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Autore: EcateC    04/12/2015    5 recensioni
Esegesi sentimentale e romanzata della storia d'amore più tragica della saga, quella tra Merope Gaunt e Tom Riddle senior. Ripercorreremo dall'inizio tutta la loro vicenda, e io cercherò di onorare al meglio quelli che sono stati i sentimenti della giovane Maganò, così innocenti e così letali al tempo stesso. Tom Riddle, invece, il giovin signore che tutti conosciamo, bello e vuoto come una zucca, nasconde un segreto che non potete neanche immaginare.
TomxMerope
Storia scelta e consigliata dalla pagina Facebook 'Welcome to Hogwarts'
Link dentro la storia.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merope Gaunt, Tom O. Riddle, Tom Riddle Sr.
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Merope all'inizio voleva solo un bacio.

Voleva solo conoscere l'emozione di sentire le labbra di qualcuno sulle proprie, capire in che cosa consistesse quella felicità rosea e romanzata che aveva letto e ascoltato così tante volte da saperne a memoria ogni piccolo risvolto, ogni frase e ogni sguardo.

Voleva assaporare quella felicità che le aveva riempito la testa e commosso il cuore, che l'aveva portata lontano, via dagli sputi di quell'inferno domestico, lontano con lui.

Lui, il principe a cavallo.

Merope insomma non ha mai avuto grandi ambizioni, voleva solo provare una volta quella gioia.

Una sola, perché sapeva bene di non poter sperare a una seconda. Gliel'avevano confermato molto chiaramente, lei era 'troppo' di tutto. Troppo alta, troppo magra, troppo piatta, troppo stupida, troppo brutta, troppo strabica.

Neanche sforzandosi poteva pensare di piacere a qualcuno, suo padre Orvoloson e suo fratello Orfin gliel'avevano ricordato fin troppe volte, in ogni modo possibile e immaginabile. Non poteva permettersi di sperare, le ali della speranza gliel'avevano duramente amputate questi suoi terribili famigliari.

Però poteva sognare. E lo faceva, Merope, ogni volta che vedeva lui, al trotto su quel cavallo bruno, dritto e bello come un principe delle fiabe, mentre si allontanava tra le colline erbose di Little Hangleton.

Quante ore aveva passato a spiarlo dietro a un albero o perfino dietro a una lapide del cimitero!

Conosceva a memoria il suo itinerario, invero sempre lo stesso, che iniziava dalla sua villetta fino ad arrivare oltre i confini del paese, con una tappa di pochi minuti al ruscello per dissetare Dionigi, il destriero.

Malgrado questi non le avesse mai rivolto la parola. Già l'idea di essere vista da lui la metteva a disagio, d'altronde lui era così bello e nobile, e poi amava Cecilia, la fanciulla più graziosa del villaggio. Come poteva Merope avere anche solo un briciolo di speranza con uno come Tom Riddle?

Eppure, lei non riusciva a togliersi un pensiero dalla testa, che la assillava giorno e notte. Un pensiero che la rassicurava e le dava la forza di sorridere, provocandole piccoli brividi di felicità su per la schiena incurvata.

Un pensiero segretissimo, di quelli che fanno accapponare la pelle per la paura e l'entusiasmo del proibito.

Merope conosceva il mondo della magia, Tom no.

Merope era una Maganò, Tom solo un babbano.

Merope sapeva dove acquistare pozioni già pronte e come infonderle agli altri, Tom invece non se le immaginava neanche.

Non fu un caso, quindi, se una mattina di agosto Merope decise di prendersi il suo bacio.

Solo uno, solo una volta, solo per sentire cosa si prova.




-Chi va là!?-

Merope si accovacciò ancora di più dietro all'ampio tronco del faggio, con la bottiglia di limonata ben stretta nella mano tremante. Non poteva credere che lo stava per fare davvero, che stava per... Parlare con Tom Riddle, il principe bellissimo.

-Chi c'è!?-

Con un moto di coraggio, si fece vedere dall'amato, e il sole le illuminò bruscamente il viso e i capelli lunghi e spenti.

Tom Riddle fece una smorfia.

