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Autore: tixit    08/12/2015    7 recensioni
La storia appartiene alla serie "Il Caleidoscopio di Fersen" : brevi one-shot dove un personaggio narrante illustra cosa ha visto nel Conte Hans Axel von Fersen.
In ciò che viene osservato c'è sempre un piccolo riflesso dell'osservatore... e se tutti concordano sui fatti, pochi concordano su ciò che non si vede e che non si misura e che è il motore del fatto.
Stavolta è il turno di Bernard Chatelet.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axel von Fersen, Bernard Chatelet
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Caleidoscopio di Fersen'
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Disclaimer: non posseggo i personaggi del mondo di Lady Oscar. Non c'è in questo scritto nessuno scopo di lucro.

 



E pensare che c’è ancora chi crede alle favole…

 

E’ difficile, per me, parlare del Conte Hans Axel di Fersen.  

Conte.

Appunto.


Andò a combattere in America con Rochambeau e fece da interprete tra lui e  Washington.

Combatteva dalla parte dei ribelli.

Ribelli.

Appunto.

 

E’ difficile, quindi, per me parlare del Conte.
Perché lui era un Conte ed io un Ribelle.
E perché lui, almeno una volta è stato un Ribelle più di me, che, in fondo, ho combattuto impugnando solo un pennino.

 

Tutti dicevano che la Rivoluzione Americana non fosse una vera Rivoluzione, eppure loro leggevano gli stessi libri che leggevamo noi, nello stesso latino, testi che parlavano di Repubblica, di Stato, di etica, morale e del rovesciamento del tiranno.
Loro erano un po’ bottegai - come noi - e si fecero avanti parlando di tasse - forse le parole ed i richiami al mondo latino e a quello greco erano solo fumo negli occhi per mascherare la nostra grettezza borghese, ma i soldi alla fine fanno girare il mondo, i soldi sono l’espressione astratta di un lavoro, inutile fingere che non conti, non quando tutto il giorno fatichi per sopravvivere invece di farti servire.
Ma non c’erano solo i soldi, c’erano delle idee.
Loro iniziarono chiedendo le stesse cose che volevamo noi - contare qualcosa nelle decisioni che li riguardavano -  loro scrissero pure un documento che iniziava con tre parole, scritte più in grande rispetto a tutto il resto: Noi il Popolo.
Loro misero tra i primi emendamenti la libertà di culto, di stampa e di parola. Il diritto di riunirsi pacificamente. Le stesse cose che volevamo noi.

Loro non volevano obbedire ad un Re.

Alcuni di noi - forse quasi tutti - avrebbero accettato un monarca costituzionale, che desse un senso di continuità ad un cambiamento necessario. Si, necessario.

 

Il grande mistero è: ma di cosa parlava il conte Hans Axel di Fersen quando aveva finito di tradurre per Rochambeau? Con loro, intendo?
Stesso freddo, stessa neve, stesse tende, stesse coperte e stesso pane… stesse malattie, stessa paura… si sarà seduto accanto ad un fuoco per scaldare le mani, i palmi verso la fiamma, le scintille tutto intorno, e di qualcosa avrà parlato per ammazzare il tempo e dimenticare la fame...  donne? sesso? A tutti gli uomini - quasi tutti - piacciono le donne, è un buon argomento per iniziare: non fa litigare nessuno.

A qualcuno piacciono bionde, ad altri more. Ad alcune belle polpose ad altri slanciate... stanno tutte lontane e non sono di nessuno - a chi non piace sognare?


Lui un buon argomento per iniziare a parlare di donne ce l’aveva: era lì per dimenticarne una e non sarà certo stato l’unico (gli amori infelici sono statisticamente più numerosi di quelli felici, lo sanno anche i muri che ospitano sempre graffiti d'amore non corrisposto).

Preferiva parlare della morte? Tutti gli uomini la temono. Un soldato ce l’ha un po’ più vicina, e in una guerra ti siede sempre accanto.

