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Autore: MaggieP    04/12/2015    0 recensioni
One-shot scritta in occasione del contest "I QUATTRO ELEMENTI: TERRA" del gruppo FSOTFF.
DAL TESTO:
Più di tutto, però in quei giorni sentivo che mi sarebbero mancati tutti quei dettagli che mi avevano fatto capire città dopo città, stato dopo stato che, per quanto la terra che calpestavo mi sembrasse ogni giorno diversa dal precedente, stavo calpestando terre che appartenevano a que­sta Terra e a questo mondo che calpesto anche adesso. Nel silenzio di quelle notti interrotto solo dallo sciabordio dell'acqua, dai versi degli animali e dallo scoppiare delle nostre risate ho sentito di apprezzare la varietà di questo mondo, ho sentito per la prima volta di essere legata a tutte le perso­ne di questo mondo.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'I QUATTRO ELEMENTI'
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Ciao! Questa è la seconda fanfiction sul tema degli elementi che ho scirtto in occasione del secondo contest del gruppo FSOTFF.
Spero vi piaccia, fatemi sentire la vostra opinione e se non avete letto la prima andate a leggerla e lasciatemi un commentino. 
A presto, 
Maggie

 

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Sub tacita per amica silentia luna


Mi sveglio sentendo le sue mani che mi accarezzano piano la schiena nuda, dalla nuca fin dove rica­de il lenzuolo attorno ai miei fianchi. La dolcezza e il tepore dei suoi gesti sul mio corpo, la calma e il torpore della tranquillità attorno a noi mi fanno sentire felice. Apro gli occhi alzando il capo verso di lui e vedo che mi osserva intento con un sorriso timido e gli occhi pieni di amore. Sento at­torno a noi l'ebbrezza, la soddisfazione e il senso di annullamento nell'altro che solo un amore appe­na sboc­ciato è in grado di darti. Il nostro amore che nato da pochi mesi continua a riempirci di sor­prese e ci fa scoprire giorno dopo giorno qualcosa dell'altro. Ogni gesto mi fa scoprire qualcosa di lui che lo fa divenire quell'uomo perfetto che descrivi per gioco e per fantasia alla tua amica del cuore, quel­l'uomo perfetto che ti lascia bigliettini smielati e fiori sul vassoio della colazione. Da mesi è il mio Principe Azzurro, da mesi mi fa sentire sempre al massimo della felicità e non voglio che nulla mi butti giù. Le sue dita sulla schiena mi fanno tornare alla prima volta che quelle stesse dita si sono posate sulla mia pelle con l'intento di accarezzarmi.


Era quasi un mese che viaggiavamo sulla linea dell'equatore e, dopo aver lasciato alle nostre spal­le l'America meridionale, ci stavamo avvicinando alle nostre tappe africane. Il viaggio verso il no­stro prossimo continente non si era rivelato affatto piacevole dato che le otto ore che dividevano Rio dal Gabon erano state accompagnate da una fastidiosissima coppia che aveva deciso di dare inizio alla sua crisi matrimo­niale proprio dietro di noi e in un luogo con nessuna possibilità di eva­sione. Edward era seduto alla mia sinistra perché mi aveva lasciato il posto al finestrino rinuncian­do per questa volta a scat­tare foto durante tutto il viaggio. Con i giorni passati a stretto contatto, stavamo iniziando a capire quali fossero le passioni, i sentimenti e le paure dell'altro. Dopo il de­collo di questo nostro secondo viaggio in aereo aveva di certo capito che ero terrorizzata dal decol­lo e dall'atterraggio ma che allo stesso tempo volevo stare vicino al finestrino perché almeno avrei visto la terra o il mare su cui ci sarem­mo schiantati in caso di un' eventuale disgrazia. Quando si accese la spia luminosa che indicava di accendere le cinture e fu comunicato l'inizio delle fasi di atterraggio, mi irrigidii. Mi rilassai poco dopo, però, sentendo la sua mano accarezzarmi l'avam­braccio fino ad arrivare a stringermi la mano. Voleva rassicurarmi con un semplicissimo gesto che, però, mi fece anche sentire altro. Quel contatto voluto che doveva essergli costato un'enorme dose di coraggio, mi fece palpitare il cuore e lo sbattere imperterrito delle ali di quelle farfalle che di­moravano nel mio stomaco e si agi­tavano ogni volta che i miei occhi incontravano i suoi, divenne incontrollabile. L'istinto mi fece vol­tare il capo verso di lui e oltre ai suoi occhi, incontrai un sorri­so dolce, tranquillo, familiare.


