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Autore: MissKiddo    03/12/2015    1 recensioni
Jessica Ludlow ha vent'anni e sta per affrontare l'avventura più grande della sua vita. I suoi genitori le hanno offerto un viaggio e lei ha deciso di partire per l'Alaska insieme alla sua migliore amica.
Quando arriverà al piccolo paesino rimarrà affascinata da quel luogo così suggestivo ma quando si perderà nel bosco in mezzo ad una bufera di neve si renderà conto che la sua scelta si è rivelata fin troppo estrema. In suo aiuto arriverà Vincent Sullivan, un ragazzo cresciuto nel bosco insieme a tutta la sua famiglia.
Tratto dalla storia: "Si incamminò nella direzione che pensava fosse giusta ma dopo cinque minuti ancora vagava per il bosco senza sapere dove fosse. Fermandosi vicino ad un albero il panico iniziò a prendere il sopravvento. Non aveva camminato così tanto per raggiungere lo scoiattolo. Il suo istinto di sopravvivenza iniziò a mandarle un messaggio molto chiaro. “Mi sono persa, mi sono persa, mi sono persa”. Iniziò ad urlare il nome di Fran senza sentire alcuna risposta."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 1

Viaggio

 

Vincent Sullivan stava osservando l'orizzonte dal punto più alto della montagna. L'alba era il momento della giornata che preferiva, lo faceva sentire in pace con se stesso. Il cielo era di colore viola sfumato e presto il sole sarebbe sorto inondando di luce gli abeti ricoperti di neve.
Vivere in Alaska aveva molti pregi ma anche molti difetti. In inverno vi erano solo sei ore di luce e lui voleva godersele sin dal primo momento.
Vincent inspirò profondamente sentendo il profumo della foglie e della neve. Chiuse gli occhi e rimase per alcuni minuti fermo assaporando il momento. 
Quando finalmente il sole spuntò del tutto, gli alberi iniziarono ad abbagliarlo per via della neve e del ghiaccio. Sorrise, era soddisfatto. Sarebbe stata sicuramente una giornata splendida.

Discese il piccolo sentiero della montagna e raggiunse la fattoria in pochi minuti. La costruzione si trovava al centro di una grande radura. I pini che si trovavano dietro alla casa servivano da protezione contro le bufere invernali.
Si fermò a pochi metri di distanza e fissò il posto che amava di più al mondo: casa sua. Era grande e solida, non facevano più costruzioni del genere. La veranda era completamente bianca e ciò faceva da contrasto con le pareti rosse.
Suo padre, Tom, aveva ereditato la fattoria dopo la morte del nonno quando era ancora giovane ed era sposato da poco.
Inizialmente Tom pensò di rivendere quella casa in mezzo al nulla ma dopo pochi mesi, passando molto tempo in quel posto silenzioso e pieno di odori e profumi deliziosi, capì che era il posto che voleva per crescere i suoi futuri figli. Suo moglie Betty ne fu entusiasta ed accettò di buon grado la sua idea. In fondo non avevano mai vissuto davvero in città e non fu un sacrificio troppo grande.
«Ehi, vuoi startene lì per tutto il giorno?» quella voce portò alla realtà Vincent che ancora era immobile a fissare la casa.
Voltandosi vide suo fratello, Noah, con della legna tra le braccia. Nonostante il freddo Noah aveva una maglia a maniche corte che lasciava vedere i muscoli ben definiti delle braccia. I lunghi capelli ramati erano raccolti in una coda bassa e i suoi occhi verdi brillavano, come sempre, di sincera allegria.
«Volevo solo controllare il tetto. Tutto bene?» rispose Vincent avvicinandosi al fratello. «Beh, io ti dico che oggi non andrà bene niente! Cristo dopo due anni torna Adam e io prevedo un bel casino» disse Noah prendendo ancora della legna passandola a suo fratello.
Adam era il fratello maggiore di Vincent e Noah. Tom diceva sempre che era la pecora nera della famiglia e che non avrebbe mai più messo piede alla fattoria. Vincent prese la legna e si incamminarono verso casa.
Vincent scosse la testa. «Papà andrà su tutte le furie, ma dobbiamo cercare di non litigare» Noah parve offeso.
«Vince, io ti rispetto e rispetto anche Adam, in fondo voi due siete più grandi di me ma non posso perdonarlo per quello che ha fatto!»
Vincent ripensò a quando Adam parlò a tutta la famiglia dicendo che sarebbe andato via dalla fattoria, che non aveva nessuna intenzione di vivere in mezzo al nulla e che sarebbe diventato un avvocato. Lo sgomento di suo padre si trasformò immediatamente in rabbia e dopo un lungo litigio quella fu l'ultima volta che videro il primogenito della famiglia Sullivan.
Dopo quella notte Tom non fu più lo stesso, aveva perso il figlio prediletto, il figlio in cui aveva riposto tutta la sua saggezza e tutta la sua speranza.
Vincent si voltò verso Noah. «Non dire cazzate! Tu lo perdonerai, lo faremo tutti. Papà si è salvato appena in tempo l'ultima volta che ha avuto quel malore e non voglio che stia male ancora. Litigare lo renderebbe nervoso e non va bene per il suo cuore, quindi tu vedi di comportarti bene» Noah abbassò gli occhi, non voleva discutere con suo fratello. «Hai ragione, Vince» disse entrando nel tepore della casa.

