Bene, oggi è
lunedì e, come promesso, sto postando…
A scuola, avrò 4 compiti in 5 giorni + simulazione di terza
prova…
sono leggermente sotto
pressione.
So che questo avrebbe dovuto essere l’ultimo cap ma, dato il
nuovo POV che ho aggiunto, si è un po’
allungato…
Ci tenevo a mettermi nei panni di questo personaggio. rendeva tutto
più chiaro!
Mi veniva da piangere mentre scrivevo!
Volevo dirvi che farò sì finire questa storia
“bene” ma che,
dopo averla finita (cioè molto presto, 1 o due cap.),
aggiungerò un paio di capitoli con il finale originale che
è davvero tragico! Li metterò come
appendice…
Il finale originale e che è stato concepito prima che
inserissi
la nascita di Mel e Alec; è davvero triste e
toccante…
quindi, lo
lascerò lì… se vorrete leggerlo, mi
farà
molto piacere!
Ora vi lascio… devo studiare molto per domani…
non so manco
da dove cominciare!!!
Grazie a tutte voi che avete letto e/o commentato lo scorso
cap e grazie infinite a quelle che stanno leggendo e commenteranno
questo!
Spero vi piaccia, nonostante sia un po’ cruento…
Un bacio e un abbraccio a tutte,
Erika
Elizabeth’ POV
Correvo,
correvo. Gli alberi schizzavano veloci ai miei lati. Le foglie si
sollevavano
per il vento e i capelli si riempivano di ramoscelli e foglie. Piangevo
e
sentivo male al petto.
Mi
facevano male i piedi. Avevo perso le ciabattine che mi aveva regalato
la zia e
le mie calze si erano tutte rotte.
Con
la mano mi pulii il viso e cercai di togliere il sangue che era colato
dal
naso. Avevo male ovunque. Continuai a correre nonostante le fitte ai
polmoni.
Dovevo tossire, mi veniva da vomitare.
Non
riuscivo a pensare ad altro se non alla mamma.
L’avevo
lasciata lì, da sola. L’avevo abbandonata.
Cercai
di non piangere ma non ci riuscii. Inciampai. Cercai di rimettermi in
piedi ma
mi accorsi che mi tremavano le gambe. Mi appoggiai ad un albero. Avevo
la
tosse.
Sentivo
qualcosa, un fastidio sempre maggiore, allo stomaco. Mi mancava
l’aria. Non
vedevo niente a causa delle lacrime.
Continuavo
a vedere la mamma a terra, quella ragazza che la picchiava. Vedevo il
suo
sangue, ne sentivo l’odore. Ce lo avevo addosso…
Mi
ritrovai in ginocchio a vomitare.
<
Mamma… mamma… >
Mentre
correvo l’avevo sentita gridare. Gridava fortissimo, molto di
più di quando
erano nati Mel e Alec. Era un urlo diverso. Disperato.
E
io non ero tornata indietro… l’avevo lasciata
lì.
Mi
rimisi in piedi. C’era un gran vento e avevo freddo. molto
freddo. ero uscita
dal sentiero e non sapevo più dove mi trovassi. Non ce la
facevo più a correre…
cominciai a vagare e l’unica cosa che sentivo erano i miei
singhiozzi. Da
quanto ormai ero sola?
Non
riuscivo a smettere di chiamare: < Mamma, mamma. >
Ma
la mamma non c’era. Ero sola… mi girò
la testa.
Sentii
dei rumori.
Ebbi
paura che quella ragazza, che al telefono aveva detto a papà
che non avrebbe
più trovato la mamma e me, avesse portato via la mamma.
Avevo paura che ora
fosse lì per portare via me.
Ricominciai
a correre. A piangere. < Papà, papà.
Mamma! >
I
suoni si fecero più vicini. Ricordo che corsi ancora
più veloce, senza fiato.
Inciampai. Mi rimisi in piedi e ricominciai a correre. Ma non fui
abbastanza
veloce.
Sentivo
il mio cuore battere furioso. Pensavo che sarebbe scappato dal mio
petto. Ci
posai le mani sopra. Sentivo il volto bagnato. Dovevo soffiarmi il
naso,
smettere di piangere. Non riuscivo a pensare. < Mamma. Mamma.
