Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: fra_eater    01/12/2015    0 recensioni
: L’amore taciuto di una Sasha che racconta il giorno in cui, in preda al panico, i suoi sentimenti segreti per la compagna Mikasa prendono il soppravvento su di lei. Potrà mai la sua amica, così fredda e riservata nei confronti dei suoi sentimenti, ricambiarla in qualche modo?
storia partecipante al contest "Shingeki no Kyojin- Het&Yuri contest" indetto da Mokochan sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Mikasa Ackerman, Sasha Braus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nome autore (sul forum e sito): fra_eater
Titolo storia: About you and me, my darling
Prompt scelti: Who knew- P!nk
Fandom: L’attacco dei giganti ( Shingeki no Kyojin)
Personaggi: Sasha Braus; Mikasa Ackerman; un po’ tutti
Pairing: Sasha/Mikasa
Introduzione: L’amore taciuto di una Sasha che racconta il giorno in cui, in preda al panico, i suoi sentimenti segreti per la compagna Mikasa prendono il soppravvento su di lei. Potrà mai la sua amica, così fredda e riservata nei confronti dei suoi sentimenti, ricambiarla in qualche modo?
Note dell’autore: Amo questa canzone di P!nk e credo che ben si adatti a parlare di loro. È la prima volte che scrivo una yuri, di solito ho sempre trattato le coppie Het, ma sono felice di aver trovato questa occasione.
 Entrambe sono delle donne forti alle prese con la loro emotività una più dell’altra.
Credo che Sasha non sia la semplice ragazza della patata , ma un personaggio molto più ricco di sentimenti e pienamente consapevole di assecondare le sue passioni, al contrario di Mikasa che la maggior parte delle volte (eccetto quelle più prorompenti da cui si fa completamente condizionare, come l’affetto morboso per Eren) le tiene a freno. Insomma, due opposti che si completano.
 
 
 
 
 
 
About you and me, my darling
 
 
 
