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Autore: Elle Douglas    29/11/2015    1 recensioni
We don’t meet people by a c c i d e n t.
They are meant to cross our path for a r e a s o n
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‘Nell’istante stesso in cui ti ho incontrata, in un caso del tutto fortuito e inaspettato, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo bisogno. Ma non era un qualcosa. Eri tu. Sin dall’inizio ho capito che tu eri una parte di me, ed e’ per questo che non ho piu’ intenzione di lasciarti andare. Io senza te sono incompleto e non voglio più esserlo.’
La ragazza non poteva credere a simili parole, a un simile sentimento tutto per lei.
Lei a cui era stato tutto negato.
Sorrise con gli occhi lucidi e il cuore che dentro il petto sembrava avere finalmente vita. Sorrise e sprofondo’ il viso nel suo petto e si ritrovo’ a sentirsi completa, dopo lunghi, estenuanti secoli.
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Seconda parte di ‘I thought I’d lost you forever.’ | Gli avvenimenti narrati avvengono dopo la 4x11.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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NOTE AUTRICE:

Buonasera a voi, lettori. 
Sono un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma mi sto rimettendo in carreggiata. 
Oggi un capitolo incentrato su Frollo e sulla sua visione e intenti, un incontro con Killian e un esito inaspettato. Io vi consiglio di ascoltare anche i suggerimenti musicali che ho inserito, che sono quelli che mi hanno ispirato nel scrivere.
Spero,. come sempre, che il capitolo non vi deluda e sia di vostro interesse e gradimento. Attendo pareri e recensioni, perché lo sapete che ad uno "scrittore" serve anche quello. v.v
Grazie a tutte quelle persone che continuano a supportarmi in quest'avventura, ve lo dico sempre - e sarò ripetitiva -, ma mi riempite di gioia ed emozione. Grazie per il tempo che dedicate alla lettura dei miei capitoli. 

Alla prossima, tesori. 

- Elle.

 
 
 
CAPITOLO X
 
PARIGI - PAST DAY.
 
Era primavera inoltrata, quando tutto avvenne.
Nessun presagio, nessun avvertimento divino annunciò quell’evento che cambiò la sua vita.
Per la piccola città di Parigi quel giorno era un giorno speciale. Un giorno di festa senza precedenti: nella piazza antistante la cattedrale di Notre Dame si sarebbe svolta la Festa dei Folli, un evento popolare in cui tutti i cittadini, di ogni razza, rango ed etnia si sarebbero uniti in festa senza troppe conseguenze ai propri comportamenti. Ci sarebbero stati vagabondi, zingari, pazzi e stranieri a prendere parte a quell’enorme festività che si teneva ogni anno quasi come una maledizione. Perché questo era per il giudice Claude Frollo, che non era propriamente della stessa idea o coinvolgimento, naturalmente.
Per lui tutta quella gente si traduceva benissimo in ladri, borseggiatori, e qualsiasi altra gentaglia per cui non aveva alcun rispetto. Tutta la feccia dell’umanità era tutta riunita lì, in quell’angolo di mondo, tutti mescolati insieme nel torpore dell’ubriacatura che avrebbe riecheggiato per tutta la piazza per tutto il giorno.
Se non fosse stato per il suo obbligo di partecipare – essendo un funzionario pubblico – egli non avrebbe mai aderito ad una situazione così odiosa e riprovevole, che condannava sopra tutto e tutti. Era da sempre qualcosa che non riusciva a tollerare. Tutti quei giochi, quei lussuriosi balli e quel senso di libertà in ogni azione gli davano la nausea e il ribrezzo.
Era convinto, inoltre, che gli zingari usassero quell’occasione per prendersi gioco di lui senza pericolo alcuno. Perché l’odio di Frollo, specialmente per quella razza, era innato. In loro non vi era alcuna disciplina, nessun ordine morale, niente di buono. Gli zingari erano coloro che istigavano le genti alla perdizione. I loro modi barbari infiammavano gli istinti più bassi della gente, ed era per questo che in lui si era inculcata la convinzione e la cocciutaggine quasi uguale alla pazzia, di eliminarli dalla faccia della terra.
