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Autore: Nori Namow    28/11/2015    4 recensioni
Nessuno aveva mai messo piede all’interno di casa Tomlinson, eppure era ormai tradizione dalle mie parti chiamarla ‘il Castello delle Bugie’.
Veniva chiamata così perché si diceva che, al suo interno, avvenissero cose fuori dal comune e che, seppur sembrasse una casa come tante altre, al suo interno si nascondessero le peggiori insidie.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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"È più facile credere a una bugia ripetuta mille volte che a una verità sentita per la prima volta."




Lügen
 

La ragazza inclinò la testa su un lato, osservando la grande casa che emergeva fiera dall’altro lato della strada. Era seduta su un ramo spesso di un albero, abbastanza in altro da poter guardare l’oggetto del suo interesse.
Nonostante il buio e la nebbia fossero tanto opprimenti da impedirle di vedere a dieci centimetri dal proprio naso, lei riusciva a vedere tutto; ogni finestra, porta, filo d’erba che la circondava. Alzò appena la testa, giusto in tempo per scorgere la finestra che dava sulla sua stanza, illuminata da una flebile luce.
Strinse la presa sul ramo dell’albero mentre le pupille le si dilatavano a dismisura, quasi come se non fosse del tutto umana. Come i gatti pronti a lanciarsi sulla propria preda.
Dondolava le gambe avanti e indietro, comodamente seduta sull’albero secolare a cento metri dalla grande villa.
Le sue iridi, nere come quella notte senza stelle, si colorarono di un rosso cremisi: era pronta.
Come  un rito che aveva fatto tante volte, impaziente, si leccò il labbro sbavando appena il rossetto rosso, finché non pronunciò una parola a fior di labbra.
«Mentigli.» sussurrò a voce talmente bassa da non riuscire a sentirla nemmeno lei. Una breve e silenziosa folata di vento.
Poi, qualcuno all’interno della grande casa urlò disperato, le sue strilla che si disperdevano nell’aria fredda di ottobre.
La ragazza sorrise.
 
 
 
 
«Hey, Deike!»
Maledii per l’ennesima volta la passione di mia madre per i nomi tedeschi. Ma che razza di nome era Deike? Odiavo il mio nome in quanto tutti lo pronunciavano ‘Deike’, così come andava scritto. E invece no, accidenti, si pronunciava ‘Deikà’.
Mi voltai verso la voce che mi aveva appena chiamata, continuando a camminare all’indietro fin quando non mi scontrai con qualcuno. La mia schiena sbatté violentemente contro il petto del solito studente frettoloso, così mi girai verso di lui pronta ad utilizzare al meglio la mia acidità.
Un paio di occhi azzurri, abbastanza simili ai miei, mi gelarono sul posto.
«Se non hai i dannati occhi dietro la testa, cerca di evitare di camminare all’indietro.» Louis Tomlinson mi fece una smorfia, poi continuò a camminare come se nulla fosse successo.
Spalancai piano la bocca, inviperita da quel suo solito comportamento freddo e distaccato nei confronti dell’intero Universo. Tra l’altro, lui stava camminando in avanti e non era riuscito ad evitarmi. Segno che, come al solito, camminava guardando i suoi piedi.
«Deike, devi smetterla di scontrarti con Mister Strambo. Sei già pazza di tuo, non vorrei che lui ti mischiasse la sua pazzia tramite, non so, qualche parassita.» mi riprese Zayn, schioccandomi un bacio sulla guancia.
Feci una smorfia disgustata per provocarlo, e lui in tutta risposta pensò di scompigliarmi i capelli ondulati (si fa per dire) che erano già orrendi senza l'intervento delle sue mani "divine".
«Evans, sei la migliore amica più disgustosa che esista, lo sai?» mi fece notare per l’ennesima volta Malik, mentre si portava una sigaretta alle labbra.
Alzai gli occhi al cielo, dandogli uno schiaffetto sulla mano per fargli finire la sigaretta a terra.
Qualche studente distratto, frettoloso, e che probabilmente desiderava la sua morte dato l’amore di Zayn per le sigarette, la calpestò, continuando il suo percorso all’interno della Kennet School.
Per inciso, noi vivevamo in un paesino sperso dell’Inghilterra chiamato Tadley.
Undicimila abitanti, cani e gatti compresi, Tadley era quel tipo di paese dove nessuno avrebbe desiderato vivere per sempre. L’unica fortuna che avevamo era la distanza fra la nostra patetica cittadina e il posto in cui avrei desiderato vivere, anche sotto un ponte: Londra.
Ritornando al mio migliore amico che stava per scoppiare a piangere osservando il cadavere della sua Lucky Strike, gli diedi una pacca sulla spalla.
«Dobbiamo andare in classe, Zayn, quindi niente fumo.» dissi cercando di simulare il tono più affranto che conoscessi. Non fu un grande successo. Eppure a volte sapevo essere così dolce e tenera. Certo, capitava in rarissimi momenti dove le mie dimostrazioni d’affetto avevano un secondo fine, ma questi erano dettagli futili e sicuramente trascurabili. Avevo problemi a dimostrare il mio amore verso le persone, forse perché non volevo abituarmi, o forse perché il mio cinismo e il mio realismo mi portavano a vedere le persone per quello che erano: animali, egoisti, che sfruttavano i propri simili per non provare disagio ed, eventualmente, sbarazzarsene quando ormai non erano più utili.
«Ah, e so di essere disgustosa. Infatti sarò talmente disgustosa da proporti per l’interrogazione di matematica.» sbattei le palpebre e sorrisi amabilmente, mentre Malik m’implorava in una lingua a me sconosciuta.
 