Ma quanto ci impieghi insomma? Prima mi dai un appuntamento e poi arrivi in ritardo?
Ma infondo dovrei esserci abituata. Dopo tanto tempo, che cosa mi aspettavo?
Sto morendo talmente tanto di fame che mangerei un gigante intero!
Eccoti, finalmente!
Non sorridi a nessuno, non dici nulla, mi cerchi con lo sguardo e non ho nemmeno bisogno di alzare la mano in mezzo a tutta questa folla, mi hai visto vero?
Certo che mi hai visto. A te, Mikasa Ackerman, non sfugge mai nulla.
Ti volti con tutto il corpo e vieni verso di me. Nessun sorriso, nessuno sguardo che possa far trasparire lo stato d’animo che hai in questo momento.
Al tuo passaggio molti uomini di questo pub affollato lanciano occhiate di apprezzamento, alcuni fanno gesti volgari e tutto ciò  mi provoca un moto di rabbia ma te sei lì, impassibile, che cammini con passo spedito verso di me, elegante e decisa come un felino, ignorando tutto e tutti.
Loro non sanno che dietro quella lunga gonna nera, quel maglioncino bianco e quella sciarpa rossa si nasconda la guerriera più fredda e determinata degli ultimi tempi.
Non sanno quanti titani hai ucciso, non sanno che la migliore della squadra di ricerca sei tu.
E di chi altro potevo innamorarmi, se non della migliore?
Tre anni fa, quando mi arruolai, non l’avrei mai detto che mi sarei innamorata di una donna.
Ti siedi di fronte a me e passi una mano tra i capelli ebano, le tue labbra piene scintillano per il lieve accenno di rossetto che hai messo. È l’unico segno di vanità femminile di cui non riesci a fare a meno e non sai quanto mi piaccia.
Mentre ti guardi intorno una ragazza bionda con un abito porpora sale sul palco, deve essere la cantante che tutti aspettavano.
Sposti lo sguardo su di me e poi sul tavolo “Non hai ordinato nulla, Sasha?”
Rimango sorpresa che queste siano le prime parole che tu mi rivolga.
“V – veramente ti stavo aspettando.”
Sono un po’ intimorita, ma sono felice che tu sia qui.
Abbozzi un sorriso, devi esserti accorta del mio disagio, ma dura poco, il tempo di un battito di ciglia.
“Vado a prendere da bere” dici e ti allontani, lasciandomi seduta al tavolo, mentre una musica dai toni nostalgici si propaga nell’aria e l’attenzione di tutti si sposta sulla cantante.
“You took my hand
You showed me how
You promised me you’d
Be around
Uh huh
That’s right”.
Che strano … sembra quasi descrivere la prima volta che ti baciai.
Eravamo a cavallo, una nuova spedizione per cui il capitano Levi ci aveva diviso in coppie, io ero capitata con te.
Il mio cavallo, che mi aveva accompagnato tante volte, era stranamente irrequieto, qualcosa lo allarmava e cercava di disarcionarmi ogni volta che poteva. Non capivo cosa avesse e non riuscivo a calmarlo, ma tu, sempre padrona della situazione, ti avvicinasti con il tuo e saltassi in groppa al mio con un balzo, posizionandoti alle mie spalle e prendendo le mie mani poste sulle redini, mostrandomi come fare a fermarlo. Fu la prima volta che mi accorsi che il mio cuore palpitava all’impazzata per il tuo fiato sul collo, ma mi ingannavo dicendomi che fosse solo per la situazione irrequieta.
Mi dicesti che mi avresti insegnato una volta rientrate alla base come fare a domare un cavallo irrequieto. Non ti ho mai detto che era inquieto perché sentiva la mia agitazione di trovarmi sola con te.
“I took your words
And I believed
In everything
You said to me
Yeah huh
That’s right
 if someone said three
Years from now
You’d be long gone
I’d stand up and punch
Them up
Cause trey’re all wrong
I know better
Cause you said forever
And ever
Who knew”
Non posso far altro che sentirmi una stupida.
Se qualcuno mi avesse detto che, dopo tre anni di addestramento come soldato per salvare l’umanità,  mi sarei innamorata di una donna, rovinando tutta l’amicizia che c’era tra di noi, l’avrei preso a pugni.
Non avrei mai creduto di fare quel che ho fatto.
Mentre ti guardavo per ringraziarti e mi perdevo nell’immensità dei tuoi occhi scuri, sentì distintamente i passi pesanti di un gigante in avvicinamento.
Sono sempre stata brava a riconoscere i rumori della terra, la piccola selvaggia che combatte con l’arco meglio che con l’attrezzatura per la manovra tridimensionale e che quindi sa distintamente riconoscere i rumori delle prede o di qualche pericolo in avvicinamento come un animale che avverte l’avvicinarsi di una tempesta.
Il tuo cavallo, privato del cavaliere, scappava via in direzione del bosco, lo guardasti infastidita e mi dicesti di tenermi forte mentre spronavi il mio alla corsa: lì non c’erano alberi per poter effettuare la manovra tridimensionale.
Mi dicesti di stare calma mentre il gigante si avvicinava, dicesti che sarebbe andato tutto bene e io ti ho creduto perché  mi fidavo e mi fido tutt’ora di te.
I suoi passi ci fecero sobbalzare entrambe in groppa all’equino che non si muoveva, non so dire se fosse pietrificato dalla paura o  per merito tuo.
Le sue fatture erano tipiche di un gigante classe 10 metri dai lineamenti molto sottili, sembrava il volto di un umano dei paesi orientali dalla corta chioma corvina.
Si avvicinava con passo spedito, forse attratto dal nostro odore. Io ti guardai, ero pronta a scappare, ma tu non tremavi né vacillavi, attendevi paziente e concentrata che fosse sufficientemente vicino per lanciare il rampino e volare al suo collo, tagliandogli la collottola di netto e ponendo fine alla sua esistenza, proprio come una leonessa che tronca il capo ad una gazzella.
Nella caduta di quel corpo enorme, il mio cavallo si imbizzarrisce, disarcionandomi inevitabilmente.
Ti sei avvicinata per assicurarti che stessi bene ed è stato lì, quando ti ho vista china su di me, con il sangue vermiglio del mostro sulle tue gote e capelli e le tue labbra piene e pulite che mi sono slanciata in avanti e vi ho premuto le mie, affamata del tuo sapore di buono ed esotico.
Ancora sono vividi nella mia mente i tuoi occhi sgranati, carichi di stupore per quel gesto inatteso. A ripensarci eri molto buffa con quegli occhioni spalancati e le guancie che pian piano prendevano colore per l’imbarazzo, ma in quel momento ero troppo shoccata per quel che avevo fatto per rendermene conto.
Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei rovinata con le mie stesse mani?
 
“Remember when we were
Such fool
And so convinced and too cool
Oh no
No no
I wish I could touch you again
I wish I could still call you
Friend”
 
