Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: ellephedre    03/12/2015    6 recensioni
Makoto Kino è innamorata. Gen Masashi la segue a ruota.
Con una relazione nata nella battaglia, non hanno più segreti tra loro, eppure hanno ancora molto da scoprire l'uno sull'altro. E non vedono l'ora di farlo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Makoto/Morea, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
corrente naturale 7

 

Corrente naturale

di ellephedre

 

 

 

Marzo 1997 - Litigio

La tv era accesa. Le espressioni sul volto di Makoto mentre la guardava erano impagabili.

«Kasumi! Non posso credere che tu lo abbia fatto!»

«Hiromi, ascoltami! Io e Hiroyuki credevamo che tu fossi andata via per sempre! Stavo solo cercando di...»

«Di consolarlo? Che bel modo hai scelto! Pensavo fossi mia amica!»

«Sei stata tu ad andare via! Hai lasciato sia lui che me!»

La bocca di Makoto era aperta in una O di sorpresa. Seguiva rapita ogni parola dello sceneggiato tv, soffrendo assieme ai protagonisti. Sullo schermo volò uno schiaffo e lei sobbalzò, scandalizzata.

Partì la pubblicità. Gen si concesse una risata smorzata.

Makoto stava scuotendo la testa. «Che situazione!»

Come faceva lei a immedesimarsi tanto? «È tutto inventato.»

«Sì, ma sono cose che capitano. Quella ragazza, ad esempio: doveva andare a studiare lontano e ha troncato la sua relazione perché non voleva far soffrire il suo fidanzato. Lo avrebbe fatto aspettare per anni se non avessero rotto. Lei lo amava tanto e stava cercando di non essere egoista. Poi, con la lontananza, si è accorta di non poter stare senza di lui. Altri ragazzi la cercavano, ma lei aveva in mente solo la persona che amava davvero. È tornata indietro, ma nel frattempo il ragazzo e la sua amica...»

«Se la sono spassata. Lui non ha protestato, no?»

Makoto lo guardò con occhi nuovi. «Conosci la trama?»

Purtroppo sì, ammise Gen. «Anche in casa mia guardano questo drama all’ora di cena.»

Makoto si sentì compresa. «È appassionante!»

I gusti di lui viravano in altre direzioni, ma lo sceneggiato era divertente proprio per le reazioni che causava in Makoto, così come in sua madre e nelle sue sorelle. A Gen sembrava che in quelle storie loro cercassero emozioni che nella realtà le facevano rabbrividire. Makoto detestava l'idea del tradimento, ma in tv era una situazione che la attraeva morbosamente.

Lei stava ancora pensando. «Mi fa molta rabbia Kasumi, l'amica, però comprendo le sue ragioni. Si è sentita abbandonata da Hiromi. Lei e Hiroyuki stavano cercando di farsi forza a vicenda e, passando tanto tempo insieme...»

Come se fosse inevitabile. «Perciò se tu mi abbandoni per studiare all’estero, io sono autorizzato a consolarmi con una delle tue amiche?»

Makoto gli tirò contro il tovagliolo, ridendo. «Io non vado da nessuna parte!»

Allora anche lei la trovava una cosa ridicola. «Ma se andrò via io, starò attento agli amici maschi che ti ronzano intorno. Ormai ho capito come andrebbe a finire.»

L'allegria di Makoto si sciolse in una punta di dolcezza, più seria del solito. Lei si alzò e, dopo aver fatto il giro del tavolo, si appollaiò accanto a lui, le braccia attorno al suo collo e una gamba sopra la sua. «Io non penserei mai a nessun altro.» Posò un bacio lungo e leggero sulla punta del suo naso - una rassicurazione affettuosa che per lui era un concentrato di sensualità.

Le spostò una ciocca dei capelli dietro l'orecchio. «Perché guardi queste storie di tradimenti? Non ti capiteranno mai.»

Lei lanciò un'occhiata al televisore. «Hmm... Mi piace sentirmi travolta da queste emozioni dolorose. Sono situazioni che hanno a che fare con la realtà . anche se non mi succederanno mai, come dici tu. Perché sono fortunata.» Aveva avvicinato il viso al suo per sorridere e Gen ne approfittò per un bacio. Aveva appena iniziato a renderlo profondo quando la pubblicità terminò.

Makoto si staccò da lui in un lampo. «Ricomincia!»

Gen tornò a mangiare, sospirando. Ma Makoto non aveva distolto completamente l'attenzione dal suo volto. Gli prese le bacchette di mano e lo imboccò con uno spaghetto. «Ahh-!»

Lui rise e mangiò. Invece di tornare al proprio posto, lei trascinò la propria scodella sul tavolo, per rimanergli seduta accanto.

Dopo cena riassettarono insieme, la radio a far da sottofondo alle loro faccende. Mentre cambiava la lenzuola, Makoto mormorava la melodia della canzone in onda.