Mi accorgo, mentre il flusso dei miei pensieri scorre placido nella mia mente, che socchiude gli oc­chi e inclina un po' il capo con sguardo interrogativo come a chiedermi quale sia il film che il mio cervello mi sta proponendo e mi trattiene dall'insultarlo per avermi svegliata nel bel mezzo della notte. Nel silenzio che ancora ci avvolge, mi avvicino al suo viso e faccio sfiorare le mie labbra con le sue in una carezza morbida che ha ancora il sapore del sonno.

«Scusa amore non volevo svegliarti», mi sussurra mentre mi accoccolo sul suo torace ampio restia ad abbandonare quel rifugio confortevole.

Le sue mani si spostano nei miei capelli mentre li districa passandoci in mezzo le dita.

«Ti ho mai detto che la prima cosa che avrei voluto fare quando ti ho vista era sentire se i tuoi ca­pelli erano setosi come sembravano?», la sua voce roca di sonno mi fa rabbrividire, «Ti ho vista gi­rare il capo verso di me e i tuoi capelli sembravano appena usciti da una pubblicità per lo shampoo, riuscivo a sentire il loro profumo ogni volta che mi avvicinavo a te.» Le sue mani nei miei capelli sono ormai un gesto che mi tranquillizza e mi riporta nel dormiveglia.

«Probabilmente, se mi avessi chiesto in quel momento di toccarmi i capelli, ti avrei torturato il dop­pio di quello che ho fatto durante il viaggio», sussurro soffiando sul suo torace nudo.

«Già... sei stata proprio crudele con me. Tutte quelle allusioni, quelle insinuazioni, penso di non es­sere mai stato così tanto in imbarazzo in tutta la mia vita... sono un ragazzo timido io!» A quelle pa­role sento rimbombare nel suo petto una risata.

«Ti amo», gli dico con un sorriso e accompagno quelle parole con un bacio, prima di accoccolarmi di nuovo sul suo petto e ricadere nei meandri del sonno.

Anche il subconscio quella notte mi fa tornare indietro a rivivere quei mesi passati lontano da tutti viaggiando in lungo e in largo per il mondo, sotto questa silenziosa coperta di stelle.


***


Quando Robin Roberts ci presenta a tutti gli spettatori sintonizzati su Good Morning America, il mio cuore accelera irrefrenabilmente i suoi battiti. Essere una modella affermata mi ha ormai abi­tuata al mondo dello spettacolo, interviste e riprese di vario genere, ma essere in questo programma con questo progetto è elettrizzante e mi rende ansiosa.

«Buongiorno e benvenuti! Oggi sono qui con me Isabella Swan e Edward Cullen per presentare uno dei progetti più ambiziosi degli ultimi tempi. Quasi un anno fa questi due ragazzi hanno preso un aereo per l'Ecuador e hanno fatto un primo passo verso la realizzazione di un'idea. La coronazione del loro lavoro sarà nella mostra 'Sub tacita per amica silentia luna' che si aprirà alla fine del mese.» Dopo una breve pausa in cui viene inquadrato il cartellone della mostra, si volta verso di me e rico­mincia a parlare. «Isabella, tu che sei l'ideatrice di questo progetto, vuoi raccontare al pubblico di cosa si tratta?»

Pur sapendo che questa domanda mi sarebbe stata fatta, rimango per un attimo senza parole, ma nel momento in cui sento la mano di Edward stringere la mia come quella prima volta sull'aereo, le pa­role iniziano a fluire senza problemi.