La cosa che odiavo del giovedì, era la lezione di matematica che durava due ore di fila.
Centoventi minuti rinchiusa nella stessa stanza con Louis Tomlinson aka Mister Strambo, e Zayn Malik.
Non che quel tipo desse tanto fastidio, anzi, se ne stava sempre per i fatti suoi come se qualcuno gli tenesse puntata una pistola alla tempia, pronto a spararlo alla prima sillaba fuoriuscita dalle sue labbra sottili e rosee. Non era affatto brutto però, il signorino. Solo aveva quel nonsoché di tenebroso e mistico, come se attorno a lui aleggiasse un alone di mistero. Aveva capelli castani, sottili, che gettava all’indietro ogni qualvolta qualche ciuffo gli si posava sugli occhi. A volte, quando compieva quel gesto, aveva l’aria stanca di chi ha passato una notte terribile. Era snello, molto, e aveva qualche addominale appena accennato, e ciò lo avevo appurato durante le lezioni di educazione fisica quando toglieva la maglietta ed il suo torace era ben esposto al popolo femminile che, fra parentesi, aveva una collezione mentale di filmini porno con lui protagonista, nonostante nessuna di loro lo ammettesse pubblicamente. Louis non aveva amici, e di questo ne ero certa perché non usciva mai, non parlava mai con nessuno se non sotto interrogazione, e non sorrideva mai. 
Erano anni ormai che non lo faceva più.

«Evans, è pregata di tornare fra noi esseri umani, la ringrazio.» sbottò il professor Cox, squadrandomi come se rimpiangesse i tempi in cui era possibile picchiare gli studenti. Patetico idiota, accidenti a lui e alla sua matematica scadente. Mi rimisi seduta in modo accettabile, premurandomi però di far strusciare bene la sedia e di mostrare così tutto il mio astio verso di lui. Ci fu qualche risatina sommessa, quella sguaiata di Zayn ed il rumore evidente di una matita spezzata in due.
Da Louis Tomlinson.
Ah, dimenticavo, Mister Strambo era un fan accanito del silenzio, della buona educazione e dello studio.
Se avesse potuto farlo, probabilmente ci avrebbe privato tutti delle corde vocali.
Perché Mister Strambo era il classico secchione (anche se non aveva affatto l’aspetto dei secchioni dei film americani) che usciva per ultimo dall’edificio scolastico, che arrivava per primo al mattino, che in mensa si sedeva da solo e che ti rivolgeva la parola solo per rimproverarti.
Finsi di interessarmi alla lezione e di non aver notato il respiro affaticato a causa della rabbia di Louis, poi presi un foglio di carta scarabocchiando una cretinata qualsiasi. A differenza di Tomlinson, io ero educata ma a tratti ribelle. Accartocciai il foglietto sparandolo contro la tempia di Zayn, mentre il professore osservava la lavagna esponendo agli studenti il suo lato B che definire ‘scadente’ era un eufemismo. Pochi secondi dopo la pallina di carta passò sopra la testa di Louis, sfiorandola per un pelo, e poi cadde sul mio banco.
 
