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Autore: Absynthe_sea    10/12/2015    0 recensioni
I will not leave alone everything that I own
to make you feel like it's not too late,
it's never too late.
Genere: Avventura, Guerra, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il rumore dei passi sulle assi di legno che scricchiolano rimbomba nella stanza vuota.
Alla fioca luce del candelabro d'ottone si riesce appena a distinguere la tappezzeria mezza divelta alle pareti,
il color tortora dei pesanti tendaggi spalancati davanti alla finestra rotta nasconde la polvere che vi si è depositata nel corso degli anni. Una vecchia poltrona mezza sfondata e un tavolino con sopra una bottiglia di liquore quasi piena rappresentano interamente l'arredo della stanza, fatta eccezione per un quadro sulla parete di fondo e una sedia fatta a pezzi che il vecchio sta utilizzando nel tentativo di accendere il camino.
Fuori fa freddo, la tempesta di neve infuria e dai vetri rotti filtrano lame d'aria gelida che passano sulla pelle graffiandola. Un lampo squarcia il cielo, illuminando la teoria scomposta degli alberi spogli e dei loro rami rinsecchiti, due filari che fanno ala al sentiero che porta fino a quella vecchia casa in cima alla collina. L'uomo alla finestra rimane impassibile di fronte a quell'esplosione di luce ma sobbalza al sentire il rombo del tuono immediatamente successivo. Sembra incuriosito, si guarda attorno come se sapesse di dover riconoscere quel posto anche se ha la certezza di non esserci mai stato.
Si volta e raggiunge la poltrona, passi calmi e tranquilli. Se ha subodorato qualcosa, cerca di non darlo a vedere. Prende la bottiglia e si siede, cerca una posizione comoda. Mentre il vecchio continua a trafficare davanti al camino, lui beve una prima, generosa sorsata. Lo fa con lascivia, le labbra intorno al collo della bottiglia, lentamente.
Non ha sete, vuole solo darsi un tono.

«Allora nonno, perché mi hai portato qui? » domanda.
È un uomo alto, biondo, sulla trentina. Ha un bel sorriso, affascinante, uno di quelli che sarebbero capaci di portarsi a letto una donna dieci minuti dopo averla conosciuta. Uno di quelli di cui non puoi mai fidarti.
Davanti al camino il vecchio tossisce, è finalmente riuscito a far prendere fuoco ai ciocchi di legno. Le fiamme sono ancora basse e illuminano poco, gli proiettano sulla faccia un gioco di luci e ombre che tradisce la sua vera età, mettendo in risalto la ragnatela di rughe che gli occupa il viso, la pelle incartapecorita e cadente sotto il mento, rattrappita sulle dita ossute e spigolose. Si tira su, con qualche fatica, lamentandosi sottovoce per le articolazioni che scricchiolano. Ha un volto franco, la fronte alta e spaziosa spaccata a metà da una ruga più profonda delle altre, il cranio calvo -fatta salva una corona di radi capelli incanutiti- e marchiato da una brutta cicatrice sbiadita che lo attraversa diagonalmente. Sotto le sopracciglia cespugliose, un indomito naso adunco pende fin sopra le labbra carnose, quasi oscurando i folti baffi.

« Sembra un buon posto per ripararsi, è tranquillo. » dice il vecchio,
ma è chiaro che non ci crede.

Si avvicina al biondo e gli toglie la bottiglia di mano, beve a sua volta.
« E non chiamarmi nonno, non siamo parenti. »
Il cambio di registro innervosisce l'uomo, lo costringe ad alzarsi. Cammina di nuovo verso la finestra, sospira.
Lui e il vecchio si sono incontrati alcune ore prima, lungo la strada verso il Baluardo. Non si conoscono, ma con un tempo da lupi come quello fa sempre piacere avere qualcuno con cui condividere la strada, specialmente di notte. La tormenta di neve li aveva sorpresi ad alcune dalla città, il vecchio aveva detto di conoscere un posto dove si sarebbero potuti riparare. E così sono finiti in quella casa.
« Quando io combattevo i giganti, lassù... » dice il vecchio, poggiando la bottiglia sul tavolo e lasciandosi cadere sulla poltrona,
« ...tu stavi ancora in culo alla luna. Porta rispetto, ragazzo. »

L'uomo si volta, sfoggia un sorrisetto di superiorità.
«I giganti? L'ultimo avvistamento è stato cinquant'anni fa e-- »
« E io ero lì. » lo interrompe il vecchio. Si tocca la ferita sul cranio, un sorriso amaro gli tira le labbra, un sorriso senza gioia.
« E questo è tutto quello che ho ottenuto per aver difeso il nostro popolo dalla minaccia peggiore che conosciamo. »
L'uomo si avvicina, raccoglie la bottiglia e beve ancora. Gli piace quel liquore, corposo e dolce, anche se il colore è troppo simile a quello del sangue.
«La peggiore, già... Dopo il Divoratore, ovviamente. »
Il vecchio socchiude gli occhi, sembra improvvisamente stanco.
« Quello non potevamo combatterlo, purtroppo. »
Si passa una mano sugli occhi, il fiato esce dalla sua bocca in un sibilo.

