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Autore: BALERION1    25/11/2015    1 recensioni
Dopo alcuni anni dalla fine della loro grande avventura Inuyasha, Kagome e i loro amici vivono la loro vita tranquillamente e allegramente. Ma non durerà a lungo. Un nuovo e potente nemico sta per fare la sua comparsa. La più grande sfida per il gruppo di eroi sta per cominciare. Una sfida che li porterà a scoprire nuovi mondi, combattere avversari forti e micidiali, e svelare antichi misteri.
Questa è la mia primissima fanfiction. Spero che vi piaccia e che commentiate in molti.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Scusate la lunga attesa, ma sapete l'arte richiede tempo. E adesso gustatevi questo nuovo capitolo. Spero vi piaccia.

Momenti di quiete e di cure
 
Al villaggio l’ansia di poco fa stava cominciando a calare. Dopo il loro ritorno a casa, non si poteva certo chiamare in lieto rientro, avendo visto le ferite di Sango e Koga e le facce malinconiche degli altri. Immediatamente Kagome, Rin e Miroku s’impegnarono per medicargliele con la massima cura. Per fortuna Kagome era presente per tranquillizzare il demone-lupo, che continuava ad agitarsi per il dolore e la collera della sconfitta. A quanto pare, dopo anni di matrimonio, lui sembrava dare retta solo a lei. Si pensava a una reazione tipica di Inuyasha, invece niente, non ci fece quasi caso.
Che avesse sviluppato una sorta di tolleranza nei confronti di quel lupastro?
No. La verità e che continuava a pensare al combattimento, alla frase di quel Savage, e al fatto che forse ha sottovalutato troppo i suoi avversari. Si è reso conto che i mostri del passato non erano niente rispetto a questi draghi dell’occidente. E così, mentre gli altri erano impegnati con i compagni feriti, lui si diresse nell’unico luogo in cui avrebbe potuto trovare altre informazioni.
 
Adesso la situazione era più stabile. Le ferite di Sango erano guarite in fretta, grazie alla medicazione fattagli dal demone-volpe. Solo quattro segni sulla schiena, e un brutto ricordo, rimanevano a testimoniare. Ma le ferite che guariscono di meno sono quelle emotive. Miroku era abituato a vedere lei ferita, un tempo, ma le cose cambiano e nuovi pensieri affiorano. Come avrebbe mai potuto lui sopportare la perdita del suo amore e madre dei suoi figli. Il pensiero lo angosciava, mentre stava a osservare la sua amata che riposava. La guardava intensamente con gli occhi persi nei suoi pensieri, che furono interrotti quando la vide svegliarsi. Lo salutò con voce flebile e morbida. Forse aveva visto la sua espressione e cercava di mostrargli la sua parte più rincuorante.
“Ciao Sango, sei sveglia. Per favore non ti sforzare, la ferita potrebbe fare un po’ male. E non vorrei che..”.
“Che cosa succede? Lo vedo che sei preoccupato.”.
“Certo, non voglio che senta altro dolore, quindi rimani sdraiata.”.
“Non è questo, c’è dell’altro. Io lo so.”.
Avrebbe preferito evitare questo discorso, ma sarebbe dovuto arrivare comunque un momento o l’altro. Prese un profondo respiro e iniziò a confessare tutto.
“Io ho avuto paura, come mai prima d’ora. Ho pensato che se ti fosse successo qualcosa io non so come avrei fatto senza di te. Ti prego Sango, da adesso in poi non dovrai più combattere. Promettimelo.”.
“Miroku ti stai preoccupando troppo. Lo sai che uccidere i demoni è il mio lavoro, sono abituata a queste ferite.”.
“Non i nostri figli. Come farei a dire loro che…che….”.
Non riuscì a terminare la frase, non voleva pensarla nemmeno. La donna lo attirò a se, più vicino, in modo da parlargli più a quattrocchi. Aveva una voce flebile e rassicurante.
“Hai ragione. Scusa se ti ho fatto preoccupare, non ho pensato minimamente alla responsabilità dei nostri bambini. Perdonami.”.
Come due amanti, quali che sono, si baciarono amorevolmente. Sembrava che il tempo si fosse fermato per loro, avrebbero potuto continuare così per sempre. Se non fosse per un piccolo, fastidioso, vizio di famiglia. Il monaco aveva di nuovo allungato troppo le mani nel posto sbagliato. A lei non piaceva, non era mai piaciuto, e nemmeno ora che sono sposati piace. Come se non bastasse c’erano anche due convenevoli che guardavano dalla porta semichiusa.
“Papa, perché stai così abbracciato alla mamma?”.