Il suo posto tra la folla, quello che spettava a lui e che gli era stato preparato, venne innalzato a pochi metri di distanza dal palco dove si sarebbero tenuti tutti quegli ignobili spettacoli a cui si rendeva spettatore. Frollo lo ritenne ancora di più uno smacco nei suoi confronti, e ciò non faceva che alimentare le sue convinzioni riguardo al fatto che si burlassero di lui.
Si sedette con un’aria di profondo inasprimento.
Mancò poco e lo spettacolo ebbe inizio: Frollo prestava solo pochissima attenzione a ciò che lo circondava e a ciò che aveva davanti. Lo spettacolo che proveniva dal palco lo attirava ben poco. Niente era all’altezza della sua cultura e intelletto e non c’era nulla che attirasse la sua attenzione, come sempre. La musica, allegra e vivace, circondava e arrivava in ogni anfratto della piazza rallegrando e attirando i passanti o chi arrivava puntualmente in ritardo, ma in egli non destava alcunché, cercava infatti di lasciar penetrare meno note possibili nella sua testa. Tutto ciò non faceva che inasprire il suo umore già fosco. Si sentiva sempre più sporco ogni minuto che trascorreva lì, ma l’unica cosa che poteva fare era appunto chiudersi in se stesso e aspettare.
Aspettare che quella ignobiltà terminasse, aspettare il giorno dopo per poter punire tutti per uno sgarro.
A un tratto però la musica allegra finì e ne iniziò una più provocatoria che involontariamente attirò l’attenzione di Frollo: era vivace, ma sensuale.
Entrò una donna, che in realtà donna non era. Era più che altro una ragazza.
Una stupenda e meravigliosa ragazza che Frollo non aveva mai visto. Il giudice cercò faticosamente di ignorarla, di non dar peso a quell’attrazione che improvvisamente invadeva uno come lui: un uomo di chiesa, ma lo sforzo fu alquanto vano e la situazione peggiorò quando sul palco ella si mise a ballare in maniera ancora più sensuale e distinta di fronte ai suoi occhi, avvolta in un inebriante profumo di incenso. Era la creatura più incredibilmente bella che Frollo avesse mai visto in vita sua.
Da dove veniva una simile creatura?
Il giudice seguì con gli occhi spalancati le sue forme ben definite che, attraverso quell’abito rosso, gli volteggiavano davanti. Era eterea. Alla vista di quei tratti di pelle abbronzata che non erano nascosti dai veli scarlatti e dei piedi nudi Frollo deglutii in maniera indecente.
I capelli neri e lucenti erano sparsi in modo ingenuamente provocante sulla schiena castamente coperta mentre Frollo continuava ad osservarne i riflessi creati dai raggi del sole con le pupille che ormai avevano raggiunto la larghezza di due piattini.
Era una bellezza mai vista. Una bellezza tutt’altro che divina. Era terrena, ed era lì, avvolgente e seducente pronto ad accoglierlo.
‘Guardate che esibizione rivoltante!’ aveva esclamate alle sue guardie per contraddire ciò che in realtà provava dentro di sé. Era più forte di lui, e per quanto cercasse di dominare gli istinti e stare calmo ci riusciva ben poco di fronte a quella dea.
Ma Frollo non ebbe il tempo di rendersene conto: la donna aveva iniziato a danzare e i suoi occhi, ora, lo scrutavano con sguardo audace e seducente che lo costrinsero a socchiudere la bocca per lo stupore e la meraviglia a cui era posto.
Mai, mai nella vita si era sentito così. Che aveva quella donna? Cos’era, soprattutto?
Lei, nel vortice della danza, si avvicinò a lui. Ora Frollo la vedeva distintamente. Ancora di più. Poteva distinguere le diverse sfumature di colore che la luce donava alla sua chioma. Sempre di più poteva sentire quel profumo invaderlo. E sempre di più inizio a fantasticare in maniera poco consona alla sua mansione e persona. Ormai poteva individuare tutte le tonalità di verde che componevano le sue iridi e la rendevano ancora più incantevole. Così vicina. Le labbra di lei erano a un passo dalle sue e il giudice fremette, spinto da un impulso ancestrale. Un impulso s’impadronì di lui e quasi si arrese a quel dolce richiamo.
Era sua.
Ma tutto passò con la velocità di un lampo. Un sorriso beffardo e ammiccante le disegnò il viso davanti agli occhi rapiti del giudice che non smetteva di ammirarla estasiato, dopodiché si allontanò di nuovo verso il centro del palcoscenico e terminò la sua danza facendo un lieve inchino con il capo.