-Oh, sei tu- le disse sprezzante, quasi deluso, con la sicurezza tipica di chi si sente superiore -C'è qualche problema?-

Merope scosse vigorosamente il capo, il cuore le batteva all'impazzata.

-Bene, allora ci si vede.-

Il ragazzo fece per rimontare in sella, ma la strega lo fermò.

-Aspetta!- esclamò concitata, con voce supplicante -Scusami, io mi sono permessa... Ti ho portato qualcosa da bere.-

Tom aggrottò la fronte, pur mantenendo la solita espressione di sufficienza.

-Gentile da parte tua, ma non ho sete- con uno scatto agile salì in groppa al cavallo e afferrò subito le briglie, frettoloso -Grazie comunque.-

-Ti prego- insistette lei, allungandogli tra i tremori la bottiglia -È una limonata, è buona... Per piacere...-

Tom Riddle ridacchiò e sussurrò un manifesto 'Oddio' di insofferenza irrisoria, quindi scese dall'animale e sfoderò il suo peggior sorriso di commiserazione.

-Va bene! Sentiamo questa limonata...- rispose tragico, mordace.

Merope però gli fece un grande sorriso, non riusciva a cogliere la bassezza d'animo di quel signorotto borghese, vedeva solo il suo bell'aspetto di principe fiabesco.

E poi, se anche percepiva il suo sarcasmo, lo riteneva comunque lecito, dopotutto l'abitudine di venire disprezzata e criticata non le permetteva di essere obiettiva con se stessa o di pretendere altro che non fossero insulti.

Tom comunque si avvicinò e le strappò la bottiglia di mano, sfiorandole apposta la pelle per farla imbarazzare.

Aprii il tappo e ne esaminò il contenuto con fare sospettoso, sempre sorridendo.

Merope si sentì gelare il sangue nelle vene.

-Signore... Qualcosa non va?-

Tom sorrise -Non ci hai sputato dentro, vero?-

-No, signore.-

-Meno male, la prudenza non è mai troppa.-

Detto questo, bevve tutto in un sorso la bevanda fresca e le lanciò con malagrazia la bottiglia vuota, per dirigersi al più presto verso il cavallo.

-Molto buona la tua limonata, Merope.-

La strega spalancò la bocca e lo guardò cavalcare via, al galoppo, verso il sole che tramontava tra due alte cime.


... Merope.

L'aveva chiamata Merope. Tom Riddle, il giovane più bello e ambito della cittadina, conosceva il suo nome.

Lei rimase ferma, immobilizzata, impietrita.

Cosa aveva fatto?

Tom ora conosce il mio nome.

Aveva stregato il suo amore.

Ma solo per un bacio, la durata di un bacio, non è grave.

È illegale, è magia nera.

Un bacio da Tom, e poi lui torna cosciente, giuro.

Mai giurare il falso. Questo era l'unico insegnamento buono che aveva ricevuto da suo padre.

La strega aprì la bottiglia e appoggiò le labbra nell'apertura, dove poco prima le aveva messe lui.

Sì, convenne, ne sarebbe sicuramente valsa la pena.

Piano piano tornò a casa, per la prima volta con un sorriso che le veniva dritto dritto dal cuore.

Avrebbe baciato Tom Riddle, si sarebbero dati un bacio, magari al chiaro di luna, magari sotto un faggio, o sopra al suo cavallo, come accade alle principesse dei Fratelli Grimm.

Strano però che ancora non succedesse niente, che lui non tornava da lei.

Merope entrò in casa dalla porta sul retro, quella riservata alla servitù, un po' preoccupata e pensierosa, ma ci pensò subito suo fratello Orfin a farle cambiare umore.

Quell'orrendo ragazzo era seduto su uno sgabello, intento a sventrare il cadavere di un serpente.

-Ciao, occhi storti- la salutò pungente, con il collo taurino piegato all'ingiù -Sei di nuovo andata a spiare il babbano sull'asino?-

-È un cavallo-

-Me ne frego di che merda di animale sia, occhi lerci- le rispose volgare, dozzinale, plebeo, il contrario di Tom -Sei talmente brutta che non ti guarderebbe nemmeno lui, l'asino!-

Orfin iniziò a ridere sguaiatamente, e Merope come sempre incassò il colpo in silenzio.

