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Autore: CassandraLeben    02/03/2009    35 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PENULTIMO

Bene, oggi è lunedì e, come promesso, sto postando…
A scuola, avrò 4 compiti in 5 giorni + simulazione di terza prova…        sono leggermente sotto pressione.
So che questo avrebbe dovuto essere l’ultimo cap ma, dato il nuovo POV che ho aggiunto, si è un po’ allungato…
Ci tenevo a mettermi nei panni di questo personaggio. rendeva tutto più chiaro!
Mi veniva da piangere mentre scrivevo!
Volevo dirvi che farò sì finire questa storia “bene” ma che, dopo averla finita (cioè molto presto, 1 o due cap.), aggiungerò un paio di capitoli con il finale originale che è davvero tragico! Li metterò come appendice…
Il finale originale e che è stato concepito prima che inserissi la nascita di Mel e Alec; è davvero triste e toccante… quindi, lo lascerò lì… se vorrete leggerlo, mi farà molto piacere!
Ora vi lascio… devo studiare molto per domani… non so manco da dove cominciare!!!
Grazie a tutte voi che avete letto e/o commentato lo scorso cap e grazie infinite a quelle che stanno leggendo e commenteranno questo!
Spero vi piaccia, nonostante sia un po’ cruento…
Un bacio e un abbraccio a tutte,
                                                     Erika 

Elizabeth’ POV
Correvo, correvo. Gli alberi schizzavano veloci ai miei lati. Le foglie si sollevavano per il vento e i capelli si riempivano di ramoscelli e foglie. Piangevo e sentivo male al petto.
Mi facevano male i piedi. Avevo perso le ciabattine che mi aveva regalato la zia e le mie calze si erano tutte rotte.
Con la mano mi pulii il viso e cercai di togliere il sangue che era colato dal naso. Avevo male ovunque. Continuai a correre nonostante le fitte ai polmoni. Dovevo tossire, mi veniva da vomitare.
Non riuscivo a pensare ad altro se non alla mamma.
L’avevo lasciata lì, da sola. L’avevo abbandonata.
Cercai di non piangere ma non ci riuscii. Inciampai. Cercai di rimettermi in piedi ma mi accorsi che mi tremavano le gambe. Mi appoggiai ad un albero. Avevo la tosse.
Sentivo qualcosa, un fastidio sempre maggiore, allo stomaco. Mi mancava l’aria. Non vedevo niente a causa delle lacrime.
Continuavo a vedere la mamma a terra, quella ragazza che la picchiava. Vedevo il suo sangue, ne sentivo l’odore. Ce lo avevo addosso…
Mi ritrovai in ginocchio a vomitare.
< Mamma… mamma… >

Mentre correvo l’avevo sentita gridare. Gridava fortissimo, molto di più di quando erano nati Mel e Alec. Era un urlo diverso. Disperato.
E io non ero tornata indietro… l’avevo lasciata lì.
Mi rimisi in piedi. C’era un gran vento e avevo freddo. molto freddo. ero uscita dal sentiero e non sapevo più dove mi trovassi. Non ce la facevo più a correre… cominciai a vagare e l’unica cosa che sentivo erano i miei singhiozzi. Da quanto ormai ero sola?
Non riuscivo a smettere di chiamare: < Mamma, mamma. >
Ma la mamma non c’era. Ero sola… mi girò la testa.

Sentii dei rumori.

Ebbi paura che quella ragazza, che al telefono aveva detto a papà che non avrebbe più trovato la mamma e me, avesse portato via la mamma. Avevo paura che ora fosse lì per portare via me.
Ricominciai a correre. A piangere. < Papà, papà. Mamma! >
I suoni si fecero più vicini. Ricordo che corsi ancora più veloce, senza fiato. Inciampai. Mi rimisi in piedi e ricominciai a correre. Ma non fui abbastanza veloce.
Sentivo il mio cuore battere furioso. Pensavo che sarebbe scappato dal mio petto. Ci posai le mani sopra. Sentivo il volto bagnato. Dovevo soffiarmi il naso, smettere di piangere. Non riuscivo a pensare. < Mamma. Mamma. >

I passi erano sempre più vicini. Troppo.

