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Autore: LittleGinGin    27/11/2015    2 recensioni
La grande guerra ninja è terminata e una nuova pace sembra essere sbocciata dalle macerie di un sanguinoso scontro. Eppure qualcosa non quadra ...
Una nuova minaccia sorge da un passato sconosciuto.
Un nuovo pericolo insorge alle porte di Konoha.
Due innamorati separati dal destino avverso.
Riusciranno i due amanti a ricongiungere il filo rosso che li univa?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la serie
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Eccoci nuovamente qui con un nuovo capitolo da proporvi! Lo so, sono in ritardo ... è passato un bel po' dal mio ultimo aggiornamento e mi dispiace tanto. Partiamo subito parlando del titolo del capitolo: "Vuoto"
Non ha nessun significato specifico, anzi è vuoto di qualsiasi significato, sia perchè non sapevo che titolo dare al capitolo (e quindi lasciamo un vuoto), sia perchè rispecchia l'interno dei nostri protagonisti - e il mio - in questo momento della fan fiction.
E ora parliamo un po' di me, perchè se non mi sfogo qui e non vi rompo un po' le balls non sono contenta ;)

Sapete ormai che sono in un perenne periodo buio ... sono stanca, stremata da tutto, scuola, famiglia, sport, e sono arrivata al limite. La scuola mi pressa privandomi ogni respiro, mi sono sentita male, la mia autostima, già sotto i piedi, ha avuto la brillante idea di iniziare a scavare, non contenta della profondità a cui si trovava.
Mi sento vuota.
Sinceramente non so nemmeno cos'altro scrivervi, le parole mi appaiono tutte uguali e prive di valore.
Quindi vi lascio al capitolo, che, vi avviso, non è molto lungo.
Se vi va, lasciate una recensioncina a fine capitolo per farmi sapere che ve ne pare. Sono ben accette le critiche e i consigli.
Grazie mille in anticipo a tutti coloro che la leggeranno e ringrazio chi mi sta seguendo in questa folle impresa. Sfortunatamente per voi, dovrete sorbirvi ancora per un po' i miei scarabocchi insensati. Bacii 






Capitolo XVIII –Vuoto-

Quando riaprì gli occhi, ciò che vide fu un freddo e pallido soffitto. La testa le pulsava ritmicamente, il corpo stanco e spossato. Si prese del tempo per respirare, la mente vuota, priva di ogni pensiero. Inclinò leggermente la testa di lato.
Era di nuovo in cella.
Respirò profondamente, poi decise di provare almeno a sedersi. Si passò le dita sul volto stremato e i capelli scoloriti. Le immagini e le emozioni di qualche attimo prima – o forse di più, non sapeva quanto tempo fosse passato – la travolsero violentemente procurandole conati di vomito che fortunatamente riuscì a reprimere.
Le venne da sorridere, un sorriso tirato e nervoso, ironico e quasi malato. Tutta quella faccenda non aveva alcun senso, nessuna logica. Eppure eccola lì, al centro dell’occhio del ciclone, che osservava inerme ciò che la circondava, sopportando passivamente ogni tortura. Non sapeva cosa fare, né da dove poter raccapezzarsi per trovare una soluzione. I pensieri si accavallavano tra di loro con violenza, mentre gli occhi faticavano a rimanere aperti, la testa pesante e dolorante.
Il respiro accelerò mentre gli occhi cominciarono a bruciare, minacciati da lacrime furiose. Si portò una mano al petto.
Stai tranquilla Sakura altrimenti non riuscirai a capirci un bel niente di tutta questa situazione.
Strinse il piccolo materasso su cui sedeva fino a farsi sbiancare le nocche. Doveva riuscire a fare il punto della situazione e capire come muoversi. Ma ogni qualvolta provava ad afferrare un lembo di quei pensieri sconnessi e a tirarlo per analizzarlo singolarmente, gli altri si rovesciavano su di lei come le acque di un fiume in piena, celandolo ai suoi occhi con rabbiosa gelosia.
Sospirò affranta lasciandosi ricadere a peso morto su quella coltre spoglia, accantonando, per il momento, il desiderio di trovare una connessione logica a quei dati ammassati nel suo cervello, come se fosse una formica.
Spente le parole dei propri pensieri, Sakura fu avvolta da un pesante silenzio, nel quale nemmeno l’immaginazione poteva vivere. Il battito del suo cuore prese a scandire il tempo, ricordandole che era ancora viva. Chiuse gli occhi abbandonandosi al nulla, le labbra serrate in una linea sottile, fino a quando la mente non scivolò fra le braccia di Morfeo, stanca, stravolta, vuota. Le lacrime congelate dietro le palpebre socchiuse.
 