Non ribatteva né si ribellava mai, non si riteneva degna di farlo.

Però, mai come in quel momento avrebbe voluto avere Tom accanto.

Ma perché il principe non arrivava a salvarla? Che la pozione fosse difettosa? No, non era possibile, l'aveva comprata a caro prezzo nel famoso negozio di Borgin e Burkes, e i due negozianti le avevano più volte assicurato che era un prezioso lavoro dei migliori pozionisti e alchimisti d'Europa, che non c'era proprio niente da temere, né per il buon esito né per la vita del ragazzo.

Ma allora?

Ormai era già notte inoltrata, Merope decise contro voglia di coricarsi e di attendere il mattino, ma proprio quando stava per cadere addormentata, qualcosa rumoreggiò nel vetro della sua finestra.

La strega sobbalzò e spalancò subito gli occhi.

Di nuovo una cosa, un sassolino per la precisione, picchiettò contro il vetro.

E poi un terzo.

Merope guardò assorta il vetro spesso, ammutolita a dire il vero, e come sentii il singulto strascicato di un 'ti prego', corse subito a vedere.

E lui era lì, bello come Adone.

Tom Riddle, sotto alla sua finestra, con il braccio teso a indirizzarle un fiore dai petali chiari. Aveva gli occhi assenti e velati di rosa, ma un sorriso dolce come il miele.

-Merope, perdonami, ti prego- le disse impacciato -Ma è da questa mattina che non riesco a non pensare a te, il mio cuore trabocca di gioia al solo pensare il tuo nome, Merope, mia adorata-

La ragazza si coprì la bocca con la mano, lasciandosi vincere dall'emozione più bella e forte che avesse mai provato.

-Merope, io te lo devo dire... Io ti amo- continuò il giovane -lo so, è folle e insensato, ma io ti amo perdutamente e non potevo attendere l'alba per dirtelo. Ti prego di credermi, accetta almeno questo fiore-

Porse più in alto la rosa, e la strega non poté resistere. Corse giù per le scale a perdifiato e uscì subito dalla casa, per incontrare il suo sogno.

Tom era lì, aveva il suo stesso sorriso commosso e gli occhi che brillavano di una luce rosa violetta... Ma a questo Merope non fece neanche caso.

Lo abbracciò stretto e si prese il suo bacio. Un bacio dolce, lento e amorevole, proprio come aveva sempre sognato. Lui poi era bellissimo, la ragazza insinuò le dita tra i suoi capelli fitti e scuri e gli toccò il viso glabro, la pelle era liscia e morbida come si aspettava, e il suo sapore meglio dell'ambrosia.

-Anche io ti amo, Tom- gli disse appassionata -Ti ho amato da sempre, dal primo giorno in cui ti ho visto-

Il ragazzo si rabbuiò all'improvviso.

-Oh, mia cara, e non me l'hai mai detto?-

-Pensavo di non piacerti...-

-Che sciocchezza, come potresti non piacermi?-

Gli occhi della ragazza si fecero lucidi, in realtà non sapeva quanta gioia potesse reggere la sua povera anima scoraggiata.

-Tu amavi Cecilia- gli disse con un filo di voce

-Cecilia, quella damina smorfiosa- soggiunse con una smorfia di disgusto -È solo una meretrice d'alto borgo, viziata e ben fatta, ma pur sempre una meretrice. Non è una gemma preziosa come te, anima mia-

-Oh, Tom!-

Lo baciò di nuovo, con più ardore di prima, dischiuse le labbra sottili e permise alle due lingue di incontrarsi. Arrossì per la vergogna, non aveva mai fatto né immaginato nulla di simile.

Oh, cosa aveva fatto. Non avrebbe mai creduto che la magia oscura fosse così... Meravigliosa.

Si allacciò più forte al suo corpo come per nascondersi, la sua presenza alta e protettiva era incoraggiante e la rassicurava, e restava ferma con la bocca dischiusa a prendersi tutti i baci che lui voleva darle, priva del coraggio di qualsiasi iniziativa.