“Credo che sia questo ciò che fanno i grandi quando sono soli, come hai detto tu zio.”.
Oh oh. Questo forse era meglio non aggiungerlo. E così il dado fu tratto, e uscì il numero sfortunato per il povero monaco. Le sue grida di dolore furono udite anche nella casa vicina, in cui Kagome si stava occupando di Koga.
“Cosa è stato?”.
“Penso che Miroku ne abbia fatta un’altra delle sue. Come ti senti adesso Koga?”.
“Molto meglio, grazie al tuo intervento Kagome. Ma continuo a pensare a quel maledetto mostro, se gli metto le mani addosso….Aia!”.
Doveva avercela proprio a morte con quello là, per essere ancora infuriato. Non che Koga sia mai stato un tipo tranquillo, ma doveva esserci sotto qual cosa per odiarlo così tanto. Meno male che la ragazza era l’unica con un’ascendente su di lui e quindi, per ora, restò calmo. Aveva quasi l’intenzione di chiedere, quando entrò Rin con delle erbe per alleviare il dolore di Koga. Anche se le ferite gli si erano rimarginate, la mano continuava a fargli male, così la ragazza aveva chiesto di portargli il rimedio. Koga rimase in qualche modo incuriosito dalla ragazzina appena entrata. Anche se la conosceva, non si era mai interessato più di tanto a lei. Eppure il suo comportamento impaurito gli sembrò strano, innaturale, almeno per un’umana che ha vissuto con un demone. Si ricorda della prima volta che l’aveva vista con Sesshomaru, una bambina che seguiva quel demone minaccioso come fosse il suo padre, e che ora tratteneva a stento la paura. Continuava a studiarla con lo sguardo, finché lei non lo notò e s’inventò una scusa per uscire da lì alla svelta.
“Kagome, come mai quella ragazza continuava a scrutarmi così?”.
“Parli di Rin? Vedi lei ha paura dei lupi. Prima che la trovasse Sesshomaru, un branco di lupi la assalì, sbranandola a morte. Poi quando è tornata vita gli è venuta la paura per loro. E in oltre, erano i lupi del tuo branco Koga, quindi, anche se sa che sei dalla nostra parte, a stento riesce a contenere la paura.”.
Molti dicono che i demoni non provano sentimenti, Rin era una dei pochi che sostenevano il contrario, e infatti quello che sentiva il giovane capo della tribù Yoro era dispiacere. Da tempo si era ripromesso di non uccidere più gli umani, anche se all’inizio era solo per apparire bene agli occhi di Kagome, e il pensiero che una di loro era stata marchiata dai suoi errori del passato lo faceva sentire colpevole, come il peggiore degli assassini.
A volte il passato torna a tormentarci. E’ vero. Per il demone-lupo e così come per tutto il gruppo di amici. Un passato oscuro e vendicativo, troppo potente per affrontarlo frontalmente. Per questo Inuyasha era finalmente giunto per avere informazioni sui draghi, qui: alla caverna di Totosai. Provò a chiamare il vecchio e gli altri due, ma senza ricevere alcuna risposta. C’era da aspettarsi che fossero scappati, del resto una casa ricavata dallo scheletro di un demone non è difficile da scovare. Era ormai su tutte le furie per aver preso solo un buco nell’acqua, quando udì una voce provenire dal pavimento. E vide il vecchio spirito Saya fuoriuscirne.
“O Inuyasha sei tu.”.
“Cosa ci fai nel pavimento Saya e dove sono Myoga e Totosai?”.
“Shhh, abbassa la voce e seguimi.”.
Lo spirito lo condusse verso l’incudine piazzata nel mezzo della stanza. Lui sprofondò di nuovo nel pavimento, poi si udì un rumore sordo provenire da sottoterra e il blocco metallico quadrato iniziò a spostarsi di lato, lasciando vedere delle scale che scendevano.
“Su vieni, presto. Prima che qualcuno possa vedere.”.
Lui non ci aveva capito niente ma fece lo stesso come chiesto e scese le scale. Il passaggio si chiuse subito dietro di lui, mentre scendeva in quel cunicolo semi oscuro e dal calore insopportabile, probabilmente per via della lava. Per fortuna la veste rossa del cane di fuoco rendeva quel caldo quasi una leggera brezza. La discesa continuò per circa tre metri, finche si accorse di una debole luce illuminare le pareti. Ecco che li vide i due vecchi e il fodero, dimora del terzo, intorno alla luce di un grosso lume, mentre attendevano che arrivasse. Subito il demone-pulce porse i suoi saluti al suo padrone, a modo suo. E ricevette la solita risposta ‘’schiacciante’’ a cui era oramai abituato. Fatti i saluti, i tre spiegarono al ragazzo che questo era il rifugio di Totosai, costruito per potersi nascondere in caso di pericolo estremo, come ultima risorsa. Era pieno di provviste per durare mesi, alcune prese d’aria nelle pareti e un foro sul soffitto per fare uscire il fumo, proprio il genere di posto dove potersi nascondere a lungo, adatto a tre fifoni come loro. Era pero una fortuna che il vecchio Myoga sia riuscito a convincere gli altri due a rimanere lì, piuttosto che scappare. Sapeva che poteva esserci la possibilità che il ragazzo sarebbe venuto da loro per chiedere consigli, e infatti eccolo qua.
