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Autore: B e t c h i    26/11/2015    2 recensioni
/STORIA INTERROTTA E RIPRESA NE "SFIORIVANO LE VIOLE"/
Genere: Malinconico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sfiorivano le viole

Prologo
Il Congresso Danzante
 
9 giugno 1815 – Castello di Schönbrunn, Impero Austriaco
 
 
«La corona del Regno di Napoli e quella del Regno di Sicilia, verranno unite in un’unica entità statale che prenderà il nome di Regno delle due Sicilie.»

Romano poggiò le mani sul tavolo e facendo pressione sui palmi si alzò di scatto, lasciando che la sedia  cadesse a terra.
Il tappeto rosso che copriva il liscio pavimento in marmo, ovattò il rumore in un tonfo sordo che richiamò l’attenzione di Austria e di tutte le altre nazioni presenti.
Roderich sollevò lo sguardo dai documenti che stava leggendo a voce alta e aggrottò la fronte, rivolgendogli un’occhiata perplessa.
 «Qualcosa in contrario, Regno di Napoli?»
Piccoli passi, secchi e veloci, risuonarono all’interno della stanza rompendo l’estenuante silenzio che si era venuto a creare: un’inserviente del castello si era premurata di risollevare la sedia da terra, per poi tornare a mimetizzarsi tra la sfilza di camerieri e maggiordomi che costeggiavano le pareti della sala.
Il sole pomeridiano filtrava dalle finestre alte, proiettando le ombre immobili della servitù sul pavimento tappezzato; una macchia nera  e minacciosa che, con il passare delle ore, si allargava sempre di più verso la lunga tavolata attorno alla quale erano riunite le principali nazioni europee.
Romano inspirò ed ebbe un tremito. L’odore forte dei sigari e quello dolciastro dei liquori, avevano impregnato l’aria rendendola irrespirabile e soffocate. 
Digrignò qualcosa tra i denti e aprì la bocca per parlare.
«Cosa…» la voce tremò, lo sguardo era ancora basso sulle mani avvolte nei guanti bianchi. Le strinse in due pugni e alzò il mento affrontando gli sguardi perplessi e incuriositi dei presenti. Le guance arrossarono. «Cosa ne sarà di mio fratello?» 
Era agitato. Lo era da quando era entrato in quella sala e, tra i presenti , non era riuscito a scorgere il viso sorridente di Feliciano. 
Sin dall’inizio del Congresso  aveva nutrito, in cuor suo, la speranza di poter incontrare il fratello.
 
Roderich esalò un sospiro frustrato. Sistemò la montatura dei suoi occhiali sul naso e scrutò Romano con più attenzione. 
Indossava una giubba a doppio petto di colore nero, sulla quale risplendevano bottoni d’ottone e spalline con trecce dorate. La bandoliera di cuoio bianco, che scendeva dalla spalla sinistra fino al fianco destro, recava lo stemma lucente del Regno di Napoli. 
Una piega di preoccupazione attraversò la fronte dell’austriaco.
Romano era cresciuto molto negli ultimi anni, e Roderich  era sicuro che al momento Feliciano non gli arrivasse neanche alla spalla. 
Questo non andava affatto bene.
Abbassò il capo e fece scorrere lo sguardo sui fogli che stringeva tra le mani. 
Pezzi di carta ingialliti sulla quale era stato inciso con l’inchiostro nero del destino,  il futuro di ogni nazione.
«Italia del Nord resterà sotto la mia stretta tutela. Mi occuperò personalmente dei suoi territori e delle varie questioni burocratiche,» Austria alzò gli occhi su Romano. Il tono morbido della sua voce si fece più freddo e sprezzante. « Al momento Italia, non è altro che una mera espressione geografica.»  

Romano sentì la stoffa dei guanti appiccicarsi sulla pelle inumidita dal sudore. I pugni chiusi strinsero ancora di più la presa. Le braccia vennero scosse da violenti tremori.
«Mera espressione geografica.» mormorò  con rabbia a denti stretti. 
Un’altra sedia strisciò all’indietro. 
Gli occhi di Austria saettarono alla destra di Romano:  Spagna si era alzato e aveva poggiato una mano sulla schiena della sua ex-colonia. «Calmati Romano,» le dita dell’altra mano si strinsero delicatamente attorno alla stoffa nera che copriva il gomito dell’italiano. «non è né il momento né il luogo adatto per attaccar briga.» 
Il tocco rassicurante di Antonio, fu un balsamo per l’animo inquieto del ragazzo.
I tremori smisero di scuotere il suo corpo. Il cuore tornò a battere ad un ritmo più regolare.
Socchiuse gli occhi e con un gesto stizzito, Romano diede uno scossone al braccio. Le dita dello spagnolo mollarono la presa.
«Devi sciacquarti la bocca almeno centocinquanta volte prima di pronunciare quel nome. E ti giuro sul mio onore, che un giorno ti farò rimangiare quello che hai osato dire oggi a suon di calci in culo!»
Era stato l’eco delle parole sprezzanti di Austria a dargli la forza e il coraggio di pronunciare quelle frasi. 
Inoltre la presenza di Spagna al suo fianco, lo faceva sentire protetto da ogni possibile attacco.
Questo però, Romano non l’avrebbe mai ammesso.
Tornò a sedersi sotto gli sguardi basiti dei presenti e incrociò le braccia al petto, mantenendo gli occhi fissi sulla figura di Roderich.
«Tsk…frocio.» mormorò alla fine.  