Come avrebbe potuto farne a meno?

Come si può tornare sulla terra dopo aver assaggiato il paradiso? Merope non lo sapeva, però si impose di non somministragli più la pozione.

L'effetto quindi finì presto, e tutto ritornò orrendamente come prima.

Tom pareva non ricordarsi nulla di quella notte, e quando Merope trovò il coraggio di avvicinarsi, con lo sguardo sbilenco ma fisso nelle sue labbra, le parve di vederlo arrossire.

Il giovane infatti diede un nervoso colpo di sperone al cavallo e si allontanò senza dire o fare alcunché. Se prima la degnava quanto meno di un cenno del capo, ora non la guardava neanche in faccia.

Poi, accadde il fatto.

Il padre di Merope, un uomo burbero e brusco, che aveva la disgraziata abitudine di sputare veleno e allungare le mani, fu arrestato e condotto ad Azkaban, insieme a quell'essere infermo e disturbato di Orfin, con l'accusa di lesioni magiche ai danni di un babbano.

Merope, quindi, rimase sola. Ma sia chiaro, era felice. Quei due uomini, per quanto rappresentassero la sua famiglia, erano degli orchi, immeritevoli di qualsiasi forma di affetto o pietà e il fatto che se ne fossero andati costituiva solo una liberazione per la sedicente Maganò.

Liberazione, però, fa rima con tentazione.

L'assillo di Merope era tornato presente e costante, la strega voleva indietro il suo cavaliere.

E quando una mattina d'inverno la giovane vide il suo amato scambiare effusioni con Cecilia, la meretrice dagli occhi blu e dai capelli biondo grano, prese la sua solenne decisione.

Gli avrebbe somministrato di nuovo la pozione, perché anche lei aveva diritto ad essere felice, non era una prerogativa sempre e solo degli altri. Sì, era diventata una pura questione di giustizia.

Di nuovo, quindi, offrì a Tom la medesima limonata, ma con dentro rincarata dose di Amortentia.




-Dovresti impiegare le tue energie a maritarti- la rimproverò Tom Riddle quello stesso giorno, prima di essere stregato -È indecente che una giovane donna sia sola in casa, senza neanche un uomo-

-Sì, signore- borbottò Merope, con le spalle meno ricurve del solito -Lo farò al più presto, signore-

Riddle, però, si accigliò.

-Hai trovato un pretendente?- la sua voce eufonica era segnata dalla rabbia e dal disprezzo.

Merope scosse la testa, e se avesse avuto il coraggio di guardarlo, avrebbe notato un chiaro moto di rilassamento nelle fibre dei suoi muscoli.

-Ma certo, chi ti prende!- ridacchiò crudele, strappandole la bottiglia di mano con aggressività -Nessuno, piccola Merope... O forse un pazzo, e io non sono pazzo, non lo sono...-

Tracannò il succo drogato dall'amore di lei e, detto fatto, la prese lui.

Fecero l'amore quella notte e tante altre ancora, e Merope arrivò a stupirsi di quanto vizioso e godereccio potesse essere il suo corpo. Gli impartiva precisi ordini sessuali con fermezza e sangue freddo, e lui le obbediva zelante, con il sesso nudo e sempre in erezione.

Quella vita era diventata una piacevole e semplice abitudine, durante la colazione insieme allo zucchero Merope versava nel thè di Tom qualche goccia di Amortentia, e il gioco era fatto.

Con la medesima semplicità sprovveduta, i due giovani si sposarono. Tom aveva sempre le pupille dilatate e le iridi nocciola chiazzate di fucsia ma, a parte questo, agli occhi inconsapevoli dei babbani risultava del tutto normale. Nessuno avrebbe mai potuto sospettare qualcosa, il piano di Merope era infallibile.

Finché un giorno, la strega decise che qualcosa doveva cambiare. Avevano appena fatto l'amore, ed erano sdraiati nel letto matrimoniale di Orvoloson, come sempre.

-Amore mio adorato...- lo chiamò, accarezzandogli il ventre piatto -Mi ami, Tom, amore mio?-

-Più della mia vita- le rispose lui, senza un briciolo di incertezza.