«Come molti sanno ormai sono vari anni che lavoro come modella per alcune case di moda, ma an­che i più informati non hanno notizie sulla mia vita privata perché sono miracolosamente riuscita a tenerla privata. Questo progetto però è dedicato ad una persona della mia famiglia perché è legato ad un suo desiderio, quindi devo rivelare qualcosa di me.

«Quando avevo quindici anni i miei genitori mi dissero che finalmente avrei avuto un fratellino e nulla poteva rendermi più felice di quelle parole. Dal momento in cui Gabriel è nato l'ho amato con tutto il mio cuore e l'ho protetto con tutte le mie forze. Aveva superato da poco i sei anni e mezzo quando gli diagnosticarono la leucemia, una leucemia fulminante per cui non si poté fare nulla. Pas­sai accanto a lui tutti i giorni che il cielo gli donò su questa terra, gli lessi moltis­simi libri e parlam­mo tanto, di ogni cosa. Il giorno prima che morisse gli chiesi quale fosse il suo desiderio più gran­de.»


Vedere il suo corpo smagrito e debilitato, coperto di fili e tubicini mi uccideva, il suo volto però continuava ad avere la gioia di sempre. Probabilmente non si era reso conto che stava per morire, ma tutti pensammo che fosse meglio così.

«Gab, se ci fosse qui con noi il genio della lampada di Aladino e ti dicesse che può realizzare un desiderio grandissimo purché sia la cosa che desideri di più in assoluto, cosa gli chiederesti?»

Sul volto di mio fratello si dipinse un broncetto meraviglioso, «Perché solo uno?? Aladin ne ha avuti tre!»

«Beh perché ti ha detto che può essere anche un desiderio veramente grandissimo...»

«Mmm... Allora vorrei essere ogni notte in un posto diverso per girare tutto il mondo e conoscere tutte le terre della Terra! Vorrei vedere tutti i tipi di sabbia che ci sono nel mondo e fare il bagno in più mari possibili!»

«Perché di notte, Gab? L'acqua del mare è più fredda di notte e non c'è il sole che ti fa vedere tutti i colori della terra, delle foglie e dei fiori»

«Si ma di notte ci sono le stelle e le stelle sono più belle del sole perché le puoi guardare per un sacco di tempo senza mai smettere, invece il sole fa bruciare gli occhi se lo guardi, ce lo ha detto anche la maestra a scuola. Poi ti ricordi quando siamo andati in campagna dai nonni in vacanza, che la sera andavamo in giardino, guardavamo le stelle e facevamo le foto? Ecco vorrei fare una foto in ogni paese in cui vado e di notte è più bello perché c'è silenzio e si sentono gli animaletti e si vedono le lucciole.»

«Va bene, Gab. Farò in modo che questo desiderio si avveri.»

«Adesso ho sonno, però, Bi. Mi abbracci?»

Mi stesi di fianco a lui e lo abbraccia stretto mentre appoggiava il capo sul mio seno. Fu l'ultima volta che dormimmo insieme. Fu l'ultima volta che gli diedi il bacio della buonanotte.


«Ecco, mio fratello desiderava fare una foto di notte in più paesi possibili, vedere le sabbie di tutto il mondo e fare il bagno in tutti i mari che incontrava. Ho voluto esaudire il suo desiderio, perciò un anno e mezzo fa mentre finivo i lavori che mi erano già stati commissionati, ho iniziato a cercare un fotografo che fosse disposto a seguirmi in questa pazzia e ho trovato lui», dico indicando Edward, «che non è stato fermato neanche dalla notizia che il 90% degli incassi della mostra saranno devolu­ti in beneficenza per la ricerca sulla leucemia.»

«Sicuramente la tua, Isabella, è una storia triste quanto dolce e il proposito è a dir poco onorevole. Non voglio intristirti e infierire su un argomento di cui per te non deve essere facile parlare, perciò passiamo oltre e parliamo di qualcosa di più divertente. Edward, come è stato questo viaggio? In de­finitiva in quanti stati hai fotografato Isabella?»