Capii che mi avrebbe presa. E avrei sofferto. Mi avrebbe picchiata. Non ancora, ma presto. < Mamma, mamma. >
Eccoli, proprio dietro di me. Qualcuno mi bloccò, afferrandomi le spalle. Cercai di divincolarmi ma fu tutto inutile. Non vedevo niente. I miei occhi offuscati dalle lacrime. Gridai: < Lasciami, LASCIAMI!!! Lasciami! > Le braccia gelide mi tennero ferma, immobilizzandomi. Le mie suppliche furono inutili. Aspettai il dolore. Lo aspettai contratta, rannicchiata su me stessa. Lo aspettai ma non arrivò.
Tra i miei singhiozzi e i miei strilli mi accorsi di una voce familiare che tentava di calmarmi. Qualcuno mi stringeva dolcemente tra le braccia, impedendomi però di muovermi.

< Liz, Liz… ti prego, sta calma. Respira. Tranquilla… sta tranquilla. Sei al sicuro. Sei al sicuro. > 

Riconobbi la voce e mi venne da piangere ma non più per la paura. mi sentii protetta. Cercai di dire: < Nonna? > Tentai di pulirmi gli occhi con i palmi delle mani ma lei mi afferrò i polsi con delicatezza. Mi baciò la guancia. < Sht, sht… non piangere amore. Non piangere. Ci sono qui io… Alice… > < Resto qui. Non è sicuro muoversi da sole. Andiamo all’auto. Carlisle non può più aspettare. > < Zia? > < Sì tesoro, sì. Siamo qui. > Mi accarezzò i capelli e mi pulì il viso con la manica del suo vestito. < Non avere paura. nessuno ti farà più del male. >
Cercai di annuire ma scoprii di essere immobilizzata. Tremavo dalla testa ai piedi. < Liz, adesso dobbiamo andare. Dobbiamo correre. Tieniti stretta e chiudi gli occhi. >

Obbedii e mi strinsi alla nonna. Le mani della zia mi tenevano le mie. 

Bella’s POV
Jane era accovacciata al mio fianco. Mi stava studiando. La vedevo attraverso il sangue che mi era colato sul volto. Mi girava la testa e sentivo le forze venirmi meno. < Allora, ti piace? > mi chiese prendendomi la mano e stringendomela con forza. Non riuscii a trattenermi dal gridare. Sentii il suono delle ossa della mano rompersi. La lasciò andare e la mia mano cadde a terra come un peso morto. Rantolai.  A stento riuscivo a muovere le dita. Mi sforzavo di non darle la soddisfazione di piangere ma non sapevo per quanto ci sarei riuscita. La intravidi alzarsi in piedi e girarmi intorno, squadrandomi. Mi arrivò un calcio sui reni. Tossii e urlai. Sentii il sangue salirmi in bocca.

Cercai di rannicchiarmi su me stessa ma lei me lo impedì. Mi tirò altri calci, ovunque. Sentivo le mie ossa rompersi sotto i suoi colpi. Cercavo di proteggere il volto con le braccia ma a stento riuscivo a muoverle…

Respiravo a fatica, ormai immobile, quando lei mi sussurrò all’orecchio: < Sai, non ti ucciderò di botte. Ho in mente un modo migliore per porre fine a questa tua miserabile vita. Inizialmente pensavo di toglierti quello che tu hai tolto a me. Ma uccidere te era più semplice e più appagante che uccidere Edward. Perché io so che è solo a causa tua se Aro è morto. Mi hai rubato la mia famiglia!  > e prima di parlare mi alzò la testa tenendomi per i capelli < Tu, tu! Me lo hai rubato. Ha preferito te a me. Aro voleva il tuo corpo. Non gli andava più bene il mio. E mio fratello… era così ossessionato da te. Non voleva che ti facessero del male. pazzi! > e mi lasciò cadere di nuovo, dopo avermi tirato un pugno sulla tempia. Altro sangue, altro dolore. Sentii Edward nella mia mente: < Bella, ti prego, resisti. Resisti! Aspettami! Non arrenderti! >

