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Autore: Guerildor    28/11/2015    1 recensioni
Albus Silente è pronto a sacrificarsi per Il Bene Superiore.
La sera prima della conquista del medaglione. La sera prima della sua premeditata morte, Albus Silente decide di dire addio a quella che probabilmente è stata la persona più importante della sua vita, per un motivo o per l'altro: Gellert Grindelwald.
Un confronto finale tra due dei più grandi maghi della Storia Moderna, un addio necessario.
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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L'abito più bello che avesse mai avuto


La pioggia picchiettava piano sulla finestra dell'ufficio, mentre Fanny cantava dolcemente sul trespolo.
Albus Silente aveva quasi dimenticato cosa fosse il silenzio assoluto. I rumori provenienti dalle sue invenzioni, i borbotii dei ritratti e il canto della fenice erano diventati il suono di sottofondo della sua vita.
Quella sera indossò a fatica, per via della mano ormai morta, il suo abito più bello. Una veste viola scuro ricamata con delle stelle cadenti argentate, un prodigio di sartoria che probabilmente era costato una fortuna. Indossandolo, Albus tastò tutte le innumerevoli tasche. Quella veste, che a vederla sembrava un capo ideale per una cena importante, in realtà era una veste da battaglia.
Il petto e la schiena erano ancora pregni di un incantesimo Scudo così potente che Albus riusciva ancora a percepirlo nell'aria. Le tasche erano in punti strategici in modo da poter estrarre all'occorrenza lo strumento giusto per sovvertire le sorti di uno scontro, mentre sul lato sinistro pendeva un contenitore di fiale in grado di ospitare fino a quindici pozioni. Era l'abito che aveva indossato la sera del Duello con Grindelwald, l'abito che Gellert stesso aveva commissionato per lui. Non lo aveva più indossato da allora.
Fanny continuava a cantare, un canto dolce, ma con qualche nota stridula. La fenice riconosceva entrambi il desiderio e la paura che Albus provava in quel momento.
L'accarezzò piano e, dopo aver praticato l'incantesimo di Disillusione su sé stesso si avviò a grandi passi fuori dall'ufficio.
Quasi non si accorse di essere arrivato al limitare del parco di Hogwarts, gli succedeva sempre più spesso di perdersi nei propri pensieri, viaggiando tra passato, presente e futuro nella sua testa.
Non appena mise piede fuori dal cancello si smaterializzò con grazia senza il minimo suono. Sentiva la mano, ormai morta, pesargli sul fianco destro ma non ci fece caso.
Una folata di vento gelidò quasi gli fece volare via il cappello. L'odore di mare e terra gli riempì le narici mentre il freddo penetrava gli strati della sua veste pregiata.
Con un pigro movimento della mano sinistra rese il suo corpo prima asciutto e poi impermeabile.
Appena le cinque del pomeriggio e il cielo della Bulgaria era già scuro per via di grossi nuvoloni ammassati. Come ogni volta Albus si domandò se Gellert avesse gettato un incantesimo che aveva reso perennemente orribile il tempo da quelle parti. O forse il posto era così miserabile che nemmeno il sole aveva voglia di guardarlo?
Quando arrivò davanti all'enorme cancello di Nurmengard Albus annunciò con voce calma e decisa: "Sono Albus Silente e vengo in visita per uno dei detenuti".
Con un sonoro crac il cancello scomparve. Nel momento stesso in cui Silente varcò con la soglia l'ingresso quello ricomparve più solido che mai alle sue spalle.
Nonostante fosse ormai abituato a quel luogo Albus rimaneva sempre piacevolmente colpito dall'ingegno di archimagia di Nurmengard, una prigione che riteneva segretamente perfino più sicura di Azkaban.
Camminò per alcuni metri prima di essere raggiunto da due delle Guardie di Nurmengard. Due maghi alti più di due metri e larghi gli si avvicinarono con sguardi carichi di disprezzo e, nonostante conoscessero perfettamente il nuovo arrivato, gli domandarono comunque in un brusco bulgaro, all'unisono: "Chi sei? Cosa ci fai qui?".
"Sono Albus Silente, vengo in visita per il detenuto Gellert Grindelwald", rispose Albus in un perfetto bulgaro.
