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Autore: Manny_chan    03/03/2009    1 recensioni
La guerra è finita, da quasi due anni la comunità magica sembra finalmente sentirsi al sicuro.
Forse merito anche del nuovo Ministro della magia e delle sue leggi estremamente poco tolleranti verso le idee di Voldemort e i Mangiamorte ancora in vita.
E' proprio una di queste leggi a dividere Harry, da sempre convinto che le posizioni del nuovo Ministro siano troppo drastiche, e Ron.
Per il fulvo, che lavora a stretto contatto con le vittime di quegli anni di terrore, sono addirittura poco severe.
Ma qualcosa portebbe fargli cambiare presto idea...
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Ron/Draco
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccolo avviso.
Avendo odiato con tutto il cuore la Rowling per la carneficina perpetrata nell'ulimo libro, in questo mio ipotetico continuo ho fatto resuscitare buona parte dei personaggi ò.ò
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1.
Harry posò la gazzetta del profeta sul tavolo, concentrandosi sul bicchiere di succo di zucca che aveva di fronte “non so voi, ma a me il provvedimento del ministro della magia sembra eccessivamente drastico” borbottò.
Hermione sgranocchiò distrattamente un biscotto “anche a me Harry” disse pensierosa “ma la maggior parte della comunità magica è più che d’accordo con lui”.
Ron annuì lugubre “già, anche io la penso come loro” borbottò stiracchiandosi “bisogna fare piazza pulita di tutti quei folli che osannavano voi-sapete-chi”.
La notizia della decisione del nuovo ministro della magia aveva fatto scalpore, dopo nemmeno un mese di governo aveva presentato quella terribile legge, ben consapevole delle sue conseguenze.
Per ben tre anni dopo la caduta di Voldemort, il ministero della magia era stato nel più completo caos, mentre i ministri provvisori si alternavano, dimettendosi poco dopo a causa dell’enorme stress che provocava quella carica.
Alla fine, pochi mesi prima la carica ufficiale era stata affidata a  Armand Victorius Milton, che poco dopo aveva proposto quella legge, che di per sé era assai semplice.
Consisteva nel condannare a morte tutti i seguaci di Voldemort rinchiusi ad Azkaban per i crimini più gravi, mentre per quelli dalla pena più mite era previsto l’obliviamento completo, ovvero la cancellazione totale della loro memoria.
In un primo momento tutti ne furono inorriditi, ma lentamente i suoi sostenitori erano aumentati, ed il giorno prima era finalmente entrata in vigore.
Harry scosse la testa “posso capire che la gente sia spaventata dalla possibilità che le idee di Voldemort possano influenzare altri futuri Lord Oscuri, ma estirparle così…” non concluse la frase guardando tristemente la lunghissima lista di coloro che due giorni dopo sarebbero stati processati.
C’erano nomi che conosceva, nomi di gente che gli aveva fatto del male, ma non se la sentiva di gioire per quel provvedimento “la morte porta solo ad altra morte” mormorò.
“Questo succedeva prima Harry” disse Ron alzandosi dalla sedia “e comunque è tutta gente che non avrà la compassione di nessuno” fece un cenno di saluto a lui e ad Hermione, poi si smaterializzò riapparendo in un vicolo poco lontano.
Avevano preso l’abitudine di ritrovarsi a fare colazione in un piccolo locale, ben celato alla vista dei babbani, prima di recarsi ognuno al proprio lavoro.
Ron avrebbe anche potuto materializzarsi direttamente nel suo ufficio, tuttavia in quella bella giornata primaverile aveva deciso di fare quattro passi.
Si incamminò tranquillamente lungo la strada.
Erano passati tre anni da quando Voldemort era morto, ed una volta tornata la pace ognuno aveva intrapreso la propria strada.
Harry lavorava per il ministero della magia come Auror, lavoro che, dopo la fine della guerra, si era rivelato più tranquillo del previsto.
Hermione aveva svolto una gran quantità di lavori che andavano dall’insegnante all’allevatrice di creature magiche, finendo per trovare la realizzazione come medimaga al San Mungo.
E lui… bè, aveva scoperto che fare l’Auror non era lo scopo della sua vita, così aveva richiesto, al ministro di allora, di essere trasferito in una sede distaccata, a metà tra il ministero ed il San Mungo.
Era una struttura destinata ad accogliere le vittime indirette della guerra, le cui conseguenze psicologiche erano state devastanti.