Lei infierì ancora su di me prima di continuare a parlare. Riuscivo a cogliere solo parte di quello che mi diceva…
< Lascerò che ti trovi …… … Voglio che sia Edward a vederti morire. Voglio che ti veda e soffra capendo di non poterti salvare. Perché non potrà fare niente, nemmeno tentare di trasformarti. Il tuo cuore non potrà resistere tanto a lungo. >
Mi tirò un altro calcio e mi obbligò a mettermi in ginocchio. Dovette sorreggermi lei. Io non riuscivo nemmeno a muovere le labbra. Vidi la pozza di sangue ai miei piedi e tremai. All’orecchio mi sussurrò: < E mentre sarà impegnato nel disperato tentativo di salvarti, andrò a cercare tua figlia, sola nel bosco. Povera piccola. Non so, la uccido o la mordo? Cosa mi consigli? >mi sorrise maligna. Mi sforzai di parlare. Mi uscii un sussurrò smorzato: < No, ti prego. No. Lei non centra niente. >
< Sai, a giudicare dall’aspetto, dovrebbe avere sui tre anni e mezzo, quattro… anche se credo che di testa sia più grande. 
Eri già incinta quando sei arrivata a Volterra… > La sua era una semplice constatazione. Mi tirò uno schiaffo e sentii un dente rompersi. Intravidi i suoi occhi nerissimi. Chiusi i miei. Non riuscivo a pensare a niente. Vedevo solo le immagini dei miei figli, di Edward. Capii con impressionante freddezza le visioni di Alice. I miei figli sarebbero cresciuti senza di me. Non reagii.
Era sempre stato così. Non avrei potuto cambiare il mio destino… e il mio destino era morire per mano di Jane.  In quel momento di delirio mi venne in mente un nome che non riuscii a ricollegare a nessun fatto preciso. Camilla… mi venne in mente e mi colpì come una secchiata di acqua gelida. Alla fine, i nostri destini non sarebbero stati molto diversi…

Jane, sempre tenendomi per i capelli, mi disse sprezzante: < Sapevo, ero certa che non ti avesse ancora morso. Ne ho avuto conferma seguendo il tuo amico cane e parlando con Alec, qualche mese fa… Sai, era da tempo che stavo organizzando tutto ma Edward non ti lasciava mai sola. Fortuna che oggi sono riuscita ad attirarlo a Gibson con l’inganno… che Rosalie ed Emmett siano via. Ho DOVUTO cogliere l’occasione, capisci? Quando mi si sarebbe ripresentata se no? Alice e Jasper a caccia, Esme e Carlsile in città… era da tempo che cercavo una serie di circostanze così favorevoli per il mio piano. > mentre parlava, lo sguardo che aveva era da pazza.  < quando è stato il momento, è stato facile allontanare la compagna del vostro capo da lui. E, sentendosi seguita, lei ha preferito non tornare da Carlsile per evitare che scoprissimo dove fosse lui e i tuoi figli. Non sapeva che noi già sapevamo.
Si era accorta di essere seguita e ascoltata e per questo ha spento il cellulare, per evitare che la chiamassero e noi scoprissimo qualcosa di utile. Povera sciocca.
E naturalmente Carlisle, pensando che fosse successo qualcosa alla sua compagna, ha chiamato ad aiutarlo Edward… è per questo che ti ha lasciato sola. Tutto questo è stato possibile grazie a un mio caro amico che si è offerto di aiutarmi. Ricordi Georgy?
Sono in tanti, a Volterra, a nutrire risentimento nei tuoi confronti… Nessuno quanto me però…
tu, piccola stronzetta, mi hai rovinato la vita. > e così dicendo mi sputò in faccia, riversandomi tutto il suo odio addosso. Il tono dell’ultima frase era terribilmente sprezzante e schifato.
< Ti lascerò morire qui, in mezzo al tuo stesso sangue e alla tua stessa saliva. > e mi tirò un calciò nello stomaco. Vomitai. Bile… < Ti lascerò qui a morire dissanguata perché non meriti nemmeno di poter crepare in fretta. >
Mi tirò ancora più su, stringendo più forte la presa sui miei capelli. Ormai non vedevo più nulla. Sentivo solo dolore, ovunque. Terribile, immenso. Mi sembrava di soffocare. Ogni respiro mi provocava fitte al torace. Spasimi involontari…
<
Bella, non farlo! Non lasciarmi! Resta con me! > Mi gridò Edward, furioso e disperato. Mi venne da piangere pensando a quanto avrebbe sofferto per la mia morte.
Speravo solo non compisse qualche gesto sconsiderato. Doveva pensare ai nostri bambini… non poteva farmi questo.

