Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Losch    04/03/2009    11 recensioni
Bella Swan vive da sola in un appartamento nel Bronx di New York. Ha 18 anni ed è scappata di casa quando ne aveva 17 lasciandosi alle spalle un padre violento e una madre impotente. Lavora in uno squallido bar e il suo capo è un bruto. Bella ha una sola amica, Katy, ma nonostante l’affetto di questa è infelice e porta sul corpo e nell’anima i segni di un esistenza tormentata. Ma quando il suo destino si intreccerà irreversibilmente con quello di un’altra persona, il sole tornerà a splendere nella sua vita
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bella’s Pov
Portai al tipo biondo e muscoloso la sua Tequila e tornai dietro al bancone. Iniziai a sciacquare svogliatamente i bicchieri e Katy incrociando i miei occhi mi rispose con uno sguardo complice.
Mentre versava della birra in un boccale mi disse.
“Al tavolo 7 vogliono un Bloody Mary, una Tequila, un Martini e un Cosmopolitan, puoi fare tu per piacere?”
“ Certo, non preoccuparti!”. Preparai i cocktail in pochi minuti e li sistemai sul vassoio, mentre mi avviavo verso il tavolo 7 inciampai nei miei piedi e con la solita goffaggine caddi a terra, facendo rovesciare tutte le bibite sul pavimento. Si levò una risata generale nel locale e io avvampai per l’imbarazzo.
All’improvviso sentii qualcuno tirarmi forte per il braccio e trascinarmi fuori dall’uscita di servizio.
Era Frank, il mio capo. Si chiuse la porta alle spalle e la fioca luce di un lampione illuminò il suo viso livido di rabbia. Aveva dei lineamenti duri e rozzi, i capelli erano radi e unticci, portava una camicia stinta che gli tirava sul pancione grasso. Con le sue potenti braccia mi afferrò per le spalle e io tremai.
Portavo ancora i segni sul viso dell’ultima volta che lo avevo fatto arrabbiare così.
“ Brutta cretina! Stai più attenta a dove metti i tuoi cazzi di piedi! Hai combinato un casino di là! Io l’alcool lo pago idiota! Per stasera non ti caccio ma prova a rifarlo e giuro che ti mando via riempiendo di calci il bel culo da fatina che ti ritrovi! Chiaro?”
E così dicendo mi assestò un potente ceffone sulla guancia che mi fece mancare il respiro.
“ E mò vai a pulire!”
Se ne andò lasciandomi lì fuori, tremante e rossa in viso. Mi portai una mano alla guancia e mi sedetti sulle scale di emergenza. Le lacrime arrivarono presto agli occhi e a scendere copiose. Non era la prima volta che Frank mi schiaffeggiava, non ero sorpresa. Ma quel ceffone aveva fatto riaffiorare ricordi della mia infanzia che cercai, senza grossi risultati, di scacciare. Quelle immagini dolorose si riaffacciavano chiare e nitide nella mia mente.
Piansi disperatamente per qualche minuto, quando uno strano rumore che proveniva da dietro i cassonetti dell’immondizia mi fece sobbalzare.
Mi alzai di scatto, spaventata e mi asciugai le lacrime con il dorso della mano. Se c’era qualcuno lì fuori , a notte inoltrata, proprio non avevo voglia di scoprirlo. Così tornai nel locale e Katy, vedendomi entrare, mi accolse con un abbraccio caloroso.
Il resto della serata passò tranquillo, io preparavo cocktails e servivo al bancone mentre Katy si dava un gran daffare per servire tutti i tavoli. Alle 3 il bar chiuse e io salutando Katy con un bacio sulla guancia e infilando la giacca leggera uscii.
Non mi piaceva camminare da sola di notte per le vie del Bronx e quella sera in particolare, c’era qualcosa di strano nell’aria, sentivo un formicolio dietro la nuca, come la sensazione che si prova quando qualcuno ti guarda. Probabilmente ero solo scossa dagli avvenimenti della serata, ma comunque affrettai il passo e arrivai al mio palazzo prima del solito.
Salii le scale fino all’ultimo piano e aprii in fretta la porta, me la richiusi accuratamente alle spalle e abbandonando la borsa e i vestiti per terra mi infilai nella doccia. Cercai di scaricare la tensione con l’acqua calda ma non funzionò. Mi avvolsi in un asciugamano e mi guardai allo specchio. La guancia era diventata rossa e gonfia e faceva bella mostra di sé accanto all’occhio viola che mi ero procurata due giorni prima.
Le lacrime tornarono a pizzicarmi gli angoli degli occhi e non riuscii a reprimerle. Mi sembrava di essere sopraffatta da ciò da cui ero fuggita. La violenza.
