Serie TV > Doctor Who
Ricorda la storia  |       
Autore: udeis    01/12/2015    0 recensioni
"Salve, sono il dottore.
Sono quello che arriva in luoghi di cui non conosce il nome in momenti storici che nemmeno s’immagina, senza avere la minima idea di come ci è arrivato e perché. Sono quello che, in realtà, non voleva nemmeno essere lì, ma da un’altra parte."
La storia è stata scritta prima dell'ultima rigenerazione, ossia quando il dottore era ancora Matt Smith, diciamo che è una specie di What if: cosa sarebbe successo se il dottore si fosse rigenerato in una donna?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - Altro
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve. Sono il Dottore.
Sono, almeno per ora, l’ultimo signore del tempo proveniente dal pianeta Gallyfrei della costellazione di Kasterborus.
Sono quello che vive in un Tardis: una cabina blu eccezionalmente sexy che viaggia nel tempo e nello spazio ed è più grande all’interno. O più piccola all’esterno se preferite.
È così grande che al suo interno contiene almeno un guardaroba, una piscina, la biblioteca, un campo da cricket, uno da golf, tre tavoli da ping pog, una sala comandi e chilometri e chilometri di lunghi corridoi tutti uguali. E una miriade di cosi tonti. Mi piacciono i cosi tondi.
 
Sono quello che arriva in luoghi di cui non conosce il nome in momenti storici che nemmeno s’immagina, senza avere la minima idea di come ci è arrivato e perché. Sono quello che, in realtà, non voleva nemmeno essere lì, ma da un’altra parte.
Sono quello che, di solito, dovunque atterri si trova di fronte una tragedia/invasione aliena/colpo di stato/guerra civile e/o fratricida in corso.
Sono quello che dopo essere atterrato sorride, si presenta e pretende di saper risolvere la situazione.
Nessuno mi crede mai, ovviamente, e se questo, in tempi recenti, poteva dipendere dal mio aspetto giovanile, devo ammettere che neanche le rigenerazioni più mature e autorevoli hanno mai sortito qualche effetto significativo. Non al primo incontro, almeno.  Forse è perché non dico mai come mi chiamo, da dove vengo e come cavolo sono arrivato in un posto che, in teoria, era ermeticamente sigillato. Forse è perché parlo molto velocemente e scappo dai luoghi dei delitti. Forse è perché pretendo di risolvere qualsiasi situazione solo grazie a un cacciavite sonico e ai miei compagni.
Forse è solo per via del mio modo di sorridere.
Di conseguenza, di solito, sono anche quello a cui viene imputata la colpa del casino in corso, il pazzo da deridere e contraddire, la mina vagante da imprigionare e interrogare in malo modo e quello che, evitando di rispondere a ogni tipo di domanda personale, calma gli animi, convince la gente e salva il salvabile.
Non ci riesco sempre, ma nessuno è perfetto in questo vasto universo, nemmeno io con tutta la mia infinita esperienza.
Nel corso di tutti questi lunghi anni sono stato sballottato, rapito, colpito, ferito, ucciso, minacciato, sfruttato, deriso, salvato, graziato, baciato, amato, avvelenato, interrogato.
Ho fatto domande indiscrete, stupide, intelligenti, geniali, provocatorie, senza senso e pretenziose ad ogni tipo di persona: dall’ inserviente al folle pazzoide con manie di grandezza, dallo scienziato pazzo al capitano deluso di una nave spaziale in fiamme.
Mi sono infiltrato in ogni tipo di base militare (e in una ci ho anche lavorato con piacere), sono salito su così tante basi orbitanti che le riconosco ancora prima di uscire dal Tardis. Ho fatto esplodere, aggiustato, crakkato, più o meno tutti i sistemi informatici dell’universo e ho sviluppato una notevole capacità a urlare “Fermo!” con autorevolezza in qualsiasi situazione e a qualsiasi creatura. Credeteci o no, a volte si fermano davvero.
Insomma in centinaia di anni di viaggi sono ormai in grado di destreggiarmi in ogni situazione critica con la calma olimpionica di chi sta facendo un pic-nic.
Va bene, a parte quella volta sul pianeta Beta… E forse anche quella volta su quella base spaziale in fiamme… Per non parlare di quella volta con Rose…. D’accordo, mi correggo, non è calma, ma è la chiarezza di pensiero necessaria per trovare una soluzione, a meno che di non trovarsi di fronte una porta di legno.
Io odio le porte di legno.
 