Nella cucina la tavola era apparecchiata per la colazione. Un profumo invitante di toast e burro attirò l'attenzione dei due ragazzi. «La colazione è pronta!» urlò Betty. Vincent corse in cucina e si sedette al suo solito posto afferrando immediatamente un toast.
Betty aveva cinquantanni ma poteva dimostrarne sicuramente dieci in meno. I capelli ramati di Noah erano molto simili a quelli di sua madre anche se più scuri. Era rivolta ai fornelli per preparare dell'altro bacon. «Avete preso abbastanza legna?» chiese infine voltandosi verso di loro.
«Sicuro! La stufa potrà rimanere accesa per almeno due giorni!» esclamò Noah prendendo un po' di uova strazzate. «Bene, molto bene. Vostro padre sta molto meglio questa mattina, credo che farà colazione con noi» Vincent alzò gli occhi sulla madre. «Sul serio? È fantastico, vado ad aiutarlo»
Vincent salì di fretta le scale che portavano al piano superiore ed entrò nella camera dei suoi genitori come una furia. Trovò suo padre ancora nel letto e sua sorella Cristel che cercava di farlo alzare.
Cristel era la piccolina di casa, l'unica figlia femmina dei Sullivan. Ovviamente avendo tre fratelli maschi maggiori era sempre stata protetta e felice, anche se, nel suo cuore avrebbe sempre desiderato una sorella con cui parlare di cose che i maschi non capivano.
«Cristel, ci penso io» disse Vincent avvicinandosi al padre. Tom era imbronciato con le braccia incrociate sul petto. «Non vuole prendere le medicine!» esclamò Cristel esasperata alzando gli occhi al cielo.
«Non prendo quei cosi pieni di chissà cosa, e tu sei mia figlia quindi non puoi darmi ordini» Cristel rimase lì per alcuni secondo, poi sbuffando uscì dalla stanza lasciando i due uomini da soli.
Vincent fissò suo padre ed alzò un sopracciglio. «Non tormentare Cristel» disse sorridendo. Tom rise. «Lo sa anche lei che scherzo. Ma comunque io non prenderò quella roba»
«Ma devi! È per il tuo bene e per il bene della famiglia» Tom si alzò molto lentamente dal letto e si avvicinò a suo figlio posando le sue mani sulle sue spalle. «Le prenderò ad una sola condizione»
«E quale sarebbe?» chiese Vincent incuriosito. «Non voglio parlare con Adam» Vincent roteò gli occhi con fare esasperato.
Non poteva farlo. Adam aveva saputo tutto sull'operazione di Tom e adesso voleva cercare di mettere le cose apposto e a Vincent andava più che bene.
«Prenderai le medicine, anche perchè, se non lo fai la mamma te le farà ingoiare con la forza, e tu sai che ne sarebbe capace. Dopo di che aspetteremo l'arrivo di Adam e tu parlerai con lui, ti sforzerai di rimanere calmo e forse tutto tornerà come prima» la voce di Vincent era calma.
Tom lo guardò di sottecchi e sbuffò nuovamente. «Passami quelle dannate medicine!» 
«Grazie papà» rispose Vincent porgendo al padre un bicchiere d'acqua e due pillole.



