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Autore: __shadow    25/11/2015    0 recensioni
Beatrice è una ragazza di diciassette anni come tutte le altre, con i proprio difetti ed un proprio malessere morale, portato anche dall'etá, una ragazza che spera in una svolta per liberarsi dalla monotonia. Lei, come altre tante ragazze, iniziava a pensare che forse quella maledetta svolta non sarebbe mai arrivata, ma è proprio quando smetti di cercare che le cose arrivano da se...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una domenica pomeriggio e in giro non c'era nessuno. Tutti erano nelle loro case in quei piccoli palazzi ugali tra loro a mangiare le stesse cose con le solite persone. Tutti se la ridevano come se fosse la massima ispirazione di vita, stavano tutti bene nelle loro bolla e nessuno voleva uscire. Beatrice invece si, odiava quelle inutili giornate passate insieme a gente che neanche considerava, odiava solo vederle figuriamoci starci insieme in una stanza e parlarci. Odiava quelle stupide case che non dicevano nulla. Odiava quel posto e basta. 《Bea quando ti decidi ad entrare?》le urlò la madre. Lei si trovava fuori al loro piccolo terazzino che guardava le nuvole, in realtà usciva per tornare a respirare anche se non funzionava, il nodo che aveva nel petto restava sempre lì. Si alzò lentamente e tornò in cucina. 《Mamma che c'è?》 《Volevo dirti che per un po' verrà a stare da noi un ragazzo》Bea la guardò male sperando che fosse solo uno brutto scherzo. 《E chi è?》chiese. Ormai nella stanza la guardavano tutti e lei era davvero tentata di fare una strage. 《È seduto di là con tuo padre》 《Okay, posso tornare dove stavo prima?》 《Beatrice.》 La richiamò, sapeva benissimo che voleva dire. Doveva andare a dargli il benvenuto. Entrò titubante in salotto strisciando i piedi a terra come se le sue gambe fossero state di piombo. Non sapeva bene cosa fare o dire e quindi tossì leggermente ricevendo l'attenzione del padre. 《Oh tesoro eccoti qui.. voglio presentarti Mattia è il figlio di un mio amico e..》 《Il tuo amico non ha una casa?》 Chiese con disprezzo 《Certo è anche meglio della nostra ma è lontano. Deve stare qui per lavoro e se non ti sta bene ti arrangi》 le rispose con una calma glaciale come era solito fare e Bea sbuffò. 《Noah se ci sono problemi posso anche andare》disse il ragazzo rivolto verso il padre ma rispose bea. 《Vado io》si girò e ritornò a grandi passi fuori al terrazzino e una volta seduta al suo posto chiuse gli occhi sognando di essere altrove. 《Stai bene?》 Bea sussultò soprattutto quando vide che seduto di fronte a lei c'era quel ragazzo. 《Si》 《Non me la racconti giusta》disse osservandola con i suoi occhi neri, sembravano due pozzi che nascondevano chissà quali segreti. 《Che ne sai? Manco mi conosci》 《Non ci vuole un genio per capirlo.. Guardati. Guarda i tuoi occhi, sono tristi. Sembra che potresti piangere da un momento all'altro.》Lei continuava a guardarlo negli occhi cercando di capire cosa c'era nei suoi occhi ma non riusciva a trovare nulla, erano imperscrutabili. Si arrese e guardò il cielo anche se non era più così interessante. 《Non ho nulla》 disse. Ed era vero. Non aveva nulla, nulla che valessa davvero la pena di tutto. Lui restò lì ad osservarla poi parlò 《Io so cosa ti farebbe stare bene.》 《Cosa?》 《Andare via da qui. Arriviamo dall'altra parte della città, prendiamo un gelato e andiamo sulla spiaggia anche se farà freddo e aspettiamo il tramonto..》disse euforico 《Come ci arriviamo se non ci sono mezzi?》 Rispose anche lei sorridendo 《Ho la macchina, dai vieni》 si alzò e le offrì la mano e lei la prese subito.. Detto fatto, arrivarono a destinazione e seduti sulla sabbia umida con il loro gelato alla crema in mano guardavano il cielo. Parlarono di scuola, musica, persone del posto, un po' di tutto. 《Perché non mi hai chiesto come mi chiamo?》 Chiese bea 《Perché già lo sapevo》 《Ma prima di iniziare qualsiasi conversazioni bisogna presentarsi anche se si conosce il nome, almeno io so così 》 《Certe volte faccio delle cose senza ragionarci, scusa. E poi non credevo che non mi avresti dato retta》 《E tu mi hai dato retta per perdere tempo?》 《No. Certo che no. 》 《Grazie.》 《Beh allora... Piacere mattia》 《Piacere beatrice 》 《Quanti anni hai?》 《17 e tu?》 《23. Sei minorenne eh》 《E tu sei maggiorenne eh》 lui sorrise. I mesi passarono in fretta e senza un motivo apparente quei due diventarono amici. Erano diversi, non avevano nulla in comune, non facevano che litigare per ogni minima cosa ma era grazie a quelle differenze che si completavano. Quella però non sembrava un'amicizia qualunque infatti quasi dall'inizio Matt fu attrattò da lei e in poco tempo diventò dipendente dei suoi sorrisi e della sua presenza. Voleva fare tutto con lei ma cosa più importante voleva vederla felice e c'era riuscito. Dall'altra parte le cose mutarono con più calma, all'inizio Bea non provava nulla se non indifferenza che poi tramutò in simpatia e infine anche se non lo ammetteva in attrazione. Le piaceva quel ragazzo e questo la preoccupava. Aveva paura che le cose petessero cambiare. E cambiarono. Era una mattina come le altre quando entrando in cucina trovò Matt con la divisa da militare, sapeva che era il suo lavoro ma non l'aveva mai visto vestito così e doveva ammettere che stava davvero bene. Il tutto gli dava un' aria da duro, lo slanciava e faceva notare ancora di più la sua sicurezza. Lui era sempre sicuro di tutto quello che faceva o diceva che alle volte bea lo invidiava. 《Che fai?》 Chiese andandogli vicino, lui l'osservò dall'alto. 《Vado a lavoro. Sono qui per questo,no?》 《Ma poi torni?》 《Si.》 E se ne andò lasciandola lì confusa e spaesata. Non le aveva mai parlato con tutta quella freddezza e questa cosa non fece che far lavorare la sua immaginazione ai limiti del Del normale ma la cosa più frustrante era che non riusciva a darsi risposte. Infine decise di credere che era una giornata "no", non poteva averle solo lei. Ma quella giornata diventò una settimana, matt usciva tutto il giorno per il lavoro e quando tornava la sera non andava più da lei neanche per chiedere come stava come era suo solito e se si avvicinava lei la liquidava subito, se era libero di mattina Bea non poteva farci nulla perche andava a scuola. Quel ragazzo la stava facendo diventare pazza. Anche se c'erano giorni in cui sembrava che tutto era tornato come prima poi il giorno dopo tornava a trattarla come una sconosciuta e lei totnava a starci male. Non poteva continuare ad elemosinare un po' d'affetto e cominciò ad ignorarlo anche lei. Anche se era impossibile farlo soprattutto quando lui tornava da lei con un sorriso sulle labbra e le sue belle parole. Ma durava sempre troppo poco, meno di quello che pensava. A volte cercava di trattenerlo più che poteva perché sapeva che se si allontanava ritornava ad ignorarla. Aveva la sensazione di essere diventata un gioccatolo. Un gioccatolo nella mani di un bambino viziato. Aveva paura che quel bambino viziato l'avrebbe lasciata nel dimenticatoio.
  
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