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Autore: Vavi_14    10/12/2015    3 recensioni
Un piccolo sguardo attraverso le righe, per dire ciò che non è stato detto.
Un sentimento che attende solo di poter sbocciare.
Un'Uchiha e un Uzumaki, ancora una volta.
Dal testo (cap.4):
«Ho perso» replicò l'altro, come se quella fosse stata l'unica cosa importante dell'incontro. «Con una ragazza» aggiunse poi, scrutandola con la coda dell'occhio e preparandosi mentalmente alla reazione della compagna.
Lei si incupì, aggrottando entrambe le sopracciglia. «Allora è questo il problema» sbottò, alzandosi in piedi. Non credeva che Boruto potesse farne davvero una questione di genere.
Lui scoppiò a ridere, trovando quel comportamento fin troppo prevedibile.
«Dai, stavo scherzando, Katana no Hime. Ma insomma, cerca anche un po' di metterti nei miei panni, no?» e sfoggiò quella solita espressione da cucciolo che Sarada non sapeva mai se ignorare o assecondare.

[Legata ad "An Explosive Combination"] [BoruSara]
[Dedicata a CalcedonioBlu ]
****
NB. Questa storia si sviluppa indipendentemente dal Gaiden, perciò i due protagonisti potrebbero risultare leggermente diversi dagli originali.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Sarada Uchiha
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Following a dream'
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Trovarsi nel posto giusto al momento giusto










Anche quell’ultimo calcio sferrato al centro della muraglia provocò un brusco terremoto e l’apertura di qualche crepa sulla resistente superficie creata dal maestro Yamato.
Sarada guardò con astio quello che era stato il suo unico compagno di allenamenti da quasi due settimane, analizzando ogni più piccola faglia nella speranza che l’aiutasse a scovare un ipotetico punto debole. Si scrocchiò le dita, sospirando. Sapeva che la soluzione non risiedeva nella natura dell’ostacolo, piuttosto dipendeva dall’ammontare di chakra che sarebbe riuscita a concentrare in un unico calcio.
Alzò il capo per saggiare nuovamente le dimensioni della muraglia, stringendo le nocche a causa dei nervi che cominciavano a salirle. Aveva  imparato a farlo con i pugni, cosa poteva esserci di tanto diverso nel calibrare energia fisica e spirituale in un piede?  Di sicuro la vastità dell’oggetto da distruggere non favoriva la concentrazione, e più attaccava senza ottenere risultati significativi, più aumentava in lei il senso di sconfitta.

Fece roteare la caviglia sinistra, in modo da sgranchirsi i tendini prima dell’attacco successivo. Congiunse le mani creando il sigillo per richiamare il chakra, dopodiché, con un movimento agile e sicuro, alzò la gamba e la piantò con forza contro la superficie rocciosa. Di nuovo la terra tremò ed una crepa, stavolta più grande delle precedenti, si apri nella zona colpita.

Sarada piegò il busto, poggiando le mani sulle ginocchia. Stava per concedersi un lieve sorriso in onore del piccolo traguardo raggiunto, ma una fitta lancinante al piede la fece gemere di dolore, rischiando di farle perdere l’equilibrio. Rimase in piedi a fatica, tentando di sopprimere la rabbia per le sue debolezze mediante un pugno dritto sulla muraglia; l’impatto provocò un rumore assordante ed alcuni massi cominciarono a cadere dall’alto, frantumando lentamente anche la parte inferiore del muro. Sarada evitò quelli più piccoli, ma un’altra fitta dolorosa al piede la fece cadere a terra, aggravando le condizioni della caviglia. Cercò di risollevarsi ma fu un vano tentativo, perciò quando scorse un masso più grande degli altri cadere dritto verso di lei sollevò il braccio destro stringendo le nocche a pugno, fino a quando non lo sentì cozzare violentemente con la sua mano e frantumarsi in mille pezzi. Si voltò a quattro zampe, cercando di gattonare lontano da quella pioggia di sassi, ma ad un tratto si sentì sollevare da terra da due braccia muscolose e d’istinto, senza neanche sapere a chi appartenessero, si aggrappò ad esse con tutta la forza che aveva, sperando che la portassero via da quell’incubo a cui lei stessa aveva dato vita.