Sono anche quello che è stato bandito dalla sua gente, per poi essere sfruttato non appena si presentava un’emergenza che quegli ipocriti, non volevano o non sapevano affrontare.
Da loro sono stato processato, accusato e costretto a rigenerarmi a causa della mia mania di interferire, la stessa che, però, gli faceva tanto comodo. Sono colui che è diventato –quasi- presidente del suo pianeta per sfuggire a una condanna. Sono quello che la sua stessa gente l’ha sterminata e distrutta, poi scacciata e condannata a morte di nuovo, per poi salvarla per un soffio e che ora non è tanto convinto di doverla liberare.
La nostalgia, il rimpianto, la solitudine sono tremendi da sopportare, ma una volta liberi, i Signori del Tempo potrebbero mettere in pericolo l’intero universo ed io sarei costretto a intervenire di nuovo. Nessuno di loro era più tanto a posto alla fine della guerra, nemmeno io, e immagino che in questi anni le cose non siano davvero cambiate.
 
E poi mi ritroverei a fare i conti con me stesso.
E non solo metaforicamente, tra me e me, nel mio cervello, ma anche parlandomi a quattr’occhi senza peli sulla lingua e con parecchio fastidioso sarcasmo, la volta in cui finirei per incontrare me stesso durante qualche casino cosmico di livello colossale (di solito quando di me ce ne vogliono più di uno la situazione è molto, molto tesa).
Per non parlare poi delle insopportabili allusioni e le provocazioni di quel mio amico pazzo, folle e sanguinario, che per me, nonostante tutto, è ancora come un fratello. L’unico così intelligente e così stupido da volermi sempre come controparte senza provare mai sconfiggermi davvero. L’uomo che ho visto morire più di una volta, pur di non darmi retta, ma che sicuramente vive ancora in qualche angolo di universo.
 
Sono il dottore, insomma, l’arrogante e geniale vagabondo che salva l’universo.
Sono il pazzo su una cabina blu.
L’uomo dai mille volti.
La tempesta incombente.
L’uomo solo che ha bisogno di compagni di viaggio e sceglie solo i migliori.
Dottore, ma non in medicina.
 
Quindi ora, stupido idiota, mi dici per quale motivo stai parlando così concitatamente con Luis e ti rivolgi a lui come se fosse me? Il ragazzo è troppo gentile e imbarazzato per interrompere un logorroico alieno alto tre metri a forma di cavolo, ma anche tu dovresti esserti accorto del suo disagio.
Io sono qui, più in basso, più indietro.
Sono uscito per ultimo per via degli stabilizzatori temporali che fanno i capricci, dovevo dargli un’aggiustatina veloce o il tardis sarebbe partito per il pleistocene senza di noi, lasciandoci su un pianeta dall’odore discutibile.
Sono già stato basso, ma non è mai stato così problematico.
“Ehi! Sono qui!”
Niente da fare non se ne accorge.
Sarò pur alto un metro e cinquanta, amerò gli abiti vittoriani e sarò donna, ma sono pur sempre il dottore.
E poi sono finalmente rosso.
Non può essere così male no?
 
Senza dubbio me ne sono capitate di peggiori.
Vi ricordate quelle orecchie? Quel naso? Quel mento? Quei capelli? Quel caratteraccio? Quel amore spropositato per il sedano? Gli occhi a palla? L’abitudine di dondolarmi? Quell’evidente problema alle papille gustative? Quella frase che continuavo a ripetere sempre a sproposito? No, aspetta, quello lo faccio sempre, allora diciamo… No, basta. Davvero certe cose proprio non mi va di ricordarle, meglio metterci una pietra sopra. Ognuno nell’intimità della sua rigenerazione fa quello che vuole.
La rigenerazione successiva deve solo cercare di sopravvivere alla vergogna.
 
Comunque sia non sono mai stato ignorato così a lungo.
Ignorata.
Dannato femminile, me ne scordo sempre.
 
Spintono Luis da una parte, avanzo a grandi passi e mi pianto davanti a lui con decisione: “Salve. Sono il dottore.” Dico con un tono così acido, risentito, vendicativo che lascia sorpreso anche me. “Che posso fare per te, tesoro?” aggiungo in un tono appena più dolce e con il sorriso provocante che ho preso in prestito da River Song.
Già lo so: questa rigenerazione attirerà guai come una calamita.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: udeis