“Che palle Malik, mi sto annoiando.”
 
“E perché stai torturando me?”
 
Gli lanciai un'occhiataccia, scrivendo poi frettolosamente sul foglio con la mia grafia disordinata.
 
“Sei il mio migliore amico, quindi fottiti. Hey, hai visto Mister Strambo? Ha spezzato la matita in due HAHA”
 
La lanciai senza prendere la mira e infatti colpii lo zigomo di Louis, che mi guardò come si guarderebbe l’assassino di una famiglia di gattini.
Fu tentato di strappare il bigliettino, poi di aprirlo. Però si limitò a passarlo a Zayn, sibilando qualcosa.
Quando mi arrivò la risposta, la mia mascella toccò terra.
 
“Ma smettila Deike. Te lo stavi mangiando con lo sguardo.”
 
Scrissi in fretta la mia risposta:
                                                                 
“M’incuriosisce, e allora? Inoltre non è per niente male, una sveltina forse ci starebbe.”
 
Nuovamente, per evitare di essere scoperta dal professore, lanciai il foglietto nel posto sbagliato. Colpii Louis in testa, impallidendo. Se avesse aperto il bigliettino e avesse letto ciò che avevo scritto sul suo conto, avrei fatto meglio a confinarmi in casa mia per il resto dei miei giorni.
«Professore, la signorina Evans e il signor Malik si scambiano bigliettini.» disse con voce atona Mister Strambo al professor Cox.
Questo si voltò come un fulmine, squadrandomi e osservandomi con quello sguardo omicida.
«Evans! Fuori, adesso!» sbraitò come un cane con la rabbia, mentre io mi alzai offesa.
Mi voltai verso Tomlinson, i miei occhi azzurri puntati nei suoi, quasi come ad augurargli la peggiore delle torture.
«Non lo sai che non si fa la spia, altrimenti gli altri ti emarginano? Oh, aspetta, tu sei già sfigato!» urlai verso di lui, scatenando tutta la mia rabbia.
Odiavo le spie, i secchioni paladini della giustizia e quello sguardo accusatore e un po’ divertito di quel tipo.
«E tu se devi scambiarti messaggi compromettenti con il tuo ragazzo, prendi bene la mira prima di colpirmi in testa tremila volte!» urlò lui, fronteggiandomi a testa alta. Pensava davvero che io e Zayn stessimo insieme? Ok che era bello, e ok che eravamo sempre insieme.
E ok, ho dato a lui il mio primo bacio perché volevo imparare, a tredici anni. Ma non stavamo insieme, no, per nulla al mondo. Ma non potevo dirlo in quel momento.
«Che c’è secchione, hai perso il conto? Ti ho colpito solo due volte, come sei tragico!»
«Evans, fuori o la mando dal preside!»
«Per fortuna ci sono testimoni, altrimenti ti avrei preso a pugni e tu saresti corso a casa tua con la coda fra le gambe.» sibilai inviperita, spingendo poi Louis fino a farlo sedere nuovamente al suo posto. Raccolsi la borsa e il libro ancora chiuso, poi uscii dalla classe sbattendomi violentemente la porta alle spalle.