Rimase con la testa nascosta sul petto del suo salvatore, fin quando non si sentì adagiare delicatamente sull’erba fresca. Aveva il volto sporco di terra, gli occhi le bruciavano così come le vie respiratorie, a causa della troppa polvere inalata. Tossì togliendosi gli occhiali e poggiandoli a terra.

«Tutto bene Sarada-chan? Mi hai fatto prendere un colpo».

Prima ancora che potesse spalancare le palpebre, Sarada aveva già intuito l’identità del ragazzo che l’aveva soccorsa. Quel timbro un po’ rauco, simile a quello del padre, e l’immancabile suffisso che faceva seguire al suo nome non davano spazio a fraintendimenti.
«Perché sei qui?» biascicò, inforcando la montatura rossa.
Boruto inarcò le sopracciglia, mentre la osservava intenta a scuotersi le vesti, nella speranza di togliere la sporcizia.
«Prego Sarada, è stato un piacere aiutarti» borbottò il ragazzo per tutta risposta, fingendosi offeso.
Lei sollevò finalmente lo sguardo e parve sorridergli. «Ti sono grata per avermi portata via di lì, – rettificò, con tono decisamente più conciliante – però è strano vederti apparire proprio al momento giusto… non è che mi stavi spiando?»
Boruto si allontanò bruscamente, evitando lo sguardo della ragazza. «Non stavo spiando! Ero solo incuriosito dal tuo allenamento, tutto qui. È stata tua madre a darmi le coordinate del campo e mi ha detto che saresti stata impegnata fino a sera, così ho pensato-»
«…di venirmi a spiare» completò Sarada, nascondendo un ghigno divertito.
«La vuoi smettere?! – sbottò lui, arrossendo sino alla punta delle orecchie – La prossima volta col cavolo che vengo a tirarti fuori dai guai!» replicò con rabbia, incrociando le braccia.
Sarada alzò le spalle, infondendo un po’ di chakra medico sulla caviglia. «In qualche modo ce l’avrei fatta comunque».
«Che razza di ingrata!»
Boruto fece dietrofront, intenzionato a togliere il disturbo, poi però decise di lanciarle un’ultima frecciatina.
«A giudicare dalla foga con cui mi hai afferrato il collo poco prima, non credo tu avessi un’altra strategia per scappare da lì» disse voltandosi di tre quarti dalla sua parte, interessato alla reazione della compagna.
«M-ma questo che c’entra» balbettò lei, evitando di incrociare le iridi azzurre di Boruto. «È stata una reazione istintiva».
«Come no, Katana no Hime. Ammettilo che senza di me non avresti saputo dove sbattere la testa!» ululò puntandole contro un dito con fare di sfida.
«D’accordo, come vuoi» accordò lei, pur di mettere un freno alla parlantina del compagno. «Adesso potresti darmi una mano? Dovrei alzarmi per passare in Infermeria. Prima di continuare l’allenamento devo medicare le ferite più gravi».
Boruto le lanciò un’occhiata dubbiosa, fingendo reticenza. Resistette per circa quindici secondi, dopodiché si avvicinò a lei e con un gesto improvviso la prese in braccio, tenendola da sotto le gambe. Sarada incrociò di nuovo le braccia attorno al suo collo, ma l’espressione del suo volto non sembrava per niente favorevole.
«Ti ho chiesto di aiutarmi a mettermi in piedi, non di-»
«Eppure sei di nuovo appesa come un koala» replicò lui pronto, sghignazzando. «Hai visto che muscoli ho messo su? Prenderti in braccio è come sollevare una piuma, Sarada!».
Lei abbassò lo sguardo e arrossì appena nel percepire il contatto con le spalle del ragazzo, molto più ampie di come se le ricordava. Anche i bicipiti sulle braccia avevano cominciato a prender forma e il suo fisico era ora quello di un giovane uomo allenato, capace di sostenere anche gli esercizi più faticosi.
«Mio padre ti ha messo sotto, eh» replicò in un sussurro, non trovando un modo migliore per esprimere il suo stupore.