Una volta lei aveva avuto il coraggio di chiedergli perché lui venisse a trovarla le notti del mese in cui, per via del suo ciclo, erano impossibilitati ad avere rapporti sessuali. Gen le aveva quasi riso in faccia. La sua risposta si trovava in quei momenti: era bello starle intorno, anche quando non parlavano e nemmeno si guardavano. Makoto era Makoto, in tutto. Nel profumo che lasciava nell'aria, nel modo in cui muoveva, persino nel tipo di ambiente di cui si circondava - un luogo ordinato come la sua cucina, organizzata con metodo e decorata nei dettagli.

Gen non poteva fare a meno di sorridere mentre asciugava il bancone.

«A cosa pensi?»

«Alla volta in cui mi hai chiesto perché venivo a casa tua se non potevamo fare sesso.»

Lei arrossì. «Non l'ho detto così.»

Lui scrollò le spalle.

«Stavo solo cercando di non darti false speranze. Fino a quel giorno tutte le volte che eri venuto da me eravamo stati a letto insieme.»

Sì, non aveva torto. «Però sappiamo fare anche altro quando siamo soli.»

Makoto rimase in silenzio, senza dire più nulla.

Be'?

Le sfuggì un sorriso. «A me piacciono tanto questi giorni. Però quando non ci sono - ehm - ostacoli, tu pensi a una sola cosa. Come quella volta che abbiamo giocato a carte: è diventata una partita di strip-poker. O quando ci siamo messi a vedere un film: la trama horror mi ha fatto venire i brividi e tu ne hai approfittato per consolarmi a modo tuo. Quando ci mettiamo a pulire la casa prima o poi ti strusci addosso a me e-»

«Ehi.» Quanto era lunga quella lista? «Come se fosse solo un'idea mia.»

Il sorriso di Makoto si allargò. «Adoro tutto quello che facciamo. Ma... amo anche questi momenti tranquilli. Perciò questi giorni mi piacciono particolarmente.»

Gen pensò di non menzionare il fatto che l'ostacolo fisico non gli impediva di voler fare sesso con lei. Si tratteneva più che altro per il suo confort, per non infastidirla. Comunque non era ossessionato. Ci sarebbe stato un problema tra loro solo se lui non avesse voluto fare sesso. E nonostante le sue dichiarazioni, anche Makoto era entusiasta nell'incoraggiarlo.

Provò comunque a riflettere sul discorso di lei.

Makoto picchiettò il cuscino con una mano. «Il letto è pronto. Ora vado a farmi un bagno.»

Lui annuì. Era un peccato non poterla accompagnare dentro la vasca, ma non disse niente mentre lei si chiudeva nell'altra stanza. Nell'attesa di poter fare a sua volta una doccia, si sdraiò sul letto e guardò il telegiornale.

    

Più tardi, stringendosi a Gen sul materasso, per la prima volta Makoto notò un problema. «Il letto affonda troppo, vero?»

«Hm?»

Quello di Gen era stato un mormorio. Lui stava per addormentarsi; la doccia serale lo rilassava.

«Il materasso non è abbastanza rigido» chiarì Makoto. «A volte, quando mi sveglio, sento fastidio alla schiena.»

Lui strizzò gli occhi, per guardarla meglio. «Hm... già. Quello che ho in casa è più duro.»

Oh. A lei piaceva molto la morbidezza del suo materasso - ci aveva sempre dormito benissimo da sola - ma in effetti, da quando era arrivato lui... «Forse per questo, ogni tanto, ti fanno male le spalle.»

Gen sbadigliò. «Magari.»

Quel giorno lei aveva visto una telepromozione sull'importanza del materasso nel garantire un adeguato riposo. Per via del suo fisico magico non aveva mai malanni duraturi, ma aveva massaggiato più volte le spalle rigide di Gen. Lui attribuiva i dolori alla postura sbagliata che assumeva mentre studiava, ma... se si fosse trattato del materasso?

Gli toccò una spalla, per farlo voltare. «Domani andiamo in qualche negozio?»

«Va bene.»

Accettò l'abbraccio di lui e non disse altro. Il materasso affondava sotto il loro peso, ma per lei dormire accanto a Gen era come al solito celestiale.

  


  

Il giorno seguente Gen alzò lo sguardo verso l'insegna del negozio a cui Makoto lo aveva portato. «Perché vuoi guardare dei materassi?»

«Voglio scoprire se ne esistono di più comodi.» Lei lo prese per una mano e impresse abbastanza forza nella stretta da trascinarlo di peso oltre la porta d'ingresso. 

Stava pensando di comprare un materasso nuovo? Era un'idea folle secondo lui: lei non aveva idea di quanto costavano.

«Salve!» Makoto salutò la commessa del negozio e le spiegò subito cosa stava cercando: un prodotto di qualità, abbastanza morbido da offrire un sonno comodo ma al contempo rigido a sufficienza da sostenere le loro schiene.

«Oh sì, è importante!» le fece eco la donna. «Fa bene a preoccuparsene. Ha già in mente una marca?»

Mentre parlavano, Gen lanciò un'occhiata ai cartelli coi prezzi. Adocchiandone un paio, deglutì. «Makoto?»

Si voltò anche la commessa, ma con un cenno della testa lui indicò di volere un momento di privacy. Portò Makoto in un angolo del negozio. «Stai solo indagando o vuoi davvero comprarne uno?»

