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Autore: miss dark    02/03/2009    6 recensioni
Stringo tra le mani i pezzi frantumati di una pallina natalizia. E tu mi diresti che è un peccato averla rotta, ma a me piace sentire il sangue della mano scorrere lungo il braccio.
Aspetto quella lettera senza francobollo che dicesti di avermi inviato anni fa, ma, sai, io non l’ho proprio mai vista.
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora?

 

 

Sono ancora qui.

Seduta sul davanzale a guardare verso il basso, attraverso quel vetro tagliato che un giorno tagliò anche me, per dispetto o per compassione, non me lo disse mai.

Stringo tra le mani i pezzi frantumati di una pallina natalizia. E tu mi diresti che è un peccato averla rotta, ma a me piace sentire il sangue della mano scorrere lungo il braccio.

Sull’asfalto bagnato dalla pioggia vedo riflesse le immagini distorte di un televisore difettoso, gettato da quell’anziana al terzo piano che urla acida contro la poltrona scomoda.

 

C’è un uomo senza faccia seduto su una panchina al fondo della via.

Si rivolge ai fiori sepolti sotto il cemento e canta loro una ninna nanna con parole afone e dal sapore insipido.

 

C’è un bambino senza vita sdraiato vicino a quei fiori addormentati.

Ancora urla al mondo il suo sconcerto con una smorfia distorta dipinta sul volto. Le sue orecchie sanguinanti e assordate dalle bombe attendono disperate il suono della ninna nanna del vecchio.

 

C’è una mamma senza figlio che culla un cane spelacchiato in una culla giocattolo.

Fa segno di tacere a chi tenta di distoglierla dal suo diletto e sorride apprensiva al suo cucciolo.

Gli prepara il latte e poi lo rovescia per terra. Gli offre i biscotti e glieli sbriciola in testa.

 

C’è un leone senza criniera e senza denti, più somigliante ad un gatto che ad un re della foresta.

Si ostina a portare una corona di cartapesta rubata al compleanno di una bambina.

E’ scappato dallo zoo e ora girovaga per le vie senza nome e senza meta di una città sconosciuta e bianca. Legge i cartelli vuoti e annuisce sapiente.

Non sa più ruggire e, per questo, ha deciso di andare a lezioni di canto presso un’insegnante di scuola media. E poi, chissà perché, vuol essere vegetariano. Ha adottato un coniglio e con lui divora le carote dei contadini zoppi.

 

C’è una ballerina vestita di speranze disperate che ha smesso di ballare e che piange lacrime nere. Accarezza una bambola di porcellana a cui, un giorno, hanno staccato la testa, andata perduta in un tombino della periferia.

E’ accompagnata da una batterista candida e posata che preferisce mangiare le rose al posto del cioccolato.

 

Ci sono io, poi, sdraiata su un lampione, intenta ad osservare un mondo al rovescio che è quasi migliore di quello dritto.

Mi sento una calza spaiata e bucata in una lavatrice abbandonata nella discarica. E qui non arriva nemmeno l’odore di ciambelle caramellate cucinate dalle nonne apprensive.

Puoi vedere le mosche danzare verso un cielo tendente al grigio che sbuffa annoiato in attesa della compagnia di una luna rosicchiata dalle stelle gelose.

 

Tu non mi sei ancora venuta a salvare. Te lo ricordi, almeno, che avevi promesso?

Aspetto quella lettera senza francobollo che dicesti di avermi inviato anni fa, ma, sai, io non l’ho proprio mai vista.

Forse è un po’ colpa mia, perché non ho ancora piantato una buca delle lettere in mezzo a questa distesa di vuoto, ma non ho avuto tempo di andare a comprare i chiodi verdi, come piacciono a te.

Però, in compenso, ti voglio regalare quella panca su cui scrivemmo in nero che mai ci saremmo separate.

Adesso, a ripensarci, viene quasi da ridere, ma cosa ci posso fare se, ormai, mi hanno tagliato i fili e io sono caduta così a fondo?

Non riescono a capire che mi hanno soffocata; non riescono a vedere il mio petto viola e scucito. Ma vogliono ancora che balli insieme a loro, proprio come facevo con te, sotto la pioggia scrosciante.

 

E io mi sono anche un po’ stancata di raccontare sempre la stessa storia, con la stessa intonazione allo stesso pubblico di ieri e di domani.

Sono stufa di ricominciare da capo.

Questa nostalgia sa di muffa sotto sale. Brucia sulla lingua tagliata e mi soffoca col suo sapore polveroso.

E dimmi un po’ tu se mi dovevano rubare anche il dolore…

 

 

 

  
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