Boruto annuì, incamminandosi sulla via del ritorno. «È difficile stargli dietro, ma faccio del mio meglio» ammise sorridendo, per poi notare che i lineamenti della ragazza avevano assunto una nota di tristezza.
Per un po’ non disse niente, ma quando la vide piegare il capo e poggiarlo nuovamente sul suo petto, decise di  intervenire.
«Non sarai mica giù di morale per quell’allenamento, vero? Ti ho vista prima, stai facendo progressi in tempo record».
«No invece» ribatté lei, confermando l’intuizione del compagno. «Non abbastanza».
Boruto le lanciò un’occhiata di sottecchi attraverso la montatura, studiando la falsa oscurità di quelle iridi caratteristiche del Clan Uchiha; lui ci aveva sempre visto un bagliore fulminante, lì dentro.
«Scommetto dieci ciotole di ramen che tempo cinque giorni avrai distrutto la muraglia» disse fiero, alzando il mento, ma vedendo che l’umore di Sarada non accennava a migliorare, aggiunse «E nel frattempo ti aiuterò ad aumentare la resistenza dei muscoli, così riuscirai a sopportare meglio il dolore e potrai proseguire l’allenamento più a lungo, che dici?»
Finalmente la vide risollevare lo sguardo.
«Dopotutto tu hai aiutato me con la katana, ora è arrivato il mio turno di rendermi utile!»
«Ci penserò » replicò Sarada, regalandogli uno splendido sorriso.
Boruto sentì la mano di lei accarezzargli la nuca sino ad arrivare alla guancia e si fermò di scatto in mezzo alla strada. Furono vani i tentativi di dare una spiegazione a quella paralisi improvvisa, poiché l’unica cosa che riuscì a vedere in quel momento furono le labbra pallide ma piene della ragazza, sempre più vicine al suo mento, e il respiro caldo di lei solleticargli il volto tanto da sentire lo stomaco aggrovigliarsi e le guance divenire della stessa tonalità di un pomodoro maturo.
Sarada sollevò di poco il capo, cercando di resistere al battito impazzito del proprio cuore e assecondando, per una volta, ciò che l’stinto le suggeriva di fare. Sfiorò con delicatezza le labbra incerte di Boruto, premendovi le sue in un bacio fugace ma intenso. Sentì il ragazzo ricambiare quel tocco in modo impacciato, lasciando che fosse lei ad allontanarsi per prima. Quando sollevò le palpebre lo ritrovò imbambolato con la bocca socchiusa e le iridi puntate ancora sulle sue labbra.
Si sbrigò a distogliere lo sguardo, incassando il capo sotto il mento di Boruto.
«Andiamo?» chiese nel modo più naturale possibile, sperando, nel frattempo, che le sue guance non avessero cambiato colore.
Il ragazzo annuì e sorrise giulivo, mentre Sarada pensò che quei ciuffi biondissimi in accoppiata con l’azzurro degli occhi fossero la visione più bella di tutte le Terre Ninja.


















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Ma Saaaalveeeeeh!
Mi avevate già dato per spacciata eh? E invece NO! XD Sono solo un'irrecuperabile ritardataria e purtroppo lo sarò per tutto l'anno Accademico temo, visto che è l'ultimo e che ho sempre duemila cavoli da sbrigare. :( Comunque io cercherò di fare del mio meglio e ci tengo tantissimo a ringraziare tutti voi che continuate a leggere e recensire questa raccolta! Sappiate che mi rendete tanto tanto felice <3 (e che con le vostre splendide parole mi fate sempre sentire in colpissima per essere così lenta <3 XD). A parte gli scherzi, spero tanto che l'aggiornamento vi sia piaciuto! Come sapete, ogni tanto mi piace inserire qualche scenetta "rubata" da allenamenti o combattimenti, però stavolta ha avuto il suo lieto fine! :)
Un bacio grande a tutti voi e alla prossima! :*



Vavi
  
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