Eccoti arrivare con due birre in mano. Mi sorprendi, non sei mai stata tipo da alcool. Me ne porgi una e ti siedi di fronte a me, sorseggiando la tua in silenzio.
I miei ricordi tornano a vagare per rivivere quel giorno.
Tornate alla base, la nostra casa per quel periodo, io cercavo di evitarti, per non dover rispondere a domande che potessero mettermi in difficoltà, per non dover fare i conti con la mia stupidità.
Ed eravamo tutti lì a cercare di rilassarci, a cercare di non pensare che oltre quella porta di legno ci attendeva un mondo che agognavamo ma che temevamo non potesse essere nostro senza una perdita di qualcuno di noi.
Io e te eravamo le uniche donne, quella sera. Hanji era dovuta tornare nelle mura per i suoi studi, chiamata da Erwin.
Il capitano Levi sfogliava il suo libro, ascoltando distratto le parole entusiaste ed erudite di un Armin stranamente esuberante. Eren ti sedeva accanto mentre discuteva con Connie, Jean invece ti fissava seduto sul vecchio e tappezzato sofà, cercando di non farsi vedere dagli altri, nascondendo malamente i suoi sentimenti e ancora oggi mi chiedo se anche io ho mai avuto quell’espressione persa e trasognante.
L’ho sempre notato quello sguardo che ha nei tuoi confronti, quegli occhi traboccanti d’amore che implorano una parola che mai arriva, ma solo in quel momento mi resi conto del fastidio che mi provocavano.
Poi tu ti sei alzata dal tavolo, ti sei avvicinata a me con un panino in mano e, senza pronunciare parole, me l’hai messo d’avanti . Era il tuo modo di dirmi che non ce l’avevi con me per quello che era successo, per quel bacio che pensavo mi aveva segnato la vita.
In quel periodo io ero così folle, così poco riflessiva, mi credevo invincibile, meravigliosa nella mia divisa e non mi rendevo conto che la più bella, la più coraggiosa eri tu. Tu eri la più figa, se mi concedi il termine, e lo sei tutt’ora, che mi siedi di fronte e mi narri dell’ultima spedizione che hai affrontato.
Quanto vorrei toccare le tue mani, quanto vorrei poggiare nuovamente le mie labbra sulle tue come quel giorno per riassaporare quel sapore e vedere se è come nei miei ricordi.
Come vorrei parlare a te come parlo con Connie, no, come vorrei poter parlare con te come si parla ad una fidanzata, come vorrei poter urlare quel che provo per te, ma da quel giorno, con quel tuo tacito segno, rappresentato da quel panino che aveva lo stesso significato della bevanda bionda che ora tengo di fronte ai miei occhi, che significava che per te non rappresentava nulla quel mio gesto, che niente sarebbe cambiato tra di noi, so che il mio cuore deve smettere di palpitare ogni volta che ti trovo accanto.
Vorrei poterti chiamare amica, sì, amica, fingendo che quel che provo per te non esiste, ma non posso, tradirei me stessa e i miei principi e il mio cuore me lo impediscono.
 
I’d give anything
When someone said
Count your blessings now
For they’re long gone
I guess I just didn’t know
How
I was all wrong
They knew better
Still you said forever
And ever
Who know
 
Quanto vorrei che qualcuno mi avesse detto di contare le mie fortune, di accontentarmi di quel che sono, perché da povera ragazza di campagna, che cacciava con il padre per poter vivere, ero arrivata a diventare qualcuno, seppur di poco conto, che rappresentava la libertà con quelle ali di cui tutti noi portiamo il peso ricamato sulla schiena, ma io sono andata avanti,ho alzato il capo, ho rotto il vaso di pandora e non mi sono accontentata di quel titolo, ho voluto diventare altro, ho voluto innamorarmi e l’ho fatto! Mi sono innamorata di te però, di una donna, di una mia compagna, e sono riuscita ad esternare questo mio sentimento, diventando una persona completa, una persona a cui i tuoi occhi dicevano che le saresti stata accanto per sempre, che non sarebbe cambiato nulla tra di noi, che mi saresti sempre stata amica e io che mi ero crogiolata in questo sentimento, sperando che quello più profondo che covavo in me potesse andare a dormire in un cantuccio del mio cuore, ma mi sbagliavo.
Chi lo avrebbe mai immaginato?
 
Yeah yeah
I’ll keep you locked in my head
Until we meet again
Until we
Until we meet again
And I won’t forget you my friend
What happened
 
Mangi lentamente, mentre la voce della cantante che ha finito la sua performance richiama l’attenzione del resto della clientela che si prepara ad un fragoroso applauso.
Ti osservo in silenzio, assaporando il pane che ci hanno portato e imprimendomi nella mente ogni tuo movimento delicato.
Le tue mani non sembrano quelle di qualcuno abituato a togliere la vita: sono lisce, chiare, delicate, ma io lo so bene cosa sei in grado di fare con esse. Sei un felino, una splendida gatta randagia che scruta tutto elegantemente e con altrettanta eleganza sai essere spietata con le tue prede.
“Possiamo andare”.
Mi dici con freddezza e ti alzi con poco rumore. Seguo con lo sguardo il tuo movimento fluido, scostando la frangia per poterti ammirare meglio, per poter imprimere nella mia testa ogni istante che passo con te.
Ti imito e sono pronta a seguirti fuori da qui, affrontando il gelo di questa notte.
 