>
I
passi erano sempre più vicini. Troppo.
Capii
che mi avrebbe presa. E avrei sofferto. Mi avrebbe picchiata. Non
ancora, ma
presto. < Mamma, mamma. >
Eccoli,
proprio dietro di me. Qualcuno mi bloccò, afferrandomi le
spalle. Cercai di
divincolarmi ma fu tutto inutile. Non vedevo niente. I miei occhi
offuscati
dalle lacrime. Gridai: < Lasciami, LASCIAMI!!! Lasciami!
> Le braccia
gelide mi tennero ferma, immobilizzandomi. Le mie suppliche furono
inutili.
Aspettai il dolore. Lo aspettai contratta, rannicchiata su me stessa.
Lo
aspettai ma non arrivò.
Tra
i miei singhiozzi e i miei strilli mi accorsi di una voce familiare che
tentava
di calmarmi. Qualcuno mi stringeva dolcemente tra le braccia,
impedendomi però
di muovermi.
<
Liz, Liz… ti prego, sta calma. Respira.
Tranquilla… sta tranquilla. Sei al
sicuro. Sei al sicuro. >
Riconobbi
la voce e mi venne da piangere ma non più per la paura. mi
sentii protetta. Cercai
di dire: < Nonna? > Tentai di pulirmi gli occhi con i
palmi delle mani ma
lei mi afferrò i polsi con delicatezza. Mi baciò
la guancia. < Sht, sht… non
piangere amore. Non piangere. Ci sono qui io…
Alice… > < Resto qui. Non è
sicuro muoversi da sole. Andiamo all’auto. Carlisle non
può più aspettare. >
< Zia? > < Sì tesoro, sì.
Siamo qui. > Mi accarezzò i capelli e mi
pulì il viso con la manica del suo vestito. < Non
avere paura. nessuno ti
farà più del male. >
Cercai
di annuire ma scoprii di essere immobilizzata. Tremavo dalla testa ai
piedi.
< Liz, adesso dobbiamo andare. Dobbiamo correre. Tieniti stretta
e chiudi
gli occhi. >
Obbedii
e mi strinsi alla nonna. Le mani della zia mi tenevano le mie.
Bella’s POV
Jane
era accovacciata al mio fianco. Mi stava
studiando. La vedevo attraverso il sangue che mi era colato sul volto.
Mi
girava la testa e sentivo le forze venirmi meno. < Allora, ti
piace? > mi
chiese prendendomi la mano e stringendomela con forza. Non riuscii a
trattenermi dal gridare. Sentii il suono delle ossa della mano
rompersi. La
lasciò andare e la mia mano cadde a terra come un peso
morto. Rantolai. A
stento riuscivo a muovere le dita. Mi
sforzavo di non darle la soddisfazione di piangere ma non sapevo per
quanto ci
sarei riuscita. La intravidi alzarsi in piedi e girarmi intorno,
squadrandomi.
Mi arrivò un calcio sui reni. Tossii e urlai. Sentii il
sangue salirmi in
bocca.
Cercai di rannicchiarmi su me
stessa ma lei me lo
impedì. Mi tirò altri calci, ovunque. Sentivo le
mie ossa rompersi sotto i suoi
colpi. Cercavo di proteggere il volto con le braccia ma a stento
riuscivo a
muoverle…
Respiravo a fatica, ormai
immobile, quando lei mi
sussurrò all’orecchio: < Sai, non ti
ucciderò di botte. Ho in mente un modo
migliore per porre fine a questa tua miserabile vita. Inizialmente
pensavo di
toglierti quello che tu hai tolto a me. Ma uccidere te era
più semplice e più
appagante che uccidere Edward. Perché io so che è
solo a causa tua se Aro è
morto. Mi hai rubato la mia famiglia! >
e prima di parlare mi alzò la testa
tenendomi per i capelli < Tu, tu! Me lo hai rubato. Ha preferito
te a me.