L'autobus su cui viaggiavano era scomodo e rumoroso, ma era l'unico che portava al piccolo paesino in cui avrebbero passato le tre settimane di vacanze.
Jessica teneva il viso appoggiato al finestrino, era freddo ma in quella posizione poteva vedere l'enorme distesa di pini alti e ricoperti di neve fresca.
Il suo fiato creò un alone sul vetro, vedendolo Jessica lo toccò con il dito ed iniziò a disegnare un cuore. Quando ebbe finito si voltò verso la persona al suo fianco. Fran era la sua migliore amica da almeno dieci anni. Sorrise vedendola dormire con la bocca aperta.
«Smettila di prendermi in giro» disse Fran con la bocca impastata per il sonno. Jessica rise ancora più forte. «Eri così bella! Avrei dovuto farti una foto» Fran si sistemò sul sedile e le fece una linguaccia. «Avrei potuto ucciderti!» risero entrambe. «Penso che ci siamo quasi» disse Jessica guardando di nuovo fuori. Fran si sporse verso il finestrino e fece una smorfia. «I tuoi ti hanno offerto un viaggio e tu hai deciso di venire in questo posto? Sei matta! E io sono ancora più matta di te per aver accettato di seguirti»
«Non dire sciocchezze. Non senti l'aria pulita, il profumo della natura selvaggia?»
«Io sento solo che il mio culo sta diventando piatto. Siamo in viaggio da ore» ribatté Fran massaggiandosi il fondo schiena. Jessica la fissò e sorrise.
«Ci divertiremo» disse infine.

Quando scesero all'ultima fermata Jessica si guardò intorno. Vi erano solo alcune case, un bar e una grande costruzione che doveva essere il loro albergo. Quel piccolo paesino contava appena duecento anime e a lei piaceva da matti.
Sentiva il profumo dell'aria non inquinata e respirò a pieni polmoni. Fran non era dello stesso parere a giudicare dall'espressione delusa che aveva sul viso. «Mi aspettavo il peggio, ma questo è peggio del peggio» esclamò.
«Sai forse sarei dovuto venire da sola» disse Jessica sentendosi un po' in colpa, in fondo l'aveva quasi obbligata. Fran cercò di tirarsi su e sorrise. «Tu? Da sola? Senza di me? Non scherzare. Cosa faresti senza la tua migliore amica? Avanti, andiamo in albergo, sono curiosa di sapere se hanno almeno l'acqua calda» Fran si diresse verso l'ingresso portandosi dietro le sue due enormi valige. Jessica la seguì portando il suo braccio sulla vita di lei. «Non ci contare!» disse sorridendo.

L'interno dell'albergo si rivelò caldo e ospitale. Vi era un enorme camino acceso che scoppiettava piacevolmente. Al centro della sala vi era una grande pelle d'orso e attaccati alle pareti vi erano le teste di vari animali impagliati.
Jessica si diresse verso il bancone della reception dove una donna, bassa e dagli occhi gentili, le stava osservando. «Salve! Noi siamo Jessica Ludlow e Fran Vean, abbiamo una prenotazione» la signora sorrise e fece un cenno con il capo. Jessica notò il cartellino che portava sul petto, lesse che si chiamava Dina. «Certo, vi stavo aspettando. È bello avere dei giovani in paese. Io sono la signora Rey» Fran si avvicinò al bancone e si sporse verso Dina con fare cospiratorio. «Avete l'acqua calda?» chiese in un bisbiglio.
Jessica si accorse dello sguardo offeso della signora e prese il braccio di Fran per farla indietreggiare. «Non faccia caso, sa il viaggio... è molto stanca»
Dina le accompagnò nella loro camera, per fortuna che la battuta di Fran non l'aveva offesa. Disse che avevano acqua calda e il riscaldamento.
Quando se ne fu andata le due ragazze scoppiarono a ridere. «Sei terribile» disse Jessica buttandosi sul letto. Scoprì che era comodo e che vi avrebbe dormito bene.
Mentre fantasticava sulla meravigliosa vacanza che l'attendeva il suono del cellulare la fece sobbalzare. Lo prese tra le mani e lesse il messaggio.
Fran si sporse dalla porta del bagno e la osservò. «È lui, vero?» Jessica annuì con la testa. Vedere un messaggio di Jason la rese nervosa. «Voleva sapere del viaggio e se fosse andato tutto bene»
«Non rispondere. Forse non ha ben capito che non state più insieme» Jessica scosse la testa, non voleva farsi rovinare tutto dal suo ex ragazzo.
È vero, era stata una storia importante ma anche dolorosa e adesso era finita per sempre. «Gli scriverò che stiamo bene e che da queste parti il cellulare non ha linea» Fran sorrise. «Sei un genio. Messaggio distaccato e conciso»
«Cosa vuoi farci, sono troppo intelligente»
«Ehi, non esagerare, sono io l'unica intelligente tra noi due» Jessica le lancio un cuscino, ma Fran lo evitò entrando nel bagno.

