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Autore: Aru_chan98    25/11/2015    1 recensioni
(Dal testo)
In pochi attimi raggiunse il luogo dove una bottiglia era per metà seppellita nella sabbia, ma fu un altro dettaglio ad attirare la sua completa attenzione: racchiuso in quella prigione di vetro c’era un rotolo di carta ingiallito dal tempo. Preso dalla curiosità per quella bottiglia e il suo piccolo contenuto, il francese la tirò fuori dalla sabbia dorata e se la portò a casa, chiedendosi cosa avrebbe potuto contenere quella bottiglia. Appena arrivò nella sua modesta dimora, si sedette nel suo piccolo salottino e, tirando con tutte le sue forze per rompere il sigillo di salsedine che il mare aveva creato, stappò quella bottiglia e riuscì a prendere il foglio: srotolandolo si sorprese di trovare non delle frasi bensì uno spartito musicale.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1705. Una nave sta andando lentamente a fuoco. La sua ciurma, ridotta a niente più che corpi ormai senza vita, fatta eccezione per un solo uomo. Un ragazzo dai capelli biondi perennemente spettinati, ora sporchi di fuliggine e dagli occhi un tempo del verde più bello e brillante ma che ora facevano fatica a mettere a fuoco l’ambiente. Era ferito gravemente ma nonostante stesse ad un passo dalla morte, continuava a scrivere qualcosa su un pezzo di carta. Cercava di fare in fretta, ma aveva il timore di non riuscire a finire in tempo. Una goccia di sangue cadde sul foglio, andando quasi a coprire l’ultima battuta scritta sul foglio, facendo preoccupare il ragazzo morente che con le sue ultime forze mise quel pezzo di carta dentro una bottiglia, la sigillo ma non riuscì a lanciarla in mare: la bottiglia cadde in acqua dalle sue mani morte, evitando di rompersi contro lo scafo solo per un soffio, portando con sé il segreto di quel foglio.
 
 