 Sapevo di essere stata totalmente infantile, ma quel ragazzo mi mandava in bestia. Era amante del silenzio, e allora perché apriva quella bella boccuccia proprio quando doveva tacere? Lo faceva apposta, ne ero sicurissima.
Trangugiai il mio pranzo così velocemente che mi meravigliai del fatto che il mio esofago non si fosse lacerato, bevvi un’intera bottiglietta d’acqua tanto che mi mancò il respiro e pensai di stare affogando. Il tutto, mentre i miei occhi azzurri come i lapislazzuli trafiggevano ogni parte del corpo di quell’emarginato sociale che sedeva a pochi metri da me, da solo, e con tranquillità mangiava il suo pranzo. Come aveva potuto fare la spia? Come aveva potuto pensare che io e Zayn…? Inorridii al solo pensiero.
«Evans, stai torturando Mister Strambo con lo sguardo.» mi fece notare Malik, ridendo sguaiatamente come suo solito.
«Lo odio. Mi ha fatta passare davanti a tutta la classe come la troia di Zayn Malik.» sputai arrabbiata, stringendo la bottiglietta di plastica ormai vuota.
Questa si contorse nello stesso modo in cui avrei voluto ridurre Mister Strambo.
«Non sei la mia troia, Deike. E poi nessuno dà retta a ciò che dice Tomlinson, lo sai.»
Mi alzai di scatto, ringraziando il cielo che quel giorno sarei tornata a casa prima. Misi la tracolla in spalla, camminando a grandi passi verso Louis per poi superarlo e dirigermi in auto. Quando lui alzò lo sguardo su di me, gli alzai il dito medio in risposta.


 Alcuni giorni dopo ero ancora stizzita dal comportamento del signorino Tomlinson, fortunamente non avrei avuto nulla a che farci per il resto della mia vita. Eppure le sue occhiatacce non mi sfuggivano, come se dopo giorni ci fosse ancora dell’astio fra noi. Non ricordavo di essere mai stata più nervosa, ero così tesa che nemmeno una molla avrebbe potuto eguagliarmi.
Avevo bisogno di una sigaretta, di rilassare i nervi grazie al silenzio e perdermi con lo sguardo nella natura.
Infatti, invece di dirigermi verso casa, andai dal lato opposto, nella periferia di Tadley. Lì le case erano rare, perciò non avrei avuto addosso gli occhi indiscreti degli altri abitanti. Ingranai la marcia, ma percepii chiaramente che qualcosa non andava nell’auto. Andai nel panico, avvertendo il veloce ridimensionamento di velocità. O meglio, l’auto sembrava sbandare appena e pendersi su un lato.
Mi accorsi troppo tardi che la gomma anteriore si era bucata, ma fortunatamente riuscii ad accostare al lato della strada.
Uscii fuori imprecando a mezza voce, finché non cominciò a piovere abbondantemente. Imprecai nuovamente, innervosendomi ancora di più. Presi il cellulare pronta a subire la collera dei miei genitori, quando notai con orrore che in quella parte del mondo, i cellulari non prendevano.
«Cazzo.» sibilai, dando poi un calcio alla ruota sgonfia. Mi girai intorno, fregandomene della pioggia che mi aveva inzuppata da capo a piedi. I miei occhi intercettarono l’unica casa presente e abitata nel raggio di tre chilometri. Strabuzzai appena gli occhi, emettendo un lamento disperato. Avrei preferito essere in qualsiasi altra parte del mondo, ma non lì.

L’unica casa nei dintorni era quella di Louis Tomlinson, il  Castello delle Bugie.


ok, eccola qui. Sempre la stessa fan fiction ma leggermente modificata.
Rileggendola avevo notato che c'erano cose che non mi piacevano. Il succo della
storia però non è cambiato. Essendo passati due anni dall'ultimo capitolo pubblicato,
mi sembrava stupido riprendere come se nulla fosse.

Per chi legge questa storia per la prima volta, invece, ciaoo!
Ok premetto che questo primo capitolo sembra stupido, o meglio, lo è.
Abbiamo a che fare con una Deike Evans (Kaya Scodelario) e un Louis Tomlinson depresso
fantastico still beautiful. Sì, c'è Zayn. No, non mi andava di sostituirlo. Nel 2013 c'era lui
e nel 2015 ci sarà ancora lui. Premetto che questa storia NON sarà un triangolo amoroso.
Lo so che è spoiler ma lo dico perché qualcuno potrebbe pensarlo e magari dire
"hell no".
Lasciatemi una recensione, desidero davvero sapere cosa ne pensate e se ne vale la pena leggerla/scriverla.

BYE.

@marvelastic on twitter (ah, a giorni dovrebbero cambiarmi il nickname su EFP quindi non abbiate pauraH)
E Sam, se mi leggi, scusa se ho aspettato due anni per continuare. :c


 
   
 
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