“Signorino Inuyasha, siete venuto a cercarci?”.
“E’ successo qualcosa di grave?”.
“No, non ancora. Mi servono delle informazioni su come sconfiggere i draghi.”.
“Ohh, allora li avete incontrati di persona.”.
“E come pensavamo, hai provato a combatterli e le hai prese, non ho ragione?”.
“Vuoi che ti riempia di botte brutto vecchiaccio?! Guarda che se non avessero usato i loro strani trucchi li avrei uccisi senza problemi!”.
“Trucchi? In questo caso allora non hanno nemmeno fatto sul serio.”.
“Che cosa?! Vuoi dire che quei mostri possono essere ancora più forti?”.
“Eppure lo avevano detto che non dovevate sottovalutarli.”.
“Ma voi non ci ascoltate mai.” Cominciò la frase Myoga e poi la terminò il fabbro “Come al solito.”.
“Ora basta! Non sono venuto a sentire le vostre prediche, io voglio sapere come si uccide un drago? Se non volete dirmelo allora mi arrangerò da solo!”.
Stava per alzarsi e andarsene con la rabbia che bruciava dentro, come il vulcano lì nei pressi del nascondiglio.
“Aspetta.” lo fermò Totosai con voce ferma da osservatore “Ho l’impressione che tu non voglia solo sapere come eliminarli, tu hai paura di quello che potrebbe capitare se non riuscirai a fronteggiarli a dovere, vero?”.
Era vero, aveva colto nel segno. Inuyasha dovette ammetterlo, mentre era rimasto immobile in piedi, voltando loro le spalle, nascondendo il suo sguardo arrendevole alla realtà. Così prese un profondo respiro, lasciando scivolare via l’orgoglio, si voltò e comincio a essere sincero.
“Si hai ragione. Per colpa del mio stupido orgoglio ho messo a repentaglio la vita dei miei amici e della mia famiglia. Per questo sono qui.”.
I tre saggi erano soddisfatti. Inuyasha aveva riconosciuto il proprio sbaglio e accettato di ricevere l’aiuto da loro.
“Siediti ragazzo, se vuoi ancora il nostro aiuto.” disse il vecchio fabbro.
Era dunque arrivato il momento delle risposte. Lui fece come richiesto, si sedette, e cominciò ad ascoltare.
“Allora, cosa vuoi sapere? Tu chiedi e noi ti diremo ciò che sappiamo.”.
“Innanzitutto qual è il punto debole di un drago?”.
Una domanda impegnativa, ci pensarono un po’. In effetti, un drago non ne ha molti di punti deboli. Alla fine Myoga cominciò a spiegare.
“Um um, un’ottima domanda signorino Inuyasha. Come vi ho già detto un drago è quasi impossibile da uccidere, almeno per un umano, o un demone comune. E anche con Tessaiga non sarà un’impresa facile. Pero è certo che solo con il loro aspetto reale sono totalmente invincibili, in forma umana sono più vulnerabili agli attacchi, non avendo scaglie a proteggerli. Resta comunque il fatto che hanno forza e velocità incredibili e molte risorse da sfruttare: incantesimi, poteri nascosti e armi magiche di incredibile potenza.”.
“Si certo, quelli che ho affrontato disponevano proprio di queste capacità. Comunque come si fa ad ucciderli?”.
“In verità in qualsiasi modo, purché si riesca ad infliggere loro una ferita mortale o eliminarli in un colpo solo, personalmente ritengo sia meglio trafiggere i punti vitali: la testa o il cuore. Bisogna per prima cosa riuscire a seguirli in velocità e scansare le loro difese, basterà assestare un colpo decisivo e non avranno scampo. Dovrete riuscire a superarli in abilità.”.
“E non ci sono altri modi per ferirli o rallentarli? Del tipo particolari sostanze o ingredienti magici?”.
Il demone pulce scosse la testa in segno di negazione. Toccò quindi a Saya spiegare “Purtroppo non ne sappiamo un granché. E’ raro che uno di loro venga sulle nostre terre, cosi non abbiamo qualche informazione sulle loro debolezze.”.
