimanere su Namecc e siamo dovuti venire qui: stava esplodendo perché Freezer ha deciso di distruggere tutto il pianeta, quando le cose per lui si sono messe male».
E stava per chiedere cosa centrasse quella creatura cornuta ed effemminata con Freezer, ma udire le ultime parole della frase parve illuminare il dottore dall’interno. «‘Messe male’?» indagò subito, e c’era una sorta di avidità maligna, nel fondo della sua malcelata eccitazione. «Freezer stesso ne è uscito danneggiato?».
Goku batté le palpebre e la sensazione di aver tralasciato davvero qualcosa di importante, di importantissimo, tornò a martellargli contro le tempie. Perché il dottore l’aveva visto, Freezer, l’aveva ricucito pezzo per pezzo e non era stato certo neppure lui che sarebbero bastati i medicamenti e i punti di sutura a tenerlo insieme, e dato che l’aveva visto che senso aveva una domanda simile?
«Sai perché porto sempre una foto di Freezer, in tasca, quando lavoro?» chiese tutto d’un tratto il dottore, dando una leggera scossa al foglietto.
Una foto di…? Goku non ebbe neppure il tempo di assimilare il concetto, né di fare nulla che non fosse il guardare inebetito il foglietto e quella maledetta figura rosata e cornuta e pensare che no, un momento, Freezer?
«…Fbrenha, il pianeta a cui ho inviato un campione del sangue della creatura che tu hai tratto in salvo non è sempre stato l’unico pianeta affilato ad Ethbera» riprese il dottore, cambiando bruscamente discorso. «Ve n’era un altro, si chiamava Vochdre. Era più lontano, a quasi trecentoundici ghuarmts da Ethbera. Quando è stata scattata questa foto lavoravo lì come infermiere, anni fa, e io c’ero, il giorno in cui ‘Lord’ Freezer venne a farci visita: il pianeta rientrava… rientrava nei suoi interessi, disse così. Propose un accordo, e Vochdre accettò» parlava e la sua voce traboccava d’odio e disgusto e impotenza. «Sette mesi dopo Vochdre non esisteva più. Io tornai a casa pochi giorni dopo aver saputo che il pianeta si sarebbe alleato a Freezer, ed è per questo che oggi vivo ed ho in tasca questa fotografia: Freezer è venuto a distruggerci.
L’ha fatto sorridendo, promettendo un futuro migliore. Funziona così, per quel che lo riguarda, nulla è insostituibile, neppure le vite di coloro che lo servono fedelmente». Accennò con un movimento del capo all’alto, oltre il soffitto, e prese un respiro profondo e mise la fotografia ritagliata sul tavolo, proprio davanti ad un sempre più inebetito Goku. «Porto questa foto con me per ricordarmi, davanti a qualcuno che non riesco a salvare, feriti, martiri e vittime di guerra, che alla domanda ‘perché capita tutto questo’ c’è una risposta, ed ha un volto e un nome».
Ko–dlong, ko–dlong.

Dottor Valedo in chirurgia, Terzo Piano, A59 Rosso.

«Temo di dover davvero scappare, ma la tua notizia mi hai rallegrato la giornata, Son Goku. Spero, un giorno, di poter udire anche la notizia della sua morte».
Lo salutò con cenno del capo e lo lasciò lì imbambolato in mezzo alla mensa, con quella fotografia stropicciata sul tavolo.
Goku si grattò la testa e gettò un’occhiata in tralice alla figura nella foto. «Tu ridi, ma io non ci ho capito niente, sai?».



«Poi mi dovrai spiegare perché il dottore crede che questo sia tu» lo informò Goku con un vago brontolio, agitando l’immagine stropicciata che teneva stretta fra l’indice ed il medio.
Dal letto, nessuna risposta, e sotto un certo punto di vista era persino meglio. Non erano passate che poche ore da che si era trovato per la prima volta in quella stanza, al cospetto di quello spettacolo raccapricciante ed era quasi voluto scappare, e niente era cambiato: non gli aghi o la carne violacea e gonfia e tumefatta, non i fili o il respiratore infilato giù per la trachea, e quindi era meglio che Freezer continuasse a dormire. Niente sofferenza, niente dolore, niente sangue in bocca o sulle bende o nei polmoni, niente ferite riaperte, niente collera o spergiuri. Davvero, meglio che continuasse a dormire per un po’ di tempo, ancora. Di risvegliarsi in una condizione come quella in cui si trovava, Goku non lo augurava neppure a lui. Di trovarselo davanti, sveglio e ferito e furibondo, senza una mezza parola pensata o un mezzo motivo, senza un mezzo piano per gestire la situazione… decisamente non lo augurava a sé stesso, questo.
Ficcò in tasca la fotografia e poggiò le mani sul bordo del comodino metallico su cui si era appollaiato, dondolando le gambe, agitato e pensieroso. Qualche istante dopo voltò nuovamente la testa verso il nemico sconfitto.
«Almeno te li meritassi, tutti i casini che sto facendo per tenerti in vita» rognò con una vaga punta d’ostilità, poggiando i gomiti sulle ginocchia. «Spero proprio che ti dimostrerai un po’ più ragionevole di quanto lo sei stato su Namecc, perché già così io non so davvero perché voglio aiutarti».
Balzò giù dal comodino e si avvicinò di qualche passo al letto. Estrasse e avvicinò l’immagine al volto di Freezer, provò a immaginarselo sorridere, parlare, spergiurare… Sospirò e rificcò in tasca il foglietto.
Erano brava gente, gli ethberiani, non si meritavano il suo silenzio, però…

