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Autore: The Writer Of The Stars    23/11/2015    5 recensioni
La goccia vermiglia esulta mentre scivola sulla sua lingua tagliente, danzando contro le papille gustative inattive, scivolando poi giù per la gola, attraversando l’epiglottide amara e lasciando dietro di sé l’agrodolce aroma metallico tra le pareti della bocca regale. Vegeta ingoia il proprio sangue con un ghigno quanto mai simile a quello del proprio incubo vivente, saggiando la consistenza dell’emoglobina con la lingua e stringendo i pugni con onnipotenza, immaginando che al posto dei suoi guanti immacolati ci sia la testa aliena di Freezer.
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Vegeta's childood
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freezer, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La goccia vermiglia scorre lasciva, carezzando la pelle ruvida. Si insinua tra gli zigomi scavati, si riposa per infinitesimali secondi nell’incavo della palpebra socchiusa, si impregna nelle ciglia eburnee, in bilico tra il vuoto e l’attaccatura al volto sfigurato. Si getta nell’accattivante oblio del vuoto, compiendo un piccolo salto di qualche millimetro, ricadendo di nuovo sulla superficie emaciata, proprio sulla guancia livida. Non è stanca di correre, di vivere, così scivola via, verso il basso, con una celerità estenuante, con il cuore in gola, come se stesse percorrendo l’autostrada verso il Paradiso – o l’Inferno, dipende dai punti di vista-. E il bramato stato metafisico prende la forma di un labbro spaccato e tirato in una linea d’orgoglio, ben diversa da quella di sottomissione che la goccia si aspettava.

Crack. 

Alle orecchie sembra quasi di sentire lo scricchiolio innaturale della mandibola in fase di sviluppo, i canini che sfregano tra di loro come due mani assiderate dinanzi ad un fuoco vivo. La goccia si incastra all’angolo delle labbra, tra l’attaccatura di esse, e si ferma lì, impregnandosi nella carne viva, premendo per ottenere accesso all’interno dell’anima.

Gli occhi infiniti inglobano in loro la visuale del carnefice senza tremare, senza che la pupilla vacilli per insulse lacrime, senza che la cornea si offuschi di terrore. Il suo sguardo gli rigetta indietro solo due iridi vitree violastre, vuote e impregnate di perverso sadismo che non fatica a riconoscere, immerse nel bianco nauseante dell’ umor acqueo. Il Principe non fatica eccessivamente ad individuare il debole riflesso delle venuzze sanguigne che si irradiano dalla pupilla e se ne compiace interiormente, consapevole che non sono altro che il riverbero del timore che ha di lui, piccolo principino senza regno e corona. Le labbra del carnefice sono viola, come le iridi, e si piegano in un ghigno che spacca a metà il volto disumano, un’increspatura che gli prende anche gli occhi, colmandoli talmente tanto di odio che Vegeta quasi teme stiano per scoppiare.

 Il carnefice si volta senza parlare, senza smettere di sorridere, come se si fosse stancato di attendere i gemiti di dolore che non riuscirà mai a strappare a quel principe ribelle. E quasi se ne compiace, il principe, mentre lo osserva allontanarsi con le bracci incrociate al petto, la testa che sobbalza leggermente, scossa da una risata amena che gela le pareti metalliche della base. Attende che la schiena corazzata sparisca alla sua vista, inghiottita dall’oscurità e dall’omertà di quelle mura cruente, e solo allora schiude leggermente le labbra, permettendo alla goccia di sangue non ancora coagulata di infilarsi nella sua bocca. La goccia vermiglia esulta mentre scivola sulla sua lingua tagliente, danzando contro le papille gustative inattive, scivolando poi giù per la gola, attraversando l’epiglottide amara e lasciando dietro di sé l’agrodolce aroma metallico tra le pareti della bocca regale. Vegeta ingoia il proprio sangue con un ghigno quanto mai simile a quello del proprio incubo vivente, saggiando la consistenza dell’emoglobina con la lingua e stringendo i pugni con onnipotenza, immaginando che al posto dei suoi guanti immacolati ci sia la testa aliena di Freezer.

Che lo picchi, se proprio ci tiene! Che sputi veleno su di lui, se può contribuire ad ingorgoglire il suo animo spietato! Freezer può fare quello che vuole; qualunque cosa faccia, per lui resterà solo come una cicatrice sul corpo martoriato di un bambino. Può intaccare la sua gloria, ma non distruggerà mai il suo onore.

Vegeta ha sette anni appena compiuti il giorno in cui il suo pianeta esplode; sono passati sette inverni dalla sua nascita quando si trova sbattuto tra le mani bluastre di Freezer; ha i muscoli di un bambino di sette anni quando si tasta malamente il volto emaciato da quei colpi letali; Vegeta ha sette anni, quando ingoia per la prima volta il proprio sangue amaro.




Nota autrice:
A volte, come avete notato, ritorno. Non sono scomparsa, semplicemente attendo l’ispirazione giusta. Ispirazione che, difatti, è arrivata proprio questi giorni, dal momento che ultimamente mi sono data alla filosofia e leggendo “L’arte di farsi rispettare” di Schopenhauer, mi sono imbattuta nel confronto tra la δόξα (la gloria) e la τιμή (l’onore) ellenici. Da ciò, è scaturito il confronto tacito tra un Vegeta bambino e Freezer che avete letto. Personalmente ho sempre immaginato il Vegeta bambino come inebriato di sete di possesso e perso nei meandri febbrili della propria esaltazione adolescenziale, non temendo così Freezer, perlomeno non durante i primi anni di sottomissione. A libera interpretazione di tutti, comunque! ^_^
Spero vi sia piaciuta!
Alla prossima!
Letizia
 
   
 
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