«Allora, il viaggio è stato a dir poco interessante, anche perché Isabella ha un caratterino non così facile da gestire; in qualche modo però è stato catartico. Alla fine non ci sarà un numero impressio­nante di paesi perché abbiamo deciso di seguire la linea dell'equatore e quelle dei due meridiani principali in modo da girare metaforicamente tutto il mondo e attraversare tutti i continenti. Quindi ci sono foto in 28 stati e una decina di mari. Le foto in acqua sono state comunque fra le più diver­tenti, un po' perché si lamentava sempre che l'acqua era troppo fredda, un po' perché di notte teme­vamo uscissero gli animali più strani. Nulla l'ha fatta demordere però e tutte le foto che abbiamo scelto per la mostra sono state scattate fra il tramonto e l'alba.»

Una volta rotto il ghiaccio e superata la parte più difficile dell'intervista, le domande scorrono veloci e le risposte si rivelano facili e fluide. Alla fine Robin ci saluta per proseguire con il programma e noi abbandoniamo lo studio durante uno stacco pubblicitario per avviarci di nuovo verso casa.

«Odio questo coso, mi dà prurito. Appena arriveremo a casa, sarò per la prima volta felice di tutta quella roba che tieni in bagno se mi aiuterà a togliere questo schifo dalla faccia!» Edward continua a grattarsi la mascella mentre ci avviamo alla macchina. Quando stamattina ha saputo che avrebbe dovuto farsi mettere il cerone per andare in onda, ha messo su un capriccio degno di un bambino di cinque anni affermando di essere un uomo e che il trucco è roba da donne, ma alla fine si è dovuto arrendere all'evidenza che tutti -uomini e donne- erano in sala trucco e si è fatto truccare. Ovvia­mente, però, non ha smesso di lamentarsi.

«Vedrai che non ti ricorderai neanche di averla messa quello schifo una volta che ti avrò tolto tutto con quelli che tu chiami 'barattoli riempi mensole' e forse smetterai di disprezzarli».


***


Camminando nelle sale della mostra definitivamente allestita, riesco a rivivere quasi ogni momento che ho vissuto in quei mesi di viaggio. Le teche con la sabbia e la terra che abbiamo raccolto in ogni paese, il profumo della stanza che cerca di essere il più vicino possibile all'originale, mi fanno spe­rare che anche coloro che verranno qui, a vedere soltanto delle immagini senza la possibilità di es­sere fisicamente in tutti quei posti, possano in qualche modo illudere di non essere più in America.


«Ciao, io sono Bella, finalmente ti posso stringere la mano e parlarti fisicamente... non avrei sop­portato un altro giorno di conversazione virtuale!» Non l'avevo mai visto se non in qualche foto su internet e trovarmelo davanti dopo tre mesi di corrispondenza via e-mail è indubbiamente stranissi­mo ma entusiasmante.

«Ovviamente io sono Edward! È bello poterti vedere finalmente di persona.» La sua stretta è calo­rosa e in qualche modo mi fa sentire di essere in buone mani. «Allora sei pronta a partire?»

«Prontissima», gli rispondo prendendolo sottobraccio mentre stiamo già camminando verso il check-in.


«Ah, è fredda, ghiacciata!»

«Al terzo bagno oceanico dovresti aver imparato ormai che l'acqua dell'oceano non ha proprio la temperatura di un bel bagno rilassante... »

«Smettila di fare ironia e per una volta prova a metterti nei miei panni! Anzi facciamo così: tu fai il modello e io la fotografa oggi.» Finisco di dire queste parole scuotendo il capo stizzita e con un broncio epocale mentre cerco di rimanere a galla.

«Non sia mai che le mie macchine finiscano nelle tue mani! È molto se ti lascerò fare un selfie in questo viaggio, sappilo. Comunque sto pensando di buttarmi e venire a farti compagnia per un bel bagnetto, cosa ne dici?» Intanto ripone la macchina che aveva in mano nella sua custodia e si sfila la maglietta che indossa ogni volta che ne ha l'occasione: KEEP CALM AND TAKE A PHOTO.

Gli schizzi che seguono la sua entrata in acqua a dieci centimetri da me mi fanno prendere un acci­dente e lo strillo che ne consegue è degno di una banshee.

«Stupido! Mi hai fatto prendere un colpo!», gli grido contro sbattendo le mani sull'acqua.