"Grindelwald non può incontrare proprio nessuno" rispose una delle due guardie guardando male Silente.
"Ho qui un permesso dal Ministro della Magia bulgaro in persona" rispose Silente mostrando il palmo della mano morta alle due guardie.
Per un attimo il loro sguardo divenne vitreo, poi come se nulla fosse successo guardarono Silente con enormi sorrisi.
"Ora, per favore, portatemi da Gellert. Seguite il percorso meno affollato, non vorrei ritrovarmi ad incantare altre guardie maleducate" ordinò Silente.
"Certamente Signor Silente" risposero i due enormi maghi, di nuovo all'unisono.
"Poteva dircelo subito che aveva un accordo con Oblansk" commentò la più alta delle due Guardie che indossava una tunica nera e un elmetto militare. Era così che lui e Gellert avevano immaginato di vestire gli addetti della Squadra Magica di Investigazione...
"Non ci sarà bisogno di parlare" rispose calmo Silente, in inglese.
Ancora larghi sorrisi, ma nessun suono o rumore fu più emesso dalla bocca dei due.
Camminarono per tortuosi percorsi rocciosi, in salite impervie e discese ripide. Ogni tanto qualche altra Guardia della prigione gettava ad Albus uno sguardo torvo, ma la presenza dei due energumeni che lo accompagnavano sembrava tranquillizzarli.
Dopo circa un'ora e l'aver attraversato diversi piani completamente deserti Albus arrivò senza troppi intoppi alla cella di Grindelwald.
Il sistema di massima sicurezza di Nurmengard prevedeva porte come quelle delle stanze più protette della Gringott. Porte nere come la pece che potevano essere aperte solo da Guardie in pieno controllo delle loro facoltà. Questo significava che l'incantesimo che Albus aveva gettato sulle due Guardie non avrebbe permesso loro di aprire la porta.
"Hai molto sonno, vero?" sussurò Silente all'orecchio di una delle due Guardie che cadde svenuto in un istante.
"Apneo" le vie respiratorie dell'addormentato si occluserò di colpo.
"Finite" continuò puntando la bacchetta verso la Guardia ancora in piedi.
"Ho già ucciso lui", dichiarò sereno Albus facendo cenno al corpo apparentemente senza vita che ingombrava il corridoio.
"Apri la porta della cella e non sarò costretto a fare lo stesso con te".
L'energumeno mosse la mano verso la bacchetta ma Silente lo disarmò senza neanche parlare.
"Apri la porta, è l'ultimo avvertimento".
Quando la mano del carceriere di Nurmengard si posò sulla liscia superficie della porta questa sparì come il cancello. Silente fu grato per l'ennesima volta che le persone ci tenessero così tanto alla propria pelle.
"Ananpneo. Confundus. Pattugliate i due lati dei corridoi, non fate avvicinare nessuno. Ordine del Ministro".
"Albus..." la voce di Gellert era un sussurro.
Un volto scheletrico incorniciato da impastati capelli bianchi lo guardava con tanto d'occhi da uno degli angoli della cella.
Un tegame di legno giaceva ai piedi di un irriconoscibile Gellert Grindelwald.
"Gellert" disse Albus entrando lentamente nella cella. "Perché?".
Non aggiunse altro, ma Grindelwald capì che si stava riferendo alle condizioni squallide della sua detenzione.
"Paradossalmente a Nurmengard preferiscono metodi punitivi alla babbana. Affamare, sporcare, insultare, pestare" ghignò Gellert. Sembrava divertito.
"Avverto ancora il tuo potere magico. Avresti potuto liberarti in qualche modo".
"Avrei potuto? Sì. Ma a che scopo? Utilizzo la magia solo per farmi portare giornali e libri. So perché sei venuto, Albus".
"No, non credo tu lo sappia" dichiarò Silente, sorridendo per la prima volta da quando aveva messo piede nella cella. Mostrò a Gellert la mano annerita.
Le pupille del vecchio scheletrico si dilatarono per la sorpresa.
"I giornali non parlano di una tua sconfitta per mano di Riddle" commentò Gellert, sicuro che una ferita del genere poteva essere stata inferta a Silente solo da Voldemort.
