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Autore: clambae    29/11/2015    2 recensioni
“Dimmelo… dimmelo se vuoi cadere ed io cadrò con te.”
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kai, Kai, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Titolo: SHADOW Fandom: EXO Personaggi: Kai, Sorpresa Rating: Giallo, solo per precauzione, potrebbe benissimo essere anche Verde. Genere: Generale, Triste Avvisi: AU! Conteggio parole: 2k Riassunto: “Dimmelo… dimmelo se vuoi cadere, ed io cadrò con te.” Desclaimer: Gli EXO sono proprietà esclusiva della SMEnt. ed io non posseggo nemmeno un millesimo di loro. Con questo scritto non pretendo in modo alcuno di rappresentare la realtà. È completamente frutto della mia fantasia e non ci guadagno neanche un soldo dalla mia attività di fangirling acuto, semmai perdo solo tempo. Note: Giuro che non mi drogo! Questa è l’ultima fic che ho scritto, in senso cronologico, eppure è la prima che pubblico, perché la vita è una bastarda infame. Questo è un esperimento nel senso più letterale della parola, volevo solo provare qualcosa di diverso, qualcosa fuori dalla mia comfort zone e devo dire di essermi divertita e di essere stata soddisfatta. Non ho mai avuto troppe pretese per questa storia, non ce le ho ora e spero che non ce le abbiate nemmeno voi. Prendetela per ciò che è: Una storia di prova, niente di più. La storia è stata ispirata da questa canzone delle f(x) da cui ne prende anche il nome, forse, leggendo capirete il perché. Pubblicata originalmente qui, su redwinterlight. Critiche e consigli sono benvenuti e molto apprezzati, così come i commenti positivi. È l’unico modo che ho per crescere e migliorare. Grazie a G. per il supporto e l'aiuto. Sei una persona speciale e un'amica preziosa.

Image and video hosting by TinyPic SHADOW dimmelo se vuoi cadere, ed io cadrò con te…

Abito gessato blu notte, prevedibile. La cravatta color glicine in perfetto abbinamento, una camicia bianca con righe di ciò che sembra essere una lieve tonalità di rosa. I tuoi capelli sono perfettamente pettinati, come al solito, come hai sempre affermato: "Bisogna dare una buona impressione di sé." Non è così, eh, Jongin? Esci con molta fretta dal palazzo. Ti vedo, ti stai avvicinando e mi sposto a un lato della porta, sotto l’ombra del piccolo albero situato all’ingresso per abbellire le vostre giornate. Voi ricchi e le vostre insulse pretese. Quando esci non mi riconosci, non ti giri verso di me, non mi noti nemmeno, non lo fai mai. Forse sono solo troppo bravo a passare inosservato e a non farmi beccare, forse. O forse sei solo tu ad essere troppo pensieroso chissà su cosa.

Guardami... Sono qui! Perché non riesci a notami? Perché non ti volti? Perché i tuoi occhi non incontrano mai i miei? Voltati, guardami! Sono qui... Per te.

Oggi ti noto un po' diverso dal solito. Sei già per strada e continui a sistemarti l’abito. Aggiusti i gemelli nella giacca, quelli in argento a forma di angelo, i tuoi preferiti. I miei preferiti, quelli che ti regalai per il tuo compleanno, poco dopo esserci messi assieme, te lo ricordi vero Jongin? È per quello che li conservi ancora?

Rispondimi! Dimmi di sì… Mi senti? Perché non riesci a sentirmi?

La valigetta che ti accompagna sempre è un po' mal ridotta. È impolverata e da una parte macchiata. Le tue scarpe sono un disastro anche quelle, in vernice, non sono lucide come al solito. Cosa ti affligge oggi Kim Jongin? Cosa n'è stato del bisogna essere sempre perfetti che ti ripeti spesso quando credi che nessuno ti veda? Quando fai finta che io non sia lì?

Perché non mi vedi? Perché non vuoi vedermi? Perché non puoi vedermi?

Ti avvii a passi svelti verso il centro alla ricerca di un bar qualsiasi, anonimo e insignificante. Che faccia per te, che ti permetta di passare inosservato, di disperderti tra tanti altri uomini d’affare con una vita frenetica, proprio come te. Io ti sono dietro e sto attento a non dare nell'occhio, a non farmi scoprire; i rumori dei miei passi si mescolano con i tuoi, come lo stadio perfetto di una melodia che emerge rispetto a quello degli altri abitanti di Seoul. Una musica bellissima per il mio udito. Una musica che tu non puoi sentire.

Perché continui ad ignorarmi?

