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Autore: tixit    26/11/2015    16 recensioni
Partecipa al Contest "Il Bivio".
Lo strappo, visto con gli occhi di André.
Che decisione prendere quando l'irrazionale ci ha preso la mano e non si può tornare indietro?
Esiste un modo per vincere una partita? Ma vincere, poi, cosa vuol dire?
Tra tante strade possibili, qui vediamo un uomo che si ferma un attimo e decide di cosa è peggio doversi pentire.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono. Non vi è scopo di lucro.
 

Non desiderare

 

So come ti muovi.
Lo devo sapere da sempre, se vogliamo evitare di farci male sul serio.


So come ti muovi.
E io ho fatto una serie di belle cazzate.

Numero uno: il passo dentro il confine della tua stanza. Ti inseguo nel tuo territorio, quando già mi hai voltato la schiena - se scappi ti devo lasciare terreno o diventi pericolosa.

Numero due: ti do torto su una cosa che so che fa male - un uomo, una donna, una vita da donna, o da uomo, tu vivi su un palcoscenico, recitando una parte che hai studiato a memoria, non sai improvvisare, hai bisogno di sapere chi devi essere (da te non lo sai, nemmeno oseresti pensare che sei solamente chi sei)  - ogni volta che sfioriamo questo argomento finisce che alzi le mani.

Non si tocca un animale ferito, è la regola. Lo schiaffo è arrivato puntuale.

Numero tre: ti ho bloccato i polsi. Vicina, troppo vicina.

 

E ora?

 

So come ti muovi.
Lo devo sapere, se vogliamo evitare di farci male sul serio.

Non so cosa fare. Ho fatto tre belle cazzate e indietro non posso tornare.

 

Ti lascio?

Se ti lascio, ci sarà un altro schiaffo, la rabbia per averti bloccata, per averti mostrato che sono più forte.
Perché sono un uomo.
Perché non sei un uomo.
Mi metterai ai margini della tua vita - l’hai già fatto - non basteranno le scuse.


Ti bacio?

Lo voglio da tanto. L’ho immaginato nelle scuderie (rustico e molto verace), in camera mia (tenero, quasi un bacio infantile, solo in punta di labbra), nel salotto degli ospiti (formale e con una certa eleganza), vicino alla fontana (camicia bagnata dall’acqua, la tua e la mia, molto stuzzicante coi seni in rilievo, ti sfioro e ti piace), nel roseto (sei timida e dici parole d’amore)... potrei proseguire: ogni stanza è scenario di un bacio mai dato.
In camera tua è un disastro, sei volpe nella tua tana. Finisce uno schifo, lo sento.

 

Ti bacio e ti spingo sul letto?

Un passo. Il calore del corpo. Mi baceresti? Ti lasceresti sfiorare? Il viso, la tempia, ti prendo i capelli e ti sussurro che t’amo, ti amo da sempre, da quando ero bambino e non lo sapevo, e poi da ragazzo e un poco l’avevo capito, e poi il tempo passava e non c’eri che tu.
Ti posso narrare di miti d’amore - due ore di traduzioni ogni giorno per almeno otto anni mi han dato un gran bel repertorio - narrarti di quanto sei bella, trattarti da dea.
 

E tu? Mi dici che in fondo anche tu, tu mi ami da sempre? E mi baci e mi abbracci?

Ma non diciamo cazzate…
Poco fa, un attimo, un giorno, questione di ore, piangevi per Fersen. Non volevi la lunga agonia di non essere amata - da lui, precisiamo, che io, so che non lo hai capito, ma ti amo da tutta una vita.
Volevi ritrovare chi eri - un maschio, come quando eri piccola, mai sentita cretinata più assurda. Come se poi un uomo… io ne sono la prova vivente, Fersen pure, ma tu sotto sotto nemmeno ci vedi per quello che siamo. Lui, che nemmeno ti guarda, perso appresso a una scema, io, il solito cretino, adorante ai tuoi piedi. E tu vuoi essere un uomo per evitare... che cosa?

E quindi?

E quindi cadresti dal pero. Mi ami André? E da quando? Ma sei proprio sicuro? No perché sai a me non pare… vuoi sempre l’ultima parola - da come prendere la mira e colpire una mela a come sellare un cavallo. Non lo reggerei. Dovere spiegare l’amore proprio a te che sai tutto...

Finirebbe uno schifo e ti farei pure pena.


Se andiamo sul sentimento - una lingua che non hai mai imparato - succede un disastro.

 

E quindi?

Un passo, finiamo sul letto, ti bacio come un uomo una donna, ti mostro cos’è il desiderio, spero che sfiorando e toccando, tu ti accenda sotto di me come un fuoco.
Meglio che niente.

E’ possibile? Certo, perché tutto è possibile. Ma non ci farei una scommessa.