Aro voleva il tuo corpo. Non gli andava più bene il mio. E
mio fratello… era
così ossessionato da te. Non voleva che ti facessero del
male. pazzi! > e mi
lasciò cadere di nuovo, dopo avermi tirato un pugno sulla
tempia. Altro sangue,
altro dolore. Sentii Edward nella mia mente: < Bella, ti prego,
resisti. Resisti! Aspettami! Non arrenderti! >
Lei infierì ancora su
di me prima di continuare a
parlare. Riuscivo a cogliere solo parte di quello che mi
diceva…
< Lascerò che ti trovi ……
… Voglio che sia Edward a
vederti morire. Voglio che ti veda e soffra capendo di non poterti
salvare.
Perché non potrà fare niente, nemmeno tentare di
trasformarti. Il tuo cuore non
potrà resistere tanto a lungo. >
Mi tirò un altro calcio e mi obbligò a mettermi
in
ginocchio. Dovette sorreggermi lei. Io non riuscivo nemmeno a muovere
le
labbra. Vidi la pozza di sangue ai miei piedi e tremai.
All’orecchio mi
sussurrò: < E mentre sarà impegnato nel
disperato tentativo di salvarti,
andrò a cercare tua figlia, sola nel bosco. Povera piccola.
Non so, la uccido o
la mordo? Cosa mi consigli? >mi sorrise maligna. Mi sforzai di
parlare. Mi
uscii un sussurrò smorzato: < No, ti prego. No. Lei
non centra niente. >
< Sai, a giudicare dall’aspetto, dovrebbe avere sui
tre anni e mezzo, quattro… anche se credo che di testa sia
più grande.
Eri già
incinta quando sei arrivata a Volterra… > La sua era
una semplice
constatazione. Mi tirò uno schiaffo e sentii un dente
rompersi. Intravidi i
suoi occhi nerissimi. Chiusi i miei. Non riuscivo a pensare a niente.
Vedevo
solo le immagini dei miei figli, di Edward. Capii con impressionante
freddezza
le visioni di Alice. I miei figli sarebbero cresciuti senza di me. Non
reagii.
Era sempre stato così. Non avrei potuto cambiare il
mio destino… e il mio destino era morire per mano di Jane. In quel momento di delirio
mi venne in mente
un nome che non riuscii a ricollegare a nessun fatto preciso.
Camilla… mi venne
in mente e mi colpì come una secchiata di acqua gelida. Alla
fine, i nostri
destini non sarebbero stati molto diversi…
Jane, sempre tenendomi per i
capelli, mi disse
sprezzante: < Sapevo, ero certa che non ti avesse ancora morso.
Ne ho avuto
conferma seguendo il tuo amico cane e parlando con Alec, qualche mese
fa… Sai,
era da tempo che stavo organizzando tutto ma Edward non ti lasciava mai
sola.
Fortuna che oggi sono riuscita ad attirarlo a Gibson con
l’inganno… che Rosalie
ed Emmett siano via. Ho DOVUTO cogliere l’occasione, capisci?
Quando mi si
sarebbe ripresentata se no? Alice e Jasper a caccia, Esme e Carlsile in
città…
era da tempo che cercavo una serie di circostanze così
favorevoli per il mio
piano. > mentre parlava, lo sguardo che aveva era da pazza. < quando
è stato il momento, è stato
facile allontanare la compagna del vostro capo da lui. E, sentendosi
seguita,
lei ha preferito non tornare da Carlsile per evitare che scoprissimo
dove fosse
lui e i tuoi figli. Non sapeva che noi già sapevamo.
Si era accorta di essere seguita e ascoltata e per
questo ha spento il cellulare, per evitare che la chiamassero e noi
scoprissimo
qualcosa di utile. Povera sciocca.
E naturalmente Carlisle, pensando che fosse successo
qualcosa alla sua compagna, ha chiamato ad aiutarlo Edward…
è per questo che ti
ha lasciato sola. Tutto questo è stato possibile grazie a un
mio caro amico che
si è offerto di aiutarmi. Ricordi Georgy?
Sono in tanti, a Volterra, a nutrire risentimento nei
tuoi confronti… Nessuno quanto me però…
tu, piccola stronzetta, mi hai rovinato la vita. >
e così dicendo mi sputò in faccia, riversandomi
tutto il suo odio addosso. Il
tono dell’ultima frase era terribilmente sprezzante e
schifato.
< Ti lascerò morire qui, in mezzo al tuo stesso
sangue e alla tua stessa saliva. > e mi tirò un
calciò nello stomaco.