Mai. Mai era sceso così in basso, e mai era stato deriso fino a quel punto da quegli zingari dalla quale, ora, si sentiva doppiamente osservato. Sembrava perfino che stessero ridendo di lui in lontananza. Frollo si sistemò meglio sulla sedia. Si era decisamente superato ogni sorta di limite! Egli aveva l’espressione di chi aveva appena ricevuto un duro colpo, ma mantenne le apparenze con tutte le forze per non dimostrarlo.
Non poteva. Ne andava di lui, della sua dignità, della sua persona distinta e tutto… tutto si era completamente dissolto in un paio di secondi per quella ragazza. Per quella deplorevole zingara oscena e lussuriosa. Come aveva osato ridurlo in una condizione così indegna e vergognosa? La sua insolenza le sarebbe costata cara.
Le avrebbe imparato tutto ciò che le mancava e le avrebbe inflitto le peggiori pene, si ripromise Frollo.
Era colpa sua se si era riscoperto debole. Era colpa sua se aveva peccato, se aveva instillato in lui quei pensieri carnali che non aveva mai avuto, era colpa sua se la sua carne era stata viziata. Per di più l’aveva anche deriso con quel suo potere demoniaco.
Ella non era una dea. Piuttosto era un demone, un demone travestito da angelo arrivato sulla terra per allontanarlo dalla retta via. Quella retta via che era diventata la sua vita, ormai.
Lei era quella prova che Dio gli stava inviando e lui sembrava aver fallito perché vi aveva ceduto.
Quella zingara era il male, il male più puro e il giudice l’avrebbe punita di persona, quando i suoi uomini l’avrebbero catturata. Perché poteva giurarci che l’avrebbe fatto. Quella zingara aveva le ore contate.
Era furioso.
La voleva viva, ma non voleva assolutamente mostrarle il motivo vero della sua cattura. Farlo voleva dire scoprirsi e dare in pasto a lei le sue debolezze. No, doveva morire con l’ombra scura del terrore sopra di lei. Niente doveva esserle anche solo di vaga soddisfazione.
“Ecco a voi Esmeralda!”
Il nome le rendeva merito, pensò in un altro momento di perdizione pentendosene amaramente una frazione di secondo dopo. Si portò le mani alla fronte, esausto da quel conflitto a cui ella l’aveva condotto.
Cosa gli aveva fatto quella donna?
Cos’era quella donna e perché aveva preso la sua anima per condurlo in quell’antro buio della perdizione?
Lui, un uomo di chiesa, un uomo che mai avrebbe immaginato quella sorte orribile.
Nonostante fosse senza dubbio adirato nei suoi confronti, il ricordo di quelle labbra di fuoco a pochi centimetri dalle sue gli provocava un brivido lungo e profondo e sentiva la gola farsi secca e arida. La voleva, la bramava, come non mai.
Non riusciva a darsi una spiegazione. Il desiderio carnale era per uomini comuni senza troppi scrupoli morali, non certo per lui che era il prediletto del Signore: doveva essere una strega. Ecco cos’era ed ecco perché si sentiva così. Su di lui aveva scagliato il suo incantesimo, e non c’era alcun antidoto a quel maleficio potente. Ormai era entrato troppo dentro la sua anima, aveva intaccato le ossa, i muscoli e tutto il resto. Frollo si senti vulnerabile in quella situazione e non fece altro che maledirla come non mai. L’incantesimo che aveva usato doveva essere stato ben potente.
Tutto nacque da lì: la sua ossessione e passione.
Frollo non faceva altro che pensarla e maledirla, maledirla e pensarla in tutte le ore e giorni della sua misera vita.
Esmeralda, divenne un pensiero fisso e un ossessione costante che non riusciva a scacciare.
Come poteva essere? Continuava a chiedersi ingenuamente. Lui che era sempre stato un uomo senza macchia e ricco di virtù. Era sempre stato un uomo puro senza alcun pensiero di quel genere in testa. Perché era dovuto capitare proprio a lui tra tutti gli uomini della terra? Perché proprio lui era caduto nel suo sortilegio?
Aveva l’anima debole o era lei e la sua magia troppo forte?