-Per sempre?-

-Per sempre-

Merope gli sorrise, e di nuovo prese una fatidica decisione. Lei amava Tom Riddle, lo amava più di qualsiasi altra cosa, e se anche aveva passato un anno ad adorarlo e a colmare tutte le sue più irraggiungibili aspirazioni, il suo amore per lui non si era affatto affievolito, anzi, si può dire che ne fosse uscito rafforzato.

E poi lui pareva così sincero, la sua passione pareva così profonda e autentica che non si poteva credere che fosse frutto dell'Amortentia, l'amore liquido.

Per questo motivo, nell'anno del Signore 1926, in tempo di primavera, Merope cessò di somministrare l'amore liquido a Tom Riddle.

All'inizio tutto parve andare bene, il giovane babbano era più o meno sempre lo stesso, eccetto per la luce fucsia negli occhi, che si affievoliva gradualmente di giorno in giorno.

Ma, nel momento in cui i suoi occhi tornarono del colore originale, accadde il tutto.

Tom si fermò di soprassalto, si portò una mano alla fronte e si piegò in due come se avesse un malore improvviso.

Erano dentro un chiassoso centro commerciale babbano, nel giorno della sua inaugurazione.

-Amore che cos'hai?- gli chiese Merope preoccupata, cingendogli la schiena come per sorreggerlo -Tom?-

Il giovane alzò lentamente gli occhi verso di lei, e Merope rivide nelle sue iridi quel color verde nocciola che le era tanto piaciuto all'inizio. Si sentì mancare.

-Dove sono?- le sussurrò smarrito, un sussurro spaventato e appena udibile -Dove... Che succede?-

-Vieni, tesoro, siediti qua- gli rispose Merope con la voce arrochita dalla paura.

Lo fece sedere in una panchina piena di coriandoli. Tom continuava a reggersi il capo come se questo dovesse staccarsi da un momento all'altro, e d'altronde non aveva tutti i torti, la testa gli doleva e gli girava come se avesse passato un mese su una giostra in movimento.

-Tom?- lo supplicò lei -Tom, amore mio, riprenditi ti prego-

Il marito alzò lo sguardo verso di lei. Aveva la stessa espressione confusa e sconcertata di chi si rende conto di essere stato appena truffato.

-Che mi hai fatto?-

-Niente, non ti ho fatto niente!- mentì Merope, scuotendo la testa disperatamente -Ti prego, tu mi ami, noi ci amiamo, amore mio, questo è solo ciò che conta, tu lo sai-

Gli diede un leggero bacio sulle labbra, ma Tom manteneva la stessa espressione turbata e vagamente disgustata. Piano piano cominciava a ricordare tutto, a rivivere quell'anno trascorso da spettatore quiescente.

Una forte paura lo assalì e lo fece scattare in piedi. Possibile che avesse sposato Merope? Sì che l'aveva fatto, lo ricordava, ricordava tutto... Ma non riusciva a capacitarsi, gli sembrava tutto così strano, così fuori luogo... E Cecilia? E i suoi genitori? Da quant'è che non li vedeva?

Che orribile sensazione, povero Tom. Si sentiva perduto in una vita che non riconosceva, imprigionato nel suo stesso corpo.

Merope nel frattempo si era inginocchiata ai suoi piedi, ma questo bastò solo per attirare l'attenzione di tutti i babbani di passaggio.

-Amore, ti prego- singhiozzò, prendendogli le mani -Lo so che ti sembra strano, ma tu devi solo pensare a noi e alla nostra felicità, il resto non conta-

-Lasciami andare!- sbottò esagitato, divincolandosi -Lasciami, strega! Cosa mi hai fatto!-

-Tom, ti supplico... Aspetto un bambino-

-BASTA!-

L'uomo corse via in preda al panico e la povera Merope non riuscì a raggiungerlo.

E fu così che quel bel giorno di maggio, caldo e fin troppo assolato, due giovani cuori furono spezzati dall'insicurezza di uno di loro.