“Ma di loro dovreste conoscere altri particolari oltre a quelli già citati? Tipo alcune caratteristiche peculiari dei membri dei Sette?”.
“In effetti hai ragione, ognuno di loro, anche se fratelli, ha una propria caratteristica che li rende diversi gli uni dagli altri.”.
“A proposito quali di loro hai incontrato?”.
“Uno con una strana armatura di metallo, Chrome, e Savage, capace di trasformarsi in alcuni tipi di creature.”.
“I due fratelli minori.” realizzò lo spirito del fodero.
“Noi li conosciamo con i loro nomi di guerra, con cui li identificano alcuni e che li rendono più riconoscibili. Ogni nome identifica una delle loro peculiarità:
‘’L’avanguardia d’acciaio’’: chiuso nella sua armatura metallica, utilizza delle armi micidiali e agisce sempre con astuzia, è il più intelligente del gruppo;
‘’Il re delle bestie’’: selvaggio e dai sensi sviluppati, assume la forma dei mostri del continente più svariati;
‘’La maestra degli inganni’’: una maga esperta nelle arti magiche e illusorie, con lei niente è sempre quello che sembra;
‘’Il mago dell’arco’’: suo fratello gemello, combinando una mira infallibile, maestria nell’arco e frecce magiche, niente gli sfugge;
‘’L’ascia di guerra’’: nonostante il corpo minuto possiede la forza di un gigante, adora sfidare i suoi avversari in prove di forza fisica estrema;
‘’La regina di spade’’: esperta nell’uso di qualunque arma da taglio, che sia magica, demoniaca o comune;
E il peggiore di tutti: ‘’Lo squartatore rosso’’ crudele e sadico. Oltre a essere il maggiore dei sette e anche il più potente della compagnia. Nessuno gli è mai sopravvissuto se lui voleva ucciderlo.
Di loro sappiamo solo questo, e dovrete stare attento soprattutto a quest’ultimo.”.
“Comunque non sarà difficile distinguerlo dagli altri.” intervenne Totosai.
“Perché?”.
“Perché è l’unico a cui manca il braccio sinistro, gli è stato staccato tempo fa. Pero non credere che questo lo renda più indifeso, sappi che dovrebbe essere al pari, se non superiore, a Sesshomaru.”.
“Capito. E ditemi loro hanno qualche piano favorito o una strategia su come eliminare i loro avversari?”.
“Non ne abbiamo idea. Sappiamo solo che sono molto furbi, se prepareranno un piano, sarà così minuziosamente elaborato che non vi accorgerete di che si tratta, finché non si compirà.”.
Continuò Saya la spiegazione “Pero possiamo dirti che una cosa che adorano e guardare i loro nemici soffrire e tremare di terrore, prima di sferrare il colpo finale. E che useranno qualunque trucco verrà loro in mente pur di influenzare le vostre emozioni. Sanno che possono facilmente uccidervi quando vogliono e come vogliono, e ve lo mostreranno continuamente, come per dire che siete spacciati.”.
“La cosa importante signorino Inuyasha e che voi e gli altri non perdiate mai la lucidità. Basta un minimo sbilanciamento e loro ne approfitteranno.”.
Poi fu la volta di Totosai “E bisognerebbe tenere conto che loro preferiscono agire con cautela e acquisire informazioni sui loro nemici, se questi sono particolarmente forti. Per caso i due che hai già incontrato si sono dileguati proprio nel mezzo della battaglia, quando le cose cominciavano a farsi cruente?”.
In quel momento la mente di Inuyasha si fermò. Un pensiero inquietante era scattato come un fulmine. Gli avevano carpito informazioni su come combattesse e lui non lo aveva minimamente pensato. Si sentiva stupido derubato a sua insaputa ma al tempo stesso davanti ai suoi occhi. Non gli era sfiorato per la mente che mentre lui imparava qualcosa su loro, essi lo studiavano a loro volta, tutto grazie al contributo che lui stesso aveva donato. Avrebbe voluto essere un’altra persona in quell’istante, non per evitare di addossarsi la colpa ma per dire a se stesso di quanto sia stato stupido e imprudente.
“Immagino che quello sguardo voglia dire di ‘’SI’’.” commentò il fabbro mentre scrutava la sua espressione di amara autocommiserazione che aveva in volto.
“Avrei dovuto capirlo. Sapevo che c’era qualcosa di strano nei loro modi, eppure non mi sono mai soffermato a pensarci. Sono davvero un’idiota.”.