Poi, improvvisamente, qualcosa di freddo e appuntito mi sfiorò il collo. La mano di Jane si era spostata dai capelli ad esso.
E poi arrivò, il suono della pelle lacerata giunse persino prima del dolore. I suoi denti mi recisero le vene. La sentii succhiare piano, gustandosi il sapore del mio sangue. Mi teneva il capo reclinato per avere libero accesso al mio collo.
Ero così debole da sperare solo che la fame avesse il sopravvento e che mi uccidesse in fretta. Non potevo più sopportare. Dopo quelle che mi parvero ore, separò i suoi denti affilati dal mio corpo e mi lasciò cadere all’indietro, riversa sul terreno reso rosso dal mio sangue. Mi afferrò il braccio sinistro. Estrasse un piccolo coltellino dalla tasca, lo aprì e poi, facendosi beffe di me, disse: < Così ti rinfresco un po’ la memoria. > e poi ripercorse con la lama affilata le cicatrici dei tagli.
Quando ebbe terminato si alzò con grazia. La vidi nonostante il sangue che mi incrostava gli occhi.
Si poggiò la mano sulle labbra e se leccò avida prima di salutarmi con la mano. Fece alcuni passi e poi tornò indietro, come se si fosse ricordata di una cosa importante. < Bella, mi raccomando, salutami Alec, quando sarai all’inferno. Con lui non ho potuto divertirmi come con te. Ma, in fondo, tu sei una debole umana. È stato fin troppo semplice. Non hai nemmeno opposto resistenza. >

Mi diede un ultimo sprezzante calcio e poi si avviò verso il bosco. Con mio sollievo nella direzione opposta a quella presa da Liz. Mi stupii di riuscire ancora a provare qualcosa come il sollievo. Ma forse, persino in punto di morte, l’amore per i figli supera quello per se stessi.  
Distrutta, chiusi gli occhi. Era inutile continuare a combattere. Il dolore era troppo. Resistere era impossibile. Il buio e il torpore erano così invitanti.

Mi abbandonai a loro mentre anche le ultime forze mi abbandonavano. < Bella! Bella! Ti prego, resta sveglia! > Nemmeno la voce di Edward che mi gridava nella testa riuscii a convincermi a cercare di restare vigile. Non avevo potuto fare niente per proteggermi da Jane. Lei diceva che non avevo opposto resistenza. Non era vero. Ma era stato come se un filo d’erba avesse combattuto contro un albero. Inutile…
cercai di piangere ma non ci riuscii. Mi resi conto di avere il naso rotto. E sicuramente non era l’unica parte del mio corpo ad esserlo. Ogni centimetro pareva rivendicare la sua esistenza tramite il dolore. Ovunque. Soffrivo. Non riuscivo più a respirare… a pensare.
Percepivo il sangue fluire lentamente, allontanarsi da me.
Era caldo… e io avevo così freddo… il vento non aveva pietà di me mentre io, inerme, annaspavo. Con un grandissimo sforzo cercai di rannicchiarmi. Ogni movimento era
come cento pugnalate. Emisi un urlo strozzato. Riuscii a mala pena ad avvicinare un braccio al petto, girandomi di lato.
Sarei morta lì, nel giardino di casa mia, dove ero stata tanto felice.
I miei sogni infranti, distrutti. Il mio futuro rubato. La possibilità di vedere i miei figli crescere svanita. Il dolore più grande al pensiero di abbandonarli, di lasciare Edward…
Sarei morta lì, a pochi metri da dove io ed Edward avevamo festeggiato il nostro primo anniversario di nozze, a pochi metri da dove Liz giocava con Emmett.