La donna trascorse la sua gestazione nella disperazione più assoluta, lontana da Little Hangleton, tra le intemperie e le cure sdegnate dei gestori delle tante case famiglia. Stava nascosta a macerarsi lo spirito, e se anche Riddle l'avesse cercata, non avrebbe potuto trovarla.

… E comunque lei era sicura che non l'avrebbe fatto. Chi mai avrebbe cercato una donna disgustosa come lei? Nessuno.

Nessuno, piccola Merope.

L'unica cosa che la rendeva felice e che le impediva di togliersi la vita, era quella creatura che le cresceva in grembo. Sentiva dentro di sé che sarebbe stato un maschio, e sperava ardentemente che ricalcasse l'anima e il corpo del padre, che non nascesse mago o, peggio ancora, Magonò.



“Fa che assomigli a lui, che non prenda niente di me, ti prego, ti prego...”



Si può dire che quasi tutte le preghiere di Merope furono esaudite.

-Tu sarai molto speciale- esclamò con lacrime copiose, accarezzandosi il ventre gonfio e prossimo al parto -Sarai il più speciale di tutti, piccolo mio-

Non si sbagliava.




Cinque anni dopo, un bell'uomo vestito con abiti d'alta sartoria si presentò all'orfanotrofio Wool, nel centro di Londra.

Domandò a una giovanissima impiegata, una certa Martha, che gli rispose con molta gentilezza.

-Oh, ma certo, si deve riferire al piccolo Tom!- gli rispose entusiasta -È un caro bambino, oserei dire che è il più mansueto della casa, mai una volta che abbia pianto o che si sia lamentato per qualcosa! Sarà contento, signore, venga che le mostro dov'è-

-La madre?-

-Oddio, signore, è morta di parto, non lo sapeva?-

Tom Riddle sospirò.

-No, non lo sapevo-

-Mi dispiace...-

-Non importa, grazie-

I due non ebbero più la forza di parlare. Martha velocizzò il passo per guadagnare una distanza tattica e per rispettare il suo dolore. Sapere che la madre di tuo figlio è morta deve essere un brutto colpo, pensava giustamente, in qualsiasi stato versino i rapporti con lei.

Tutti i bambini urlanti erano a giocare in cortile per via del bel tempo, ma stranamente, notò Tom, la donna lo accompagnò da un'altra parte.

Passarono un corridoio grigio e spoglio, salirono una rampa di scale ancora più grigia e deprimente, e arrivarono in ampio un salone, colmo di disegni infantili e di giocattoli rotti.

Al centro c'era un vecchio pianoforte a corde e un bambinetto che suonava sempre quattro identiche note.

-Tom, caro- lo chiamò Martha dolcemente -C'è una sorpresa per te...-

Il bambino si voltò di scatto e Riddle lo assalì con uno sguardo colmo di rabbia. Era un bimbo molto bello, con i lineamenti delicati e gli occhioni scuri come quelli della madre, ma privi della croce dello strabismo.

Come se l'avesse riconosciuto, il piccolo Tom gli rivolse un sorriso tenero e appena accennato, sicuro che quel ricco signore l'avrebbe portato via da quel tugurio ma, purtroppo, così non accadde.

Costui gli si avvicinò con durezza e lo guardò dall'alto della sua statura, con la bocca talmente sottile da parere una crepa.

-Mostro- sentenziò iracondo prima di andarsene, senza tornare mai più.




Quella stessa sera, nell'anno del Signore 1931, il piccolo Tom Orvoloson Riddle si mise a piangere per la sua prima e ultima volta.

Quella stessa sera, Merope Gaunt creò il mostro che tutti conosciamo.

Merope, non il padre.



Inutile dirle che Tom conosceva il suo nome prima ancora di essere stregato... Inutile dirle che non c'era bisogno dell'amore liquido, per far nascere Lord Voldemort.













 
Note
Cosa ho fatto? Una follia.
Ho cercato di riscattare il personaggio di Voldemort insinuando che, in realtà, Tom Riddle senior non fosse così 'mal disposto' nei confronti della povera Merope. Che magari ci sarebbe stato anche senza l'Amortentia.
Sarebbe stato il colmo, non è vero?




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