Nelle due ore successive si fecero una doccia a turno e poi si vestirono in modo comodo ma molto pesante, il freddo si faceva sentire sempre di più.
Quando scesero al piano di sotto scoprirono di essere le uniche due clienti dell'albergo, ma forse era meglio così, con tutte gli schiamazzi che aveva fatto per fare la doccia avrebbero sicuramente disturbato.
Per quel giorno decisero che avrebbero fatto un'escursione. Il marito della signora Dina le avrebbe accompagnate per un sentiero vicino alla montagna. Avrebbero visto animali, piante e fiori stupendi, o almeno così prometteva il volantino che le aveva offerto.
«Sai che divertimento» disse Fran una volta uscite all'aperto. «Magari incontreremo un orso e ti mangerà» disse Jessica dando una pacca sulla spalla dell'amica. «O magari una piscina naturale, sai di quelle calde. Sarebbe bellissimo!»
«Certo, e magari anche una SPA con massaggi» Fran si voltò verso l'amica con un'espressione di colma speranza. «Dici che...» si fermò vedendo il sorriso sulle labbra dell'altra e capì che stava scherzando. «Ti odio» disse portandosi le braccia al petto.
Gilbert -così si chiamava il marito di Dina- si presentò poco dopo davanti all'albergo. I suoi capelli erano bianchi come quelli di babbo natale e i suoi occhi erano allegri e vivaci. «Siete pronte per l'escursione?» chiese lui portandosi sulla spalla un fucile. Le due ragazze osservarono l'arma impaurite. Gilbert capì e volle rassicurarle. «Tranquille, questo è per gli orsi!»
«Oh beh, è solo per gli orsi, che vuoi che sia!» esclamò Fran esasperata. Jessica sorrise. «Crede sia pericoloso?» chiese Jessica avvicinandosi all'uomo. «Di solito va sempre tutto bene, ma così mi sento più sicuro. State tranquille andrà tutto bene, vi divertirete».