«Prima proviamoli. Se troviamo quello che fa per noi, varrà la pena comprarlo.»

Lui non era d'accordo. «Hai visto quanto costano?»

Lei non si sorprese nel vedere le cifre. «I prezzi sono uguali a quando ho comprato il mio. Mi avevano detto che non era niente di che, infatti era in promozione. Ora capisco perché costava così poco.»

Ma di che parlava? «Il tuo materasso va benissimo.»

«Ti fa venire il mal di schiena.»

«È per il lavoro, sollevo cose. E sto piegato quando studio. Questa storia c'entra con la domanda che mi hai fatto ieri?» Proprio mentre si stava per addormentare. Lei lo aveva colto alla sprovvista, in un istante di debolezza.

Makoto era piccata. «Senti, non ti sto chiedendo il permesso di comprare un nuovo materasso per casa mia. Ho intenzione di farlo e basta.»

Gen non gradì né il tono né l'argomentazione. «Non compreresti il materasso per te stessa. Lo prenderesti perché dormo con te e insieme affondiamo al centro.»

«Vedi che te ne sei reso conto? Il materasso che ho in casa è scomodo.»

Non era un buon motivo per spendere tanti soldi. «I materassi non sono cose che si comprano su due piedi, devono durare per anni. Il tuo è quasi nuovo!»

«Ma non è adatto. Perché ti scaldi tanto?»

Lui identificò il motivo. «È un acquisto troppo importante. Mi sento come se mi stessi regalando un televisore, o un armadio. Non si fa.» Prese una decisione che lo fece sentire subito meglio. «Comprerò io il materasso. In fondo serve a me.» Lei non risentiva nemmeno della scomodità: non aveva mai avuto dolori di alcun genere. 

Makoto era stizzita. «Il materasso starà a casa mia. Devo comprarlo io.»

Non voleva dire niente. «Non ne vorresti uno nuovo se non fosse per me.»

«Non c'entra. Andrà sul mio letto, sarò io che ci dormirò sopra tutte le notti.»

A quello scopo lei poteva usare il vecchio materasso, senza bisogno di cambiarlo. «Makoto... Non mi farò regalare una cosa simile da te. È troppo.»

Lei sgranò gli occhi, incredula. «Perché stai facendo queste storie? Ho solo deciso che voglio prendere un nuovo materasso per casa mia, per tutti e due. Perché ti dà fastidio?»

«Un materasso non è una cosa che si regala.» Al massimo si comprava insieme, ma regalarlo stabiliva una sorta di... rapporto di forza. Già lui viveva a casa sua per quasi metà mese, senza partecipare alle spese se non per quel poco di cibo che gli veniva permesso di comprare. Ma un materasso? Non aveva bisogno di essere mantenuto. «Posso prenderlo io per entrambi.»

Makoto fece un grosso respiro. Si voltò verso la commessa, accennando un sorriso. «Io e il mio ragazzo dobbiamo parlarne meglio. Torneremo un'altra volta.»

Uscirono dal negozio, con grande sollievo di Gen.

Appena girato l'angolo, Makoto si girò di scatto. «Non lo prenderai tu. Comprerò io questo nuovo materasso.»

Lui separò le labbra per ribattere, ma lei non lo lasciò nemmeno cominciare. «Quello che dici non ha senso! Prima sostieni che un materasso non si regala, poi vuoi prenderlo tu? Per casa mia?»

Ma lui non glielo aveva offerto senza un motivo! «Tu vuoi comprarlo per me. Hai sempre amato il tuo materasso!» Glielo aveva sentito dire! «Che c'è di male se per una volta compro io una cosa? Tanto non pago nient'altro!»

Makoto si indignò. «Perché dovresti pagare qualcosa? Sei mio ospite!»

Ospite! «Sto a casa tua per metà settimana. Mi dà fastidio non contribuire, ma tu insisti a-»

«'Fastidio'? A me piace poterti offrire la mia casa! Mi piace quando stai con me.» Le si spezzò la voce, ma l'irritazione vinse sulla tristezza. «Come può scocciarti una cosa del genere? Per me è bella.»

Gen si calmò. «Mi piace che tu sia felice, ma... non arriviamo a questo. Un materasso è un'esagerazione. Non voglio questo regalo.»

Makoto si sforzò di respirare lentamente. «Un giorno avrei avuto comunque bisogno di un materasso nuovo, visto che questo non è adatto a due persone.»

«Stai aprendo una pasticceria. Non è il momento di investire su un oggetto che ha il prezzo di un mobile.»

Makoto spalancò la bocca. «Non iniziare a gestire le mie finanze! Io... io ero venuta qui pensando che fosse una cosa carina, che potevamo fare insieme!»

Ma lui alla fine non aveva detto di no! «Torniamo al negozio, allora. Lascia che compri il materasso.»

Makoto si impettì ancora di più. «Se ti sembra assurdo che lo prenda io perché costa tanto, non ha senso che lo prenda tu per una casa che non è tua!»

Lei doveva decidersi. «Vuoi che passi il mio tempo con te, ma non che sia casa mia.»