L’anima gli bruciava al sol pensiero del suo volto, del suo corpo e dei suoi occhi. Non riusciva più davvero a distinguere tra ciò che immaginava e ciò che vedeva. Sembrava esser divenuto pazzo. Frollo si maledì ancora una volta per questo!
Si sentì annegare nei pensieri e nei sentimenti che non aveva mai davvero provato, e si sentì perso. Senza via d’uscita.
Il desiderio per lei dentro di sé andava sempre più ad accrescersi quasi come una febbre che si innalza esponenzialmente portandolo al delirio. Sempre di più quel desiderio carnale si impossessava del suo essere, più lui la vedeva, iniziava a sentire la sua voce, percepire ogni suo movimento.
In lui il desiderio di farla sua, di rendere il suo corpo di sua proprietà.
Lei era il diavolo, e tra tutti aveva deciso di insinuarsi proprio in lui: nell’uomo di Dio. Frollo non faceva altro che desiderare tutto di lei: sentiva forte il bisogno di amarla, toccarla e desiderarla dentro sé, quasi fosse una malattia. Quella zingara era il diavolo che l’allontanava dalla retta via, continuava a professare mentre continuava incessante in quei pensieri.
Momenti di lucidità come sprazzi.
La sua anima bruciava in quei dolci pensieri.
Di fronte al suo pensiero, di fronte a lei tutto si annientava e tutto spariva davanti ai suoi occhi: esisteva solo lei. Lei e nessun altro. Nemmeno Dio, che in quei momenti sembrava sparire persino dal mondo. Tutto, tutto era incentrato su di lei, su quella bellezza profana su cui lui avrebbe voluto mettere le mani. Voleva averla, a tutti i costi.
Il desiderio carnale che ardeva in lui era fuori controllo.
Una volta, una volta sola sarebbe bastato, forse o nemmeno.
Quella donna l’avrebbe distrutto e annientato nel desiderio e lui non sarebbe più uscito. Mai più quella donna avrebbe lasciato la sua mente e il suo corpo mentre un pensiero e un desiderio fisso di averla s’insinuò dentro lui fino alla pazzia.
Frollo l’avrebbe avuta, prima o poi, anche con la forza se necessario. Era l’unico modo per spegnere quel fuoco che dentro di lui ardeva più di mille fuochi.
 
 
STORYBROOKE - PRESENT DAY.
 
‘Non m’importa quanto tempo ci vorrà. A costo di passare lì ogni giorno, io la riporterò indietro!’ sbraitò Killian nella grande sala del sindaco. Il motivo per la quale tutti erano restii a salvarla gli restava sconosciuto, pareva che fosse lui solo quello deciso a riportarla in salvo. Lui solo era quello a cui importava, tutto il resto di Storybrooke sembrava tranquillo in quella menzogna e non capiva perché.
Perché David e Mary Margaret erano così riluttanti nell’aiutare Esmeralda? Non erano loro gli eroi di cui tanto si decantava tra i reami? E allora perché ora si tiravano indietro.
Killian non riusciva a capacitarsene.
‘E come intendi fare, Killian? Non c’è modo di fare nulla.’ Replicò David in uno spasmo. I timori dentro di lui accrescevano.
Killian continuava a non intendere quella riluttanza, da dove nascesse e da cosa fosse provocata.
Alzò gli occhi al cielo e sbattè una mano sulla gamba, intento a calmarsi.
‘Come puoi dirlo? Proprio tu… proprio voi che avete subito una maledizione del genere e vi siete ripresi? Come potete sperare che io rinunci a lei con la consapevolezza di chi è e cosa è per me, e viva la mia vita normale come niente fosse? Come potete anche solo pensarlo?’
‘Non pensi che così sia più felice? Non in continuo conflitto o…’
Killian era incredulo.
‘Non siete seri. Non potete esserlo davvero. Io mi rifiuto.’ Disse alzando le mani, dichiarandosi disgustato di fronte a tanta ipocrisia. ‘Voi eroi, fate ciò che volete, ma io non rinuncerò MAI a lei. La proteggerò e la salverò sempre. È ciò che le ho promesso ed è ciò che mantengo. Lei vale più della mia stessa vita per me e non la lascio sola in balia di un uomo malato!’ spolmonò il pirata digrignando i denti e rosso in viso per la rabbia. ‘Voi non immaginate nemmeno di cosa sia capace!’