***
 
Sedeva su degli scalini in pietra, abbandonato contro la parete del muro, gli occhi socchiusi per nascondere un velo di lacrime, le labbra serrate per reprimere un grido di rabbia. Il sole era calato da un pezzo, il cielo brillava di pallide stelle, l’aria si tinse di una fresca brezza primaverile travolgendolo con i suoi profumi. Erano passati tre giorni dall’incontro con Tsunade e ancora non riusciva a darsi pace per quella sua vecchia compagna di team, scomparsa improvvisamente – o in vacanza, come continuavano a ripetere tutti -. Per tre giorni aveva camminato senza meta nel villaggio, la mente vuota da qualsiasi pensiero o troppo ingarbugliata per afferrarvi qualcosa. Non aveva avuto il coraggio di andare dai genitori della ragazza, spaventato per chissà quale ragione, forse perché temeva realmente che lei non volesse più vederlo e che gli avesse raccontato una bugia solo per il desiderio di non averlo fra i piedi. Così aveva passato il tempo torturandosi anima e corpo, diventando ogni giorno sempre più cupo e apatico, insensibile a ogni cosa. Aveva provato a mettere una pietra sopra tutta quella faccenda, a convincersi che non doveva più preoccuparsi per lei e che, in fondo, era meglio così. Aveva portato a cena Hinata, erano andati al cinema, alle bancarelle del mercato, avevano visto tutti i luoghi possibili e avevano fatto ogni genere di attività, ma tutto ciò che riusciva a fare era fingere, fingere di sorridere a qualche commento dolce della propria compagna, fingere di ricambiare quell’amore incondizionato che lei gli donava senza alcuna remora, fingere di desiderare quel corpo formoso e gemente sotto il suo mentre pronunciava il suo nome, ma ciò che vedeva era il corpo di un’altra. Aveva finto così tanto che non sapeva più cosa fosse reale.
Strinse i pugni in un moto di disgusto verso se stesso, quando sentì una mano calda e affettuosa posarsi sulla sua spalla.
“Figliolo, cosa ci fai qui?” Aprì di scatto gli occhi, ma dovette attendere per mettere a fuoco le due figure che si slanciavano sopra di lui.
Balbettò parole incomprensibili tremando, le lacrime trattenute a stento.
“Oh mio Dio. Che ti succede?!” chiese allarmata. “Forza, entra in casa.”
 