Makoto si indignò. «Ti ho offerto un cassetto. In bagno hai uno spazio tuo!»

Sì. E lui non pretendeva di avere diritti neppure su un metro quadrato di quell'appartamento solo perché aver iniziato a contribuire in maniera più attiva alla gestione economica, ma l'esclusione lo infastidiva. Sentiva che gli veniva proibito di dare qualcosa che per lui era naturale offrire. Prendere il materasso sarebbe stato... giusto. Avrebbe avuto qualcosa di suo là dentro, qualcosa che aveva dato a entrambi a sua volta. «Voglio acquistare io il materasso.»

Makoto si irrigidì. «Non posso accettarlo. Sarà il mio materasso, rimarrà sul mio letto.»

«Che differenza fa?» Tanto lo usavano insieme. E anche se lei lo avesse usato da sola, lui era contento di poterle regalare una comodità.

«È casa mia, Gen. Se mi aiuti per una cosa come il materasso, è come se non potessi farcela da sola.»

Che storia era quella? «Non ho mai pensato che-»

«E il giorno in cui lo userò con qualcun altro, come mi sentirò?»

... cosa?

Makoto perse colore in viso. «Voglio dire... un materasso è per sempre. Non è un regalo che si fa in una relazione iniziata da poco, se non c'è la certezza che...»

«Che un giorno non lo userai con un altro uomo?» Gen si sentì ribollire. «Se ci stai già pensando, compratelo da sola.»

«Aspetta-!»

Allontanò di scatto la mano di lei, per non farsi toccare. «Non voglio più parlarne.»

«Volevo solo dire che non so niente del futuro! Nemmeno tu vuoi pensarci e... e all'improvviso parli di comprare addirittura un materasso! Come se...»

Era stata lei ad aver dato il via a tutta quella storia. Aveva detto tutto lei, anche le cose sbagliate.

Makoto aveva smesso di ribattere e Gen non dovette parlare per comunicare quanto quella conversazione fosse finita per lui.

In silenzio, si voltò e se ne andò per la propria strada.

    


     

«Che cosa gli hai detto?!»

Makoto chiuse gli occhi, costernata. «Non so come mi sia uscita. Anche Usagi mi ha sgridata.»

«Aspetta. Ripetimi tutta la scena.»

Nel raccontarla di nuovo a Rei al telefono, Makoto rivisse il momento nei più piccoli e dolorosi dettagli.

«Perché all'improvviso hai tirato fuori la possibilità di un altro ragazzo?»

«Non intendevo farlo! Non ci stavo nemmeno pensando!» La frustrazione la vinse di nuovo. «Pensavo solo a Gen. Ogni volta che io e lui finiamo a parlare di un futuro lontano, ci interrompiamo, passiamo oltre. È... normale. Lo capisco. Ma non ha senso che poi lui voglia comprare un materasso al posto mio se non mi dà la sicurezza che... be', che rimarrà assieme a me per usarlo.»

Il solo pensiero che ci fosse un futuro in cui Gen non faceva parte della sua vita le causava sofferenza. Non voleva immaginarlo. Era d'accordo con lui nell'andare avanti piano piano, coi loro tempi. Tuttavia, finché non avesse avuto certezze su loro due, non voleva pensare all'avvenire, in alcun modo.

«Sei stata tu a tirare fuori la storia del materasso.»

«Lo so!»

«Lui si è solo offerto di comprartelo.»

A parte tutto il resto - motivazioni che continuavano a sembrarle giuste - era consapevole della buona volontà dietro le intenzioni di Gen. «Mi ha spiazzato.» Era quella la verità.

«Perciò hai reagito dicendo sciocchezze.»

Sì, come suo solito.

«Era molto arrabbiato?»

Oh, sì. Gen non si era fatto nemmeno sfiorare da lei. Non aveva potuto sopportare la sua vista. «Non so quando vorrà parlarmi di nuovo.»

«Dovrai costringerlo ad ascoltarti. Ma vai da lui solo quando avrai le cose giuste da dire.»

Era per questo che cercava supporto. 

«Mako-chan, forse non sono la persona giusta per darti consigli. Io sarei scoppiata quando lui ha detto che aveva il diritto di regalarti il materasso, ma tu non potevi fare altrettanto. Che maschilista!»

Esatto! «Per questo mi sono arrabbiata!»

«E quando ti ha ricordato che stai aprendo la pasticceria? Come se tu non fossi capace di decidere da sola in cosa spendere i tuoi soldi!»

Giusto, proprio così! «È stato talmente... arrogante!»

«Supponente.»

«Pensa di sapere tutto lui!»

«Sì, be'... per questo non mi va a genio. Ma credevo che a te piacesse questo suo modo di fare.»

Solo per certe cose. «Gen non è perfetto.» Come lei d'altronde. «Ma non avevamo mai litigato in questa maniera.» 

«Prima o poi una discussione forte è inevitabile. In questo caso hai avuto la sfortuna di essere tu quella che l'ha conclusa male.»

Già, e ne era sempre più profondamente pentita. 

«Ne hai parlato con Ami?»

«Ehm... no.» Si vergognava al pensiero di raccontare ad Ami quella storia. Era stata molto immatura.