Vomitai. Bile… < Ti lascerò qui a morire
dissanguata perché non meriti
nemmeno di poter crepare in fretta. >
Mi tirò ancora più su, stringendo più
forte la presa
sui miei capelli. Ormai non vedevo più nulla. Sentivo solo
dolore, ovunque.
Terribile, immenso. Mi sembrava di soffocare. Ogni respiro mi provocava
fitte
al torace. Spasimi involontari…
< Bella,
non farlo! Non lasciarmi! Resta con me! > Mi
gridò Edward, furioso e disperato. Mi venne da piangere
pensando a
quanto avrebbe sofferto per la mia morte.
Speravo solo non compisse qualche
gesto sconsiderato. Doveva pensare ai
nostri bambini… non poteva farmi questo.
Poi,
improvvisamente, qualcosa di freddo e appuntito
mi sfiorò il collo. La mano di Jane si era spostata dai
capelli ad esso.
E
poi arrivò, il suono della pelle lacerata giunse
persino prima del dolore. I suoi denti mi recisero le vene. La sentii
succhiare
piano, gustandosi il sapore del mio sangue. Mi teneva il capo reclinato
per
avere libero accesso al mio collo.
Ero così debole da sperare solo che la fame avesse il
sopravvento e che mi uccidesse in fretta. Non potevo più
sopportare. Dopo
quelle che mi parvero ore, separò i suoi denti affilati dal
mio corpo e mi
lasciò cadere all’indietro, riversa sul terreno
reso rosso dal mio sangue. Mi
afferrò il braccio sinistro. Estrasse un piccolo coltellino
dalla tasca, lo
aprì e poi, facendosi beffe di me, disse: <
Così ti rinfresco un po’ la
memoria. > e poi ripercorse con la lama affilata le cicatrici
dei tagli.
Quando ebbe terminato si alzò con grazia. La vidi
nonostante il sangue che mi incrostava gli occhi.
Si poggiò la mano sulle labbra e se leccò avida
prima
di salutarmi con la mano. Fece alcuni passi e poi tornò
indietro, come se si
fosse ricordata di una cosa importante. < Bella, mi raccomando,
salutami
Alec, quando sarai all’inferno. Con lui non ho potuto
divertirmi come con te.
Ma, in fondo, tu sei una debole umana. È stato fin troppo
semplice. Non hai
nemmeno opposto resistenza. >
Mi diede un ultimo sprezzante
calcio e poi si avviò
verso il bosco. Con mio sollievo nella direzione opposta a quella presa
da Liz.
Mi stupii di riuscire ancora a provare qualcosa come il sollievo. Ma
forse,
persino in punto di morte, l’amore per i figli supera quello
per se stessi.
Distrutta, chiusi gli occhi. Era inutile continuare a
combattere. Il dolore era troppo. Resistere era impossibile. Il buio e
il
torpore erano così invitanti.
Mi abbandonai a loro mentre anche
le ultime forze mi
abbandonavano.
< Bella! Bella! Ti
prego, resta sveglia! > Nemmeno la
voce di Edward che mi gridava nella testa riuscii a convincermi a
cercare di
restare vigile. Non avevo potuto fare niente per proteggermi da Jane.
Lei
diceva che non avevo opposto resistenza. Non era vero. Ma era stato
come se un
filo d’erba avesse combattuto contro un albero.
Inutile…
cercai
di piangere ma non ci riuscii. Mi resi conto di
avere il naso rotto. E sicuramente non era l’unica parte del
mio corpo ad
esserlo. Ogni centimetro pareva rivendicare la sua esistenza tramite il
dolore.
Ovunque. Soffrivo. Non riuscivo più a respirare…
a pensare.
Percepivo il sangue fluire lentamente, allontanarsi da
me.
Era caldo… e io avevo così freddo… il
vento non aveva
pietà di me mentre io, inerme, annaspavo. Con un grandissimo
sforzo cercai di
rannicchiarmi. Ogni movimento era
come cento pugnalate. Emisi un urlo strozzato.
Riuscii a mala pena ad avvicinare un braccio al petto, girandomi di
lato.
Sarei morta lì, nel giardino di casa mia, dove ero
stata tanto felice.