A pochi metri dal mio piccolo mondo sicuro. Sarei morta e lo avrei fatto sola. Forse era meglio se Edward non vedeva…

Scoprii di stare singhiozzando perché, ad ogni singulto il mio corpo reagiva con una sferzata di dolore. Uno spasmo dopo l’altro.
Sentii in lontananza delle grida e dei ringhi…
Il mio cuore si spezzò.
Aveva trovato Liz…non riuscii nemmeno a piangere, tanto ero debole. Il dolore che però provai all’idea della morte della mia bambina fu così atroce che cancello gli altri per alcuni istanti, lasciandomi intontita.
Le ferite al braccio erano superficiali ma dal collo scorreva sempre più sangue.
Ripetevo come una scema: < Edward, Liz…  Edward… Liz, Edward…
Quando ormai anche i dolori si attutirono, mi abbandonai completamente al terreno conscia che la perdita di conoscenza era il preludio alla morte. Rassegnata, mi lasciai cullare dalla voce disperata del mio amore… <
Bella! Bella! Svegliati! Svegliati! >
Sorrisi, pronta ad accogliere la morte che mi avrebbe salvato da quel mare di dolore…
Ero felice di andarmene con la voce di Edward nella mia mente…

< Ti prego, Bella, non puoi lasciarmi… > Il vento freddo mi sferzava il volto.
Mi spostava i capelli impiastricciati di sangue. Mi accarezzava la pelle tumefatta.
< Bella? Bella? Riesci a sentirmi? >
< Ha perso troppo sangue. Edward bisogna agire subito, sempre che non sia troppo tardi. >
Un ringhio di dolore. Mi stupii rendendomi conto che le voci venivano da oltre il mio corpo…
Erano delle dita quelle che mi accarezzavano?
< Edward, dobbiamo fare in fretta. > Qualcuno mi teneva premuta la mano sul collo.
< Da quanto sarà incosciente? >
< Non più di due minuti… prima riuscivo a sentirla chiamarmi. Bella? Bella? Carlsile, sta morendo! > 
Era Edward, ed era disperato. Non lo avevo mai sentito in quello stato.
Mi sforzai, mi imposi di aprire gli occhi. Riuscii a malapena a socchiudere le palpebre. Un’altra ondata di dolore mentre tutti i muscoli si contraevano.
Ci fu silenzio per un secondo poi Edward sussultò, nel momento in cui gemetti cercando di alzare il braccio. Bisbigliò in un misto tra sollievo e disperazione: < Bella, Bella, amore mio, non temere, adesso ti aiuteremo. Sta tranquilla. Carlisle ti curerà. Non avere paura. > Io non ne avevo, lui sì invece…
Dalle labbra spaccate riuscii a dire: < Liz? > La mia lingua sfiorò alcuni denti spezzati…
Edward sorrise ma non rispose. Probabilmente non era riuscito a capire cosa avessi detto. era solo felice di sentirmi parlare. Mi poggiò il palmo della mano sulla guancia, protettivo. Se avesse potuto, avrebbe pianto.  
Le sue mani erano sporche di sangue, il mio. 
Mi sentivo talmente debole che anche solo tenere gli occhi socchiusi mi risultava una fatica immane. Lasciai che si chiudessero. Sentii Edward sussultare di terrore. < Bella, ti prego, non addormentarti. Guardami. Parlami… non smettere di parlarmi. >
Carlisle disse: < Edward, l’emorragia non si ferma. Sta morendo dissanguata. Le ferite sono troppo gravi. > Era distrutto.
Edward ringhiò. < No! NO! NO!! Devi trovare un modo. > mi prese dolcemente la mano ancora “sana” nella sua. < Non posso accettarlo! Dobbiamo provare, dobbiamo salvarla! >
< Edward, non so cosa fare! Non so come farlo! Non c’è abbastanza sangue… anche se le iniettassi il veleno, non potrebbe farcela… mi dispiace, mi dispiace. Mi dispiace… > Era frustrato, addolorato.  La sua mano destra non si mosse dal mio collo ma la sinistra cominciò ad accarezzarmi il capo.
< NO! NO! > Quel grido disperato di Edward mi colpì talmente in profondità da darmi la forza di stringere la mia mano intorno alla sua. La stretta fu talmente lieve che a stento se ne accorse. Subito mi disse: < Bella,amore, va tutto bene, non preoccuparti. Si sistemerà tutto. Ti salverò. Te lo prometto. Non ti permetterò di andartene.  >