“Non siate così duro con voi signorino Inuyasha.” lo confortò il vecchio Myoga, per quanto poteva. Era anche piuttosto colpito da questa reazione, non molte volte gli era capitato di vedere il suo giovane padrone reagire male, così apertamente. Forse lui, e anche gli altri due, cominciavano a intravedere qualche segno di maturazione in quel ragazzo teppistello.
“Infatti, se nemmeno noi potevamo saperlo, figuriamoci se ci saresti arrivato tu da solo.”.
“E con questo cosa vorresti dire?”.
Domanda sbagliata, punizione incombente. Forse i loro pensieri di prima non erano molto attendibili. E mentre il povero fabbro se ne stava a terra, con un enorme bernoccolo sulla testa, Inuyasha si alzò in piedi e s’incamminò all’uscita. Quando chiesero dove stesse andando, lui rispose a suo modo che ormai non conveniva più rimanere lì, anzi forse era stato quasi inutile, visto che oltre alle poche informazioni raccolte, non ve ne erano altre più importanti, decise di andarsene. Non prima pero di dire una semplice parola, detta con tanta naturalezza, ma che non diceva molto spesso: un semplice ‘’grazie’’. Chissà, magari non è tutto perduto per le loro speranze che un giorno lui possa crescere e diventare come suo padre, destinato alla grandezza.
 
Al villaggio, Koga, che si era ripreso del tutto, decise di uscire alla luce del sole non ancora tramontato. Dopo essere rimasto in quella capanna per ore, era stanco di rimanere seduto a non far nulla. Si accorse di vedere dei bambini che giocavano nel prato con una palla. Essendo svenuto, non aveva ancora visto i figli di Kagome, né ne era a conoscenza. Si sedette a osservarli con uno sguardo pensieroso. Rimase molto sorpreso quando Kagome gli si avvicinò e gli indicò i suoi figli e di Inuyasha.
‘’E chi se lo immaginava?’’ stava pensando nella sua mente. Era passato del tempo dal loro ultimo incontro, gli impegni di capo branco sono molti e impegnativi. E quindi non aveva tempo per intraprendere la strada per il villaggio e passare a fare un saluto. E sinceramente non gli era mai passato di mente se Kagome avesse avuto dei figli. Subito dopo gli parve strano immaginare Inuyasha nelle vesti di padre. Lui lo ricordava come un rivale, un cagnaccio e un combattente al fianco della ragazza che pensava di prendere in sposa. Come si comportava con i bambini e sua moglie? Davvero non se lo immaginava.
Improvvisamente la palla si fermò davanti ai suoi piedi e i tre bimbi si diressero a riprendersela. Anche loro restarono sorpresi nel vedere il demone lupo davanti a loro. Perfino loro non si erano accorti della sua presenza al villaggio. E nonostante la loro madre gli aveva parlato di lui, qualche volta, non lo avrebbero di certo riconosciuto. Il ragazzo era ben lieto di conoscerli e sentiva dentro di se una strana sensazione: incontrare i figli di Inuyasha, suo grande rivale in amore, e Kagome lo faceva riflettere. E se le cose fossero andate diversamente? Se la ragazza si fosse sposata con lui? Loro di certo non esisterebbero.
Per questo, ora più che mai, si rese conto delle conseguenze della grande scelta che fece anni prima, lasciando che i due amici si mettessero insieme e accettando il suo vero destino.
Bruscamente tornò alla realtà, quando udì la fastidiosa voce e l’odore sgradevole di Inuyasha, che stava tornando a casa.
 
“Ei lupastro, ti sei ripreso? Allora perché sei ancora qui? Non ritorni dal tuo branco?”.
“Quello che faccio sono affari miei. E poi non vedo perché te la prendi tanto? Guarda che non stavo cercando di portarti via Kagome da sotto il naso.”.
“E ci mancherebbe altro! Guarda che ora io e lei siamo sposati e non ti permetterò mai di portarmela via!”.
“Basta Inuyasha, adesso stai esagerando. Guarda che Koga non ha più nessun interesse per me e tu lo sai bene.”.
Tenendo il broncio, il ragazzo non poté fare altro che dare ragione alla dolce moglie. Anzi si chiedeva addirittura perché s’irritava. Sapeva bene che anche Koga è sposato adesso e che non vi era ragione di sospettare che facesse qualcosa a sua insaputa, ammette che non è il tipo da fare queste cose. Poteva essere solo una vecchia abitudine del passato, dura a morire, o un pizzico di gelosia. Quest’ultima cosa non era del tutto negativa, il fatto che sia geloso vuol dire che lui la ama e che tiene a lei, altrimenti non gli sarebbe importato.
I bambini, che erano per tutto il tempo rimasti ad ascoltare, non ci avevano capito molto, ma di certo erano curiosi di tutti quei misteri e questioni del passato dei loro genitori. Soprattutto Yoshi.