Rei comunque pareva capirla. «Ami prenderebbe le parti di Gen. Darebbe ragione anche a te, ma sarebbe più obiettiva nell'assumere il punto di vista di lui. È quello che ti serve.»

Ami non era la sola a saper decifrare le persone. «Gen ti sta così antipatico?»

Rei sospirò. «No, ma il tipo di relazione che avete ti rende troppo vulnerabile a lui.»

Makoto non comprese. «In che senso?»

«A me sembra che tu ti faccia guidare da Gen in tante cose. Capisco che questo ti piaccia, solo che... mi sento strana ad affidarti a lui. Non so come funziona la vostra relazione; non so se ti tratta come meriti. Per ora mi fido solo perché ti ama. È l'unica cosa di cui sono sicura.»

Makoto si intenerì. «Ti preoccupi per me.»

«Certo.»

Seppe che dall'altra parte Rei stava facendo una smorfia noncurante, cercando di nascondere l'imbarazzo anche se nessuno la stava guardando.

Volle rassicurarla. «È solo una finta, sai?»

«Cosa?»

«L'impressione che lui mi guidi. Glielo lascio fare. Glielo chiedo. Ma permetto che mi porti solo dove voglio io. Non lo avrei scelto se non capisse che cosa desidero ogni volta, senza parole.»

Rei rimase in silenzio. 

«Davvero questo ti sorprende?»

«No, ora che me l'hai detto. Solo che è una cosa così... romantica. E passionale.»

Già, sospirò Makoto. Voleva ritrovare quell'intesa. «Come posso farmi perdonare?»

«Digli la verità.»

«Eh?»

«Lui risponde bene ai confronti diretti. Digli la vera ragione per cui sei ancora costretta a pensare che dovrai trovare un altro ragazzo un giorno. Digli che hai paura.»

«Non posso. Sarebbe come chiedergli di prendere ora una decisione. È un impegno che lui non è ancora disposto a...»

«Ma è davvero così? Ha detto di voler comprare il materasso per entrambi. Forse non sa ancora bene cosa vuole in futuro con te, ma gli uomini si comportano in questo modo. Più che parlare, agiscono secondo quello che provano. Vuole regalarti il materasso e ha detto di voler contribuire maggiormente alle spese della casa. Questi sono già impegni. Si sta muovendo in quella direzione con te.»

Anche Makoto se n'era accorta. Ne era molto contenta e non le sembrava giusto chiedere a Gen di spingersi oltre.

Rei emise uno sbuffo. «Basta che ti decidi. Probabilmente se chiedi scusa in maniera molto contrita e poi ti butti tra le sue braccia, lui ti perdonerà lo stesso, senza bisogno di ragioni.»

Le sfuggì un sorriso. «Dovrei lasciar passare qualche giorno.»

«Non esageriamo. Da persona gelosa ti assicuro che, se Yu avesse detto a me quello che tu hai detto a Gen, io ci starei pensando ogni minuto della giornata.»

Il pensiero la fece soffrire fisicamente. «Allora vado da lui stasera.»

«Però avvicinalo solo se non ti sembra nero di rabbia. Io non ti ascolterei se fossi di quell'umore.»

Makoto ebbe un'illuminazione. «Sai, penso di aver capito perché Gen ti urta.»

«Che c'entra ora?»

Ridacchiò. «Voi due vi somigliate. A presto, Rei, grazie!» Riattaccò prima di essere travolta dalle proteste. 

   

Quel pomeriggio Gen andò ad allenarsi. In palestra, davanti al sacco di sabbia, sistemò con decisione i guantoni sulle mani.

«Gen!»

Rispose con un cenno della testa all'amico che lo aveva chiamato.

«È da un po' che non ti vedo qui nel weekend!»

Già.

Kato, compagno di tanti allenamenti, lo guardò meglio in faccia. «Hm. Non hai voglia di parlare, eh?»

Iniziando a riscaldarsi, Gen fece entrare in contatto i guantoni. «No.»

Kato annuì. «Va bene, ci si vede. Picchia duro!»

Scagliandosi contro il sacco, fu proprio quello che Gen fece.

    


   

Alle nove di sera Makoto si presentò alla porta di casa Masashi.

Alla fine aveva parlato anche con Minako del suo dilemma. L'aveva chiamata soprattutto per risentirla - Minako le mancava - ma era stato utilissimo per lei avere qualcuno a difenderla con spensieratezza, permettendole di sfogare tutti quei piccoli risentimenti che doveva cancellare prima di parlare con Gen.

«Presuntuoso, so-tutto-io, non sa accettare una gentilezza, non ti lascia spiegare...»

Minako aveva preso le sue parti al punto da imporle di rispondere a nome di Gen.

«Visto? Ti ho dato argomenti per capirlo!»

Makoto aveva riconosciuto la strategia. «So di essermi comportata peggio. Andrò a cercarlo dopo cena.» Per dargli il tempo di sbollire, senza lasciarlo penare troppo.

«Queste litigate mi fanno tenerezza. Amatevi! È l'unica cosa che conta!»

Aveva salutato Minako con un sorriso dipinto sul volto.