Quando lui ti ha sfiorato il polso - e lo desideravi, t’eri vestita apposta da donna, per farti sfiorare e non solo - sei scappata.
Ti ritrai al contatto, non tocchi, non baci, non abbracci, non accarezzi, non sfiori.

Sei una che crede all’amore ideato ad un tavolino… elegante gioco di incastri di educazione e cultura - guarderesti il soffitto chiedendomi che cosa vorrei mai dimostrare.

 

Ti strappo i vestiti di dosso come un animale per scuoterti da questo torpore di donna bambina?
Disastro su tutta la linea - non basteranno le scuse e nemmeno un esilio. Del resto già me lo hai chiesto di andarmene fuori dai piedi. Libero, hai detto.
Come un cane randagio.   
 

Piango e ti chiedo perdono. Stendiamo un velo pietoso. Nemmeno un bambino fa di queste scene se gli negano un pezzo di torta.

 

Tu non mi devi nulla.
Ti ho amata da pazzi - ti amo - ma tu non mi devi un bel niente.
E io non voglio rovinare ogni cosa chiedendoti quello che non mi puoi dare.

 

Pian piano ti lascio i polsi.
 

“Va meglio? sei calma? possiamo sederci e parlare?” Ti inganno, sono io che ho bisogno di stare seduto.

 

Mi guardi incerta e annuisci.

 

Esco, vado dove c’è il clavicembalo, mi siedo su uno sgabello. Non ti tocco e non ti voglio toccare.
Ti parlo

 

Il nono comandamento è non desiderare la donna d’altri. Non vuol dire per forza di un altro, vuol dire che non è per te.

Non vorresti stivali non della giusta misura, o una spada non bilanciata per il tuo polso, non prendi quello che non ti spetta.

 

Annuisci.

 

Fersen non ti ama e non ti desidera - ma questo non te lo dico.
Tu non mi ami e non mi desideri - non dico nemmeno questo

 

Un desiderio, che male può fare? Solo un pensiero. L’azione nasce da quello, ma non tutte le volte.
Tu desidera e forse farai del male a qualcuno. Forse si o forse no.
Tu desidera e di sicuro farai male a te stesso.

Non farti male quindi. E non farne.

 

Mi guardi perplessa. E’ che ti parlo e mi parlo.

 

Tutto questo dolore non serve e non rende migliori. Peggiori semmai, alla lunga, ma non te lo dico.

 

Un uomo, una donna, non c’entra. C’entra lo stare in piedi da soli, quello si. Non farti del male.
Ti riuscirà benissimo, credimi: in fondo è una vita che fai senza Fersen, ma non lo capisci. Sono io che starò male a far senza di te.

 

Ti auguro ogni bene, con tutto il mio cuore. E’ vero. Se resto succede di nuovo e non voglio.

 

Sbatti gli occhi, non hai capito, non importa, non sparisco stanotte, avrai il tempo e lo avrò pure io, che non sembri una fuga.

 

Prima di cambiare tutta questa tua vita, prenditi una vacanza. Cambierai solo un dettaglio, ma ti sembrerà enorme. Se resto finirà che ti seguo ovunque tu vai, disperato come un cane che ha perso il padrone. Un ben misero amore, mi pare, quello che mi vede inseguirti sperando che tu sia come io voglio.
Amore, amore vero, è accettare che l'altro sia proprio lui (lei) come è: libero, testardo, che sbaglia, che prova, che guarda in una direzione che non converge con quella di chi lo ama. Che non ti appartiene.
L'amore, quello vero, non tiene la lista dei crediti.
Lasciami solo a riprendere fiato e pianificarmi una vita - in una settimana Dio creò l'intero universo, non chiedo poi così tanto.

 

E comunque tra un anno a Natale ci vediamo per scambiarci gli auguri. Forse mento, ma non ha molta importanza. Tu non te ne curi. Vedremo.
 

Posso darti un bacio, così ti saluto?

Annuisci, chiudi gli occhi, incerta sul tipo di bacio - mi lasceresti la scelta, presumo, come accetteresti che il cane di casa ti leccasse le mani e ti sporcasse di terra.
Ti bacio sulla fronte, leggero.

 

Non c’è un bacio che possa svegliarti dal tuo sonno profondo e renderti donna.

 
 

Quando lui uscì dalla stanza, lei sgranò gli occhi sorpresa.
Si sdraiò sopra il letto, le parve mancasse qualcosa. Si voltò su di un fianco

 

Continuava a sentire che che le cose sarebbero dovute andare in un altro modo, che forse avrebbe dovuto avvenire uno strappo.

 

Uno strappo? sorrise, ma no, quale strappo…
 

Abbracciò il cuscino. Poi pianse, ma non riusciva a capire perché.

 
   
 
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