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Autore: The Last Primrose    28/11/2015    2 recensioni
«Senza controllo cosa ti aspetti che faccia una ragazzina? L’ho portata in viaggio con la mia compagna, speravo (sarebbe tornata) rinsavisse ma non l’ha fatto, è tornata comunque dalla madre, come c’è tornata dopo, quando ho capito che se n’era andata in ogni senso.»
Immaginarie riflessioni del padre di Christiane.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma alcuni bastoni restano storti
 
 
 
Christiane è sempre stata una bambina indisciplinata, ma non cattiva; stupida, forse, ma non diabolica e macchinatrice come mi viene detto. La sopravvalutano.
Conosco mia figlia. Non ci siamo visti per un lungo periodo, ma la conosco bene, l’ho cresciuta io, in un certo senso. Sua madre è (è sempre stata) un fantoccio. Insipida, debole, inutile. Io aiutavo la bambina a fare i compiti, e Dio solo sa quanto fosse difficile, non capiva mai nulla, sbagliava le risposte, frignava quando la punivo.  Io volevo solo aiutarla, farla studiare, diventare qualcuno. A lei e Annette. Ma alcuni bastoni restano storti.
Poi sua madre se n’è andata, così. Senza ragione. Con un altro. Non sono geloso, neanche io l’amavo, avevo le mie storie, ma non l’ho mai lasciata. Io l’ho rispettata… io mi sono preso cura di tutte loro.
E loro mi hanno lasciato solo. Tipico delle donne. Solo Annette l’ha capito, lei è tornata poi.
Lei è obbediente. Lo sapevo che Christiane sarebbe finita in qualche guaio, senza la mia supervisione. Senza controllo cosa ti aspetti che faccia una ragazzina? L’ho portata in viaggio con la mia compagna, speravo (sarebbe tornata) rinsavisse ma non l’ha fatto, è tornata comunque dalla madre, come c’è tornata dopo, quando ho capito che se n’era andata in ogni senso.
 
Poi l’ho saputo anche io, la madre mi ha chiamato, è stata costretta a chiamarmi, sapeva che da sola non ce l’avrebbe fatta, aveva bisogno di me e del mio polso… ma l’ho saputo quando era troppo tardi. Troppo tardi per tutti, se me l’avessero lasciata, se solo l’avessero lasciata (tornare) a me. L’avrei raddrizzata. L’avrei salvata. Lei scappa sempre, ma io la so sorvegliare, la facevo rigare dritto. Puliva casa, la trovavo a casa. Io ho pure adottato una sua amica! Ho fatto di tutto per salvarla. Io le ho creduto! Ho fatto molto di più di quella nullità di sua madre, che ha permesso a tutto di iniziare! Io avevo solo bisogno di più tempo!
L’ho picchiata, quando era piccola, perché meritava di essere punita, di capire i propri sbagli, non li avrebbe rifatti, non li ha rifatti finché è stata con me, finché non è andata via.
E’ cambiata: è secca, truccatissima, arruffata. Sembra una pagina del giornale abbandonata per strada. Non sente, è insensibile, è lontana. E’ come se si prendesse a pugni da sola, ma continua a non capire. Non lo capisco neanche io, assurdamente, è come se non avessi mai conosciuto mia figlia.
 
Il signor F. sospirò, si girò ancora una volta nel letto, e un sonno sereno finalmente lo rapì.


Note autrice - Grazie a chi ha speso un paio di minuti del suo tempo a leggere la mia flashfic, tra l'altro prima fanfiction in assoluto col mio nuovo account. Ho letto un anno fa questa biografia e mi ha profondamente toccata. Volevo rendergli tributo in modo particolare, dando voce ad un personaggio marginale ed egoista come il signor F., che confondeva con tirannia l'affetto e vedeva le figlie come delle bambole di pezza da istruire con prepotenza, e riviveva nel rifiuto della figlia quello di sua moglie... almeno secondo me. Il linguaggio si alterna a medio-alto a colloquiale per richiamare il fatto che volesse sempre apparire più di quanto in realtà fosse, ma la rabbia lo fa "cadere dal piedistallo". Ovviamente questo è frutto della mia fantasia ispirata dal libro Noi i ragazzi dello zoo di Berlino, e nulla di più. Spero abbiate gradito, e grazie soprattutto a chi recensirà (:
Un bacio,
Sara

 
  
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