Casomai sarebbe andato da Belle. Lei era l’unica a cui continuava ad importare qualcosa di Esmeralda, per tutto il resto di Storybrooke… poteva anche bruciare all’inferno senza di lei.
Killian non diede il tempo agli altri di ribattere, attraversò l’uscio e uscì dall’edificio incurante anche del fatto che Emma stesse arrivando.
Aveva altro a cui pensare. Aveva la sua Esmeralda da salvare.
 
Più avanti, oltre il vicolo, un uomo camminava indisturbato ascoltando con un ghigno la sofferenza che arrecava.
Il capitano gli passò davanti senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Non sapeva chi fosse e poi era troppo occupato per dare attenzioni al passante, e già era un punto a suo favore.
Frollo lo osservò bene e impresse dentro la sua mente l’immagine di colui che tratteneva il cuore di Esmeralda. Quindi era lui, dedusse. Lui era il capitano che l’aveva rapita e della quale si era poi innamorata. Lui era colui che nonostante le varie sedute, restava ancora intaccato in lei quasi risiedesse nelle viscere della sua esistenza.
Nonostante avesse sradicato la sua memoria fino a raschiare il fondo in quelle settimane, lui continuava a vivere in lei. Come era possibile? Quel legame non era umano. Frollo iniziò ad invidiare e ad odiare quel rapporto a cui sembrava non saper porre fine.
Quell’uomo era troppo per la zingara e non poteva sopportarlo se la voleva solo sua. Quel pirata era solo un intralcio e lui mai nella vita, prima di arrivare lì, aveva pensato che si fossero riuniti. Certo chi l’aveva condotto sino a lì gliene aveva parlato, ma mai avrebbe pensato a una cosa del genere.
Su di lei aveva fatto e stava facendo tanto: la stava rimodellando, se così si può dire.
Le cose che credeva, le cose vissute erano state spazzate via e rimpiazzate con la sua presenza nella sua memoria. Esmeralda ora ricordava di averlo avuto accanto anche in passato. Ricordava di quando fu Frollo ad accoglierla in casa, quando sua madre l’abbandonò. E ricordava di come lui fosse stato amorevole e premuroso nei suoi confronti.
Certo, l’inizio non era stato facile. Rapire Esmeralda mentre era consapevole di chi fosse era stato un azzardo bello grande, ma era stato l’unico modo per avvicinarla. Se solo l’avesse visto in giro prima avrebbe avvertito di sicuro quel qualcuno e il suo piano sarebbe andato a rotoli, per questo aveva indagato prima, scoprendo i suoi luoghi e i suoi legami.
L’aveva tenuta d’occhio in tutti i suoi movimenti senza che lei se n’è accorgesse o avesse il minimo sospetto.
Non era andato di certo a Storybrooke per villeggiatura, quello no. Lui era lì per lei.
Solo per lei.
Nei secoli la sua visione di amore carnale si era ridimensionato ed era cambiato. Perché desiderare soltanto il suo corpo, quando poteva avere anche la sua anima e soprattutto il suo cuore?
Il cuore era la cosa più sicura da avere, ma anche la più difficile. Richiedeva uno sforzo e un lavoro in più.
Come avrebbe potuto, però, un uomo come lui prendere il suo cuore conoscendo i suoi trascorsi? Per lui, da parte sua, c’era solo odio e la cosa non poteva cambiare dopo secoli. Era alquanto improbabile. L’unico modo che aveva era quello di truccare un po’ il gioco, pensò. Se la zingara avesse dimenticato i suoi trascorsi e qualsiasi altro uomo nella sua vita sarebbe stato più facile per lui introdursi nella sua esistenza e arrivare all’obiettivo. Arrivare al suo cuore. Doveva renderla una tabula rasa.
In quelle due settimane trascorse aveva cercato di instillare in lei una certa devozione e gratitudine, perché l’amore… beh quello non poteva di certo ottenerlo in quel modo, ma era già un buon metodo per spianare il terreno in quella direzione.
Sarebbe bastato un altro po’ di sforzo, un altro po’ di lavoro sulla sua mente e finalmente avrebbe potuto renderla sua.