Ad un certo punto avranno pure parlato di perché si erano ficcati tutti in quel guaio invece di starsene a casa a vedere crescere il mais o il tabacco, o il cotone - per pudore tacciamo dei figli - o no?

 

Io lì non c’ero e non lo so, so solo che quando tornò avrebbe potuto spiegare cosa aveva visto e avrebbe potuto guardare al futuro di un Paese con occhi che avevano appena visto un altro futuro ipotetico diventare presente.

 

Non a noi. Noi ci speravamo in quel futuro.

 

Alla donna che diceva di amare; glielo avrebbe dovuto spiegare che ad un Re taumaturgo che guariva dai mali imponendo le mani non credeva più nessuno ormai da un sacco di tempo (Dio, dalle città, oramai se ne era andato: erano rimasti solo i preti), che Sua madre aveva apprezzato Voltaire e, con tutti i limiti di una donna della sua epoca, si era impegnata nel fare riforme - avrebbe approvato, non fosse già morta - che nessuno vive in una favola, che Lei era bella e tutti amano le donne belle, tutti le perdonano.
La folla è volubile, ragiona di pancia, non di testa, e spesso il consenso è solo questione non di fatti, ma della giusta immagine.

Le cose giuste da dire. Sono un giornalista, se non lo so io il potere della parola... in poco tempo convincemmo un mondo filomonarchico a far fuori il suo sovrano

Le cose giuste da fare.

Per esempio: non essere l'amante di uno straniero, lei, proprio lei, una straniera.

Per esempio: ricevere i suoi nobili, quelli naturalmente dalla sua parte.

Per esempio: fare la Regina.

 

Non credo Le disse mai nulla: navigò miope per una guerra senza averne capito i motivi e tornò miope, esattamente uguale a come era il giorno il cui se ne era andato. Stessa donna nel cuore, stesse idee nella testa.

 

A volte quando penso a lui penso a mio padre, che abbandonò me e mia madre in mezzo ad una strada: egoismo e senso di superiorità? Vali solo se sei nobile e tutto il resto del mondo non conta? Non riconoscere affatto negli altri degli esseri umani?
Lo penso e un po' me ne vergogno, pure Noi lo facemmo.

Mio padre non si preoccupò di cosa sarebbe stato di mia madre, né quando la prese, né quando la lasciò. Fersen era uguale?

Mancanza di disciplina? I desideri si possono frenare: non è necessario possedere tutto ciò che si vede senza pensare alle conseguenze di ogni prendere e di ogni lasciare.

O parliamo di semplice miopia? Non sapere prevedere cosa sarebbe successo dopo? Stupidità quindi? Pensare che tutto alla fine andrà sempre bene, che i problemi pratici si risolvono tutti da sé?
Me lo sono chiesto spesso.

O incapacità di amare e preoccuparsi per qualcuno? Nobile o plebeo non conta... Aridità quindi? Avere nel cuore una pietra tanto bella da vedere, ma che nessuno può scalfire? possedere una luce che è solo un gioco di riflessi e rifrazioni?

O incapacità di vivere nel futuro? Fatalismo?

 

Forse essere un nobile è questo: saper vivere solo nel presente, considerandolo immutabile; non immaginarlo nemmeno un futuro.


Non sono capaci - i loro antenati lo erano, se l'erano creato, il futuro, a colpi di spada o di duro lavoro, loro non più - ed è chiaro che il loro tempo è finito.

 

E’ difficile, per me, parlare del Conte Hans Axel di Fersen, lo capite: non lo conobbi abbastanza… con lui, io giudico una intera classe sociale (che non mi appartiene, ma a cui appartiene mio padre). E pure un pezzetto della mia vita (che mi appartiene e che in parte mi ha fatto così come sono).

 

So che aveva lì, a due passi, un’altra donna, che lo amava. Una in gamba.
Non la vide mai.

 

Miope quindi. Miope e senza fantasia.

   
 
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