Strega
Per questa nuova
follia serve una piccola introduzione: devo ringraziare bluemary per la ff
“Immortal”, che ho amato e apprezzato e che è stata fonte –pur se inconscia- di
ispirazione, tanto che, in un momento di foga narrativa, ho prodotto “Strega”.
Ci tengo a precisare che non immagino nemmeno lontanamente che possa toccare le
profondità di “Immortal”, e che il modo in cui è sviluppata la storia è
completamente differente, ma, dal momento che lo spunto è comune, ho ritenuto
giusto precisarlo.
Dopo la debita
premessa, che la storia abbia inizio! ^^
Il calderone ribolle
di nera e violacea putredine, esalando mefitiche nubi di oscura magia.
Il chiarore
cristallino di una gialla luna piena investe la radura con i suoi raggi
inquisitori, scavando, creando, disegnando figure mostruose tra i rami contorti
degli stramoni corvini.
Getto una coda di
serpente nel grosso calderone, e la pozione frizza e borbotta di un orrore
reverenziale. Tagliuzzo le ali di un pipistrello, e le rovescio sprezzante
nella mia meravigliosa brodaglia.
Sono una strega, sì!
La strega più potente della mia terra, e forse, probabilmente, la più potente
del mondo intero! Esulto di gioia crudele, e l’intruglio sembra esultare con
me, unendosi alla mia risata gracchiante. Li sento, gli animali del bosco, che
si acquattano nelle loro tane per paura che io li trovi. Si sentono sicuri, là
dentro, ma non sanno, poveri, piccoli ingenui, che io li posso trovare ovunque
si nascondano! Se solo volessi, s’intende. Non spreco certo le mie arti magiche
per catturare uno sciocco e ossuto scoiattolo.
La mia magia ha uno
scopo ben più alto – o basso, dipende dai punti di vista. La mia pozione, il
mio capolavoro di densa paura, è quasi pronta. Devo solo aggiungere un
elemento, e potrò finalmente sfruttare il suo potere, e porre fine al mio
secolare tormento.
Sono la strega più
potente della terra, probabilmente, e la più sciocca, sicuramente. Tanti anni
fa, talmente tanti che ho perso il conto, ho fatto l’errore più terribile della
mia vita: mi sono resa eterna. E da quel momento, ogni singolo istante è stato
un terribile tormento, un timore costante, una rassegnazione senza fine
all’insulsaggine di ciò che sono. Ho perso me stessa, perché volevo essere
potente. Ero potente, e mi sono resa il più fragile tra gli esseri che popolano
il mondo, il più debole, il più inutile, il più inconfessabilmente triste degli
esseri che vivono! Ah, la vita! Se solo potessi riprendermela! Se solo potessi
tornare ciò che ero!
Ma il tempo non
perdona. Scorre, inesorabile, e non torna mai indietro, neppure ai comandi
della più potente strega del mondo. Se lo sapessero, quei poveri animali che si
nascondono, che io sono più misera e infima di chiunque di loro. Se solo
sapessero, non avrebbero paura, e io non sarei così infinitamente, eternamente
sola.
Ma ora, ora ho
trovato una soluzione. È tragica, ma almeno è definitiva. Non avrei mai voluto
che tutto finisse così. Non avrei mai nemmeno immaginato che tutto sarebbe
finito così.
Ma lo devo accettare.
Devo pagare le mie colpe. E devo finire di preparare questa maledetta pozione
che, spero, mi darà la pace. Devo aggiungere l’ultimo ingrediente, il più
importante.
Mi siedo su un ceppo
contorto, so già che farà male.
Mi porto le mani alla
testa, questa vecchia scatola raggrinzita coperta da una zazzera di grigi
capelli scompigliati, questa inutile sede del mio stupido pensiero, e della mia
sciocca magia.
Mi concentro, e sento
fluire la mia tenebrosa arte fuori dalla sua invisibile casa, fuori dal mio
cervello, fuori dalla mia testa, fuori da me, finalmente!
Fuori
Fuori
Fuori
La vedo, questa
magia, baluginare argentina sopra la mia testa incanutita. Sono spossata ormai,
non resisterò ancora per molto.
Ma non posso
aspettare oltre, devo finirla, qui, ora. Dirigo la nuvola d’argento, con la
mano, stancamente, verso il calderone, e ce la faccio piombare dentro, con un
tonfo sordo che sancisce la fine di ogni cosa. Sento la pozione che mangia la
mia magia, e cresce, e diventa più forte, più grande, più potente. La melma
nera s’alza dal calderone, più scura della notte, una voragine nera pronta a
inghiottirmi.
Un piccolo verme di
paura mi prende le viscere, ma lo soffoco. So che ho preso l’unica decisione
giusta della mia vita di crudeltà.
La nera figura si
avvicina, sempre di più, sempre di più, ogni momento che passa oscura di una
parte la luna, che brilla lassù, oltre i mortali, e oltre gli immortali,
indifferente.
Ancora un passo, e mi
avrà presa. Spalanco gli occhi, per scorgere l’ultimo baluginio della tacita
compagna di quasi tutte le mie notti di malvagità, e spero, con più intensità
di quanto sia possibile descrivere, che la mia creatura, animata dalla mia
stessa magia, compia il suo dovere fino in fondo, e finalmente mi uccida.