Arrivare fin lì sarebbe stato più duraturo e più certo, pensò il giudice. Gli avrebbe assicurato sempre un posto fisso senza opposizioni. E per altrettanti secoli Frollo cercò di escogitare un piano che facesse avverare i suoi desideri più reconditi perché nonostante i secoli, e nonostante tutte le donne che gli passavano davanti, Esmeralda continuava ad esercitare il suo maleficio su di lui.
Quella zingara che aveva visto sopravvivere, quella zingara che sapeva fosse fuggita era da sempre la sua più grande rovina. Dov’era? E con chi?
Frollo la cercò disperatamente senza esito alcuno.
Come si era ridotto, pensò più volte. Alla mercé di una strega.
Nel frattempo aveva elaborato i suoi metodi e il suo piano per averla. Tutto era pronto.
Non avrebbe praticato la magia, quello no. Egli l’aveva sempre rifiutata come stile di vita, ma l’alchimia… quella sì. Quella era un arte che se maneggiata e usata per bene riusciva di sicuro ad eguagliarla.
L’aveva imparata nei secoli e non l’aveva mai abbandonata perché sapeva che un giorno gli sarebbe tornata utile.
Le avrebbe causato un amnesia e avrebbe inculcato, attraverso delle pozioni che aveva studiato, in lei nuovi ricordi che sarebbero andati in linea con la sua vita, senza stravolgerla troppo. Doveva pur mantenere il suo temperamento e carattere senza sbarazzarsene completamente. Non avrebbe avuto senso allora.
La zingara sarebbe stata un foglio bianco su cui riscrivere la propria storia, una nuova vita che lo avrebbe incluso.
E se non fosse stato per quel pirata tutto sarebbe filato liscio. Nessuno sforzo supplementare, niente. Esmeralda sarebbe già stata pronta ad aprirgli il suo cuore, senza ulteriore lavoro o sofferenza per lei, perché sì quelle sedute che egli le imponeva non erano di certo semplici: all’inizio aveva dovuto legarla per tenerla ferma. Le pozioni che le somministrava le provocavano forti convulsioni e spasmi incontrollati, e fare tutto ciò contro la sua volontà non era di certo una delle cose più facili. Esmeralda si dimenava e si opponeva a quel trattamento in maniera ripetuta e costante.
'Tu eri MORTO!' Urlava. 'Perché mi fai questo?' Continuava a ripetere tra le lacrime mentre il suo cervello veniva sottratto di ogni cosa. Esmeralda si sgolava, urlava contro quel mostro tutto il suo odio e il suo rancore e il fatto di saperlo vivo e ancora con quella sua ossessione per lei non faceva altro che renderla incredula.
Alla fine ne usciva sempre stremata e stanca e quasi non era più lei. Pareva perdere ogni volta dieci anni di vita. Il tutto la rendeva debole e priva di forze per tutte le ore successive che le toccavano: il più delle volte se ne stava nella stanza a cui era stata designata e reclusa a perdere parti di se. Sembrava quasi di sentirle scivolare mentre fissava il soffitto con sguardo totalmente perso e spento. Ed era una cosa che si ripeteva ogni due giorni. Quell'uomo la stava divorando, smembrandola di ogni parte del suo essere. A poco a poco tutto spari: i suoi fratelli, suo padre, il suo villaggio, la sua radura e ciò che era stato e l’aveva segnata. Poco a poco anche la Jolly Roger divenne un ricordo sbiadito e sepolto che ricordava solo vagamente come quegli occhi color del cielo che ora aveva di fronte a sé e la osservavano con uno sguardo familiare.
'Di nuovo tu. Sei venuto spesso in questi giorni.' Osservò la fanciulla scrutandolo con il suo solito sguardo. Quel vago sentore che non l'abbandonava. 'Non pensi che la Salvatrice possa essere gelosa?' Chiese sistemando alcune gardenie nel proprio vaso.
Come aveva potuto essere così sfacciata? Si domandò non comprendendosi. Osservò il pirata che sembrava alquanto perplesso.
Esmeralda era in totale imbarazzo.
'Io..  Io ti chiedo scusa. Non volevo...'
'Non importa.' Fece lui tranquillo.
'Che fiori posso darti stamattina?' Era la decima mattina di fila che Killian si recava al suo negozio e nonostante ci fossero altre persone disposte a servirlo lui sembrava aspettare solo lei.
La zingara non capiva ma continuava a mantenere un certo riserbo.