 If someone said three
Years from now
You’d be long gone
I’d stand up and punch
Them up
Cause trey’re all wrong
And
That last kiss
I’ll cherish
Ultil we meet again
 
La luna illumina il nostro cammino.
 Ti segue come un cucciolo che segue la mamma gatta, e mi rendo conto che come la luna che è attratta dalla terra io sono ancora attratta da te.
Se mi avessero detto che mi sarei innamorata di te, se mi fossi resa conto di quel che stava accadendo, di quel che mi stava accadendo, di quel che sono, forse ora non sarei qui.
Se fossi nata uomo sarebbe stato diverso? Se avessi espresso i miei sentimenti in un altro corpo, tu che avresti fatto?
Assolutamente niente.
Uomo o donna, il tuo cuore non appartiene a nessuno.
Appartiene solo ad Eren, vero?
Il vento sferza il mio volto, sento i capelli legati a coda sollevarsi con la brezza della sera e un profumo di fiori ed erba giunge alle mie narici.
Soffro in silenzio, ben conscia di amare una donna, ben consapevole di essere preda di una passione che non sarebbe mai dovuta nascere in me.
“Allora buonanotte.”
La tua voce mi strappa ai miei pensieri.
Come sono sciocca, nonostante tutto, sono fortunata ad averti come amica, perché non accontentarmi della mia fortuna di averti come amica e compagna?
“Buonanot…” le parole mi muoiono in gola, anzi, sulle labbra, soffocate dalle tue.
Ti allontani, mordendoti il labbro inferiore.
Cos’è quel rossore sul tuo viso? Imbarazzo? Perché questo bacio? Che significa?
Non riesco a parlare tanto è lo stupore, tu abbassi lo sguardo, mi volti le spalle e, senza darmi uno straccio di spiegazione, ti incammini , lasciandomi sola con questo attimo che sta pian piano diventando un ricordo di gioia ed euforia in me.
Mi sfioro le labbra. Le mie mani tremano. I miei occhi, i miei occhi sono sgranati, lo vedo nella vetrina di una bottega.
 Come vorrei strappare la cuticola delle mie labbra per poter conservare questo bacio, ma la mia mente lo farà al posto dell’oggetto materiale conservato e a lungo ammirato.
 
And time makes
It harder
I wish I could remember
But I keep
Your memory
You visit me in my sleep
 
 
Corro nella mia stanza, felice come una bambina in preda all’euforia di un nuovo gioco appena regalatole.
Non sento più l’aria fredda della notte sul mio corpo, ma solo calore, tanto calore che si propaga dal centro del mio cuore che palpita all’impazzata.
Chiudo la porta alle mie spalle e sorrido poggiandomi contro di essa e portandomi una mano al petto per sentire i battiti accelerati che mi rendono ogni secondo più felice.
Ma la poca parte razionale della mia mente fa perdere il sorriso dalle mie labbra.
Perché l’hai fatto? Perché quel bacio così improvviso?
Tu non sei mai stata tipo da far trasparire i propri sentimenti, perché proprio ora?
Abbasso lo sguardo, persa nei miei pensieri e noto qualcosa sotto la mia scarpa. Un biglietto.
Da quanto tempo sarà lì?
Lo afferro e riconosco subito la scrittura confusionaria di Connie.
“Ma che fine hai fatto? Il capitano ha indetto una riunione diverse ore fa, ti voleva nella missione di domani, ma Mikasa ha preso il tuo posto. Ringraziala quando la vedrai, sarà proprio una missione suicida.
Connie ”.
Una missione suicida.
Non riesco a togliere gli occhi da queste tre parole.
Una missione suicida.
Mi esce una risata isterica e sento un tic all’occhio destro.
Una missione suicida.
Lei è arrivata in ritardo perché stava alla riunione.
Una missione suicida.
Mi ha parlato della missione come se fosse una passeggiata per non farmi preoccupare.
Una missione suicida.
Ha preso il mio posto.
Una missione suicida.
Connie starà sicuramente esagerando. Lui esagera sempre.
Una missione suicida.
Quel bacio.
Il suo addio.
Le lacrime scendono lungo il mio viso, non me ne rendo nemmeno conto.
Ora tutto ha un senso.
Affondo la faccia nel cuscino mentre lo bagno di lacrime copiose.
Perché l’hai fatto, Mikasa?
Per quanto tempo ti sognerò preda dell’angoscia di non sapere cosa ti accade?
Torna da me, Mikasa, torna sana e salva.
Non farmi dire le parole mi manchi. Anche se già ho nostalgia dei tuoi occhi.
E mentre sento il sonno prendere il sopravvento di me tra i singhiozzi, mi tornano in mente le ultime parole della canzone sentita nella locanda e piango ancora di più.
Chi poteva saperlo che sarebbe finita così?
“My darling
Who knew
My darling
My darling
Who knew
My darling
I miss you
My darling
Who knew
Who knew”
  
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