«Smettila di lamentarti e ascoltami che voglio fare un esperimento», mi guarda con un cipiglio se­rio e intenso. In quel momento mi accorgo che ha portato in acqua una delle sue macchine. Sto per aprire bocca per chiedergli quale animale gli abbia mangiato il cervello ma mi precede: «Questa» dice indicando la macchina «può essere immersa, quindi voglio provare a farti delle foto mentre sei sott'acqua».

Dopo vari tentativi -durati circa due ore- riesce ad ottenere lo scatto perfetto e devo ammettere che, nonostante la fatica, il risultato è molto soddisfacente anche per me.


«Wow... questa foresta mi lascia davvero senza fiato, è stupenda.» Al secondo giorno in Indonesia abbiamo deciso di iniziare a scattare qualche foto così ci siamo inoltrati nella foresta del Borneo con una fedelissima guida del posto. Siccome abbiamo deciso di aspettare il tramonto, la nostra gentilissima guida -di cui non ho capito il nome- dato che avevamo qualche ora di anticipo ha det­to che ci accompagna in un posto magnifico nella foresta.

«Già è davvero meravigliosa» mi risponde Edward guardando in alto «la luce che penetra dagli al­beri, il colore della terra... magnifico.» Anche lui ha un tono estasiato e sembra incantato da ciò che ci circonda.

Arriviamo in questa radura circolare in cui c'è un grande masso parzialmente ricoperto di mu­schio, proprio quando il cielo comincia a tingersi di un tenue rosa. Lì la guida ci saluta dicendoci che tornerà all'alba proprio come le abbiamo chiesto e subito iniziamo a provare un po di scatti. In piedi di fianco al masso, seduta con la schiena appoggiata ad un albero, stesa come se dormissi. Sento i raggi del sole che man mano che si spostano mi toccano la pelle con un'intensità diversa. Vedo i colori del cielo cambiare e riflettersi sulla radura e sui capelli di Edward. La meraviglia di quell'atmosfera mi fa sentire su un altro pianeta. Appagata dallo spettacolo naturale che si offre davanti ai miei occhi e desiderosa di rendere ancora più magico un momento già perfetto -l'uomo per quanto felice anela sempre ad ulteriore felicità- mi avvicino ad Edward e lo bacio.

Il nostro primo bacio.

Un bacio che sembra dolce all'inizio, come a coronare la calma di quel luogo, ma che subi­to, per il desiderio e la tensione di settimane di viaggio passate a stuzzicarci, diventa famelico, passionale. Le sue mani si appoggiano sui miei fianchi e le sento stringere la carne come a volersi assicurare che sono veramente reale; le mie invece si attaccano ai suoi capelli e poi scendono su quelle spalle forti, oggetto dei miei sogni dal primo giorno in cui l'ho visto togliersi una maglietta. Il desiderio, che nel principio di appagamento trovato in quel bacio allo stesso tempo si alimenta e cresce den­tro di noi, ci fa gemere l'uno sulla bocca dell'altro.

Mi accorgo che siamo stesi solo quando la mia schiena tocca quella terra brunita che ci aveva tan­to colpito prima e che ora insieme alla luna era testimone della nostra passione. Le sue mani vene­rano il mio corpo e, nonostante tutti i complimenti ricevuti nella mia vita, mi fanno sentire apprez­zata come mai prima. Con le sue mani anche le sue labbra iniziano a venerare piano il mio corpo. Io lo incito senza freni, felice che abbia risposto così disinvolto alla richiesta nascosta dietro quel bacio. Sfogare quel desiderio che ci legava dal primo giorno e che in quell'atto stava dimostrando di andare molto oltre l'aspetto fisico.

Quella notte in quel luogo solitario e bellissimo abbiamo consumato più volte quel sentimento e quel desiderio che avevano iniziato a legare le nostre anime e i nostri corpi.

L'alba facendosi strada tra le foglie degli alberi, ci trova appagati e stanchi ma pronti a dare una svolta a quel viaggio.