Mio padre mi picchiava spesso quando ero piccola. Era aggressivo, e quando si arrabbiava la sua furia diventava incontrollabile. Mia madre faceva finta di non vedere né sentire niente e si rifugiava in un bicchiere di vodka, diventando spesso ance lei vittima della violenza di mio padre.
Era da quello che ero scappata. Non volevo essere più trattata male. Avevo sperato di trovare affetti e persone migliori fuori da casa mia. E mi ritrovavo nella stessa situazione. Non potevo scappare di nuovo.
I soldi mi servivano e non era facile trovare un lavoro dato che, pur essendo intelligente e colta grazie ai libri che avevo letto, non avevo nessuna qualifica.
Ripensando a quei momenti la paura e la tristezza mi assalirono e prendendo dal mobile una lametta feci un taglio sulla pelle pallida del braccio. Avevo tante cicatrici sulle braccia, tutte causate dalla stessa mano. La mia.
Cercavo di soffocare in qualche modo il dolore che provavo dentro con il dolore fisico. Mi sfuggì un gemito e quando il sangue iniziò a uscire copioso dalla ferita il suo odore di ruggine e sale mi colpì facendomi perdere i sensi.
Mi risvegliai poco dopo ,debole e intontita. Chissà per quale strano motivo mi risvegliavo sempre. A volte mentre perdevo i sensi mi trovavo a sperare semplicemente di spegnermi. Così. Semplicemente.
Il braccio mi doleva e mi pizzicava. Lavai via il sangue raggrumato dalla pelle e dal pavimento. Mi infilai il pantaloncino e la canotta blu del pigiama e mi misi a letto. Presi sonno quasi subito, ma fu un sonno agitato e quando al mattino mi risvegliai ero se possibile più stanca della sera precedente. Di solito la mattina dormivo fino a tardi e poi andavo a lavoro dopo pranzo ma quel giorno non riuscii a riaddormentarmi.
Mi alzai e mi lavai, infilai un paio di jeans e un maglioncino leggero, presi la borsa e scesi a fare una passeggiata. Presi la metro e dopo un paio di fermate arrivai al parco dove andavo di solito per pensare.
Era un parchetto pubblico, non particolarmente bello o verde, ma abbastanza isolato. Mi sedetti sull’erba appoggiando la schiena ad un albero e infilai nelle orecchie le cuffie dell’MP3 che mi aveva regalato Katy a natale. Partì subito Claire de Lune di Debussy e mi rilassai chiudendo gli occhi. Dopo pochi minuti li riaprii di scatto e decisi di tornare a casa perché avevo di nuovo la sensazione di essere osservata. Che cosa stupida.
Comunque tornai a casa velocemente e senza pranzare andai a lavoro.
La serata passò stranamente liscia e il locale chiuse prima del solito. Alle 2 di notte salutai Katy e mi avviai verso casa. Le strade erano più deserte del solito, cercai di non badare all’ormai familiare formicolio alla nuca e camminando svelta superai un uomo che se ne stava appoggiato con la schiena al muro con una bottiglia in mano.
Quando gli passai davanti, l’uomo si staccò dal muro e iniziò a camminare pochi metri dietro di me.
Ero terrorizzata, accellerai il passo, ma non avevo idea di cosa fare se quell’uomo mi avesse raggiunto. Sentivo chiaramente i suoi passi dietro di me, rallentava quando io rallentavo; accelerava quando acceleravo. Proprio come nei film dell’orrore, pensai ironicamente.
Ad un certo punto poggiando male il piede a terra presi una storta e inciampai E ora che facevo???
Non feci in tempo a formulare quel pensiero che sentii una specie di ringhio alle mie spalle, poi un tonfo sordo e poi più niente. Azzardai uno sguardo alle mie spalle, ma non c’era nessuno.
Terrorizzata corsi via zoppicante e arrivai in un batter d’occhio a casa. Aprii la porta dell’appartamento e la richiusi con una doppia mandata di chiavi. Accesi la luce e lo vidi.
C’era una figura fuori alla finestra di casa mia. Non ebbi il tempo di metterla a fuoco perché in un battito di palpebre era scomparsa. Abitavo all’ultimo piano del palazzo e fuori alla mia finestra c’erano le scale antincendio. Raccolsi tutto il mio coraggio e aprii la finestra, cacciai la testa fuori ma non c’era nessuno. Ancora più agitata di prima chiusi di scatto la finestra e accostai le tende. Mi infilai a letto. Dormii malissimo…



questa storia la covavo da un po' nella testa ma non sapevo se era abbastanza buona per postarla...XD fatemi sapere se vi piace.
kiss
...
SPOILER: il prossimo capitolo parlerà di questi stessi due giorni...ma sarà raccontato dal punto di vista di qualcun altro...un tipo bello e pallido...
mmh chi sarà?? si acettando scommesse!!
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Losch