'Hai mai visto questo fiore?' Chiese il pirata porgendole un anemone davanti.
'Lavoro in un negozio di fiori, come potrei dirti di no?'
Non parlo qui dentro, ma fuori di qui. Pensi di averlo mai visto?'
Esmeralda ci pensò seriamente poi scosse la testa.
'No, non credo.'
'Cerca in te e trova quel ricordo perché io sono sicuro che un fiore così bello non puoi non averlo mai visto.'
E allora ella si sforzò, si sforzò di compiacerlo. Si sforzò di cercarlo davvero quel fiore nelle sue memorie perché sembrava essere di vitale importanza per lui, ma più si sforzava più si scontrava con l'oscurità del suo buio. Tutto era nebbia, come coperto da uno spesso strato scuro. Esmeralda percepiva che forse qualcosa c'era ma nonostante gli sforzi quello strato non veniva via. Le girò vorticosamente la testa in quello sforzo mentale e quasi cadde a terra. Killian l'afferrò in tutta fretta per le braccia prima che cadesse a terra e la strinse forte a sè come d'istinto.
Una scossa attraversò il corpo di entrambi come un ricordo: un ponte, il rumore del mare e una sensazione di vuoto. Due braccia che l'afferrano e forti la ritirano in un abbraccio solido a cui lei si aggrappa come un ancora.
Cos'era quel ricordo, quella sensazione? Da dove usciva fuori?
'Stai bene?' Chiese il pirata fissandola negli occhi e creando il vuoto intorno a lei. Quegli occhi... Cosa avevano quegli occhi? Qualcosa nella sua testa ronzava ogni volta che si ci perdeva e la pelle che l'aveva sfiorata sembrava voler dire qualcosa. Quasi ribolliva.
'ESMERALDA!' Tuonò una voce incappando in una simile scena e vedendola così persuasa.
La zingara rabbrivi appena incrocio quegli occhi interrompendo quel legame bruscamente. In lei si rinnovò la paura.
'Scusami Frollo. Io non volevo... Torno subito al lavoro.' Lo sguardo di astio di Killian guizzó su di lui come un lampo. Eccolo allora, ecco Frollo.
'Va di là. Ora!' ordinò in modo autoritario.
La ragazza ubbidì sentendosi profondamente in colpa.
‘E’ inutile che ti sforzi di farla rinsavire, capitano. Non ci riuscirai mai.’ E un ghigno beffardo gli attraversò il volto mentre gli si avvicinava.
‘Tu credi?’ Killian strinse i pugni.
‘Ormai la zingara è stata modellata e rieducata. Non sa più nulla di te o del vostro scabroso passato.’ La sua voce fine sfiorava l’arroganza e la saccenza di chi si sente superiore.
Killian scattò in avanti, a pochi centimetri dal suo volto.
‘Esmeralda tornerà da me, tornerà alla sua normalità, che tu lo voglia o no. La libererò dal tuo maleficio costi quel che costi! Non darti per vinto nemmeno per un secondo: sarò un ombra alla costante ricerca del suo essere. Non l’abbandonerò alle tue grinfie. Lotterò per lei.’ Lo sguardo rabbioso e determinato.
La sua determinazione spiazzò per un attimo il giudice. Dentro di lui ardeva quel fuoco, quel fuoco che l’avrebbe spinto ovunque per lei.
La situazione e quel legame era davvero un problema enorme.
‘Tu non capisci capitano, ogni passo che fai verso di lei, ogni ricordo o sensazione che riporti indietro le faranno ancora più male.’
‘Cosa le stai facendo? Cosa vuoi farne di lei?’ Quel ghigno malefico che non l’abbandonava quasi a sottolineare di quanto godesse in quella situazione. ’RISPONDIMI!’ urlò. La gente in negozio si tramortì voltandosi tutta nella loro direzione. Killian non se n’è curò, continuava imperterrito a fissare l’uomo dinanzi a sé con occhi pieni d’odio. Frollo ne risultò del tutto infastidito, specie ora che aveva attirato troppo l’attenzione.
Il giudice si avvicinò ancora di più al pirata con aria di sfida.
‘Voglio renderla mia. Per sempre. E tu, mio caro pirata, non la rivedrai mai più.’
In Killian la rabbia si ridestò più funesta pronto a scagliarsi contro quella meschinità.
   
 
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