Qualcuno mi prese in braccio, con estrema cautela. Un’altra voce disse: < Sicuro che possiamo spostarla? >
Gli rispose Carlisle: < Jaz, se la lasciamo qui, ci lascerà entro pochi minuti… magari riusciamo a… > ma lasciò la frase in sospeso. Sentii di nuovo la voce di Edward vicino al mio orecchio: < Bella, amore, non preoccuparti. Ci sono io qui con te. >
Ci stavamo muovendo molto velocemente. Avevo freddo.
< Jasper, Vai a prendere la mia roba. Prendi della morfina, tanta, e sgombera il mio tavolo nello studio. >
Mentre ondeggiavo, socchiusi ancora le palpebre. Ero tra le braccia di Edward. Le mani di Carlisle strette delicatamente sul mio collo per tamponare le ferite. Cercò di sorridermi. A stento riuscì a collegare il suo volto ad un nome. Passammo velocissimi davanti alla vetrata. Vidi riflesso Edward e, tra le sue braccia, un corpo, grondante un liquido rosso. Il volto tumefatto, una maschera di sangue. Il braccio destro penzolava inerme, rotto, così come la gamba sinistra.

Gemetti quando realizzai che quel corpo martoriato ero io. Edward mi strinse delicatamente. Poi tutto si fece definitivamente buio.
Un buio talmente profondo da non avere una fine…
 

Elizabeth
Alla fine ci fermammo… Ero aggrappata alla nonna. Mi ci tenevo così stretta che a fatica riuscì a liberarsi dalla mia presa. < Liz, tesoro, sei al sicuro. Non piangere… amore mio… >
Mi baciò la fronte. < Esme, passala a me, occupati dei gemelli. >
Le braccia della zia mi strinsero forte e lei mi carezzò i capelli. Socchiusi gli occhi e scoprii di essere in un posto dove non ero mai stata. Tremavo talmente tanto che mi battevano i denti. Alice si tolse il maglione, rimanendo in camicetta, e me lo mise addosso. Mi sorrise e disse: < Tanto io non ho freddo. >