Davanti alla porta della casa di Gen era meno felice e più incerta. Suonò il campanello.

«Apro io!» udì e seppe dalla voce che non stava per vedere Gen sull'uscio.

Shori Masashi scostò la porta. Vedendola, la squadrò da capo a piedi. «Ah, è quella che ci ruba il fratello.» Aveva parlato a voce bassa e sorrideva. Non aveva intenzione di farsi sentire.

«Ciao» la salutò Makoto.

«Ciao. A momenti Gen vive più da te che da noi.»

Makoto si sentì in colpa. «Mi dispiace.»

Shori Masashi fece svolazzare una mano per aria. «Qua non abbiamo bisogno di lui, altrimenti Gen non andrebbe via. È un bene che non ci stia più addosso come un tempo.»

Fu un discorso che Makoto comprese solo a metà.

«Avete litigato? Oggi lui ha una faccia...»

Makoto inspirò. «Puoi chiedergli di uscire?»

«Figurati! Se non fosse in bagno sarebbe già alla porta!»

Udirono una chiave che girava nel corridoio.

«Eccolo, sta arrivando. Saluto mamma e Miki da parte tua.»

Makoto si rese conto di essere stata una maleducata. «Entrerei per farlo personalmente, solo che...»

«Certo, certo, situazione tesa. Se va tutto bene, domani vieni a pranzo. Mamma voleva invitarti da un po'.»

Makoto offrì un inchino della testa. «Grazie.»

Gen comparve in corridoio. Senza disturbarli, sua sorella Shori tornò al piano di sopra.

In silenzio, lui fece gli ultimi passi che li separavano, fermandosi davanti a lei senza parlare. La guardava in faccia, in attesa di una sua dichiarazione.

«Mi dispiace per oggi.»

Lui non ebbe reazioni.

Makoto si fece forza. «Vorrei spiegare, se vuoi ascoltarmi. Possiamo uscire un momento?» Indicò il giardino alle proprie spalle.

Lui non aveva ancora detto nulla, ma prese la giacca. «Ci vorrà più di un momento.» Prima di uscire di casa, controllò di avere le chiavi. Infine tornò indietro, dirigendosi verso il salotto.

Makoto lo sentì spegnere la televisione, poi seppe che lui stava andando a salutare sua madre. Se fosse stata una giornata qualunque, lei avrebbe gridato 'Buonasera' alla signora. Sospirò, nervosa, torturandosi le mani. Quando Gen tornò alla porta, gli lasciò spazio per passare, dirigendosi verso il cancello. Stavano per andare nel suo appartamento, era chiaro. Gen voleva parlare, quindi potevano sistemare il problema già quella sera stessa.

Si mossero verso il furgone. Makoto salì nel sedile del passeggero e attese che Gen montasse alla guida. Lui entrò nell'abitacolo, poi non mise le chiavi nel motore. Rimase muto, immobile, in attesa.

Oh. Aveva intenzione di ascoltarla in macchina. «Io... non ho detto quella cosa per ferirti.»

Lui persistette in un silenzio risoluto. Lei seppe di non poter continuare se non abbassando gli occhi sulle proprie mani. «L'ho detto perché un materasso mi ha fatto pensare agli anni che verranno. Non ho menzionato un altro ragazzo per ripicca, solo che... mi rende triste la possibilità di non stare più insieme a te un giorno. Siccome ci stavo pensando, ne ho parlato.» Stava sfiorando il discorso che si era ripromessa di non fare per intero, ma un cenno era necessario per permettergli di comprendere da dove le fosse uscita un'idea tanto infelice. «Lo dicevo più a me stessa che a te. Non mi sono resa conto di cosa mi usciva dalla bocca.»

«Lascerai che compri il materasso?»

... tutto qui quello che lui aveva da dire?

Il silenzio di Gen esigeva una risposta.

Makoto represse a stento il fastidio. «Quella è un'altra faccenda.»

Lui strinse le mani sul volante, guardando fuori dalla finestra. «È di questo che abbiamo discusso.»

Invece no. «Possiamo parlarne ancora, se vuoi.»

Gen batté il pollice sul clacson, irritato. D'improvviso si tirò indietro con la schiena e fece partire il motore. «Sì» fu tutto ciò che disse. 

Makoto non aggiunse altro mentre col furgone andavano verso casa sua.

    

Per Gen la faccenda era semplice: aveva bisogno di comprare quel materasso. Se Makoto non aveva avuto intenzione di dire quello che aveva detto - se davvero non pensava già di ospitare in casa sua, un giorno, un altro ragazzo, e di usare con lui il letto che ora occupavano insieme - allora doveva permettergli di prendere il materasso. Doveva lasciare che fosse suo, come il posto che aveva in quel letto e nella vita di lei.

Salirono le scale del suo palazzo, senza parlare. Gen le lasciò aprire la porta dell'appartamento ed entrò in casa. Makoto chiuse l'anta con un tonfo. «Perché è così importante?»

E glielo chiedeva pure? «Hai parlato di un altro uomo.»

«Ma ti ho spiegato perché!»