 

«Mademoiselle, il poserait, s'il vous plait?», mi ciede con tono esasperato

«Oui, monsieur avec plaisir!», scoppio a ridere mettendomi in una posa provocatoria e per nulla naturale. «E da quando sapresti il francese tu?»

«Da quando ho lavorato per tre estati consecutive in Provenza», mi risponde lui con tono da supe­riore completan­do il quadro con una linguaccia che lo rende davvero poco credibile. Scoppio a ri­dere ancora più forte alla sua faccia imbronciata e stizzita. Quando finalmente placo le risate e ria­pro gli occhi lo trovo a cinque centimetri dal mio corpo con uno sguardo intimidatorio.

«Smettila ci stanno guardando tutti», forse la mia idea di fare le foto in uno splendido parco pub­blico in cui questa sera si tiene un cinema all'aperto non è stata proprio delle migliori. Mi dà un bacio leggero a stampo e mi dice: «Dai, finiamo di scattare così poi possiamo anche goderci i film... ah, ma tu non sai il francese tranne qualche parola per sopravvivere!!», è il suo turno allora di sbellicarsi dalle risate mentre io lo guardo annoiata e sbattendo impaziente un piede per terra.

Fra risate e scherzi però siamo riusciti ad ottenere alcuni scatti veramente sensazionali.


Sono tantissimi i ricordi che riaffiorano nella mia mente mentre passo fra quelle foto che raffigura­no il nostro lungo viaggio in giro per il mondo. Vedere in quelle sale i sorrisi e le lacrime di giorni lunghi e complicati o intensi ma pieni di soddisfazione mi riempe il cuore di un calore inaspettato. Un calore così forte che mi fa sperare che magari anche tutti i visitatori di quella mostra, non solo noi che l'abbiamo anche vissuta, potranno vivere quel nostro viaggio e spero che come me vedano accorciarsi le infinite distanze di questa terra sentendosi più vicini a tutte le persone con cui la con­dividono. Camminando in quelle stanze sento di aver vissuto il desiderio di mio fratello e spero che attraverso di me possa averlo vissuto anche lui vegliando sul mio cammino.

 

Sono nell'ultima stanza quando sento le braccia di Edward avvolgermi la vita e le sue labbra appog­giarsi sui miei capelli. Mi lascio andare contro il suo petto mentre guardo la foto centrale di questa ultima stanza. Tuvalu, un atollo di sabbia bianchissima, alberi e acqua cristallina è stata la nostra ul­tima tappa prima di tornare a casa. La foto che sto guardando mi ritrae accovacciata al chiaro di luna su quella sabbia bianca con una certa malinconia dipinta in volto. La consapevolezza che sta­vamo tornando alla routine non mi faceva essere felice del tutto perché in quei mesi di peregrinazio­ne senza pensieri, senza la frenesia delle metropoli, senza l'odore dello smog fra le narici mi sareb­bero mancati. Più di tutto, però in quei giorni sentivo che mi sarebbero mancati tutti quei dettagli che mi avevano fatto capire città dopo città, stato dopo stato che, per quanto la terra che calpestavo mi sembrasse ogni giorno diversa dal precedente, stavo calpestando terre che appartenevano a que­sta Terra e a questo mondo che calpesto anche adesso. Nel silenzio di quelle notti interrotto solo dallo sciabordio dell'acqua, dai versi degli animali e dallo scoppiare delle nostre risate ho sentito di apprezzare la varietà di questo mondo, ho sentito per la prima volta di essere legata a tutte le perso­ne di questo mondo. Ho visto due fili che legano tutte le nostre anime: il filo brunito della terra che calpestiamo ogni giorno e il filo candido della luce della luna che ci protegge ogni notte.



N.d.A.:

Il titolo è una citazione (leggermente rimaneggiata affinchè avesse senso) dell'Eneide di Virgilio. In particolare fa riferimento a Verg., Aen., II, 255.


Le battute in francese significano:

«Vorrebbe mettersi in posa per piacere, signorina?»

«Sì, con molto piacere signore.»

Il francese è stato supportato da internet in quanto non sono un'esperta, quindi chiedo perdono per qualunque errore possa esserci. 

   
 
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