Mi accoccolai tra le sue braccia e, senza smettere di singhiozzare, mi osservai intorno. Vidi la macchina del nonno. Ci stavamo avvicinando ai gemellini. Li sentivo piangere.
Sentii, in lontananza, il nonno correre verso casa. Riconoscevo i suoi passi…
Nello spiazzo c’era l’odore suo e del papà ma quello del nonno era un po’ più forte. Era rimasto per aspettarci?
La zia aprì la portiera posteriore e mi ci fece scivolare dentro. Faceva un bel caldo e sedili erano morbidi. Quando fece per separarsi da me, strillai e mi aggrappai alla sua manica. < NO! Non lasciarmi! Non lasciarmi ti prego! >
Mi sorrise dolcissima e si chinò su di me. Mi prese in braccio ed entrò nella macchina, facendomi sedere sulle ginocchia. La nonna, davanti, stava dando a Mel il biberon. Mi venne il mal di stomaco.
Era la mamma che allattava Mel e Alec… lei non usava mai il biberon... 
< Sht, sht, non fare così… > Guardai la zia e mi accorsi che parlava con me. Era la mia la voce che continuava a ripetere “Mamma”
Deglutii e sussurrai: < La mamma… dov’è la mamma? Voglio la mamma! Papà! >
< Liz, ascoltami… io lo so che quello che è successo è terribile però, ti prego, devi cercare di essere una bambina coraggiosa. Non devi piangere… si sistemerà tutto. >
< Ho abbandonato la mamma! Non sono coraggiosa. Sono una bambina cattiva! E adesso la mamma sta male… per colpa mia… > < No, non dirlo nemmeno per scherzo. Non è colpa tua. Tu hai fatto come voleva tua mamma. Sei stata una brava bambina obbediente e sono sicura che Bella è stata molto contenta di te. > Ebbe un fremito ed abbassò gli occhi. La nonna le chiese sottovoce: < Alice? > < Niente… è arrivato anche Carlisle… >. La nonna chiese con voce smorzata < Bella? >.
La zia scosse mestamente la testa ad occhi chiusi. Il respiro le uscì come un rantolo di dolore e la nonna strinse Mel al petto, un espressione tristissima sul volto. La zia si coprì gli occhi con la mano.
Mi resi conto di cosa significasse quel gesto. Lo avevo visto fare in un film. La protagonista trovava il suo fidanzato-eroe a terra, che non respirava, e aveva fatto la stessa cosa prima di cominciare a piangere. La mamma mi aveva detto che lei era triste perché il suo fidanzato non sarebbe tornato da lei. Io le avevo detto: “Ma mamma, lui è li davanti! Basta che lo svegli…”
Mamma mi aveva stretto a sé e sussurrato: “Liz, ci sono volte in cui non ci si può svegliare… > e poi aveva spento la tv. Quella sera litigò con il papà
perché secondo lui non avrei dovuto vedere quel film. Mamma gli aveva risposto tranquilla: “La morte è una realtà. Solo perché non ne verrete toccati, non è giusto che lei non se ne renda conto.”  Lui si era arrabbiato ancora di più, l’aveva presa per i polsi e poi l’aveva abbracciata forte, nonostante il pancione, dicendole che in casa nostra nessuno sarebbe stato toccato dalla morte.
Morte… la mamma non si sarebbe svegliata mai più… non sarebbe mai tornata da me. Non mi avrebbe mai più abbracciato, coccolato. Non mi avrebbe mai più cantato la ninnananna. Anche se era stonata, a me piaceva tanto lo stesso…
Mamma… mamma. No, mamma…

Ancora oggi, ad anni di distanza, ricordo quei momenti con estremo dolore.

Quasi impazzii. Cominciai ad urlare svegliando Alec… tiravo pugni alla zia. Sentii un dito, il mignolo, fare crack ma non me ne importava. Mi dimenticai del male al petto, della tosse, del freddo. Piangevo. Continuavo a gridare: < No, No! Mamma! Mamma! > Anche Alec e Mel cominciarono a frignare, spaventati dalle mie grida.
La zia, sconvolta, mi afferrò i polsi e cercò di calmarmi con la sua voce ma io non l’ascoltavo. Non potevo. Sentivo l’odore del sangue della mamma addosso. La vedevo a terra, mentre quella la picchiava…  < Liz, non fare così.Ti prego, calmati… >

Mi sentii male. ma non era come quando ero caduta e mi ero rotta il braccio, o come quando quella ragazza mi aveva picchiata… no, era un male strano, terribile, che mi nasceva nel cuore e che sembrava farmelo a pezzi. Per la prima volta, capii che la vita per come la conoscevo io era ormai finita.

Grazie per la pazienza che dimostrate… avrei potuto togliere il POV di Liz e fare finire la storia condensando tutto in questo ma sarebbe stato tutto troppo confuso… e poi, Liz meritava un po’ spazio anche per sé!
Penso che i suoi pensieri abbiano reso più “reale” il tutto.
Scusate si vi faccio aspettare ma prima di sabato non credo di riuscire a postare… sono davvero sommersa di compiti e lavoro…
Grazie a tutte,
Non vi deluderò! abbiate fiducia!
Chiedo scusa se vi faccio aspettare così tanto per farvi sapere come va a finire!
Un bacione!!!

Erika


  
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