I miei sogni infranti, distrutti. Il mio futuro
rubato. La possibilità di vedere i miei figli crescere
svanita. Il dolore più
grande al pensiero di abbandonarli, di lasciare Edward…
Sarei morta lì, a pochi metri da dove io ed Edward
avevamo festeggiato il nostro primo anniversario di nozze, a pochi
metri da
dove Liz giocava con Emmett.
A pochi metri dal mio piccolo
mondo sicuro. Sarei
morta e lo avrei fatto sola. Forse era meglio se Edward non
vedeva…
Scoprii di stare singhiozzando
perché, ad ogni
singulto il mio corpo reagiva con una sferzata di dolore. Uno spasmo
dopo
l’altro.
Sentii in lontananza delle grida e dei ringhi…
Il mio cuore si spezzò.
Aveva trovato Liz…non riuscii nemmeno a piangere,
tanto ero debole. Il dolore che però provai
all’idea della morte della mia
bambina fu così atroce che cancello gli altri per alcuni
istanti, lasciandomi
intontita.
Le ferite al braccio erano superficiali ma dal collo
scorreva sempre più sangue.
Ripetevo come una scema: < Edward, Liz… Edward… Liz,
Edward…
Quando ormai anche i dolori si attutirono, mi
abbandonai completamente al terreno conscia che la perdita di
conoscenza era il
preludio alla morte. Rassegnata, mi lasciai cullare dalla voce
disperata del
mio amore… < Bella! Bella!
Svegliati! Svegliati! >
Sorrisi,
pronta ad accogliere la morte che mi avrebbe
salvato da quel mare di dolore…
Ero felice di andarmene con la voce di Edward nella
mia mente…
< Ti prego, Bella, non
puoi lasciarmi… > Il
vento freddo mi sferzava il volto.
Mi spostava i capelli impiastricciati di sangue. Mi
accarezzava la pelle tumefatta.
< Bella? Bella? Riesci a sentirmi? >
< Ha perso troppo sangue. Edward bisogna agire
subito, sempre che non sia troppo tardi. >
Un ringhio di dolore. Mi stupii rendendomi conto che
le voci venivano da oltre il mio corpo…
Erano delle dita quelle che mi accarezzavano?
< Edward, dobbiamo fare in fretta. > Qualcuno mi
teneva premuta la mano sul collo.
< Da quanto sarà incosciente? >
< Non più di due minuti… prima riuscivo a
sentirla
chiamarmi. Bella? Bella?
Era Edward, ed era disperato. Non lo avevo mai sentito in quello
stato.
Mi sforzai, mi imposi di aprire gli occhi. Riuscii a
malapena a socchiudere le palpebre. Un’altra ondata di dolore
mentre tutti i
muscoli si contraevano.
Ci fu silenzio per un secondo poi Edward sussultò, nel
momento in cui gemetti cercando di alzare il braccio.
Bisbigliò in un misto tra
sollievo e disperazione: < Bella, Bella, amore mio, non temere,
adesso ti
aiuteremo. Sta tranquilla. Carlisle ti curerà. Non avere
paura. > Io non ne
avevo, lui sì invece…
Dalle labbra spaccate riuscii a dire: < Liz? > La
mia lingua sfiorò alcuni denti spezzati…
Edward sorrise ma non rispose. Probabilmente non era riuscito a capire
cosa
avessi detto. era solo felice di sentirmi parlare. Mi poggiò
il palmo della
mano sulla guancia, protettivo. Se avesse potuto, avrebbe pianto.
Le sue mani erano sporche di sangue, il mio.
Mi
sentivo talmente debole che anche solo tenere gli occhi socchiusi mi
risultava
una fatica immane. Lasciai che si chiudessero. Sentii Edward sussultare
di
terrore. < Bella, ti prego, non addormentarti. Guardami.
Parlami… non
smettere di parlarmi. >
Carlisle disse: < Edward, l’emorragia non si ferma.
Sta morendo dissanguata. Le ferite sono troppo gravi. > Era
distrutto.