Ogni giorno si ritrovava ad affrontare persone che venivano assalite dal terrore irrazionale di uscire di casa, oppure doveva lavorare con persone con continue perdite di memoria e momenti di assenza, causa delle numerose maledizioni a cui erano stati sottoposti.
Perso nei suoi pensieri non si rese conto di essere già arrivato alla sede distaccata, non aveva un nome vero e proprio, ma chi vi lavorava la definiva affettuosamente il manicomio, anche se nessuno l’avrebbe mai definita così davanti ad un paziente.
Si incamminò lungo il corridoio silenzioso ed incolore, sorrise con tenerezza quando scorse Neville che, arruffato ed assonnato, stava parlando con uno dei colleghi di Ron.
Aveva senz’altro passato lì la notte, lo faceva spesso da quando i suoi genitori erano strati trasferiti alla sede distaccata per un trattamento sperimentale.
Neville incrociò il suo sguardo e sorrise a sua volta facendogli un cenno di saluto ed avvicinandosi, aveva perso la goffaggine che lo contraddistingueva a scuola.
Ora, sebbene possedesse ancora qualcosa di sgraziato, poteva definirsi un ragazzo degno di attenzione, non che la cosa gli interessasse visto che si era ufficialmente fidanzato con Luna Lovegood.
“Allora” esordì Ron “come va?”, Neville fece un sorriso radioso “oh, a meraviglia” disse euforico “mia madre ieri sera ha indicato la brocca dell’acqua e ha detto -sete-” gli scintillavano gli occhi dalla felicità.
Ron sorrise a sua volta “è un bel progresso” disse incoraggiandolo, rispetto alle condizioni in cui erano quando li avevano mandati lì, quando dovevano ancora obbligarli a bere e mangiare altrimenti si sarebbero lasciati morire di fame, era davvero un gran bel progresso.
Neville annuì “ti lascio al tuo lavoro” disse poi “non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi convinto a portarli qui” aggiunse sparendo in fondo al corridoio.
Ron si incamminò di nuovo, pensando che per il compleanno di sua madre poteva fare un salto a Diagon Alley e comprarle una delle splendide piante che Neville e Luna coltivavano nella serra che avevano comprato; il piccolo negozio affianco era stato l’investimento migliore che i due potessero fare.
Le piante del ragazzo erano le più belle che ci fossero nella zona, e sebbene Luna, che lavorava come confezionatrice e commessa nel negozietto, non facesse che mettere in guardia i clienti sugli Sbiruli Sbarazzini che potevano nascondersi tra le foglie, gli affari andavano a gonfie vele.
Finalmente entrò nello stanzone dove si trovavano gli armadietti dei dipendenti, salutò un paio di colleghi che si stavano cambiando, poi si diresse verso il suo.
Si tolse la giacca leggera ed il maglioncino che portava sotto, infilandosi il camice arancione pallido che classificava il suo gruppo di appartenenza.
Alla sede distaccata lavoravano due tipologie di maghi, quelli a cui erano affidati i casi come i genitori di Neville erano veri medimaghi, e poi c’era il gruppo a cui apparteneva lui, affettuosamente ribattezzato il gruppo degli psicomaghi.
Non curavano la gente nel vero senso della parola, quando erano stati assunti era stato loro imposto di frequentare un corso di psicologia babbana ed ora stavano mettendo a frutto ciò che avevano imparato.
Gli psicomaghi avevano a che fare con i casi psicologici appunto, gente con manie di persecuzione o fobie di vario genere sviluppate dopo la guerra.
Si incamminò lungo il corridoio salutando Lavanda Brown, che lavorava seduta alla postazione centralino-reception-servizio clienti, poi aprì la porta del salottino dove riceveva i suoi pazienti.
Una graziosa donnina lo stava aspettando, Ron ebbe l’impressione che volesse alzarsi ed andare a nascondersi dietro una pesanti tende bianche.
Il bianco era il colore dominante in quel posto, gli esperti dicevano che rilassava i pazienti, ma nel caso della signora Grywulf non sembrava funzionare.
“Buongiorno signora Grywulf” esordì Ron sedendosi sulla sedia accanto a lei e prendendo un foglio che stava appoggiato al tavolino “suo figlio l’ha accompagnata qui perché dice che viene colta da attacchi di panico improvvisi e senza motivo giusto?”.
La donna sgranò gli occhi “chi è lei? E perché vuole saperlo?” disse con voce stridula “Nathan” gridò poi “tesoro, portami via da qui!”, Ron sospirò scuotendo la testa, un’altra lunga giornata era iniziata…

   
 
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