«Immagino che abbiano tutto il diritto di odiarti, di non volerti salvare».
Sembrava passata un’eternità, potevano essere passate ore. La stanza era silenziosa e immobile nella luce artificiale, nella temperatura regolata, nel ronzio delicato dei macchinari.
Fissava un punto davanti a sé, cercando di mettere in ordine i pensieri, e c’è chi dice che iniziando sei già a metà dell’opera, ma l’unica cosa che riusciva a pensare era che se solo ci fosse Bulma. Bulma era intelligente e sapeva sempre cosa fare, era molto più intelligente di lui, molto più di tutti loro, ed era ancora viva. Bulma era viva, era sulla Terra ed era maledettamente fuori portata, come tutti i volti, i vivi ed i morti, che l’avevano accompagnato e consigliato fino a quel punto, no, prima di quel punto, perché se ci fossero stati, lì con lui su Namecc, forse l’avrebbe fatto ragionare ed avrebbero impedito tutto quel casino. Niente Bulma, quindi. E Chichi… pensare a Chichi lo faceva pensare a casa, e la reazione di Chichi, oh, quella…
Sbuffò per non mettersi a ridacchiare, ma poi ridacchiò comunque, con una mano schiaffata sulla bocca ed un'altra stretta sulle costole doloranti, con una mezza isteria e quell’immagine stampata nel cranio. Cielo, poteva praticamente vederla, sua moglie che non strillava, no – quello l’avrebbe fatto, poco ma sicuro, ma dopo – ma che realizzava la situazione con occhi sgranati e la bocca ridotta ad una linea sottile e poi prendeva una lieve rincorsa, come al rallentatore, una lieve rincorsa e la padella in mano e spiccava un salto e… Oddio, Freezer non l’avrebbe mai schivata. Troppo assurdo e troppo inaspettato e troppo maledettamente doloroso, lui lo sapeva bene. E sapeva bene anche, come una sensazione, che altri si sarebbero chiesti se fosse effettivamente normale essere nel più grande e pericoloso casino immaginabile e ridacchiare immaginando la propria moglie terrestre menare padellate sulla testa del essere più spietato e crudele dell’universo, ma…
Si calmò e sorrise, levando la testa verso il soffitto. Faceva incredibilmente bene pensare a casa, ricordare casa, dove tutto aveva una soluzione.
Quando si voltò a guardare Freezer non sorrideva più, era impossibile guardare Freezer e sorridere.

Spero, un giorno, di poter udire anche la notizia della sua morte.

«Se lo sa, sei morto, Freezer» disse all’aria con voce cupa.
Ma Freezer era morto, stabilì un istante dopo guardando la figura mutila e pallidissima distasa nel letto, tenuta in vita da meri pezzi di metallo. Era già morto, non serviva che smettesse di respirare. Morire significava anche altre cose: significava finire la vita e, poco ma sicuro, la vita di Freezer era finita, in un modo o nell’altro. Niente Freezer il Tiranno, niente Freezer il Mercante di Vite. Capitolo chiuso, non avrebbe mai permesso che ricapitasse. E se quel Freezer era morto, allora andava bene. Niente bugie: questo era un altro Freezer, non gli avrebbe permesso di tornare ad essere quel Freezer, questo era un altro Freezer, non lo era diventato chiedendogli aiuto, no di certo, ma se non poteva essere quello di prima sarebbe dovuto diventare qualcos’altro, poco ma sicuro.

Dopotutto, o si cambia o si muore.









Dunque… ringrazio tutti coloro che sono arrivati in fondo a questo capitolo, malgrado il colossale ritardo e la trama non esattamente popolare. Se volete, lasciatemi un’opinione, e se potete, arrivati a questo punto, non scappate via. Da qui in poi, se Goku si ricorda il copione e vossignoria Lord Freezer decide di farmi contenta degnandosi di dare una scorsa al suo, le cose dovrebbero movimentarsi, o quantomeno diventare interessanti. Perché sono in vena di chiacchiere, oggi? Perché a me piace il Lunedì, e questo è il terzo capitolo – 3 è un numero bello.
Ah, il dottore – temo di non essere stata sufficientemente chiara, ma questo capitolo è stato un parto – è convinto che Freezer sia un semplice sottoposto di, beh, Freezer.



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