Edward ringhiò. < No! NO! NO!! Devi trovare un
modo. > mi prese dolcemente la mano ancora
“sana” nella sua. < Non posso
accettarlo! Dobbiamo provare, dobbiamo salvarla! >
< Edward, non so cosa fare! Non so come farlo! Non
c’è abbastanza sangue… anche se le
iniettassi il veleno, non potrebbe farcela…
mi dispiace, mi dispiace. Mi dispiace… > Era
frustrato, addolorato. La
sua mano destra non si mosse dal mio collo
ma la sinistra cominciò ad accarezzarmi il capo.
< NO! NO! > Quel grido disperato di Edward mi
colpì talmente in profondità da darmi la forza di
stringere la mia mano intorno
alla sua. La stretta fu talmente lieve che a stento se ne accorse.
Subito mi
disse: < Bella,amore, va tutto bene, non preoccuparti. Si
sistemerà tutto. Ti
salverò. Te lo prometto. Non ti permetterò di
andartene. >
Qualcuno mi prese in braccio, con
estrema cautela.
Un’altra voce disse: < Sicuro che possiamo spostarla?
>
Gli rispose Carlisle: < Jaz, se la lasciamo qui, ci
lascerà entro pochi minuti… magari riusciamo
a… > ma lasciò la frase in
sospeso. Sentii di nuovo la voce di Edward vicino al mio orecchio:
< Bella,
amore, non preoccuparti. Ci sono io qui con te. >
Ci stavamo muovendo molto velocemente. Avevo freddo.
< Jasper, Vai a prendere la mia roba. Prendi della
morfina, tanta, e sgombera il mio tavolo nello studio. >
Mentre ondeggiavo, socchiusi ancora le palpebre. Ero
tra le braccia di Edward. Le mani di Carlisle strette delicatamente sul
mio collo
per tamponare le ferite. Cercò di sorridermi. A stento
riuscì a collegare il
suo volto ad un nome. Passammo velocissimi davanti alla vetrata. Vidi
riflesso
Edward e, tra le sue braccia, un corpo, grondante un liquido rosso. Il
volto
tumefatto, una maschera di sangue. Il braccio destro penzolava inerme,
rotto,
così come la gamba sinistra.
Gemetti quando realizzai che quel
corpo martoriato ero
io. Edward mi strinse delicatamente. Poi tutto si fece definitivamente
buio.
Un buio talmente profondo da non avere una fine…
Elizabeth
Alla
fine ci fermammo… Ero aggrappata alla nonna. Mi ci tenevo
così stretta che a
fatica riuscì a liberarsi dalla mia presa. < Liz,
tesoro, sei al sicuro. Non
piangere… amore mio… >
Mi
baciò la fronte. < Esme, passala a me, occupati dei
gemelli. >
Le
braccia della zia mi strinsero forte e lei mi carezzò i
capelli. Socchiusi gli
occhi e scoprii di essere in un posto dove non ero mai stata. Tremavo
talmente
tanto che mi battevano i denti. Alice si tolse il maglione, rimanendo
in
camicetta, e me lo mise addosso. Mi sorrise e disse: < Tanto io
non ho
freddo. >
Mi
accoccolai tra le sue braccia e, senza smettere di singhiozzare, mi
osservai
intorno. Vidi la macchina del nonno. Ci stavamo avvicinando ai
gemellini. Li
sentivo piangere.
Sentii,
in lontananza, il nonno correre verso casa. Riconoscevo i suoi
passi…
Nello
spiazzo c’era l’odore suo e del papà ma
quello del nonno era un po’ più forte.
Era rimasto per aspettarci?
La
zia aprì la portiera posteriore e mi ci fece scivolare
dentro. Faceva un bel
caldo e sedili erano morbidi. Quando fece per separarsi da me, strillai
e mi
aggrappai alla sua manica. < NO! Non lasciarmi! Non lasciarmi ti
prego! >
Mi
sorrise dolcissima e si chinò su di me. Mi prese in braccio
ed entrò nella
macchina, facendomi sedere sulle ginocchia. La nonna, davanti, stava
dando a
Mel il biberon. Mi venne il mal di stomaco.
Era
la mamma che allattava Mel e Alec… lei non usava mai il
biberon...
<
Sht, sht, non fare così… > Guardai la zia
e mi accorsi che parlava con me.