Le guance di Prussia si gonfiarono nel vano tentativo di reprimere una risata. 
L’albino portò una mano davanti alla bocca e chinò il busto in avanti. La fronte toccò la fredda superficie del tavolo.
Più pensava all’ultimo commento fatto da Romano e più gli occhi gli si inumidivano per l’immane sforzo che stava compiendo nel trattenersi dal ridere. 
Quando Austria lo fulminò sfoggiando una delle sue occhiate più truci, il prussiano sputò la sua risata acuta contro il palmo aperto che premeva  sulla sua bocca. 

Di fronte a quella scena e al linguaggio volgare utilizzato da Romano, Vaticano si fece il segno della croce e alzò gli occhi supplichevoli al soffitto.  La speranza era quella di ricevere un po’ di supporto divino, a suo dire necessario per mantenere i nervi saldi in quel covo di matti in cui era finito.
Dall’inizio del Congresso il povero stato pontificio, aveva assistito a situazioni che dal suo punto di vista apparivano a dir poco scandalose e indecenti.
I ricevimenti mondani, le cerimonie ufficiali e le serate danzanti oltre ad aver rallentato gli sviluppi del Congresso, erano state teatro di dissidi e amori tra le diverse nazioni partecipanti. Così il convegno aveva preso il nome di Congresso Danzante, in cui le tresche amorose e politiche delle nazioni in vista si mescolavano perfettamente agli affari europei come in una vorticosa polka.
Vaticano mandò fuori un sospiro sconsolato che rispecchiava perfettamente il suo stato d’animo.

«Direi di passare definitivamente all’ultimo punto.» 
Austria diede due colpi di tosse, cercando disperatamente di richiamare l’attenzione delle altre nazioni su di se.
Non rispose alle provocazioni di Romano, preferendo il silenzio ad un’ulteriore intervento da parte dell’italiano.
«Il Consolidamento della Confederazione Tedesca dai quasi trecento stati del Sacro Romano Impero in un sistema –molto più gestibile- di trentanove stati è stato confermato.»
Il silenzio calò nuovamente nella sala, pensante come un macigno.
Prussia fece aderire la schiena contro la spalliera imbottita della sua sedia.Asciugò con le nocche una lacrima sfuggita dal troppo riso e in un attimo il suo sguardo tornò incredibilmente serio.
«Diciamo che al momento si tratta di soli trentanove stati,» precisò l’albino. Un ghigno beffardo piegò le sue labbra quando voltò il capo verso Francis. «ma presto il numero aumenterà.» 
Il francese colse immediatamente la nota di sfida nel tono aspro di Prussia.
Senza scomporsi molto, scrollò le spalle e socchiuse gli occhi. Le ciocche bionde dei suoi capelli si agitarono contro il tessuto blu dell’elegante uniforme cerimoniale.
«L’importante è crederci, mon amie.» 

Inghilterra piegò un angolo della bocca verso l’alto, sporgendosi con il busto verso il francese seduto al suo fianco. «Noto con piacere che non sono l’unico, in questa stanza,  a volerti mettere le mani addosso.»
Francia poggiò i gomiti sul tavolo, posando il mento sull’intreccio di dita. Il suo sguardo si spostò prima su Prussia poi su Russia.
Ivan gli sorrise, nascondendo le labbra dietro la lunga sciarpa bianca.
«Che dire Angleterre, sono consapevole del mio fascino.»

«Gli Stati appartenenti alla confederazione resteranno sotto la guida della Prussia e dell’Impero Austriaco.»
La voce di Austria interruppe sul nascere quello che entro poche battute, sarebbe sicuramente diventato l’ennesimo battibecco tra le due nazioni nemiche. 
«Perché? » Russia sbatacchiò le palpebre, assumendo un’espressione  confusa. « Non capisco. La Confederazione al momento non è rappresentata da nessuno?»  poi chiuse gli occhi e le pieghe del suo viso si addolcirono, donandogli un aspetto serafico «O forse ad Austria non basta avere il controllo sull’intero Nord d’ Italia?»
Roderich inarcò un sopracciglio. Le labbra tirate in una linea quasi retta, nascondevano i denti stretti.
«Sono argomenti che non mi riguardano ma per quanto ne so,» intervenne Inghilterra « essendo territori appartenenti al Sacro Romano Impero, il rappresentante dovrebbe essere  lo stesso.»
Prussia soffocò una risata che suonò quasi isterica. Si portò una mano sulla fronte e cominciò a massaggiarla. «Peccato che il suo  corpo sia scomparso, » le dita scivolarono lungo il viso, finendo per sfiorare il colletto della sua divisa. « Così come è scomparso quello di Impero Romano.» gli occhi cremisi tornarono a scrutare il volto del francese «Dico bene, Francia?»
Ci fu uno scambio di sguardi lungo ed intenso tra i due. Francia notò una luce strana negli occhi del prussiano; qualcosa di simile all'odio ma che odio non era. Forse la sua era disperazione, sicuramente ben celata dietro quel ghigno indispettito che gli solcava le labbra.
Francis sorrise, consapevole delle future intenzioni di Gilbert. «Perché parlarne qui? Chiariremo questi dettagli in sede privata.»
«Oh! Decisamente…»



 
   
 
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