I grandi se ne accorsero troppo tardi della loro curiosità e non seppero come reagire in questa situazione. Fortunatamente furono distratti dall’arrivo di alcuni ospiti: erano alcuni guerrieri della tribù Yoro con i loro lupi e alla loro testa Ayame, in cerca di Koga. In effetti, dopo il combattimento di oggi, lui non aveva avuto modo di contattarli e non aveva detto a nessuno di farlo.
Ci fu un breve riabbraccio e saluti tra vecchi amici, poi Inuyasha e Kagome videro un volto nuovo, alquanto strano da trovare tra di loro. Era un ragazzino, dall’aspetto doveva aveva almeno dieci anni, con al seguito un lupo piuttosto giovane, poco più che un’adolescente, dal pelo color sabbia. Guardandolo meglio, si accorsero che somigliava parecchio a Koga: la stessa faccia, e lo sguardo ostinato, ma gli occhi erano verdi e i capelli arruffati color castano scuro che andava a schiarirsi sulle punte fino a divenire rossicci. Indossava un’armatura grigia con la parte in alto azzurro celeste e gambali, spalliere, polsini e gonna di pelliccia di lupo marrone. Rimasero senza parole venendo a sapere che era il figlio di Koga e Ayame. Si chiamava Reinbo, in ricordo della notte della loro promessa d’amore, mentre il lupo al suo fianco era Kiirokami il suo protetto e migliore amico. Naturalmente, essendo figlio di Koga, avrà ereditato il suo caratteraccio che dimostrò subito non appena incrocio lo sguardo con Aiko. Non si erano nemmeno presentati e già iniziavano a folgorarsi a vicenda con lo sguardo. Sembrava, dunque, che la rivalità tra i due amici dovesse continuare anche con la loro progenie. Poi pero l’attenzione si spostò sui due capi tribù che discutevano.
“Perché non ci hai contattati Koga? Eravamo in pensiero per tè. Sei partito all’inseguimento con alcuni dei nostri e sei sparito. Che è successo?” chiese Ayame tutta d’un fiato.
“Scommetto che hai dato una bella lezione a quel mostro e adesso riporterai a casa la sua testa come trofeo.” s’intromise l’intrepido figlio.
Purtroppo le cose non erano andate in quel modo, anzi è vivo per miracolo. Tutto l’entusiasmo del figlio scomparve, ci teneva tanto a suo padre, lo stimava molto e finora non lo aveva mai visto fallire in qual cosa. Fu un brutto colpo per la tribù.
Nella conversazione si fece avanti Kagome che aveva sentito tutto, lei e gli altri. “A proposito Koga non ci hai ancora detto come mai tu stavi dando la caccia a uno dei draghi?”.
“Voi li conoscete? Se sapete dove si nascondono, me lo dovete dire immediatamente! Per favore.”.
Nel suo sguardo il giovane capo sembrò implorare il gruppo affinché lo aiutassero, ma nemmeno loro conoscevano la risposta. Intanto pero volevano sapere cosa aveva a che fare lui e la sua gente con quelle creature.
“D’accordo, vi dirò tutto. E accaduto due giorni fa…..”.
Così iniziò a raccontare i fatti. Alle montagne del Nord, sede della tribù dell’ormai trapassato patriarca dei lupi, s’iniziava ad avvertire una presenza oscura. Questo fece aumentare la pressione nei membri del branco. In quel periodo il capo e la sua famiglia erano giunti per mantenere sotto controllo la situazione di persona. All’improvviso l’aria si riempì dell’odore del sangue dei loro compagni, proveniva da una caverna nelle vicinanze. Giunti fin lì, si trovarono di fronte a una carneficina: corpi di lupi e membri della tribù mutilati dai segni di grossi artigli e fauci enormi. Seguirono l’odore sospetto, in mezzo a quello di sangue, fino all’ingresso della grotta da cui stava emergendo la figura di un umano, ma odorava di rettile.
“Sei stato tu a fare questo?! Chi sei?!” chiese Koga allo sconosciuto.
“Erano dei deboli. Dovresti addestrare di più i tuoi sottoposti.”.
“Come osi parlare in questo modo dei miei fratelli! Mostro, me la pagherai!”.
“Tu credi? Allora perché attendere oltre?”.