Dopo pochi minuti erano già su un sentiero che portava verso la montagna. L'aria era molto fredda ma sapeva di buono, di pulito.
Jessica osservò attentamente ogni piccolo particolare: i fiori, gli aghi dei pini e i cristalli di ghiaccio. Era tutto così meravigliosamente nuovo e libero. Dopo poco estrasse dalla sua borsa una macchina fotografica e iniziò a scattare foto come una forsennata.
Fran camminava lentamente e si guardava intorno come se tutto fosse sporco e disgustoso. «Credo che un orso abbia fatto i suoi bisogni» disse ridendo. Gilbert fece finta di non aver sentito ma Jessica le si avvicinò e lei diede un pizzicotto sul sedere. «Smettila» bisbigliò.
«Puff, era una battuta!»
Gilbert camminava velocemente ed era difficile stargli dietro, era anziano ma molto svelto. Mentre le due ragazze erano già stremate lui non aveva neanche il fiatone.
Finalmente dopo un'ora di passeggiata arrivarono in un punto dove si vedeva il piccolo paesino ma anche un panorama fantastico. «Ecco ragazze, credo che questo sia il posto più bello della montagna» disse Gilbert osservando il cielo senza nuvole.
Si sedettero su delle rocce per osservare meglio e Fran tirò fuori un succo di frutta, lo bevve in silenzio. Jessica era tra le nuvole, non sola quella vista le mozzava il fiato ma le fece tornare in mente Jason. Improvvisamente rabbrividì. Cosa doveva fare con lui? Cercò subito di scacciare quel pensiero, aveva deciso di voltare pagina e quello non era il modo giusto. «Tutto bene?» chiese Fran. «Tutto perfetto! Mi sento come in paradiso» Jessica cercò di sorridere ma non ci riuscì del tutto. «Ma pensi ancora a Jason» rispose Fran accarezzandole i capelli. Jessica sospirò. «È così. Sono una stupida?»
«Non dire cazzate! È lui lo stupido. Non avrebbe mai dovuto alzare le mani su di te» nella mente di Jessica tornò l'immagine di Jason che le dava uno schiaffo, ricordava perfettamente il dolore caldo che le invase la guancia. «Quella è stata la notte più terrificante della mia vita. Avresti dovuto vedere la sua faccia! Non sembrava neanche lui»
«Immagino. Ma perchè continui a parlarci? Ti fa solo male»
«Perché mi ha chiesto molte volte scusa e credo fosse sincero. Siamo stati insieme per tre anni» Fran si avvicinò ancora di più all'amica. «Promettimi soltanto che non tornerai mai più con lui. Anche se ti pregasse in ginocchio» stavolta era davvero seria. «Promesso! Non ho nessuna intenzione di tornare con lui, mai più» le due amica si abbracciarono.
Gilbert era rimasto in disparte, stava ancora guardando l'orizzonte. «Sapete, qui vicino ci sono delle terme a cielo aperto» Fran si voltò di scatto. «Devo assolutamente vederle!» disse avvicinandosi all'uomo. «Sono a cinque minuti di cammino, andiamo» rispose Gilbert prendendo una stradina poco distante. Jessica li raggiunse e disse che non sarebbe andata, preferiva rimanere lì e scattare altre foto. «Ancora? Io voglio le terme» disse Fran piagnucolando. «Andate voi due, io rimarrò qui. Ci vediamo tra mezz'ora, che ne dite?» Gilbert non era sicuro di volerla lasciare da sola ma pensò che non avrebbe corso pericoli. Dopo pochi secondi di riflessione disse che poteva andare bene. «Direi che possiamo stare via dieci minuti e ci ritroviamo in questo punto preciso. Ma fai attenzione non ti allontanare da sola»
«Puoi contarci!» rispose Jessica sorridendo.

Adesso che era da sola Jessica apprezzò ancora di più quel luogo, non si sentivano il rumore delle auto o le voci delle persone.
Fotografò ogni cosa, impegnandosi al massimo per immortalare quella bellezza. Dopo poco sentì un rumore, sembravano dei passi. Si irrigidì ricordando che Gilbert aveva detto che in giro potevano esserci degli orsi. Si voltò lentamente e trasse un sospiro di sollievo quando vide un piccolo scoiattolo impegnato a magiare una ghianda.
Presa dall'emozione decise che lo avrebbe fotografato, non aveva mai visto uno scoiattolo così bello. Si avvicinò ma appena lo scoiattolo la vide scappo nel fitto degli alberi. «Vieni piccolo» disse sottovoce Jessica seguendolo.
Lasciò la piccola radura e si introdusse nel bosco, pensò che avrebbe ritrovato la strada facilmente, era una ragazza di città ma non era così stupida da perdersi.
Finalmente dopo pochi secondi ritrovò lo scoiattolo, adesso la stava osservando incuriosito. Jessica riprese la macchina fotografica e riuscì a scattare. «Non male, sei fotogenico» lo scoiattolo continuò a fissarla.
Improvvisamente Jessica si rese conto che la luce si stava affievolendo, era quasi l'ora del tramonto. Si voltò per riprendere la strada che aveva fatto ma ad un tratto tutto sembrava uguale, non riusciva a capire da dove fosse sbucata. «Non farti prendere dal panico» disse sottovoce.
Si incamminò nella direzione che pensava fosse giusta ma dopo cinque minuti ancora vagava per il bosco senza sapere dove fosse. Fermandosi vicino ad un albero il panico iniziò a prendere il sopravvento. Non aveva camminato così tanto per raggiungere lo scoiattolo. Il suo istinto di sopravvivenza iniziò a mandarle un messaggio molto chiaro. “Mi sono persa, mi sono persa, mi sono persa”. Iniziò ad urlare il nome di Fran senza sentire alcuna risposta.