Entri in uno scelto a caso ed io ti seguo a ruota. Si tratta di un posto squallido, con un arredamento pessimo: sedie e sediolini in pelle di un colore arancione sporco, vecchi e consumati, tavolini in compensato alcuni neri e altri marroni, le pareti sono di color pesca, ma con una lieve sfumatura grigiastra, segno del passaggio del tempo. L'odore di frittura ti riempie le narici non appena metti un piede nel locale, lo so che ti provoca un senso di nausea, lo provoca anche a me, ma nonostante ciò decidi di restare. Scegli un tavolino vicino alla vetrata che da sulla strada, io opto di rimanere sulla porta e aspettarti lì. Una giovane e carina cameriera ti si avvicina. « Cosa prende signore? » Ti domanda con un enorme sorriso sulle labbra. So già che chiederai un caffè americano come al tuo solito. « Un caffè americano, può bastare. Grazie » infatti rispondi ricambiando il sorriso. Quel tuo sorriso di circostanza che ti piega leggermente gli angoli della bocca in su senza allargarsi anche agli occhi. Quel sorriso che ti da un'aria affascinante, ma allo stesso tempo gelida e distaccata. Il sorriso da Kim Jongin, il grande imprenditore, quello che riservi a tutto e tutti, in qualsiasi momento, in qualsiasi occasione. Quello che tiene lontano gli altri da te. Quello che con me non ha funzionato.

Te lo ricordi, Jongin? Perché non riesci a ricordarmi?

La ragazza si allontana con il tuo misero ordine e mentre torna dietro il bancone si gira di tanto in tanto a lanciarti occhiatine inquisitorie. È attratta da te, glielo si legge in volto, è rimasta affascinata da te. Non mi sorprende. Tutti rimangono affascinati da te. Povera ingenua non sa di non avere alcuna possibilità, tu sei mio. Appartieni solo a me. Dopo qualche minuto ti alzi e poggi una banconota sul tavolo che occupavi, è di un valore superiore da quello che avevi consumato, ma non te ne importa. Riprendi in possesso la valigetta e ti indirizzi verso l'uscita, ripetendo per l'ennesima volta quel tuo rituale mattutino che tanto ti caratterizza e che ti da tranquillità. Ti da sicurezza che le cose possano sempre essere uguali. Quella confortante monotonia da cui non vuoi uscire, perché hai paura di ciò che può capitarti. Non è così, Jongin? Il rumore mattutino delle strade di Seoul copre quello dei tuoi passi e sbuffi, ti perdi tra il mare di gente. Ignori ognuno di loro, la signora con il bimbo che non smette di frignare, le infinite coppie che si scambiano effusioni o litigano per strada insofferenti degli altri, il vecchio mendicante all'angolo della strada, ti sorride quando passi affianco a lui come ogni mattina, e come ogni mattina tu lo ignori. Oggi però è diverso, non vai diritto al lavoro, non esegui le istruzioni da manuale. Svolti all'incrocio prima, costringendomi a nascondermi dietro il primo albero che trovo. Perché l'hai fatto Jongin? Perché hai spezzato la routine a cui siamo così tanto abituati?

Perché riesci sempre a spaventarmi?

Solo due isolati dopo capisco il motivo di questo cambiamento, lui è lì. Perfettamente vestito in nero, dalla testa ai piedi, il tuo gran amico: Do Kyungsoo. Appena ti nota, ti fa segno di avvicinarti a lui. Sei in imbarazzo, me ne rendo conto dal modo in cui ti porti una mano dietro la nuca e dai tuoi passi lenti e poco precisi. Scelgo di rimanere lontano, non mi aspettavo che la giornata si svolgesse in questo modo, sono sorpreso, ma non in modo positivo. Mi ha sempre incuriosito quel Do Kyungsoo, non per la persona in sé, ma per ciò che diventi in sua presenza. La tua postura diventa più sciolta, ti lasci andare, sei generalmente più rilassato. E lui smette di essere il perfettino rigido e robotico che il mondo conosce e si trasforma in umano. Un umano molto pericoloso. Un umano che vuole portarti via da me. Che ti ha già portato via da me.

Perché l’hai fatto Jongin? Perché glielo hai permesso?

« Ne sei sicuro Jongin? Ne vale la pena? » ti domanda e dal suo tono si percepisce che è molto preoccupato. Posa una mano sulla tua spalla, e almeno sta volta hai l’accortezza di spostargliela. « Kyung… no. Io devo... » Nega con la testa e ti posa un indice sulle labbra per azzittirti. È ferito, lo percepisco e me ne compiaccio. Non dite più niente, vi muovete nel più completo silenzio. È così forte che sembra inghiottire tutto il rumore di Seoul. È una situazione quasi imbarazzante. Gli porgi una cartella di cartone con sopra la scritta CONFIDENZIALE. Lui in cambio ti passa una busta di plastica con dentro una bottiglia di vino e due biglietti, anche da qua posso accertare che sono del treno. Dove vai? Dove andiamo? Non vi salutate nemmeno, vi allontanate e basta. Tante situazioni non risolte. Tante parole non dette. Ti senti colpevole, sei colpevole e ciò ti tormenta. Lui è solo deluso, è ferito. Forse ha persino il cuore a pezzi, ma non preoccuparti guarirà. È forte il tuo Kyungsoo, più forte di quanto tu ed io mai potremmo essere. Ti inseguo senza dubbi, senza pormi delle domande. Salgo sul treno con te e solo quando arriviamo capisco che forse ho sbagliato.