«Allora dimostrami che è vero. Lascia che il materasso sia mio.»

Makoto ebbe un momento di comprensione, poi corrucciò la fronte. «Ti eri intestardito prima che io finissi la discussione.»

«Perché ci sono tanti altri buoni motivi perché sia io a comprarlo.»

«Allora parliamo di quelli.»

Adesso per lui non contavano più. «Non serve. Ho già detto la mia ultima parola su questa storia. Lo prenderò io.»

Makoto si indignò. «Questa è mancanza di fiducia! Tu non mi credi!»

Esatto. Era stata lei a dargliene motivo. 

Makoto tremò dalla rabbia. «Come se fosse colpa mia! Io ti darei tutto se solo tu mi dicessi che...!» Inorridì, ma non per essersi lasciata sfuggire una stupidaggine. Scosse la testa e si zittì, ma Gen sapeva cosa era stata sul punto di chiedergli. Lo sentì come un peso sul petto.

Makoto guardò il pavimento. «Tu devi credere in quello che ti dimostro ogni volta che siamo insieme. Io mi fido di quello che tu provi ora per me. Se tra noi non c'è fiducia...»

'Cos'altro abbiamo?' Gen detestò le parole non dette. «Per crederci ti serve regalarmi un materasso?»

Makoto sbottò. «Se ti dà tanto fastidio, non lo compriamo! Era solo un regalo che tenevo a farti!»

Lui si sentì in colpa. «Non si tratta di voler rifiutare un regalo...»

«Ma è la tua ultima parola.»

No, dannazione, per lei poteva cambiare idea. «Tu mi dai troppo, Makoto. Mi lasci usare questa casa come se fosse mia. Mi prepari le cene e i bento, pulisci prima che sia riuscito a pensarci da solo. Cuci, stiri, riordini...» Aveva perso il conto delle cose che lei faceva. Neanche sua madre aveva mai fatto tanto.

«Mi piace prendermi cura di te.»

La sua voce sottile gli fece male. «Allora lascia che ti dia almeno un materasso.»

«Perché? Non voglio niente in cambio.»

Diavolo. «Un regalo così grande mi fa sentire come un ragazzino che non è capace di comprarsi queste cose da solo!»

«Non voglio farti da mamma!»

Infatti era peggio. «Divento parte di una coppia in cui ricevo tanto senza aver preso alcun impegno.»

Makoto si irrigidì. Gen sentì di aver detto qualcosa di sbagliato, ma Makoto parlò prima di lui.

«Ho capito. Ti fa sentire a disagio che io faccia la mogliettina senza che tu mi abbia chiesto né promesso niente.»

Dannazione, no!

Il viso di Makoto si deformò in una smorfia. «Non lo faccio per ottenere qualcosa da te!»

«Non era quello che volevo dire!» Gen coprì la distanza tra loro in due passi.

Le spalle di lei scivolarono via dalle sue mani. «Allora cosa?»

«So che tu fai tutto per gentilezza. Non era un problema finché non ci hai aggiunto il materasso.»

«Lo faccio per amore, non per gentilezza.»

Gen si zittì. Come erano arrivati a quel punto? «Lo so.»

«Non ti ho chiesto alcun impegno. So che tu non ne hai presi con me.»

«Non è vero.» Si era impegnato con tutto il suo essere in quel rapporto. «Volevo dire che un materasso non si regala dopo tre mesi di relazione. È una cosa che si fa quando si sta per comprare casa insieme, o quando ci si fidanza, o...»

Makoto si stava deprimendo sempre di più. «Non vuoi che te lo regali perché non vuoi farmi credere che arriveremo mai a quel punto.»

«No!» Ma se voleva regalarle lui il materasso! Si trattenne dal mettersi le mani nei capelli. «Sento che ti sfrutto, Makoto. È solo questo. Mi offri cose che si dovrebbero dare dopo anni di relazione e io non ho ti ancora dato niente che abbia altrettanto valore.» Finalmente lo aveva detto bene. Ma non aveva terminato. «Voglio prenderti quel materasso perché mi è sembrato giusto appena ci ho pensato. Se è per entrambi e resta qui, c'è qualcosa di mio, per te, in questa casa.» 

Makoto abbandonò la tristezza. Prese una delle mani con cui lui aveva cercato di toccarla. «Era quello che pensavo anche io. Un oggetto così è per tutti e due e... volevo tanto che ce ne fosse uno nel mio appartamento.»

Tornare a comprenderla gli diede enorme sollievo. «Va bene.»

Lei aveva una preghiera negli occhi. «Compriamolo insieme, Gen. Sarà una cosa che prenderemo in due, per noi.»

... suonava ancora più giusto di quello che aveva pensato lui. Fu un'illuminazione. «È perfetto.»

Lei esplose in un sorriso. Gli gettò le braccia al collo e lo strinse talmente forte da fargli male - un dolore piacevole, benvenuto.

Gen sentì ancora il bisogno di chiarire. «Non penso che fai cose per me con secondi fini...»

Makoto si allontanò piano, per guardarlo in faccia, senza smettere di stringerlo. «Io invece voglio dire una cosa sulla tua gelosia. Ci tenevi a lasciare il segno col materasso?»