La trasformazione ebbe atto e l’umo assunse le sembianze del leone, balzando fuori dalla luce ruggendo per il piacere di uccidere. Il ragazzo sguainò Goraishi e partì alla carica. Il primo attacco fulminate non diede gli effetti sperati, riuscì solo a rallentarlo, permettendogli di scansare l’attacco del bestione. Provò allora a usare la velocità per confondere l’avversario e sferrare un attacco diretto. Il piano sembrò riuscire. Ma al momento di colpire gli artigli tintinnarono sulla dura pelle del leone, procurandogli solo qualche graffio. A questo punto fu lui a prendere l’iniziativa, respinse il ragazzo con una poderosa zampata e lo gettò contro un albero, da cui si staccò un grosso ramo che cadde sul braccio destro. Bloccato, mentre cercava di liberarsi, il mostro si godeva l’imminente vittoria.
“Una brutta sconfitta, non trovi?”.
Cambiò forma nel Basilisco e con la coda bloccò il ramo che teneva a terra il ragazzo. Sorrise, pregustando quel momento molto lentamente. Poi la battuta a effetto con cui avrebbe chiuso la questione “Voglio immortalare questa scena, quindi resta fermo.”.
Gli occhi brillarono di luce verde accecante mentre si preparava a colpire “Ti chiederei di sorridere ma dubito che lo faresti dinanzi alla morte.”.
Prima che potesse agire, sentì le grida e le lance volare dalle sue spalle. I membri della tribù non avrebbero lasciato che il loro capo, nonché loro fratello, morisse senza fare niente. Il nemico lo sapeva, poteva lasciar scorrere e occuparsene dopo, ma pensò ‘’Perché rimandare l’inevitabile, se vogliono morire allora accontentiamoli’’. E d’un tratto la testa del serpente si girò di scatto verso di loro, la luce li investì, abbagliando tutto ciò che gli occhi del rettile vedevano. Una volta schiaritosi, il povero capo dovette assistere alla terribile strage compiuta: gli alberi si erano anneriti e spogliati delle foglie, ridotte in polvere insieme all’erba sul terreno, e i suoi compagni tramutati in grigie statue di pietra senza vita. Rabbia, tristezza, paura e impotenza, tutte queste emozioni le sentì dentro di lui e non poteva ancora credere ai suoi occhi. Il serpente tornò a fissarlo intensamente, voleva riprendere dove era stato interrotto. Koga provò a chiudere gli occhi nel disperato tentativo di sottrarsi alla morte, ma una strana forza sembrò assumere il controllo delle sue palpebre, sembrava come se fosse stato ipnotizzato da quei fari verdi che lo puntavano. La seconda scarica stava per arrivare, quando qualcosa andò a segno nell’occhio sinistro del mostro. Si contorse dal dolore e questo gli fece allentare la presa per permettere al giovane di allontanarsi. I colpi scagliati erano di Ayame, che si era accorta del trambusto ed era arrivata in tempo per intervenire. Koga la raggiunse in tempo per dirle di chiudere gli occhi e gettarsi a terra, in previsione di un prossimo abbaglio pietrificatore. Invece il nemico riassunse sembianze umane per potersi togliere le foglie scagliatagli contro dall’occhio, che pero non gli avevano procurato nessun danno grave.
“Stupida piccola ragazzina! Sei venuta per unirti nella morte con il tuo innamorato? Molto bene ora ti accontenterò.”.
“Non la toccherai nemmeno con un dito! Saro io a ucciderti!”.
Con gli artigli sguainati e la rabbia che scorreva, sembrava che stesse per iniziare una lotta all’ultimo sangue, invece il drago inclinò la testa verso il suo fianco destro, come se sentisse qualcosa che lo chiamava. Si rilassò e con tono seccato disse che doveva andare “Sono spiacente, ma la mia missione viene prima di tutto. Quindi allenati di più e non farti uccidere da qualcun altro nel frattempo. Considerala una seconda opportunità. A presto!”.
“No! Tu non te ne andrai vivo!”. Provò a fermarlo, in preda alla rabbia, con un attacco elettrico ma fu evitato. Con un balzo, il nemico assunse la forma del Lupo Volante e svanì nell’aria. Anche il suo odore e la sua presenza erano del tutto scomparsi, era andato via. Koga era a pezzi, non solo non aveva ucciso l’assassino dei suoi amici, ma era anche stato ferito nell’orgoglio per la sconfitta. Così prese con sé alcuni dei suoi lupi e ordinò di setacciare tutta la montagna e la zona nelle vicinanze. Cercarono per tutta la notte e il giorno dopo, senza successo. Allora estesero l’area di ricerca oltre i confini del loro territorio e finalmente ritrovarono le tracce dell’aggressore e di alcuni vecchi amici.
“Il resto lo sapete già. A proposito, voi sembrate conoscere quell’essere giusto? Allora mi dite chi e cosa diavolo è? Non ho mai visto un demone del genere.”.