Perché sei tornato Jongin?

Giri per la cittadina. I tuoi capelli non sono più perfettamente pettinati. Il tuo abito è stropicciato e tu sembri ringiovanito. La gente ti riconosce e ti saluta. Ricambi con un sorriso che questa volta si estende fino agli occhi. Ti puntano e sussurrano. Li senti, ma fai finta di niente, non ti importa nemmeno più. Che pensino ciò che vogliono. Non ti scalfiscono, non più. Ti dirigi verso il fiume, mi fermo all’inizio del ponte. Perché sei venuto qui? Perché ti fai del male?

Perché mi vuoi ferire, Jongin?

Freni di colpo e ti estrani fissando un punto indefinito al centro del ponte. Seguo il tuo sguardo e posso vederlo. Posso ricordarlo. Ed improvvisamente ho di nuovo ventuno anni. Sono giovane, fragile e ho il cuore a pezzi. Sono sempre stato quello più debole. No, Jongin? Quello più problematico, vero? Sono seduto sul bordo del ponte, le mie gambe penzolanti nel vuoto. Ti vedo avvicinarti a me, ma non sei tu. È il te stesso di sette anni fa. Ti siedi al mio fianco e mi passi un braccio sopra le spalle, in un abbraccio fraterno e rassicurante. « Che succede? » domandasti con quel tuo tono dolce. Era come un balsamo per me, per la mia anima lacerata, riuscisti ad alleviare almeno un poco il mio dolore. « Lasciami stare Jongin. Voglio rimanere da solo. VATTENE! » il mio tono fu aspro e avevo residui di lacrime negli occhi. « È la fine Jongin » sussurrai dopo un po’ « lasciami qui » dissi come se fosse una preghiera. « Non importa quanto sia dura. Quanto tu sia ferito. Non è mai la fine, è solo un nuovo inizio » replicasti addolorato. Ferii i tuoi sentimenti quel giorno e nemmeno me ne resi conto. « Guardami » mi ordinasti, la tua mano alzò il mio volto e mi guardasti dritto negli occhi « Dimmelo… dimmelo se vuoi cadere, ed io cadrò con te. Non ti lascerò da solo ». Ti credetti. Sbagliai. Mi riprendo e mi giro ad osservarti. Hai il viso distrutto, dalla stanchezza, dalla colpevolezza, dal dolore. Lo hai visto anche tu vero? Ci hai visto, vero?

Perché mi hai lasciato cadere, Jongin? Perché mi hai dato la spinta finale?

Il sole sta morendo ad ovest. Il cielo si è tinto di un arancione oscuro, qualche striatura di rosso. Presto dovrò andare Jongin. Stappi la bottiglia che ti diede Kyungsoo e la giri in orizzontale, il liquido cade segnando il tuo passaggio. Attraversi il ponte e ti dirigi verso il cimitero.

Perché ti vuoi ferire, Jongin?

Ti sedi di fronte a una lapide e piangi, piangi disperato e sei orribile. Il tuo cuore è sofferente e la tua anima è tormentata e il tuo viso è una finestra aperta al tuo dolore.

È stato un incidente.

Non piangere Jongin, non è stata colpa tua. Non è stata colpa di nessuno. Il tuo tradimento con Kyungsoo mi fu quasi fatale. Mi distruggesti internamente, ma non mi uccisi. Mi spingesti verso il margine di un abisso di supplizio con le tue stesse mani, con le tue azioni, e mi lasciasti cadere, ma fu un incidente Jongin, un brutto scherzo del destino. Una macchina fuori controllo che incrociò la mia strada.

Non fu colpa tua.

Il cielo continua a scurirsi. Rimangono solo pochi raggi di sole. Presto dovrò andarmene. Vedo il tuo volto più calmo, ma distrutto ugualmente. Non è la fine Jongin, ricordi? Non è mai la fine è solo un nuovo inizio. Io sono qui per te. Non ti lascerò cadere nello stesso baratro in cui sono caduto io. Non ti spingerò. Riprenditi! Il sole è quasi morto. La luna imponente nel cielo mi osserva, si burla di me. Mi sta cacciando via. Devo andare. Uso i miei ultimi attimi per osservarti. Con la mano sinistra scorri il profilo della lapide. Noto che hai ancora l’anello, i nostri anelli. Guardi la bottiglia di vino nella tua mano, ne rimane solo un goccio. Te lo scoli tutto in un solo sorso. Quanto assomigli al te adolescente. Ti pulisci le labbra con la manica della camicia, la giacca l’hai persa da qualche parte nel tragitto che ti portò fino alla mia tomba. Sto sparendo Jongin, ti devo salutare. « Buon compleanno Sehun » sussurri e accarezzi la mia foto incastrata nel freddo marmo che tu e la mia famiglia sceglieste per il mio riposo eterno. Non ci sono più, non ti vedo più. Sono solo un eco nello spazio. Ci vediamo domani Jongin. Aspettami. FINE.

   
 
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