"Credi che Voldemort mi abbia sconfitto a Duello? Credi che ci sia qualcuno in vita che potrebbe competere con me in un Duello?". Entrambi risero di gusto. Gellert continuò a ridere fino a che due grosse lacrime gli inumidirono le guance.
"Hai ragione" disse infine. "Come te la sei procurata?" chiese, accennando di nuovo alla ferita.
"Ho trovato la Pietra".
"No".
"Era un Horcrux".
"No. Perché l'hai usata? Dovevi sapere che era protetta, dovevi...".
"Sono stato incauto. Ma non importa, ho vissuto a lungo...".
"Ti resta qualche mese" sentenziò Gellert scrutando attentamente la mano grinzosa.
"Anche meno, se il mio piano prosegue come deve domani dovrebbero esserci un potente mago e un pezzo di Voldemort in meno al mondo" dichiarò Silente sorridendo.
"Morirai? Per mano di chi?".
"Un mio docente. Ma non stare a preoccuparti per me Gellert, sono troppo vecchio perché qualcuno si preoccupi per me".
"Non sono preoccupato. Sei venuto a dirmi addio, quindi?" chiese Gellert incredulo.
Non si meravigliava del contorto piano di Silente. Non era sorpreso dalla scoperta degli Horcrux multipli di Voldemort. Era come se sapesse già tutto. Gellert era l'unico giocatore di scacchi che Albus aveva ritenuto al suo stesso livello. Dopo tutti quegli anni parlare con lui era come parlare con sé stesso. C'erano solo domande giuste, al momento giusto. Nessuna interruzione futile, nessuna domanda irritante. Due ingranaggi perfetti che insieme avrebbero potuto muovere da soli l'intero mondo.
"Sì. Ogni giorno, dal nostro Duello a oggi, ho pensato almeno due volte di venirti a parlare. Appena sveglio e poco prima di addormentarmi. Ho rimandato finché ho potuto, ma oggi credo sia l'ultima occasione. Ammetto che ti ricordavo più bello...".
Entrambi risero di nuovo. Gellert seduto e incatenato nel suo angolo di cella, Albus in piedi e magnifico nel suo abito perfetto. Nessuno vedeva nell'altro la realtà. Gellet non vedeva il più Grande Mago dell'era Moderna, vedeva uno studente brillante, un genio suo pari. Albus non vedeva lo scheletro di un uomo, vedeva un giovane bello, forte, l'unica persona che lo avesse mai capito....
"Quanto pensi ci metterà per venire a cercarmi?" domandò Gellert, curioso, più che spaventato.
"Non so, non credo manchi molto. Hai già pensato a cosa dirgli?".
"Improvviserò. Pensavo di dirgli che a Duello lo avrei battuto anche combattendo con le mani legate e senza la bacchetta di Sambuco, dovrebbe farlo infuriare". Silente sorrise triste.
"Lo credo anch'io, sai? Tom Riddle è un grandissimo mago, ma non credo ti avrebbe mai eguagliato in duello...".
"Lo dici solo perché mi hai sconfitto. In realtà stai dicendo che nessuno avrebbe mai potuto sconfiggere te... Sei così pieno di te" rispose Grindelwald, ma sorrideva.
"Credo sia ora di andare per me, Gellert. Vuoi che faccia qualcosa per migliorare le tue condizioni qui?" chiese Albus.
"No, Albus, no. Ci rivedremo presto, di qui o di là, poco importa. Grazie per essere venuto...".
"Era importante per me, più di quanto tu possa immaginare".
"Sono cambiato, Albus..." mormorò Gellert sull'orlo delle lacrime.
"Ti credo. Voglio crederti. Addio, Gellert".
Silente si voltò nascondendo all'amico e al rivale le proprie lacrime. Aveva quasi messo la punta del piede fuori dalla cella quando Gellert gridò: "ALBUS! Bel vestito. Me lo presti qualche volta?".
Il sorriso di Albus fu così largo che diverse lacrime salate gli riempirono la bocca.
Quando finalmente si sedette dietro la sua poltrona nessuna lacrima bagnava più il suo viso, c'era una battaglia da combattere, una partita da vincere: arrivato il momento di sacrificare la regina e vincerla.
   
 
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