XIX secolo. Francis stava camminando lungo la spiaggia di Mont Saint Michelle in cerca di un po’ di tranquillità: lavorava ininterrottamente su una nuova melodia e aveva deciso di prendersi una pausa. Aveva finito di comporre qualche ora prima e le dita gli facevano ancora male per tutte le ore di lavoro che aveva fatto. Eppure, anche se era faticoso, amava quel lavoro. Stava camminando da alcuni minuti quando un luccichio tra la sabbia lo abbagliò per un breve istante, attirando la sua attenzione. In pochi attimi raggiunse il luogo dove una bottiglia era per metà seppellita nella sabbia, ma fu un altro dettaglio ad attirare la sua completa attenzione: racchiuso in quella prigione di vetro c’era un rotolo di carta ingiallito dal tempo. Preso dalla curiosità per quella bottiglia e il suo piccolo contenuto, il francese la tirò fuori dalla sabbia dorata e se la portò a casa, chiedendosi cosa avrebbe potuto contenere quella bottiglia. Appena arrivò nella sua modesta dimora, si sedette nel suo piccolo salottino e, tirando con tutte le sue forze per rompere il sigillo di salsedine che il mare aveva creato, stappò quella bottiglia e riuscì a prendere il foglio: srotolandolo si sorprese di trovare non delle frasi bensì uno spartito musicale. Era un documento molto vecchio a vedere il colore della carta ed era macchiato di una sostanza marroncina in alcuni punti, ma era lampante che quella scritta su quel foglio fosse una ballata. “Non sembra male, chissà che canzone è” disse tra sé e sé e si diresse verso il pianoforte. Si sedette davanti allo strumento e poggiò lo spartito in modo da poterlo eseguire e in men che non si dica la melodia cominciava già a risuonare per le stanze della sua dimora. Non era esattamente una melodia allegra ma neanche triste: aveva un suono quasi indefinibile ma a suonarla si provava come una sensazione di mistico. Qualcosa di così armonioso sa essere inesprimibile. Francis arrivò alla fine della quinta battuta prima di sbagliare nota, interrompendo quell’atmosfera magica che si era creata. Senza perdere tempo riprovò a suonare quella ballata ma ogni tentativo veniva sempre interrotto alla fine della quinta battuta, irritando molto il biondo: era uno dei migliori pianisti di Francia, come faceva a non essere in grado di suonare quella che sembrava una semplice ballata settecentesca? Ad un tratto sentì degli applausi provenire vicino dal pianoforte, facendogli alzare gli occhi di scatto per la sorpresa: un giovane uomo dai capelli biondi e occhi del verde più incantevole era seduto vicino alla parte aperta dello strumento e lo stava applaudendo con un po’ di sarcasmo. “Chi sei tu?!” esclamò il francese, completamente sbalordito dalla presenza dello sconosciuto, soprattutto perché era sicuro di essere solo in casa, ma l’altro rimase calmo e, smettendo di applaudire, disse “Sei tu che mi hai chiamato? Ma cosa più importante: che posto è questo?”. Sembrava molto spaesato sotto l’aria calma che aveva, cosa che non sfuggì al biondo e anche se gli dava un po’ fastidio che il nuovo arrivato gli avesse risposto con un’altra domanda, disse “Credo di si. In ogni caso, siamo in Francia, dove credevi di essere?” “Non siamo in alto mare?!” esclamò stupito il ragazzo misterioso, che era vestito come un pirata del diciottesimo secolo, assumendo un’aria completamente spaesata. “Fino a prova contraria no. Piacere, io sono messier Francis Bonnefois. E lei chi è, messier fantasma?” gli chiese nuovamente, tendendogli una mano. “Fantasma? Ma di che diavolo vai blater-“ ma s’interruppe quando la sua mano attraversò quella del francese, facendolo ammutolire. Si portò la mano guantata vicino al viso, guardandola con aria scioccata, quasi a voler negare l’evidenza, facendo nascere un sentimento di compassione in Francis. “Forse sei stato richiamato da questa melodia” ipotizzò, mostrandogli lo spartito “ la “Ballata del fantasma innamorato”? L’hai scritta tu?” gli chiese con aria interrogativa, lasciando un po’ interdetto il pianista, che si aspettava che il giovane sconosciuto ne sapesse qualcosa. “Non… non l’hai scritta tu? Ne sei sciuro?” chiese un po’ disorientato e il fantasma assunse un’aria molto distante mentre diceva “Ricordo solo che eravamo al largo delle coste di Terranova. Poi… un attacco mi sembra. Ricordo delle fiamme e odore di carne bruciata e sapore di sangue. E un solo pensiero che continuava a pulsarmi nella mente e di aver avuto fretta per… qualcosa. Ma non so cosa”. Francis si sentiva rattristato per i ricordi quel povero fantasma, “Puoi restare qui se non hai dove andare” gli propose ma il fantasma sorrise mestamente e gli disse “Sarebbe bello e ti ringrazio per la tua gentilezza”. Fu allora che il biondo si accorse che l’altro si stava dissolvendo. “Aspetta! Dimmi almeno il tuo nome!” esclamò Francis, mentre il “pirata” cominciava a diventare sempre più etereo. “Arthur” disse e scomparve nell’aria, lasciando il francese sconvolto per quella breve apparizione: voleva che riapparisse, doveva rivederlo. Quegli occhi verdi lo avevano stregato e doveva assolutamente rivederlo e si rimise a suonare lo spartito febbrilmente, anche se si bloccava al solito punto, con la speranza che Arthur ricomparisse di nuovo ma non lo fece. Francis si mise a suonare senza riposo quello spartito e lentamente cominciò a concludere una battuta dietro l’altra, ma senza mai riuscire a concludere l’ultima, con sua grande disperazione. Non mangiava, non dormiva, non si staccava mai da quel pianoforte, tutte le sue energie erano concentrate su quella melodia e sul tentativo di richiamare quel fantasma che sparendo si era portato via il suo cuore. La notte del quarto giorno finalmente riuscì a suonarla dalla prima all’ultima nota. Si sentì soddisfatto e sorrise ma poi tutto si fece mano a mano più sfocato e, infine, stramazzò sui tasti dello strumento, producendo uno sgraziato suono per qualche istante: i suoi occhi blu come il mare che amava tanto si erano fatti vuoti e spenti e le sue dita sanguinavano leggermente per lo sforzo di suonare ininterrottamente per giorni. In quel momento il fantasma ricomparve, esordendo con un sorrisone e dicendo “Ce l’hai fatta! La ballata è completa!” ma appena lo vide il suo sorriso si tramutò in un’espressione allarmata. “Francis! Ehy, Francis! Non… non fare scherzi ehy” provò a chiamarlo il biondo e cercò di scuotergli una spalla, ma la sua mano gli passò attraverso. Arthur era sul punto di piangere per aver perso quel ragazzo così gentile con lui e si sentiva responsabile di averlo spinto verso quella fine. Si riscosse solo quando, alzando gli occhi lucidi dal pavimento, si accorse di una figura eterea come lui vicino al pianoforte. Gli sorrideva gentilmente e quando si accorse di avere la sua attenzione disse “Finalmente ci rivediamo, Arthur”. L’inglese rimase di sasso per un brevissimo istante, prima di sorprendere il pianista con l’abbraccio più forte che sapesse fare: non l’aveva perso, era lì. Francis ridacchiò leggermente e ricambiò quell’abbraccio, accarezzandogli piano i capelli perennemente spettinati. “Sei tornato. Credevo di non rivederti più” disse Arthur, sinceramente contento di rivederlo. Il francese lo staccò un po’ da sé e, baciandolo, gli disse “Questa dovrebbe essere la mia battuta sai? Volevo rivederti così tanto”. Arthur arrossì e se ne uscì con un piccolo “scemo” per poi alzare gli occhi verso quelli blu dell’altro e baciarlo nuovamente. Quando interruppe quel contatto, gli disse “Spero ti vada bene stare insieme per sempre allora” con un sorrisetto timido e Francis gli sorrise con gioia rispondendogli “Non chiedo di meglio mon amour”, abbracciandolo forte. Un solo pensiero attraversò velocemente le loro menti, per poi lasciar posto all’amore: “Forse, morire non è stato tanto male, perché alla fine mi ha portato da te”.





Piccolo Angolo dell'Autrice
Una fruk. madoooo. E chi l'avrebbe mai detto che ne avrei scritta una in tutta la mia vita? Qusta storia è ispirata ad un'immagine che mi è stata passata su un gruppo di amici (e avrei voluto metterla nella storia ma non ci sono riuscita) e ad una piccola role nata da essa. Mi sento di dover ringrazie un piccolo macarone per questa quasi conversione alla fruk XD Spero sia venuta bene come prima fruk della mia vita e alla prossima :3

 
   
 
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