Be', non lo avrebbe negato.

Makoto sorrise del suo imbarazzo, poi divenne seria. «Non avrò bisogno di un oggetto per ricordarmi di te, Gen. Ci saranno parti fondamentali di me che saranno per sempre tue.» Si assicurò di avere i suoi occhi, affinché capisse. «Per l'eternità.»

Lui le prese la nuca e chiuse gli occhi con lei nell'incontrare la sua bocca. Spense il cervello.

Usò le mani, il corpo, per riempirsi e riempirla di sensazioni. Tutto, pur di non pensare al fatto che lui non aveva alcuna eternità da offrire.

Ma ora erano ancora in una piccola casa, lei non era millenaria e lui poteva ancora darle tutto quello che era, senza trasformarsi in qualcosa che...

Non so se riuscirei.

Provò a dimenticarlo.

   

Makoto si addormentò per ultima dopo che ebbero fatto l'amore. In lei aleggiava ancora una consapevolezza, un senso di colpa.

Aveva quasi chiesto a Gen di decidersi - di dirle, ora e subito, che l'amava con tanta sicurezza da voler passare con lei secoli e secoli, anche se questo avrebbe trasformato la sua vita, anche se avrebbe significato perdere la sua famiglia, la sua natura. 

Perché le mie amiche hanno questo e io no?

Perché Gen non l'amava abbastanza?

Si sentiva meschina nell'avere quei pensieri. Covava desideri così egoisti perché più passava il tempo, più non riusciva a immaginare di vivere la propria vita senza Gen. Voleva persino litigare ancora per cose come quelle - per un materasso, per scegliere una casa, una macchina, se prendere un cane... Ed era stupida. Nella sua testa stava immaginando una vita normalissima.

Neppure da sola riusciva ancora a concepire come sarebbe cambiata la sua esistenza di lì a poco. Non sapeva cosa avrebbe fatto, quando, a novant'anni, non fosse stata una vecchia nonnina circondata da una famiglia numerosa, pronta a spegnersi. Lei sarebbe rimasta giovane, una ragazza, con secoli di tempo da riempire davanti a sé - una vita enormemente lunga. E voleva trascinare Gen in quell'abisso di incertezza?

Non lo biasimava.

Non lo incolpava.

Voleva solo che quel loro presente si allungasse all'infinito.

Molto piano, lo abbracciò più forte.

Non gli aveva mentito.

Ricorderò per sempre quanto sei caldo quando ti stringo. La sensazione dei tuoi capelli sulle mie dita. Il tuo respiro sulla mia guancia.

Tutto era già parte di lei. Voleva solo... un giorno in più. Ogni giorno, giorno dopo giorno, voleva solo un altro domani con lui.

Per quella sera, si accontentò di quella notte e si addormentò.

   


    

«È il migliore! Avete scelto benissimo! Questo materasso ha il suo prezzo, ma si ammortizzerà negli anni, con un riposo confortevole e sereno che vi lascerà soddisfatti!»

Gen sorrideva. «Ce lo ha già venduto. Lo prendiamo.»

La commessa del negozio saltellò verso la cassa. «Da questa parte!»

Makoto era allegra. «L'abbiamo fatta contenta.»

«Immagino la sua commissione. Ma è stata una buona idea unire le nostre finanze. Quando si tratta di comprare cose come queste, non mi va di risparmiare. Infatti ho intenzione di prendere questo fantastico televisore...»

Makoto sussultò. «Non per casa mia!»

Gen rise. «Per la mia famiglia. Il televisore che abbiamo è vecchio, è ora di cambiarlo.»

Coi soldi arrivati dall'assicurazione ora lui non doveva più risparmiare. Era più rilassato sul denaro e lei ne era felice.

Gen le rivolse un sorriso furbo. «Se farai la brava, ne prenderò uno anche a te.»

Per rimetterlo al suo posto, lei aprì una mano sul suo fondoschiena e gli strizzò un gluteo.

Lui sobbalzò.

Makoto si concesse una risatina. «Comportati bene.»

La commessa sbatteva gli occhi, ignara. «Tutto a posto?»

«Certo» rispose Gen, diplomatico.

Makoto se la rise tra i denti per tutto il tempo che furono alla cassa.

 
    

Marzo 1997 - Litigio - FINE

 


  

NdA: Torno a farmi viva con questa storia e con questa coppia, perché quando mi ispirano devo ascoltarli e scrivere di loro :)

Volevo dedicare una menzione speciale e Eleonora, che sul gruppo Facebook Verso l'alba e oltre ha disegnato a fumetti alcune scene di questa storia (la prima gita al negozio di Makoto e Gen) solo dopo averne visto l'anteprima. Sono cose che mi commuovono ç_ç

Inoltre volevo citare anche Simona/ggsi, che continua a ricordarmi che Gen è un micione, al punto da avermi quasi indotto a mettere questo sottotitolo al capitolo: 'La storia di come Gen voleva comprare una cuccia per sé e la padrona' :D

Grazie a tutti voi che mi leggete di esserci e seguirmi :)

 

ellephedre

 

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: ellephedre