Il rumore del tè versato in una tazza gli riempì deliziosamente il timpano. Socchiuse gli occhi assaporandone il profumo. Vaniglia e arancia.
Quasi barcollando era entrato nell’abitazione sorretto dai coniugi Haruno che, allarmati, lo guardavano tenendolo per un braccio. L’avevano fatto gentilmente accomodare in cucina, anche se continuavano a sostenere che il divano era decisamente più comodo di quelle sedie di legno, e gli avevano servito una fumante tazza di tè con qualche biscotto appena comprato. Santi dei, quelli di mia moglie non li augurerei di assaggiare nemmeno al mio più acerrimo nemico. Ah!-
La signora Haruno gli aveva tirato uno scappellotto, le gote leggermente imporporate. Si sedette di fianco a Naruto posando, con una delicatezza e una premura tipiche di una mamma, una mano sul suo braccio.
“Cosa ti è successo? Sei così pallido e … è una mia impressione o sei dimagrito?” Naruto non riuscì a non sorridere osservando con quanta attenzione lo trattavano.
“Oh cara, non lo tartassare di domande o questo qui ci sviene, te lo assicuro!”
“Non lo sto tartassando! È solo che lo vedo così … e mi si stringe il cuore. Di la verità, non stai mangiando molto.” Il ragazzo alzò le spalle abbassando gli occhi.
“Beh non ho molta f-“
“Cosa?! E ci credo che poi ti ritroviamo per strada come un vagabondo mezzo morto! Se non mangi abbastanza ci lascerai le penne!” Urlò alzandosi di scatto dalla sedia e raggiungendo una credenza.
“Vediamo … cosa ti potrei cucinare?”
“Oh, n-non ce n’è bisogno! Sto bene …”
“Sciocchezze, ragazzo mio.” Disse il padre di Sakura battendogli una forte pacca sulle spalle. Naruto si passò una mano tra i capelli, imbarazzato per quella strana situazione.
“E poi, ora che non c’è quel maschiaccio per casa, ci sentiamo un po’ soli.”
“Se scopre che l’hai chiamata così in presenza di un suo amico … sai come ci urlerà dietro!” disse portando le mani al cielo per poi afferrare qualcosa.
“Ahahahah! Buon Giove! Allora Naruto te non dirle nulla, si infurierebbe come una bestia, ma credo tu lo sappia molto bene.” Rise portandosi le mani all’addome.
“Sfortunatamente …”
“Ahahahah! Ragazzo mio, dopotutto Sakura ha preso da quella furia di mia moglie.” Bisbigliò, ma subito fu congelato da un’occhiataccia dell’amata che, per sua amara sventura, aveva sentito ciò che aveva confidato al ragazzo.
“Oh cara, ma lo sai … si fa per ridere … e poi non stavamo parlando di Sakura?” tentò una via di fuga cambiando discorso.
Ci fu una breve pausa di silenzio interrotta solo dall’acqua che ribolliva sul fuoco. La signora Haruno corse a spegnerlo per poi portare in tavola una bella e piena scodella di ramen.
“Spero ti piaccia.” Disse porgendogli le bacchette. Naruto sorrise addentando un pezzetto di carne. Era il suo piatto preferito, ma il suo stomaco non ne voleva sapere.
“È buonissimo, grazie.”
“Ci fu un periodo dove Sakura non cucinava altro.” Ridacchiò il signore. “Era veramente negata ai fornelli – peggio di mia moglie, disse con un occhiata al ragazzo -, eppure continuava a tentare. Chissà perché?” Marcò l’ultima frase, quasi canticchiandola lasciando un Naruto confuso mentre si sforzava di gustare il ramen.
Era forse impazzito, o i genitori di Sakura stavano insinuando che lei provasse qualcosa per l-
“È da un po’ che non la sentiamo.”Naruto alzò lo sguardo puntandolo allarmato verso la signora. Aveva un’aria malinconica e affranta, si vedeva che le mancava la figlia.
“Vedrai che starà bene …” cercò di rassicurarla il marito ponendogli una mano sulle spalle e sorridendo, nonostante anche lui fosse preoccupato.
“Ma è passata ormai una settimana! So che la missione le avrebbe impedito di contattarci, ma … poteva trovare anche un momento per dirci che stava bene. Insomma, deve star via per quindici giorni!”
E tutto ciò che lo circondava perse colore mentre i suoni sfumavano in acri sussurri. 






Note:
  • Quando ho fatto quell'orribile paragone alle formiche " il desiderio di trovare una connessione logica a quei dati ammassati nel suo cervello, come se fosse una formica.uomo-formica stavo pensando all' di Bacone, filosofo francese del '600 che credeva che l'uomo che ricerca la conoscenza può essere paragonato o a una formica o a un ragno o a un'ape.
 

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