“Infatti non è un demone ma un drago. Una creatura proveniente dal continente. Lui e i suoi fratelli sono qui perché vogliono vendicarsi su Inuyasha per quello che suo padre fece loro in passato.”.
“Fratelli? Volete dire che ce ne sono altri?”.
“Sì, in tutto sette. E finora ne abbiamo incontrati solo uno e quello là di prima.”.
“Cosa?! Solo due?”.
“E c’è di peggio. Secondo il vecchio Myoga, gli altri cinque sono anche più forti.”.
Che brutta notizia. Se Savage era così forte, quanto potevano esserlo gli altri sei che Koga non aveva ancora visto. Ayame vedeva in questo un grande pericolo, avrebbe preferito che Koga e la sua gente ne rimanessero fuori, ma conoscendo il carattere del suo amato, non si sarebbe tirato indietro dalla vendetta. Ma tentò comunque di convincerlo, spiegandogli la situazione.
“Ascolta Koga, io penso che non dovremmo immischiarci in questa faccenda, sembra troppo pericolosa per noi.”.
“Ayame so che sei preoccupata e temi per la mia vita, ma non posso permettere a quei farabutti di passare sopra l’uccisione dei nostri amici. E’ il mio dovere di capo.”.
“E non pensi a tuo figlio, a me. Se ti capitasse qualcosa….”.
“Non mi succederà niente, te lo prometto.”.
Forse la ragazza avrebbe dovuto essere più insistente, ma le parole confortanti ebbero la meglio. E comunque avrebbero potuto parlare della questione anche dopo, a casa.
D’un tratto una voce, nuova ai lupi, ma non agli altri, fece il suo ingresso.
“Dovresti prendere in considerazione più seriamente le parole della tua compagna, giovane lupo.”
“E tu chi sei? Non ti ho mai visto qui.”.
Kagome fece le presentazioni “E’ il maestro Nazo, un monaco viandante che anche lui vuole eliminare i draghi e si è unito a noi. Invece lui e Koga un nostro caro amico.”.
“Mi fa piacere conoscerti ragazzo. Ho sentito parlare della tribù Yoro, fare la conoscenza del suo capo è un onore per me.”.
“A proposito vecchio.” Venne in mente a Inuyasha “Dov’eri finito? E’ da un po’ che non ti vedevo in giro.”.
“Si scusatemi, ero andato a compiere i miei esercizi di meditazione ma temo che mi abbia sopraffatto il sonno. Invecchiare fa aumentare la stanchezza e quando sei con gli occhi chiusi per qualche ora, diventa inevitabile.”.
Effettivamente, per un uomo anziano, rimanere sveglio a lungo è difficile, figurarsi per uno che abbia qualche secolo sulle spalle. Intanto Koga era sospettoso per il fatto che quell’individuo incappucciato sapesse chi fosse, senza che lui gliel’avesse detto. Ma non sapeva che il vecchio monaco sapesse vedere e ascoltare bene e aveva un buon intuito. Pero la cosa non levò lo strano presentimento che aveva su di lui, lo riteneva fin troppo strano.
Il sole era quasi del tutto scomparso all’orizzonte quando si resero conto di che orario fosse. Per Koga e la sua gente era ora di trovare un luogo dove passare la notte. Nonostante l’offerta di Kagome di rimanere al villaggio, Koga non accettò, e quindi s’incamminarono. Calata la notte, la luna prese il posto del sole per illuminare il cielo. D’ovunque nel villaggio, tutti erano rientrati per l’ora di cena imminente. Un momento di quiete in cui staccare la spina per qualche tempo e non dover pensare a problemi recenti. Rammentando il racconto di Koga, per un momento Kagome pensò che forse avrebbe dovuto mettere in guardia i suoi figli per ciò che sarebbe potuto accadere presto: ovvero che il nemico li attaccasse nel momento più vulnerabile, nella loro stessa casa, dove si sentivano più al sicuro. Avrebbero dovuto imparare a difendersi, a non farsi sopraffare dalla paura, e che avrebbe dovuto coinvolgerli, a malincuore, in questa pericolosa faccenda. Loro credevano che tutto sarebbe andato bene, che non sarebbe successo niente di brutto. Ma quando si vive in un mondo pullulante di demoni, guerre e altri pericoli, s’impara che può succedere di tutto e in qualunque momento. Pero non pareva il caso di parlarne ora, visto che la notte di luna piena era così confortante e tranquilla.
Ma questa non è una notte come tutte le altre. I rami sono mossi da un vento inesistente, mentre qualcosa cammina invisibile nell’ombra. Forse il momento di mettere in guardia i ragazzi sarebbe arrivato prima di quanto immaginasse Kagome.
   
 
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