Il giovane gli volta le spalle e riprende a guardarsi intorno. Non ha voglia di sentire storie di guerra.
«Allora... » riprende «Che posto è questo? »
« Una casa, direi. »
Il giovane fa una smorfia.
«Disabitata -e anche da parecchio. A chi apparteneva? Come la conosci? »
« La conoscono tutti i Campioni, c'è una leggenda su questa casa. »
L'uomo si volta, ha una smorfia interrogativa dipinta sul volto.
« Apparteneva a un guerriero... un uomo valoroso. Un allarme lo costrinse a partire, ad andare al nord. Dicono che sia morto lì, da qualche parte fra le montagne. »
«Non sembra granché come leggenda. » risponde l'uomo con sufficienza, accarezzando una parete.
Un soffio di vento gelido attraversa la stanza, facendo rabbrividire l'uomo che si stringe nella sua pelliccia e si avvicina al camino.
Il vecchio sembra non farci caso, si concentra a guardare un piccolo turbine formatosi al centro della stanza: cinque piccoli fiocchi di neve girano in tondo prima di cadere sul pavimento. Sorride.

« Adesso chiudi la bocca e ferma la tua lingua. » dice, con voce arrochita.
« Ascolta il vento che piega la betulla e ti porta via le parole... »
Il giovane si volta, incuriosito dal cambio di accento. Sente un brivido percorrergli la schiena. Vorrebbe replicare, ma non sa come farlo.
La testa del vecchio si solleva, sembra guardare fuori dalla finestra. Un nuovo lampo, stavolta più vicino.
« Un soffio di neve che sembra uno sputo, sulla finestra di questa villa vecchia. E la paura, la senti? Prima ti accende e poi ti smorza, come un mozzicone. »
L'uomo, intirizzito, si volta senza rispondere. Prende l'attizzatoio e sposta i ciocchi di legno nel camino.
« È inutile cerchi nel fuoco e smuovi le braci, nemmeno l'inferno sarebbe in grado di scaldare questo posto.»
L'uomo si alza in piedi, vuole fronteggiare il vecchio. Vorrebbe chiedergli dove diavolo lo ha portato e perché sente improvvisamente freddo.
Il vecchio, per tutta risposta, gli indica la parete alla sua destra.
« Guarda quel quadro appeso lì, in fondo alla stanza. »
Il giovane si avvicina. La cornice è vecchia e tarlata, una volta doveva presentare delle dorature lungo i fregi, si intravede la lacca scrostata.
Il quadro di un uomo che doveva avere i tempi la stessa età che ha lui adesso: occhi grigi e luccicanti, lunghi capelli di un nero corvino, un bel viso regolare -eppure, sembra esserci qualcosa di orribilmente sbagliato nel suo sguardo, nel colore della sua pelle.
« Una faccia di nebbia, di cera, di arsenico e ghiaccio. »

Il rombo di un tuono, distante. Poi lo scricchiolio del legno, rumore di passi. Qualcuno sta salendo le scale, forse non sono soli -o forse è solo il vento.
Il giovane si volta e vede il vecchio che è in piedi e sorride, sembra divertito dalla sua paura. Maledetto vecchio bastardo.
« Ricorda bene il nome di questa notte, la notte di Ognissanti. Lui sta arrivando, ragazzo. Come il rombo di quel tuono.
Sta arrivando per te.
 »
Adesso il giovane è spaventato, indietreggia e si addossa alla parete.
«Chi?! Chi sta arrivando? »
« In questa casa ha imbottigliato il suo cuore, prima di partire per quella guerra. Ma qualcuno ha bevuto quella bottiglia e l'ha fracassata contro il muro. »
Mentre dice queste parole, il vecchio si avvicina alla finestra -adesso non sorride più e sembra essere ringiovanito di almeno dieci anni. Tira via la tenda, la strappa e la lascia cadere a terra, trattenendone solo un lembo fra le mani. La volta perché l'altro possa vedere il sangue, vecchio di anni, raggrumato, quasi nero. Sul pesante tessuto damascato sembra quasi un tumore, una cancrena rimasta nascosta tra le pieghe della stoffa e del tempo.
La vista di quel sangue terrorizza l'uomo. Inizia a tremare -la mente gli dice che dovrebbe andarsene ma lui non ci riesce, le gambe non rispondono, sembra inchiodato lì.
«Chi... perché? »

« Sai, dicono che lo abbiano ferito quaranta volte, in quella battaglia. La morte cavalcava su quel campo e ogni volta che muoveva la falce per prenderlo, lui abbassava la testa. »
Il rumore di passi adesso è più nitido, più vicino. Il giovane si addossa alla parete, cerca di indietreggiare mentre il vecchio si fa avanti dopo aver abbandonato la tenda.
« Ma ogni colpo che gli bucava la divisa sembra dargli più forza: quando l'anima è tanto distante è difficile che il corpo si pieghi. »
Il vecchio si avvicina al tavolo e lo rovescia con un calcio. Il legno vecchio e mezzo marcio si spezza, la bottiglia vola sul pavimento e finisce in frantumi, schegge e liquore ovunque.
« E poi BAM!
La morte strinse di più la sua morsa.
 »
Rumore di passi nel corridoio, qualcuno sta correndo. Il giovane cade in ginocchio, cerca di raggiungere l'attizzatoio.
« Ma la trista mietitrice non riuscì mai a trovare il suo cuore, e lui adesso sta arrivando di corsa. »

Un nuovo lampo, stavolta tanto vicino da illuminare a giorno la stanza,
mettendo in risalto la figura del nuovo venuto che si stagliava sulla soglia della porta.
« Mastro Inverno. »
   
 
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