Era la mia la voce che continuava a ripetere “Mamma”
Deglutii
e sussurrai: < La mamma… dov’è
la mamma? Voglio la mamma! Papà! >
<
Liz, ascoltami… io lo so che quello che è
successo è terribile però, ti prego,
devi cercare di essere una bambina coraggiosa. Non devi
piangere… si sistemerà
tutto. >
<
Ho abbandonato la mamma! Non sono coraggiosa. Sono una bambina cattiva!
E
adesso la mamma sta male… per colpa mia… >
< No, non dirlo nemmeno per
scherzo. Non è colpa tua. Tu hai fatto come voleva tua
mamma. Sei stata una
brava bambina obbediente e sono sicura che Bella è stata
molto contenta di te.
> Ebbe un fremito ed abbassò gli occhi. La nonna le
chiese sottovoce: <
Alice? > < Niente… è arrivato anche
Carlisle… >. La nonna chiese con
voce smorzata < Bella? >.
La
zia scosse mestamente la testa ad occhi chiusi. Il respiro le
uscì come un
rantolo di dolore e la nonna strinse Mel al petto, un espressione
tristissima
sul volto. La zia si coprì gli occhi con la mano.
Mi
resi conto di cosa significasse quel gesto. Lo avevo visto fare in un
film. La
protagonista trovava il suo fidanzato-eroe a terra, che non respirava,
e aveva
fatto la stessa cosa prima di cominciare a piangere. La mamma mi aveva
detto
che lei era triste perché il suo fidanzato non sarebbe
tornato da lei. Io le
avevo detto: “Ma mamma, lui è li davanti! Basta
che lo svegli…”
Mamma
mi aveva stretto a sé e sussurrato: “Liz, ci sono
volte in cui non ci si può
svegliare… > e poi aveva spento la tv. Quella sera
litigò con il papà
perché
secondo lui non avrei dovuto vedere quel film. Mamma gli aveva risposto
tranquilla: “La morte è una realtà.
Solo perché non ne verrete toccati, non è
giusto che lei non se ne renda conto.” Lui
si era arrabbiato ancora di più, l’aveva presa
per i polsi e poi l’aveva abbracciata forte, nonostante il
pancione, dicendole
che in casa nostra nessuno sarebbe stato toccato dalla morte.
Morte…
la mamma non si sarebbe svegliata mai più… non
sarebbe mai tornata da me. Non
mi avrebbe mai più abbracciato, coccolato. Non mi avrebbe
mai più cantato la
ninnananna. Anche se era stonata, a me piaceva tanto lo
stesso…
Mamma…
mamma. No, mamma…
Ancora
oggi, ad anni di distanza, ricordo quei momenti con estremo dolore.
Quasi
impazzii. Cominciai ad urlare svegliando Alec… tiravo pugni
alla zia. Sentii un
dito, il mignolo, fare crack ma non me ne importava. Mi dimenticai del
male al
petto, della tosse, del freddo. Piangevo. Continuavo a gridare:
< No, No!
Mamma! Mamma! > Anche Alec e Mel cominciarono a frignare,
spaventati dalle
mie grida.
La
zia, sconvolta, mi afferrò i polsi e cercò di
calmarmi con la sua voce ma io
non l’ascoltavo. Non potevo. Sentivo l’odore del
sangue della mamma addosso. La
vedevo a terra, mentre quella la picchiava… < Liz, non fare
così.Ti prego, calmati…
>
Mi sentii male. ma non era come quando ero caduta e mi ero rotta il braccio, o come quando quella ragazza mi aveva picchiata… no, era un male strano, terribile, che mi nasceva nel cuore e che sembrava farmelo a pezzi. Per la prima volta, capii che la vita per come la conoscevo io era ormai finita.
Grazie
per la pazienza che dimostrate… avrei
potuto togliere il POV di Liz e fare finire la storia condensando tutto
in
questo ma sarebbe stato tutto troppo confuso… e poi, Liz
meritava un po’ spazio
anche per sé!
Penso che i suoi pensieri abbiano reso più
“reale” il tutto.
Scusate si vi faccio aspettare ma prima di sabato non credo di riuscire
a
postare… sono davvero sommersa di compiti e
lavoro…
Grazie a tutte,
Non vi deluderò! abbiate fiducia!
Chiedo scusa se vi faccio aspettare così tanto per farvi
sapere come va a
finire!
Un bacione!!!
Erika