 

Il salotto della fattoria era affollato. Intorno al tavolo vi era tutta la famiglia Sullivan, compreso Adam.
Il camino era acceso rendendo la stanza calda e accogliente nonostante fuori il vento si fosse levato impietoso facendo fischiare gli alberi. Molto probabilmente quella sera avrebbero assistito ad una tempesta di neve.
Vincent guardò fuori e poi di nuovo suo padre. Erano rimasti in silenzio durante tutta la cena, ogni tanto Tom borbottava qualcosa ma poi si zittiva subito vedendo le occhiatacce che le spediva Betty. «Posso parlare?» disse Adam esasperato da quel silenzio. «Certo che puoi parlare, tesoro» rispose Betty. Tom provò a dire qualcosa ma ci rinunciò. «Papà... ascoltami. So che sono stato una delusione e che mi sono comportato male con te e con tutta la famiglia ma cerca di capire le mie ragioni»
«No, non posso. Non posso capire il motivo per il quale hai preferito la città al mondo che io e tua madre abbiamo costruito con tanta difficoltà per voi!» Tom stava quasi urlando. «Calmati, papà» disse Cristel posando la forchetta sul tavolo, non aveva più fame.
Adam si alzò di scatto. «Appunto! Tu e mamma avete scelto per noi! Non accettate nessuno che non la pensi come voi» Vincent si alzò a sua volta e si avvicinò ad Adam. «Calmi, non è il caso di alzare la voce» Tom scosse la testa e cercò di calmarsi, sentiva il cuore che gli batteva all'impazzata. «Sedetevi tutti e due» quando entrambi si furono seduti, rivolse di nuovo lo sguardo verso Adam. «Io e vostra madre abbiamo dovuto fare molti sacrifici per offrirvi una vita serena e libera. Senza essere condizionati dal mondo esterno, senza farvi forviare da tutte le cose brutte che esistono in questo mondo» Betty lo guardò con aria serena. «Ma non avete mai pensato che noi abbiamo un cervello e che abbiamo le nostre idee? Io vi rispetto e rispetto le vostre scelte ma voi non lo state facendo con me. Nel mondo ci sono cose anche belle»
«Pensi di essere migliore di noi solo perchè porti quella giacca e cravatta» disse Tom con disprezzo. «Non l'ho mai pensato! Voi per per siete tutto e lo è anche la fattoria ma non possiamo vivere con i paraocchi» Vincent si sentiva terribilmente teso, sentiva che non avrebbe potuto fare niente per calmare gli animi. «Avresti potuto parlare con noi invece di andare via così all'improvviso» intervenne Noah tenendo gli occhi fissi sul suo bicchiere. «Non sarebbe cambiato niente, e non cambierà mai niente da come vi state comportando» rispose Adam roteando gli occhi.

La cena si concluse ed anche la discussione ma la questione era tutt'altro che risolta. Adam disse che sarebbe tornato in albergo ma a causa della forte tempesta di neve fu costretto a rimanere alla fattoria. Vincent rimase da solo in salotto sentendo il fischiare del vento. Dopo poco sentì Adam scendere le scale. «Sempre l'insonnia?» chiese al fratello. Lui sorrise, un sorriso beffardo. «Come vedi qui non cambia mai niente» Adam lo raggiunse al divano. «Anche tu ce l'hai con me?»
«Assolutamente no, non posso scegliere tra mio padre e mio fratello. Vorrei che tutto tornasse apposto»
«Papà sta meglio» disse Adam cambiando discorso. «Si, per fortuna. Vedi di non farlo infuriare di nuo...» Vincent fu interrotto da un rumore proveniente dall'esterno. Rimasero entrambi in silenzio per alcuni secondi. «Sembrava un urlo» disse Vincent sottovoce. «Potrebbe essere stato il vento» ribatté Adam rimanendo comunque in ascolto. «Non so... vado a vedere» si alzò e si diresse verso la porta.
Quando si ritrovò fuori il vento lo aggredì facendolo rabbrividire. Ascoltò nuovamente i rumori che lo circondavano e in quel momento lo sentì. Adesso era molto chiaro, era un urlo che proveniva dal bosco. Senza indugio iniziò a correre tra gli alberi.

 

 

Spazio autrice:
Ciao a tutti! :) questa è la mia nuova storia. Ho quest'idea che mi gira per la testa da qualche settimana e finalmente mi sono decisa a scriverla. Diciamo che è una prova, se piacerà a voi e convincerà me continuerò scriverla.
Fatemi sapere cosa ne pensate tramite una recensione, non siate timidi! Che dire? Spero vi piaccia! :)

PS: spero di riuscire a pubblicare almeno un capitolo a settimana!

A presto;
MissKiddo

   
 
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